Il colore viola, recensione: un classico intramontabile a tempo di musica

Partendo dalla dimensione teatrale, Il colore viola trasporre una storia drammatica cercando una nuova voce sul grande schermo.

Autore: Nicholas Massa ,

La fama de Il colore viola tra le masse, andando oltre le sue origini letterarie, non può che rintracciarsi nella trasposizione cinematografica realizzata da Steven Spielberg nel 1985. Con un cast d'eccezione e una storia che scava nel torbido delle relazioni umane, la pellicola ha lasciato il pubblico senza parole, dando una nuova spinta al romanzo di appartenenza per poi consolidarne l'immaginario narrativo e storico fino ad oggi. Non risulta, quindi, troppo inaspettato un nuovo tentativo sul grande schermo in questo senso, pur se canalizzato da una verve creativa ben differente da quella del leggendario regista nominato sopra (anche se ritroviamo il suo nome e quello di Oprah Winfrey nella produzione).

Disponibile in Italia dall'8 febbraio 2024, il nuovo lungometraggio de Il colore viola si distacca da qualsiasi paragone fin da subito, traendo la propria essenza espressiva dall'omonimo musical di Broadway di Marsha Norman, e tentando di incanalarne la potenza canora e musicale attraverso la regia di Blitz Bazawule, le scenografie di Paul D. Austerberry, i costumi di Francine Jamison-Tanchuck. Il tutto insieme alle interpretazioni sfaccettate di un cast che ha saputo cogliere personaggi iconici, provando anche di rinfrescarne gli intenti e la voce.

Il colore viola: una storia passata che si rinfresca

La trama de Il colore viola, anche in questa nuova trasposizione, resta praticamente invariata in termini di eventi, personaggi e sviluppi. La storia parte dal 1909 in Georgia, negli Stati Uniti d'America, e ci presenta immediatamente due adolescenti afroamericane, Celie (Phylicia Mpasi/Fantasia Barrino) e Nettie (Halle Bailey/Ciara). La loro vita, seppur in apparenza spensierata, è in realtà governata da una manciata di uomini che fin da piccole le controllano servendosi del terrore e della violenza personale. Partendo da un contesto familiare profondamente problematico, Celie viene promessa in sposa ad Albert Johnson detto "Mister" (Danny Glover), anche lui dello stesso identico stampo degli altri nei suoi confronti.

Dopo che le due sorelle vengono separate proprio da quest'ultimo, la storia de Il colore viola si concentra sul cammino di Celie e su una vita di continui abusi che la porteranno a maturare una consapevolezza personale e forza fuori dal comune, alimentata anche dalle altre donne che incontrerà lungo il suo cammino. In questo senso sono fondamentali i personaggi di Sofia (Danielle Brooks) e di Shug Avery (Taraji P. Henson), due donne dal carattere forte e indipendente che influiranno sulla consapevolezza personale di Celie, aiutandola a muoversi verso un'emancipazione del tutto insperata.

Copyright: © 2023 Warner Bros. Entertainment Inc. All Rights Reserved. Photo Credit: Courtesy Warner Bros. Pictures
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Il colore viola: cercare e trovare la propria strada

La primissima cosa che colpisce de Il colore viola di Blitz Bazawule è ovviamente la componente sonora e canora, e la grandiosità delle coreografie che proiettano immediatamente nell'azione musicale alla base del progetto. Pur trasponendo una storia che resta pressappoco invariata da quella che tutti conosciamo, incuriosisce sicuramente il tentativo di rinfrescarne la voce con la potenza di Broadway e l'ausilio di un cast che non ha nulla da invidiare a quello di Spielberg (anche se alcuni volti dell'epoca restano iconici). Le tematiche fondamentali de Il colore viola sortiscono ancora lo stesso effetto, analizzando un viaggio drammatico che parla di violenza domestica, sessuale e razziale, riflettendo sulla vita dei suoi protagonisti e soprattutto sul contesto storico e geografico in cui tutti gli eventi prendono forma.

L'elemento drammatico, quindi, è illeso, seppur minimamente tamponato dall'essenza canora di un musical che alleggerisce senza mai snaturare il messaggio di fondo, lavorando a stretto contatto con le emozioni in gioco e la loro complessità sfaccettata. Il colore viola di Bazawule viene sicuramente valorizzato dall'attenzione formale generale, complice il lavoro fatto coi costumi da Francine Jamison-Tanchuck, con le coreografie, con le scenografie di Paul D. Austerberry e le interpretazioni del cast principale. L'attenzione all'attinenza storica, come avvenuto in passato, diventa ben presto un mezzo attraverso cui criticare le ipocrisie e violenze di un'America del Sud che, pur se lontanissima, risuona in modo potente.

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Vale la pena guardare Il colore viola al cinema?

Se siete curiosi di immergervi in una storia dal sapore innegabilmente forte e amate i musical costruiti in questo senso, la risposta è sì. La nuova trasposizione cinematografica de Il colore viola convince dal punto di vista narrativo e incuriosisce da quello formale. Sviluppandosi da una storia che il grande pubblico sicuramente conosce o ha sentito nominare almeno una volta dagli amanti del cinema, si costruisce un lavoro che ne preserva la potenza tematica, canalizzandone una voce forte attraverso il proprio stile particolare, per poi renderla anche attuale nell'impatto sulle nuove generazioni che andranno a vederlo in sala.

Seppur potente dal punto di vista della colonna sonora, delle coreografie e delle performance a schermo, Il colore viola non risulta troppo indimenticabile nel suo insieme, puntando a un'emozione ritmata da una maniera cinematografica che strizza l'occhio alle proprie origini sul palco scenico di Broadway, senza riuscire a trovare quel guizzo in più in grado di traslare qualcosa di maestoso in momenti memorabili e indelebili. La potenza tematica, e la voglia di raccontare una storia capace di suscitare qualcosa ancora oggi risultano comunque convincenti, anche se la mimesi del regista e alcune scelte in questo senso non lasciano troppo il segno.

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Nel suo insieme, Il colore viola funziona come musical, mettendo in scena la storia drammatica e travagliata delle sue protagoniste e premurandosi di dar loro una voce, anche canora, che supera facilmente i limiti del grande schermo, relazionandosi direttamente agli spettatori. In questo particolare aspetto, la pellicola si distingue dalla precedente trasposizione cinematografica e imprime un timbro tutto personale alla storia del romanzo, non più ancorata solamente alle parole su carta, ma a una serie di performance che si ricollegano alla tematica, senza tempo, dell'emancipazione femminile. Un vero e proprio inno, quindi, alla libertà, alla vita e al bisogno, profondamente umano, di cercare se stessi in un mondo difficile e complesso.

Commento

Voto di Cpop

75
Il colore viola torna sul grande schermo dopo circa 40 anni e lo fa con una veste sia estremamente fedele alla propria natura narrativa, che differente, plasmando la sua voce attraverso le note del musical. Pur non risultando troppo memorabile, il lungometraggio di Blitz Bazawule funziona e riesce credibile dall'inizio alla fine. Ad oscurare tutto il resto, in questo caso, non è tanto la scrittura quanto la messinscena, le coreografie e le performance canore del cast.

Pro

  • Le performance canore.
  • Scenografie, costumi e coreografie.
  • Le interpretazioni di Fantasia Barrino, Taraji P. Henson e Danielle Brooks.

Contro

  • Le canzoni sono orecchiabili ma non memorabili.
  • La dimensione del musical tende ad alleggerire i toni drammatici del racconto.
  • Non adatto ai non amanti dei musical.
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