Come ci si protegge dall'orrore vero?
Soffici gatti che celano un temibile segreto, scrittori vittime delle proprie utopie, giovani e anziani ambiziosi alla ricerca di divinità: questi i protagonisti delle tre storie illustrate da Gou Tanabe ne I Gatti di Ultahr e altre storie, un'antologia breve di alcuni dei migliori racconti di H. P. Lovecraft, edita in Italia grazie a J-POP Manga che non perde l'occasione di stupire i propri lettori.
La raccolta in questione, proposta per la prima volta in occasione del Lucca Comics & Games 2024, propone un’immersione in tre dei racconti più affascinanti del maestro dell’orrore di Providence, esplorando temi quali la ricerca di mondi al di là della scomoda realtà, la vendetta o, ancora, il temibile confronto con divinità ignote.
- Un viaggio nell’orrore onirico: Celephais
- Una bestiale vendetta: I Gatti di Ulthar
- Divinità e ambizione: Gli Altri Dei
Un viaggio nell’orrore onirico: Celephais
La prima storia dell’antologia, Celephais, racconta di Kuranes, uno scrittore di circa quarant’anni che ha perso ogni contatto con la realtà. Solo e senza prospettive, trascorre lunghe giornate rincorrendo in sogno Celephais, un regno incantato accessibile solo attraverso il mondo onirico. L’ossessione di Kuranes lo porta a pratiche estreme per mantenersi addormentato, incluso l'uso di sostanze stupefacenti, pratica che si rivelerà fatale per le sue finanze...e non solo.
Il giovane uomo fugge, e la fuga è motivo portante di due dei tre racconti contenuti nell'antologia: fugge dalle responsabilità, fugge da un mondo che gli appare crudele, in cui le persone non sembrano offrirgli la dovuta considerazione, una Londra troppo reale e in rovina per la sua mente brillante.
Tuttavia, malgrado gli sforzi, non sempre Kuranes riesce nell'intento di raggiungere la sua amata Celephais, tant'è che spesso capita in altri regni, altri mondi, talvolta terrificanti, talvolta luoghi in cui la morte pare inseguirlo.
Solo dopo decine di tentativi, lo scrittore raggiunge il suo paradiso onirico, un luogo non influenzato dal passare del tempo, che non subisce decadimento a patto che il suo re segga sul trono: e questo è ciò che accadrà presto, quando Kuranes sarà scortato nel regno dai cavalieri e incoronato sovrano di Celephais.
Tutto sembrerebbe essersi risolto per il meglio, finché, riverso sugli scogli della Cornovaglia, non viene rinvenuto un cadavere.
Dicotomia tra mondo reale e onirico
Il racconto è un chiaro riflesso del desiderio di fuga di chi si sente intrappolato nelle grinfie di una società indifferente, e Tanabe riesce a trasporre con maestria l’angoscia che accerchia Kuranes, disegnando una Londra desolata e sbiadita che contrasta con la vivida e immutabile bellezza di Celephais: differenza fra i due mondi resa con un gioco di contrasti luce-ombra che svela tutta la maestria del sensei.
Difatti, l'arte di Tanabe e il tratto sottile del maestro catturano perfettamente la dicotomia tra mondi: quello reale, caratterizzato da fitte ombre, accrescendo quel senso di disperazione e oppressione, e quello onirico, luminoso e sospeso nel tempo.
Tuttavia, Celephais è un racconto lovecraftiano scritto nel 1920 e pubblicato nel 1922 nella raccolta Rainbow, e ci è parso fondamentale fornire qualche informazione in più in merito: è interessante notare, difatti, le origini del racconto, tant'è che lo scrittore pare abbia tratto ispirazione per quest'opera dal sogno stesso.
Come spesso accade nei suoi lavori, si intravedono echi della produzione di Lord Dunsany, in particolare L’incoronazione di Mr. Thomas Shap da The Book of Wonder: anche qui, il tema dell’evasione in un mondo immaginario risulta predominante, sottolineando la fragilità della mente umana di fronte alla crudele realtà. Prima di Celephais, tuttavia, altri racconti dunsaniani sono Il Vecchio Terribile, La Strada e I Gatti di Ulthar.
Una bestiale vendetta: I Gatti di Ulthar
Il secondo racconto, I Gatti di Ulthar, ambientato nelle sognanti Dreamlands, narra la leggenda che si cela dietro la promulgazione di una legge peculiare: ad Ulthar è proibito uccidere i gatti.
Nel villaggio vive una coppia di anziani noti per odiare i gatti e per farli sparire in modo misterioso, ma gli abitanti del paese, pur consapevoli della crudeltà, evitano di interferire per timore dei due. Un giorno, un gruppo di viaggiatori misteriosi giunge a Ulthar, attirando l'attenzione del giovane Atal, il narratore della storia: tra loro c'è un orfano di nome Menes.
Atal e Menes s'incontrano, dialogano, mentre il ragazzo di origini egiziane accarezza il suo micetto nero: il suo unico amico, ciò che ha di più caro, tutto ciò che gli resta. Una notte, tuttavia, il gatto scompare e Menes, sconvolto, impiega poco tempo a comprendere cosa gli è accaduto.
Distrutto dal dolore, il ragazzo recita una strana preghiera rivolta ai cieli. Quella sera, una serie di eventi sovrannaturali si abbatte sul villaggio, e i gatti di Ulthar scompaiono per poi ricomparire all'alba, sazi e sereni, mentre i due anziani vengono ritrovati morti, in circostanze misteriose.
L'uso sapiente dei contrasti
Anche qui è necessaria una premessa: il villaggio di Ulthar appare per la prima volta ne I Gatti di Ulthar, ma è teatro anche delle vicende narrate ne Gli Altri Dei.
Nato nel 1920, dopo la pubblicazione de Il Vecchio Terribile, il racconto originale si apre con un narratore anonimo che ricorda una strana legge promulgata in quel luogo: ad Ulthar è vietato uccidere i gatti.
Anche I Gatti di Ulthar, così come il precedente, è stato non troppo lievemente influenzato dallo scrittore anglo-irlandese Lord Dunsany, tanto da essere considerato all'unanimità uno dei racconti preferiti di Lovecraft.
Lo scrittore di Providence s'ispirò liberamente al racconto originale di Dunsany, rielaborando il tema della vendetta e accogliendo altri elementi quali il vagabondo (qui uno zingaro di origini egiziane) Menes, nome da attribuire al mitico fondatore di Menfi: Menes adora il suo gatto, tanto da dare inizio ad una vera e propria carneficina, proprio come gli Egizi veneravano i gatti e consideravano un crimine ucciderli.
Tanabe riesce a conferire un’aura di mistero e tensione crescente con la sua arte dettagliata e un uso sapiente dei contrasti: i gatti si trasformano da innocui osservatori a enigmatici strumenti di giustizia, e l’ispirazione dunsanniana è evidente, in quanto l’influenza del racconto si rispecchia nel tono lirico, quasi divinatorio, adottato nell'originale, qui reso con maestria dal sensei.
Divinità e ambizione: Gli Altri Dei
La terza storia, Gli Altri Dei, esplora l’ambizione e la presunzione umana attraverso le vicende di Barzai il Saggio, accompagnato nella sua avventura dal giovane e dubbioso Atal: l'uomo, determinato a scalare il Monte Hatheg per vedere le divinità che si celano oltre la portata umana, trova la sua rovina in una terribile rivelazione.
Dopo un lungo viaggio, Barzai e Atal raggiungono la vetta della montagna, in attesa che le divinità di manifestino, ma non tutto va come previsto: mentre Atal è ancora pervaso dai dubbi, Barzai in cima invoca gli dei, mentre il cielo si annuvola e la Luna prende ad oscurarsi.
Terrorizzata, la gente di Ulthar si chiede cosa stia accadendo, mentre Atal tenta invano di fermare il suo maestro. Tuttavia, ogni sforzo risulta inutile: le divinità che si palesano dinanzi al vecchio non provengono dal paradiso, bensì dalle profondità della terra.
Sono altri dei, entità provenienti dagli inferno che proteggono i più deboli sulla terra.
Fugge, Atal, fugge il più lontano possibile, incespicando tra i rovi, lottando contro la spaventosa forza d'attrazione che quelle creature esercitano su di lui...
Abisso e realismo plastico
Non devi guardare, non voltarti indietro!
Le parole del maestro risuonano nella sua testa, immagini rese divinamente dal tratto di Tanabe Sensei che, attraverso un sapiente gioco di ombre, mescolando volti a vortici e spirali, rende perfettamente la sensazione di terrore e sgomento che pare inghiottire Atal.
Tanabe rappresenta con perizia il paesaggio montuoso e le inquietanti figure divine, dando corpo all’orrore cosmico che caratterizza l’opera di Lovecraft, proprio come aveva fatto ne Le Montagne della Follia.
I corpi dei malcapitati, resi con realismo plastico (complice anche la tecnica dei sensei, di cui ci ha parlato nel corso dell'intervista a Gou Tanabe), paiono fusi tra loro in un unico ammasso di terrore, una divinità che è una, ma anche molteplice, un Essere che incarna le maledizioni dell'umanità: un'opera che sembra essere stata scolpita nel marmo, piuttosto che il risultato di matite e china.
Le tavole di Tanabe esaltano il senso di insignificanza dell’uomo di fronte a forze inconoscibili, con un sapiente gioco di luci e ombre che evidenzia la discesa di Barzai verso un destino ineluttabile: le espressioni sul volto dei protagonisti richiamano le grandi opere di famigerati artisti, quali L'Angelo Caduto di Cabanel o il David di Michelangelo.
Gli altri dei è stato pubblicato per la prima volta nel 1921, altro racconto dunsanniano, anch'esso pare essere ambientato nell'universo delle Dreamlands, nonostante non sia certo: alcuni sottolineano i collegamenti con Polaris (un'epoca ambientata nel passato), quali i Manoscritti Pnakotic menzionati da Barzai, malgrado diversi luoghi (come il Monte Kadath) e personaggi (quali Atal) de Gli Altri Dei provengano da Ulthar (e non solo).
Commento
Voto di Cpop
90Pro
- Racconti originali resi alla perfezione, ma non mero copia-incolla.
- Gioco di luci e ombre magistrale.
- Realismo plastico, frutto della tecnica del sensei.
- Perfetto per gli amanti dell'orrore cosmico.
Contro
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