Come finisce Joker Folie à Deux? Spiegazione del finale

Joker Folie à Deux è un film dalle molteplici letture e riflessioni; tutte queste si ricollegano al suo finale e a quello che potrebbe rappresentare.

Autore: Nicholas Massa ,

Arrivato nei cinema il 2 ottobre 2024, Joker: Folie à Deux ha immediatamente diviso il grande pubblico accorso in sala con aspettative altissime, complice il grande successo e clamore del film precedente. Tornare nella vita di Arthur Fleck si è rivelato un azzardo interessante per Todd Phillips, così come il tentativo di incanalare l'influenza pop del personaggio in una storia con alti e bassi, ma ricca di rimandi e significati, anche meta-cinematografici, impossibili da ignorare. Le letture di Joker: Folie à Deux possono essere molteplici, così come le interpretazioni di alcuni momenti che sembrano rivolgersi direttamente al pubblico in sala, sfruttando dinamiche narrative precise e scelte di sceneggiatura che hanno lasciato l'amaro in bocca (per approfondimenti, vi rimandiamo alla nostra recensione di Joker Folie à Deux).

Pur offrendo un'esperienza non facilmente digeribile nel suo complesso, complici anche alcune scelte musicali, Joker: Folie à Deux resta comunque un esperimento interessante, un'opera che osa certamente più del primo film, che tutti, o quasi, portano nel cuore. A differenza del passato, però, in questo caso ci si ritrova a fare i conti con un processo creativo e narrativo che mira a distruggere e decostruire, a disilludere e incupire in un viaggio culminante in un finale amarissimo, ma anche concettuale in qualche modo. Nel trattare la conclusione di Joker: Folie à Deux, ci preme avvisarvi che questa analisi contiene importanti spoiler sul film; nel caso in cui non l'abbiate ancora visto, vi sconsigliamo di proseguire la lettura.

Joker Folie à Deux: nella morte un lascito importante

Tutta la costruzione narrativa di Joker: Folie à Deux si concentra sull'umanità di un Arthur Fleck (Joaquin Phoenix) nuovamente perduto e schiacciato da un contesto cieco alle sue problematiche. Se nel finale di Joker pareva che avesse ottenuto una minima rivalsa sulla società, ispirando una vera e propria rivolta violenta lungo le strade e ponendosi quasi a modello di un grido disperato in un mondo totalmente indifferente verso i più deboli, in Joker: Folie à Deux tutto questo viene nuovamente distrutto e assorbito da una società che, reagendo agli eventi, ne ha trasformato e deviato i significati attraverso una mercificazione evidente.

All'interno del racconto di Arthur, scopriamo che, mentre è rinchiuso ad Arkham, qualcuno ha prodotto e venduto un film sulle sue imprese, traendone profitto, e che c'è anche un libro in commercio sugli eventi da lui generati quando era apparso in diretta televisiva. La mercificazione della sua rivolta ha, di riflesso, generato un mito ancora più grande tra le vie della città, deviandone i significati personali e profondi, fino a ispirare un interesse morboso nei confronti di questo Joker e dell'uomo dietro il trucco. I riflettori sono quindi puntati su Arthur stesso, e le loro luci creano un'ombra ingombrante e opprimente, di cui l'uomo resta schiacciato senza nemmeno rendersene conto.

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In un processo creativo del genere, Joker: Folie à Deux sembra quasi rivolgersi direttamente al pubblico, a tutti quei fan che hanno amato follemente il primo film, al punto di volerne assolutamente un seguito, insoddisfatti e ingordi di qualcosa che forse non avrebbe mai dovuto continuare. In questo contesto, entra in scena la figura di Harleen "Lee" Quinzel (Lady Gaga): indefinibile e totalmente fumosa. Fuggevole e impossibile da comprendere, se non nella metafora meta-cinematografica dell'appassionato che vuole a tutti i costi vedere Joker esplodere, come nel finale del primo film, senza minimamente considerare Arthur Fleck. Questo (Arthur) fa parte dell'equazione, anche se non tutti se ne ricordano, ancorati all'immaginario vendicativo e di rivalsa personale del finale della pellicola precedente.

Tutte le scene con lei in Joker: Folie à Deux sembrano suggerire proprio questa lettura (un esempio su tutti è la sequenza in cui vediamo Harley e Arthur fare sesso nella cella d’isolamento. Lei non desidera Arthur, ma Joker, al punto che prima di concedersi lo trucca, in modo da ritrovarsi faccia a faccia con il suo idolo). Arthur, però, non sembra affatto consapevole di questo, lusingato e fiero, innamorato e accecato da sentimenti contrastanti che innescheranno gli eventi principali, non molti in realtà, al centro del film.

Ecco che la Folie à Deux del titolo diventa sempre più chiara con il progredire degli eventi. Non si tratta della follia tra Joker e Harley, ma di quella tra Arthur e Joker, tra l'uomo e l'ideologia scaturita da alcune sue azioni, diventata poi un modello da seguire e una vera e propria icona fuori dalla portata e dal controllo dello stesso Arthur.

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Una lettura come questa viene ulteriormente rafforzata dal breve cortometraggio animato posto all'inizio di Joker: Folie à Deux. Alla luce del finale, quella breve sequenza acquisisce un senso ancora più profondo e logico. Qui vediamo Arthur che, dopo aver ottenuto un successo smisurato, si dirige verso un programma televisivo dedicato interamente a lui e a ciò che ha fatto, in senso positivo. Tutti amano il Joker e tutti vogliono vederlo e seguirlo il più possibile.

Ma c'è qualcosa che non va, qualcosa di totalmente inaspettato: la sua ombra si distacca, truccandosi e vestendosi con gli abiti che conosciamo, per rivelarsi "tanto Joker quanto lui". In questa scissione, anche violenta, l'uomo viene apertamente schiacciato dal mito che ha creato e costruito, pagandone amaramente le conseguenze nel sangue che imbratta l’intera inquadratura.

Così arriviamo al finale di Joker: Folie à Deux. Durante il film, vediamo la giustizia reagire, in qualche modo, a ciò che Arthur ha creato e ispirato, rinchiudendolo e portandolo a processo. Questo si protrae fino a quando lui decide di rappresentarsi da solo e, a seguito di alcuni eventi traumatici che lo coinvolgono indirettamente, fa cadere la maschera, rivelando che "non esiste alcun Joker" e mettendo finalmente in luce il contrasto interiore che si porta dentro, in relazione a tutto ciò che ha involontariamente ispirato. Il verdetto della giuria è prevedibile, seguito dall'inaspettata e violentissima esplosione di un'autobomba fuori dal tribunale, che lo porta a fuggire nel caos, aiutato da alcuni sconosciuti che lo riconoscono immediatamente.

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Arthur, però, non è interessato né a loro né a incendiare l’intera città. Il suo unico pensiero è rivolto a Harley e al fatto che sembra averlo abbandonato da quella confessione in aula. Dopo averla trovata sulle scale che lo hanno reso celebre in tutto il mondo, lei lo lascia, e lui sembra completamente abbattuto da questo (nell'amarezza della ragazza si potrebbe leggere nuovamente anche quella del pubblico in sala che, magari, si aspettava un film totalmente differente, tornando proprio su quelle stesse scale a cercare nuove risposte). In seguito, lo ritroviamo nuovamente rinchiuso, questa volta taciturno e apparentemente sereno, quando viene avvisato di avere una visita.

Nel corridoio che conduce alla stanza designata, un altro detenuto lo avvicina: si tratta di un giovane che abbiamo visto inquadrato più volte durante il film, ma sempre di sfuggita. Questo, dopo avergli fatto una battuta, lo pugnala brutalmente con un pezzo di vetro, lasciandolo morire lentamente nel suo stesso sangue, mentre si accascia sul pavimento. Dietro Arthur, però, fuori fuoco, si può intravedere lo stesso giovane che, con il vetro dell’omicidio, si sta tagliando le guance, scolpendo un sorriso perenne sulla sua stessa pelle.

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Una delle letture possibili per un finale del genere potrebbe collegarsi all’ideologia stessa di Joker. Arthur Fleck è morto, è chiaro, ma Joker no. Joker sopravvive e resta nell'aria e nell’agire di tutti coloro che lo ammirano e che non si sono mai interessati di Arthur. Ecco che l’ombra prende finalmente il controllo totale della persona originaria, divenendo da semplice riflesso vera e propria entità a sé stante, libera e indipendente, senza remore o limiti nell’esprimere al 100% la propria anarchica follia.

In parallelo, nella scelta della morte di Arthur Fleck e nel modo in cui è stata inquadrata, possiamo tranquillamente vedere l'abbandono di questi film da parte sia di Todd Phillips che di Joaquin Phoenix. Una chiusura netta di un progetto cinematografico che potrebbe voler terminare in modo definitivo.

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