Orion e il Buio, recensione: Charlie Kaufman incontra Inside Out su Netflix

Autore: Paolo Falletta ,

Chi non ha avuto paura del buio almeno una volta nella vita? Chi non ha mai pensato che sotto il letto si annidasse un mostro e che nell’armadio abitasse una creatura spaventosa pronta a venir fuori di notte? Orion e il Buio, nuovo film d’animazione targato Dreamworks e disponibile su Netflix, sceglie una paura universale per affrontarle tutte, parte da quel terrore generale per l’ignoto per riversarsi sull’ansia sociale, sulle fobie, sulle paranoie, sulle ossessioni, sull’ipocondria. E lo fa affidandole tutte a un bambino oppresso dall’overthinking, assillato dal catastrofismo, incapace di vivere la vita senza immaginarne esiti apocalittici.  

Di cosa parla Orion e il Buio?

Orion è un ragazzino che frequenta le elementari, ha una cotta per una compagna di classe ma non ha il coraggio di dichiararsi, rifiuta ogni possibilità di socializzazione all’idea di fare una figuraccia, si oppone a ogni situazione non preventivabile, fugge quando qualcosa lo spaventa. Ma c’è un dettaglio importante: Orion ha paura di tutto. Ed esiste qualcosa capace di monopolizzare il suo terrore e superare ogni altro timore: è il buio.  
Tutto cambia quando il Buio in persona fa la sua comparsa nella sua cameretta e lo porta con sé per mostrargli la sua natura gentile e dargli un assaggio della propria routine “lavorativa”, portandolo a fare la conoscenza delle Entità Notturne e della sua nemesi Luce. 

Non è la prima volta che si esplora la delicata terra di mezzo tra l’infanzia e l’adolescenza, ma l’impressione è che Orion e il Buio sia uno dei pochi prodotti a scegliere di sondarne le zone d’ombra dall’interno, indagandone in modo realistico e mai banale le problematiche. In fondo, l'animazione statunitense si è spesso concentrata sull’assioma "adolescente=problematico" senza sporgersi al di là di una serie di dinamiche e comportamenti codificati: il rapporto conflittuale con i genitori, l’esigenza di affermare la propria identità, il malsano desiderio di approvazione. 

Il flusso di coscienza di Orion

In Orion e il Buio la penna di Charlie Kaufman si fa notare proprio nella scelta di scandagliare l’interiorità del protagonista attraverso uno stream of consciousness che rifugge alla superficialità della rappresentazione per entrare nel territorio psicanalitico, nella sorprendente maturità di un bambino che può generare pensieri negativi, che può ipotizzare il peggio, che può persino essere nichilista. Guarda anche alle conseguenze della paralisi in cui vive Orion, porta a galla gli effetti di una partecipazione alla comunità parziale che non può che tradursi in invisibilità, nell’impossibilità di definirsi socialmente e mostrare la propria persona.  

È un tema, quello dell’identità sociale, del giudizio degli altri come definizione del sé apparente, della propria maschera, che abbraccia tutto il film e diventa fil rouge che lega Orion al Buio, lui più di tutti vittima di pregiudizi, di un adattamento evolutivo che ne ha provocato la stigmatizzazione; e se Orion teme le incertezze, le possibilità, non può non trovare nel buio, che è nulla e tutto allo stesso tempo, il suo acerrimo nemico.

E allora Orion e il Buio diventa pure saggio sul giorno e la notte, sulla luce e il buio, su una dicotomia che favorisce la prima e disconosce i vantaggi del secondo, che non guarda alla loro complementarità ma alla loro opposizione. Buio, come Orion, si vede soprattutto attraverso gli occhi degli altri, di chi glorifica Luce (che gli autori rendono fiero, vanaglorioso, apollineo) per la sua facoltà di palesare i colori, di rendere tutto manifesto, di scaldare; di chi sottovaluta Buio e il privilegio di veder le stelle (nell’ostacolo alla visione degli astri in una città sovresposta agli schermi luminosi si rintana anche una velata critica all’antinaturalismo dell’urbanizzazione contemporanea), persino di fruire il cinema (con riferimento al buio della sala come elemento fondamentale). 

Orion e il Buio gioca, poi, con la storia facendosi metanarrazione, interferendo e cambiandola in corsa, impostando la cornice esterna di chi racconta su più piani temporali sia per dar vita ad una matrioska narrativa che determina interessanti esiti in termini di scambio tra diegesi ed extra-diegesi, sia per ribadire l’universalità di un sentimento che accomuna tutti.  

L'eredità della Pixar

Il film scritto da Kaufman si fa comunque portatore e custode di una certa eredità pixariana quando riporta alla memoria Monsters & Co. (che lo scrittore ha dichiarato essere il suo film Pixar preferito) e quando attinge a piene mani dal più recente Inside Out, riproponendo l’idea di dar corpo a concetti astratti (che in Inside Out erano le emozioni) e personificando, oltre a Buio e Luce, le Entità notturne Sonno, Insonnia, Quiete, Rumori Misteriosi e Dolci Sogni. Ne escono dei personaggi buffi ed esteticamente peculiari: Sonno, soffice e pacato, usa metodi poco ortodossi (cloroformio e cuscini in faccia) per addormentare la gente; Insonnia si porta dietro una scia di calcoli numerici e sussurra nelle orecchie dei dormienti preoccupazioni e pensieri negativi; Rumori Misteriosi ha l’aspetto di un robot costruito con gli oggetti responsabili degli inquietanti strepiti notturni; Quiete, adorabile topolino squittente, ingloba tutti i rumori della notte; Dolci Sogni, colorata e sinuosa, è il corrispettivo kaufmaniano di Sandman.  

Orion e il Buio crea, insomma, una singolare mitologia del giorno e della notte dando vita a personaggi dal design variegato ed espressivo, riconoscibile e attinente alla loro essenza. Sul lato estetico Dreamworks fa un ottimo lavoro puntando su un’animazione ibrida che dà il meglio di sé nei momenti extra-ordinari, che replica il disegno a matita (che diventa parte animata quando si rifà al diario personale di Orion) negli sfondi, negli ambienti della quotidianità, che sfrutta luce e ombra irrorando il film di un’atmosfera magica.  

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L’elemento di pregio rimane comunque la scrittura di Charlie Kaufman e le riflessioni che innesca, la capacità dello sceneggiatore di infondere anche in un film d’animazione con un target diverso dal suo precedente Anomalisa il suo filosofeggiare e la sua cultura sterminata, di comunicare su più livelli, di invitare a guardare le cose da un’altra prospettiva. Orion e il Buio sa essere positivo anche prendendo le distanze dai finali rassicuranti, e spiega che scacciare la paura può essere uno sforzo sterile, che bisogna sentirla e agire lo stesso, vivere nonostante l’ansia di vivere. E ci insegna che la luce senza oscurità può essere caldo asfissiante, può essere inferno in terra e che, alla fine, tocca uscire a riveder le stelle. 

Commento

cpop.it

80

Il nuovo film d'animazione targato Dreamworks e disponibile su Netflix è un'acuta riflessione sull'universalità della paure e sui modi di conviverci, sui rischi di lasciarsi sopraffare dal loro effetto e sulla necessità di agire passandoci sopra. La scrittura di Charlie Kaufman conferisce a Orion e il Buio grande profondità, immagina un mondo popolato da entità regolatrici dell'alternanza giorno-notte e invita lo spettatore a guardare le cose da prospettive diverse per godere appieno della loro coesistenza.

Pro

  • Diversi livelli di lettura
  • Una rappresentazione matura del passaggio dall'infanzia all'adolescenza
  • Alcune trovate metanarrative...

Contro

  • ...che forse si spingono troppo in là
  • Nulla di rivoluzionario in termini di animazione
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