Tredici: ecco il vero messaggio della serie su Hannah Baker

Autore: Chiara Poli ,

Poche ore dopo il suo arrivo nel nostro Paese su Netflix, Thirteen Reasons Why - Tredici in versione italiana, come il titolo del romanzo da cui è tratta - era già un fenomeno di culto.

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Quattro giorni dopo, su Facebook giravano petizioni con la richiesta di firme affinché la serie venisse trasmessa obbligatoriamente nelle scuole. Come se potesse insegnare qualcosa. Può farlo, certo.

Ma non come sembra a una prima occhiata. Ecco un'analisi delle tematiche della serie, con il punto di vista indicato dagli autori.

Tredici: Hannah
La protagonista di Tredici, Hannah Baker

Bullismo: il fraintendimento

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Il bullismo è soltanto una fra le molte tematiche affrontate dalla storia di Hannah Baker.

Una diciassettenne si uccide dopo aver inciso la sua storia su alcune audiocassette. Ma non è così semplice.

Il fulcro della narrazione, lo dice il titolo, sono le 13 “ragioni” che hanno convinto Hannah che non valesse più la pena di vivere.

Hannah Baker riflette a lungo su quelle ragioni: pianifica con largo anticipo la propria morte, meditando vendetta contro tutti quelli che secondo lei l'hanno portata a quella decisione.

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Secondo lei. Perché a uccidere Hannah non è stato il bullismo, è stato il senso di colpa. Per non essere intervenuta in ben due occasioni che sono costate care ad altre persone. Per non aver saputo gridare o reagire quando avrebbe dovuto. Per essere stata superficiale, causando un danno alla propria famiglia. Ma soprattutto per aver creduto che il proprio destino fosse nelle mani degli altri… Quando il messaggio è chiaro: siamo noi, e noi soltanto, gli artefici del nostro destino. Ogni scelta che facciamo determina chi siamo. Lo dimostra il modo in cui Hannah ci racconta di essersi cacciata in certe situazioni "senza sapere perché".

Il modo in cui reagiamo a errori, scelte e conseguenze è l’unico vero fattore determinante nella nostra vita.

Bulli ovunque

L’ottima scelta per il casting, che ha individuato nell’adorabile Katherine Langford l’attrice ideale per dare volto a Hannah, è volutamente in contrasto con il personaggio. L’aspetto “angelico” di Katherine stona con il suo carattere di Hannah, man mano che impariamo a conoscerla.

Perché Hannah Baker non è angelica. Risponde al bullismo col bullismo. Col peggior tipo di bullismo immaginabile, addossando ad altri adolescenti la responsabilità della propria morte. Della propria scelta di morire.

Incurante del dolore che avrebbe provocato ai suoi genitori, a chi la amava e a chi si sarebbe sentito in colpa per tutta la vita per averla trattata male.

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Perché fra trattare male e fare del male c’è una bella differenza. Il vero colpevole in Tredici, quello che le fa del male, è soltanto uno.

Tredici non è una serie contro il bullismo: è una serie basata sul bullismo, in tutta la sua struttura. Dal primo all'ultimo minuto. A cominciare dalla più bulla di tutti: la vittima.

Tredici
13 Reasons Why

America, America…

C'è di più: il contesto della narrazione è strettamente legato alla vita della scuola americana. L'high school, il liceo che nell'adattamento italiano viene chiamato "superiori" (come se tradurlo in modo più generico potesse servire a renderlo più vicino alla nostra cultura), ha strutture gerarchiche, attività e rituali che ai nostri studenti sono sconosciuti.

Senza contare i consulenti scolastici, fondamentali nella storia di Hannah ed estranei ai nostri studenti.

Anche i legami famigliari e il tipo di autonomia concessa ai liceali (a 16 anni prendono la patente, per esempio) sono profondamente diversi dai nostri.

Questa è la seconda cosa da capire della serie. La prima è che Tredici non ha nulla di educativo: vuole provocare un dibattito, questo sì, facendo riflettere sul vero tema del racconto, ovvero il suicidio giovanile.

Ma si guarda bene dal voler essere una serie didattica: è uno spaccato sulla vita sociale degli adolescenti americani - e sottolineo americani - condito da un'ampia dose di crudeltà.

13 Reasons Why
Tredici: Hannan Baker

Siamo tutti colpevoli

Hannah si comporta nel modo più crudele possibile. Con premeditazione. Con rabbia. Con odio.

Con uno spirito vendicativo che non la rende migliore dei suoi compagni di scuola, anzi.

Ride in faccia a Tyler quando le chiede di uscire con lui. Ride in faccia al ragazzo "strano" che è segretamente innamorato di lei. Il ragazzo strano che, di fronte a una reazione del genere, potrebbe pensare a un gesto altamente drammatico, per fare un esempio.

Il senso profondo di Tredici sta nelle parole stesse di Hannah:

Siamo una società di guardoni. Siamo tutti colpevoli.

Passiamo le nostre giornate a spiare gli altri, attraverso i social network.

Il senso profondo della serie non è un monito, è una semplice constatazione. Ci dice come stanno le cose - mettendoci in guardia sulle possibili conseguenze, certo - ma non ci svela niente di nuovo.

Girare dei video privati e condividerli con qualcuno comporta il rischio che quel qualcuno li diffonda. A quel punto, dove finisce la responsabilità di chi ha consapevolmente fatto girare dei video privati e dove inizia quella di chi li ha resi di pubblico dominio? La questione non è semplice, questo ci dicono gli autori.

La legge del taglione

Il motivo per cui la serie non ha nulla di educativo - perché non vuole educare, bensì far riflettere - è il suo assunto di base: la legge del taglione. Occhio per occhio. Ripagare con la stessa moneta, farsi “giustizia” da soli. Scaricare la responsabilità della propria infelicità sugli altri, ingigantendo il senso delle loro azioni. Perdendolo di vista. Travisandolo.

Hannah vuole vendicarsi. Clay vuole vendicarsi. Perché? Facile: perché sono solo dei ragazzini.

Non sto sottostimando la loro intelligenza, badate bene: la verosimiglianza della serie risiede proprio nella diversa sensibilità e nel diverso grado di comprensione della vicenda mostrata dai vari personaggi. 

Tredici si fonda sulla loro inesperienza, sull’incoscienza dell’età, sul momento in cui è impossibile fermarsi a riflettere su ciò che si sta facendo. 

Sulla tendenza a vedere qualsiasi ostacolo come una tragedia irrecuperabile.

Tutte questioni fisiologiche legate all’età. Lo sappiamo per certo, visto che ci siamo passati.

Lo sappiamo noi, telespettatori, lo sanno gli attori e lo sanno gli autori. Gli unici a non saperlo, non ancora, sono gli adolescenti, cioè i personaggi.

Tredici
Tredici: il cast

Il corretto punto di vista

L’unico punto di vista corretto, dunque, è quello esterno. Quello dei genitori, chiusi fuori dalla vera vita dei loro figli. Da quella vita “segreta” di cui tutti gli adolescenti sono giustamente gelosi.

Tredici non è una storia illuminante sul bullismo. Tredici è una storia di vendetta. Cupa, spietata, crudele. Col fine di ricordarci che ogni azione ha delle conseguenze, e che dovremmo imparare a valutarle, pensando di più a ciò che facciamo.

Hannah instaura un gioco crudele con i suoi carnefici, trasformandoli in vittime. E poi in carnefici di altre vittime. E così via.

Violenza chiama violenza, ecco il messaggio di Hannah. Che si traduce naturalmente anche in “non fate i bulli”, ma non nel senso di messaggio positivo sul genere “peace & love” che in molti ci hanno letto.

Più nel senso - lampante - “non fate i bulli, altrimenti finirà male". Più in stile occhio a quello che fai - come una velata minaccia - che in stile peace & love. 

La differenza sembra non importare granché, se la serie funziona. Ma ci tenevo che fosse chiaro.

Tredici non è una guida contro il bullismo, è una serie TV sulla cattiveria - volontaria o involontaria, compresa o incompresa - dei ragazzi. Di tutti i ragazzi che ci presenta. Tutti.

Gli autori ce lo dicono chiaramente, attraverso Clay: 

Io non voglio risolvere, io voglio ferire.

Questo vuole fare, Tredici: ferire.

Ferirci.

Lasciare il segno, in qualche modo. Ma non nelle nostre vite di adolescenti. Nelle nostre vite di telespettatori.

Con personaggi, mistero, colpi di scena, curiosità e un’ottima sceneggiatura. Esattamente come fanno tutte le altre serie riuscite. Senza la pretesa di risolvere i mali del mondo. 

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