La coda del diavolo, recensione: Luca Argentero in un thriller di colpa e redenzione

La coda del diavolo trasporta il pubblico al centro di un thriller oscuro in cui vediamo Luca Argentero fuggire fra coraggio e ombre.

Autore: Nicholas Massa ,

Un uomo viene ingiustamente accusato di un omicidio del quale non è minimamente responsabile. La sua vita cambia all’improvviso e vertiginosamente, aprendosi su un mondo che mai, prima d’ora, lo aveva interessato o sfiorato. Questo è l’incipit de La coda del diavolo, il nuovo action thriller con al centro Luca Argentero, diretto da Domenico De Feudis, scritto da Nicola Ravera Rafele e Gabriele Scarfone e prodotto da Groenlandia e Vision Distribution, in collaborazione con Sky.

In onda lunedì 25 novembre 2024 alle 21:15 su Sky Cinema Uno, in streaming su NOW e disponibile on demand (anche in 4K), La coda del diavolo trasforma una località tipicamente estiva italiana, la Sardegna, nel palcoscenico di un racconto nerissimo. Il film si propone agli spettatori con uno sguardo alla criminalità organizzata e a quel male insito in un mondo che sembra lontano dal nostro, svelandone però l’estrema vicinanza.

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Dalla fuga nasce la tensione di una storia per immagini cromaticamente oscura ed estremamente seria, in cui si incontrano riflessioni profonde, incardinate in una struttura narrativa classica e facilmente riconoscibile dagli appassionati.

Un thriller oscuro ma classico

La coda del diavolo trasporta lo spettatore in una Sardegna che sfida l'immaginario collettivo, abbandonando le sue spiagge assolate per un’ambientazione cupa, inquietante, sporca e umida, dove ombre e paure moderne si intrecciano. Al centro della vicenda c’è Sante Moras (Luca Argentero), ex poliziotto diventato guardia carceraria, che si trova improvvisamente incastrato in un crimine brutale.

Quando un uomo, colpevole di aver torturato e ucciso una ragazza, viene trovato morto durante il suo turno di sorveglianza in carcere, Sante diventa il principale sospettato. Quest’accusa lo spinge a fuggire e a intraprendere una pericolosa ricerca della verità, una missione in cui ogni passo sembra avvicinarlo all'abisso della colpa e della redenzione.

Ph credit Francesca Ardau/press Sky
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Accompagnato dalla giornalista Fabiana Lai (Cristiana Dell’Anna), la sua unica alleata in un mondo in cui giustizia e ingiustizia paiono sovrapporsi, Sante affronta una serie di rivelazioni che mettono in luce alcuni meccanismi marci, sia locali che globali. Dall'altro lato il commissario Tommaso Lago (Francesco Acquaroli), con una determinazione feroce, lo bracca senza tregua, mentre Sante cerca disperatamente di sciogliere il groviglio di segreti che lo circonda, tentando di far chiarezza sull’accaduto. Il suo percorso, ovviamente, non sarà dei più semplici, trovandosi a contatto e in contrasto con qualcosa di molto più grande di lui, anche se la sua determinazione non vacilla mai.

Non puoi fermare le onde del mare

Andando oltre, per un momento, le vicende relative alla caratterizzazione del protagonista principale, La coda del diavolo si rivela fin da subito un film estremamente classico in termini di narrazione e struttura, ricordando inevitabilmente Il fuggitivo del 1993 e i lavori simili. Un uomo innocente, ma con qualche problema economico, viene accusato di un omicidio e decide di scappare, cercando di chiarire la situazione anche se tutto gli rema continuamente contro. In un racconto come questo, però, il film approfitta per indagare, seppur minimamente, il mondo dell’attuale traffico di donne e di esseri umani.

Da un delitto apparentemente isolato nasce tutta una serie di dettagli che riconducono a qualcosa di molto più ampio, infrangendosi completamente sulla vita dello stesso protagonista. L’ingiustizia perpetrata ai danni di Sante diventa il pretesto perfetto per costruire non soltanto un racconto in cui l’azione e la tensione giocano un ruolo centrale, ma anche una riflessione sulla mostruosità di alcuni uomini senza scrupoli nella nostra contemporaneità.

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Tutto il gioco de La coda del diavolo si sviluppa proprio dalla constatazione che le ombre, anche della peggior specie, si muovono tranquillamente fra le pieghe di una società apparentemente “pulita”. In questo senso, attraverso il viaggio di Sante, anche gli stessi spettatori sono obbligati a muoversi in un contesto disumano e feroce, smantellando le maschere di un mondo sudicio e marcio che si annida laddove non arriva l’occhio di tutti.

Sante è stato incastrato, ma perché? Chi vuole usarlo? Queste sono le domande che assillano l’intero corso degli eventi principali, tratteggiando il cammino di un uomo determinato a fare chiarezza contro tutto e tutti. Interessante, in questo senso, l’interpretazione di un Luca Argentero oscuro e tormentato, dalla prima all’ultima inquadratura che lo ritrae. La violenza subita, lo scontro con un mondo che reagisce senza conoscere tutti i fatti, e il passo claudicante di un uomo ferito sia dentro che fuori, contribuiscono alla credibilità di una storia senza troppi colpi di scena, ma comunque ben oliata in termini di costruzione formale.

Il lavoro dietro la macchina da presa di Domenico De Feudis è una delle cose più riuscite de La coda del diavolo. Attraverso lo sguardo del regista, i colori della Sardegna cambiano, rielaborati in un filtro noir che avvolge ogni cosa e persona, estraniando e affascinando al tempo stesso. La regia si muove in due direzioni: si avvicina ai suoi personaggi (così da indagarne pure i tormenti personali) per poi portarli in un contesto freddo e frenetico, in cui la caccia diventa seconda soltanto alla verità più criminale del racconto.

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Nell’indagare le ingiustizie personali di un uomo “messo in mezzo”, La coda del diavolo applica un filtro più ampio alle sue stesse possibilità tematiche, ampliandone la portata. Quello che vediamo affrontare a Sante non è altro che un minuscolo granello della grande oscurità con cui si ritrova a fare i conti, e anche lui ne è perfettamente consapevole.

Di pari passo, il film esplora pure il mestiere del giornalismo e, in qualche modo, i suoi “doveri” nell’ambito dell’indagine di cronaca attraverso il personaggio di Fabiana Lai, coinvolta in prima persona e spinta da un senso della verità che la porta a compiere scelte difficili e coraggiose. Il coraggio resta quindi la costante di un racconto fatto di alti e bassi, in cui vediamo lavorare la semplicità della struttura narrativa in funzione di una storia che vorrebbe dire di più, senza però mai andare oltre il già visto.

Commento

Voto di Cpop

60
La coda del diavolo è un thriller oscuro che, attraverso una narrazione classica, esplora i temi dell’ingiustizia, della colpa e della mostruosità nascosta nella società contemporanea. Al centro c’è Sante, interpretato da un convincente Luca Argentero, la cui fuga per provare la propria innocenza svela un mondo di corruzione e brutalità. La regia di Domenico De Feudis è uno dei punti di forza del film, trasformando la Sardegna in un palcoscenico noir dove i colori si spengono e i tormenti personali si intrecciano con un’indagine feroce. Sebbene la trama non presenti grandi colpi di scena, riesce a mantenere alta la tensione, offrendo anche una riflessione sul giornalismo e sul coraggio di affrontare la verità. Un film che, pur senza innovare, regala una storia ben costruita e un’ambientazione interessante.

Pro

  • Il lavoro nel costruire il contesto in cui tutto si muove.
  • La regia di Domenico De Feudis.
  • Un Luca Argentero convincente.

Contro

  • In La coda del diavolo è tutto troppo classico e abbastanza prevedibile.
  • Il finale e alcune cose lasciate in sospeso (forse volutamente?).
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