Joker: Folie à Deux, recensione: un sequel senza ritmo e mordente

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Autore: Nicholas Massa ,

Arthur Fleck ha ucciso cinque persone. Arthur Fleck ha ucciso cinque persone a sangue freddo, di cui una in diretta TV. Ma chi è veramente Arthur? Perché ha fatto quello che ha fatto? Cosa lo ha spinto lungo la via della violenza e della morte nel sangue? Cosa gli accadrà adesso? Pagherà per i crimini che ha commesso? Sconterà una qualche pena per le atrocità che gli sono state attribuite? È stato Arthur Fleck a commettere quelle atrocità o il Joker? Nella sottile linea che distingue la cosiddetta normalità dalla psicosi, si muovono un abisso di studi, trattati e speculazioni, che trovano nuovamente materiale fertile nelle mani e nelle idee cinematografiche di Todd Phillips, qui in sceneggiatura insieme a Scott Silver, pronto a tornare sul grande schermo con Joker: Folie à Deux, disponibile al cinema dal 2 ottobre 2024.

Il gigantesco successo del film precedente ha immediatamente messo in luce una particolare trepidazione e aspettativa nei confronti di Joker: Folie à Deux, collegandosi direttamente al lavoro realizzato nel 2019 che, è bene ricordarlo, si era posto, dalle parole del suo stesso regista, come una pellicola "non impostata per avere un sequel".

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Questo dettaglio è bene tenerlo sempre a mente, specialmente quando si affronta la visione di un sequel come questo, un lavoro dalla forma sicuramente sperimentale, anche se disorganico nel suo porsi agli spettatori e appassionati. L’ideologia rivoluzionaria permane la medesima, anche se le aspettative potrebbero trarre in inganno coloro che hanno visto una qualche “luce” nella resa ideologica del lavoro cinematografico antecedente a questo.

Joker: Folie à Deux ha il sapore della disillusione più totale in ogni sua piega e sviluppo, sa di amaro e di frammentario, trasportando in una storia che parla direttamente al pubblico in sala, sia in modo diretto che indiretto, rielaborando gli intenti già presenti nel primo film in un confronto assolutamente e inequivocabilmente divisivo.

Joker: Folie à Deux, usa e getta

Con Joker: Folie à Deux veniamo nuovamente trasportati nella vita di Arthur Fleck (un Joaquin Phoenix ancora mostruosamente in parte), a distanza di poco tempo dagli eventi principali che avevano visto chiudersi Joker nel sangue e nel caos. Ora Arthur è stato rinchiuso nel manicomio criminale di Arkham, in attesa del suo giudizio definitivo da parte della legge americana, che sta cercando di elaborare la cosa rispondendo in modo da fare giustizia. Il nostro, però, è totalmente, o quasi, all'oscuro della risonanza che le sue azioni criminali e violente hanno avuto in città, portando alla nascita di alcuni “movimenti” di rivolta e di appoggio alla sua figura, ora di dominio pubblico.

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Durante il suo soggiorno nella struttura, Arthur entrerà casualmente in contatto con Harleen "Lee" Quinzel (Lady Gaga), anche lei rinchiusa, seppur nel braccio meno pericoloso, rimanendo immediatamente affascinata da lui. Il loro rapporto innescherà gradualmente qualcosa, e mentre l’avvicinarsi a Lee spingerà Arthur a riflettere sulla sua attuale e futura condizione, il mondo starà a guardare comodamente e con passione il costruirsi di un processo pregno di ideologie distorte e lontano da qualsiasi logica. Amore, pensiero romantico e ribelle, violenza, giustizia; Joker: Folie à Deux torna di nuovo ad affogare nella mente di un uomo continuamente sospeso fra realtà e fantasia.

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Musica e disillusione

Joker: Folie à Deux reitera molto di quanto visto nel film precedente a livello ideologico, tentando di evolverne le sorti attraverso le nuove esperienze, dirette e indirette, che lo stesso Fleck si ritrova a vivere sulla sua pelle. Ancora una volta, una delle più grandi critiche del film si muove verso la società e la sua noncuranza, aggiungendo all’equazione anche l’ingombrante presenza dei mass-media e di un capitalismo che non si fa alcuno scrupolo a mercificare ogni cosa.

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L’evoluzione del protagonista è chiarissima in questo senso: da reietto della società e ultimo degli ultimi, a prodotto sul quale lucrare e da spremere il più possibile. Sulle azioni di Arthur, non a caso, viene proiettato l’interesse di un mondo che in realtà non lo vede mai per quello che è, mitizzando qualcosa di atroce e sanguinario, così da costruirci sopra una narrazione ben lontana dalla realtà personale dei fatti.

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Da ciò la frammentazione di Arthur, che comincia a riflettere sul possibile alter ego Joker e sull’eventualità di una vera e propria dissociazione della personalità. Joker e Arthur sono la stessa persona? Le folle urlanti e rabbiose chi vogliono veramente incontrare e seguire? Anche in questo caso è nuovamente il mondo sociale intorno ad Arthur a schiacciarlo, sfruttando la sua stessa forma di ribellione, per poi spettacolarizzarne le possibilità e le ipotetiche letture.

“È tutto intrattenimento”, viene accennato in una canzone del film che segue la sorte del suo stesso protagonista, scindendo la propria essenza in frammenti musicali che aleggiano continuamente, segnando la realtà con la fantasia di Arthur. Sembra quasi che lo stesso musical presente in Joker: Folie à Deux non riesca mai, fino in fondo, a trovare una propria quadra, così come gli eventi principali di un viaggio ripetitivo e amarissimo nel suo porsi al grande pubblico.

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L'ascesa di Arthur Fleck da aspirante comico ed emarginato sociale a principe clown di Gotham e leader della rivoluzione.

Anche laddove la speranza di un minimo cambiamento aveva accarezzato tutti, specialmente dopo il finale del film precedente, Joker: Folie à Deux si impegna a smorzare ogni possibilità in questo senso, con una pesante disillusione che avvolge innanzitutto lo stesso Joker, per poi invadere ogni anfratto della sua esistenza circostante, sia a livello sociale che morale. Il nuovo lavoro di Todd Phillips è ben diverso dal capitolo che in precedenza aveva stregato il grande pubblico. In questo caso, ci si ritrova a fare i conti con una vicenda piuttosto sgrammatica e disequilibrata nel suo porsi, con trovate interessanti e sviluppi sospesi, ma anche momenti sottili e intensi.

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La presenza e la scrittura della stessa Harley Quinn di Gaga non trovano mai una forma fissa sul grande schermo, divenendo fin da subito la metafora diretta del fan e del pubblico disposto a qualsiasi cosa pur di vedere in azione il proprio idolo. L’amore e la coercizione si muovono di pari passo con lei, non tanto per caratterizzare un personaggio che resta sempre volutamente fumoso, quanto per chiarire gli intenti intellettuali in una maschera concettuale sia interessante che fuggevole e sicuramente vicina allo stesso interesse morboso che potrebbe provare il pubblico in sala.

Nel tornare alla vita e alle vicende di Arthur Fleck, sembra quasi che Joker: Folie à Deux voglia mettere in discussione la sua stessa esistenza sul grande schermo, relazionandosi direttamente con l’amore folle di un pubblico che ha voluto vederne il ritorno con tutto il cuore. Il grande problema di questo film risiede nel fatto che non aggiunge moltissimo a ciò che conoscevamo del personaggio in questione, rielaborandone l’esistenza in un viaggio in cui sembra quasi diventare succube di se stesso e di ciò che aveva costruito in precedenza.

Nuovamente vittima e martire, l’ingombrante presenza di “When the Saints Go Marching In” non è sicuramente casuale in questo senso, nuovamente oggetto del desiderio senza concezione di sé, quasi una regressione non troppo giustificata, fino al nero di un finale che forse manifesta tutta la sua forza nella volontà stessa del regista, oltre le cose della narrazione.

Commento

Voto di Cpop

65
Todd Phillips torna al cinema con Joker: Folie à Deux, portando sul grande schermo un film frammentato e disorganico nel suo incedere. L'idea di tornare nuovamente su questo personaggio ha sorpreso tutti, accompagnata da una scrittura che sembra voler lasciare qualcosa direttamente al grande pubblico, rielaborandone la finzione in corso in una sorta di dialogo oltre lo schermo piuttosto disordinato purtroppo. Ritornano alcune critiche del passato, insieme a nuove riflessioni sociologiche. Torna la violenza brutale e la fantasia più isolante, torna la voglia di cambiare qualcosa in una regressione narrativa sia giustificata che ingiustificata. In tutto ciò l'interpretazione di Joaquin Phoenix conferma nuovamente il suo valore e attaccamento a un personaggio che forse ha detto tutto ciò che doveva.

Pro

  • La regia di Todd Phillips.
  • La fotografia di Lawrence Sher.
  • Il lavoro in termini concettuali di alcune idee.

Contro

  • Il film è fin troppo disordinato e poco incisivo.
  • La scelta del musical intrattiene e non lascia troppo di più, pur connettendosi alla mente disturbata dello stesso protagonista.
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