Il Pianeta delle Scimmie: l'altra faccia dell'evoluzione

Il Pianeta delle Scimmie: l'incredibile saga di fantascienza che ha contribuito a riscrivere la sci-fi sul grande schermo

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Autore: Manuel Enrico ,

Negli anni 60, dal punto di vista cinematografico, si assistette a un periodo d'oro per la fantascienza. Dopo un lungo periodo in cui il futuro e le suggestioni sci-fi erano fortemente influenzati dalla minaccia atomica e da una visione distorta del lato oscuro della scienza, cominciarono a emergere opere che miravano a esplorare l'autentico spirito della letteratura d'anticipazione: analizzare il presente attraverso la narrazione del futuro. In quel decennio, la televisione americana introdusse Star Trek nelle case degli spettatori, mentre il cinema si preparava ad accogliere capolavori come 2001: Odissea nello spazio e Il Pianeta delle Scimmie.

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Non solo Il Pianeta delle Scimmie divenne un cult del suo tempo, ma diede anche origine a una serie di film e a una omonima serie televisiva. L'epica avventura dell'astronauta George Taylor e dei suoi sfortunati compagni di viaggio rappresentò uno dei momenti cruciali nella storia del cinema di fantascienza di quel periodo, contribuendo a dare un nuovo impulso alla narrazione sci-fi sul grande schermo.

Il Pianeta delle Scimmie, un cult della sci-fi

Questo nuovo approccio narrativo era il risultato di una rinnovata vitalità nella letteratura di fantascienza, grazie a nuovi autori che stavano ridefinendo la visione di mondi futuri, avvicinandosi a un'ottica meno influenzata dalle paure dell'epoca e più orientata verso un pensiero critico e impegnato.

Prima di diventare un'icona cinematografica, Il Pianeta delle Scimmie è un romanzo pubblicato nel 1963. A partire dalla seconda metà degli anni '50, la narrativa di fantascienza stava evolvendo oltre l'aspetto pulp tipico degli anni precedenti, affrontando tematiche più complesse e andando oltre gli stereotipi, per abbracciare argomenti più impegnativi. In quegli anni, assistemmo al consolidamento del corpus letterario di autori come Isaac Asimov, alla pubblicazione del primo volume di Dune nelle librerie americane e all'esordio di grandi maestri della letteratura di fantascienza come Philip K. Dick.

Il romanzo originale

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La letteratura di fantascienza inizia a diventare sempre più un genere al quale altri autori desiderano dare il loro contributo. Tra questi autori figura anche lo scrittore francese Pierre Boulle, noto grazie all'adattamento cinematografico di un altro suo romanzo, Il ponte sul fiume Kwai. Nel 1963, Boulle si unisce al mondo della fantascienza con la pubblicazione de II Pianeta delle Scimmie (La Planète des singes), che in Italia fu tradotto per la prima volta nel 1965 con il titolo Viaggio a Soror. Solo nella seconda edizione del romanzo, in seguito al successo del film tratto da esso, venne adottato il titolo più familiare de Il Pianeta delle Scimmie.

Nella versione originale del libro di Boulle, si immagina che una coppia in viaggio di piacere a bordo di un'astronave diretta a Soror incontri un oggetto galleggiante nello spazio. Una volta recuperato, si scopre essere un contenitore contenente un messaggio scritto a mano da un uomo di nome Ulisse Mèrou, che racconta un'incredibile avventura.

Nel 2500, Ulisse Mèrou, un giornalista, riceve un'invito da parte di uno scienziato per partecipare come cronista al viaggio inaugurale del suo vascello spaziale. Questo viaggio ha lo scopo di cercare una nuova dimora per l'umanità,  ormai prossima all'estinzione sulla Terra. Dopo due anni di viaggio, l'astronave raggiunge un pianeta che  successivamente chiamato Soror. Gli esploratori scoprono una civiltà umana regredita allo stadio animale, sottomessa da una razza di scimmie incredibilmente evolute, le quali trattano gli esseri umani come schiavi.

Dopo essere stati catturati, gli esploratori sono sottoposti a esperimenti e studi da parte degli scienziati primati. Inaspettatamente, gli scienziati scimmie scoprono che Mèrou e i suoi compagni erano in realtà alieni, rivelazione che scuote profondamente la comunità scientifica delle scimmie. Inoltre, emerge un terribile segreto: in alcuni siti archeologici segreti del pianeta sono presenti tracce di un'antica civiltà umana estremamente avanzata.

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Dopo aver cercato inutilmente di persuadere le scimmie riguardo alla possibilità di costruire una nuova società inclusiva per gli esseri umani, Mèrou, vista l'inefficacia dei suoi sforzi, è costretto a fuggire dal pianeta insieme a Nova, una nativa con cui ha instaurato una relazione e che porta in grembo il loro figlio. Con l'aiuto di due scimmie di nome Zira e Cornelius, Mèrou riesce a ritornare alla sua astronave e a fare ritorno sulla Terra. Tuttavia, al suo arrivo scopre che sono trascorsi 700 anni dalla sua partenza, e che il nostro pianeta è ora governato dalle scimmie.

Inorridito da questa visione apocalittica, Mèrou parte immediatamente e affida il resoconto delle sue avventure al vuoto dello spazio cosmico, che viene successivamente raccolto da Phyllis e Jinn. Il libro si conclude con i due turisti spaziali che ridono di questa incredibile storia, convinti che nessun essere umano avrebbe potuto concepire un racconto così profondo. Alla fine, Phyllis e Jinn rivelano di essere anch'essi delle scimmie.

Le ispirazioni del romanzo

L'idea alla base de Il Pianeta delle Scimmie, sebbene intrigante, non sembra essere del tutto originale. La trama di Pierre Boulle richiama alla mente Gorilla Sapiens (originariamente Genus Homo), un romanzo di fantascienza del 1941 scritto da L. Sprague de Camp e P. Schuyler Miller, inizialmente pubblicato sulla rivista Super Science Stories. In questo romanzo, si immagina che a seguito di un incidente un gruppo di esseri umani rimanga in uno stato di letargia per milioni di anni, per poi risvegliarsi in un mondo radicalmente diverso, dominato da una razza di primati intelligenti.

In questo futuro distante, diversi animali manifestano segni di intelligenza, ma sono i primati a detenere il dominio del pianeta, anche se suddivisi in fazioni. Nel caso di Gorilla Sapiens, il racconto, in sintonia con le convenzioni della fantascienza dell'epoca, si concentra sull'azione, narrando una guerra tra i pacifici gorilla e i più aggressivi babbuini, che, grazie all'intervento umano, si conclude con la vittoria dei primi.

Anche se la struttura narrativa di Gorilla Sapiens è meno complessa rispetto a Il Pianeta delle Scimmie, il romanzo condivide molte delle caratteristiche fondamentali dell'opera di Boulle. Tuttavia, soprattutto nel suo sviluppo,  anticipa alcune delle caratteristiche chiave della futura trasposizione cinematografica di questo particolare mondo.

Quando Il Pianeta delle Scimmie giunse sulle librerie, la letteratura di fantascienza stava gradualmente emergendo come un genere narrativo moderno e ricco di profonde riflessioni su temi sociali cruciali. La percezione della fantascienza nel cinema era ancora differente, con la tendenza a considerarla come un genere adatto principalmente ai B-Movie, ovvero pellicole di qualità inferiore realizzate con risorse limitate e scarsa dedizione.

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Dalla letteratura al cinema

In quel periodo, alcune figure influenti nel mondo dello spettacolo si fecero avanti per sfidare questa visione riduttiva della fantascienza cinematografica. Tra queste personalità vi era il produttore Arthur Jacobs, che nel 1963 acquisì i diritti del romanzo di Boulle, convinto che fosse una storia straordinaria in grado di diventare un grande film, nonostante il disincoraggiamento da parte dello stesso autore francese, il quale riteneva Il Pianeta delle Scimmie uno dei suoi lavori meno riusciti.

Per la stesura della prima sceneggiatura, il produttore ingaggiò Rod Serling, uno scrittore americano che all'epoca aveva raggiunto la celebrità come creatore di una delle serie televisive di fantascienza più famose, The Twilight Zone (in Italia nota come Ai confini della realtà). Serling cercò di mantenere la sua visione il più possibile fedele all'opera di Boulle, immaginando una società di scimmie con una tecnologia paragonabile alla nostra ma con un aspetto più aderente alle caratteristiche dei primati.

Tuttavia, queste idee non si rivelarono compatibili con il budget di produzione, che portò la decisione di raffigurare la società delle scimmie come una sorta di Medioevo, cercando di riutilizzare set provenienti da altre produzioni.

La struttura narrativa proposta da Serling perse progressivamente di coesione, e la dirigenza della Fox decise di affidare la stesura di una nuova sceneggiatura a un altro scrittore. Tale incarico fu assegnato a Michael Wilson, il quale era già familiare con le opere di Boulle, avendo precedentemente lavorato all'adattamento de Il Ponte sul fiume Kwai.

Tuttavia, la carriera di Wilson era stata segnata dalle accuse di essere un comunista, un'etichetta che lo aveva reso oggetto delle indagini del maccartismo. Questa tensione personale trovò espressione nella sua sceneggiatura de Il Pianeta delle Scimmie, dove l'umore presente in alcune scene si scontrava con la rappresentazione opprimente della società delle scimmie e con la condizione di fuggitivo del protagonista.

Nonostante un lavoro di sceneggiatura di alto livello, i dialoghi dei personaggi furono ritenuti inadeguati e subirono una rielaborazione, sebbene l'autore di questa revisione rimanesse sconosciuto. Tuttavia, questo anonimo scrittore contribuì a creare alcune delle battute più celebri nella storia del cinema, inclusa quella epica che chiude il film.

Creare il mondo de Il Pianeta delle Scimmie

Tuttavia, dalla sceneggiatura originale di Serling, è emersa la scena più iconica de Il Pianeta delle Scimmie. I produttori e il primo regista del film, Blake Edwards (in seguito sostituito da Franklin J. Schaeffer), desideravano un finale che non si limitasse a replicare il colpo di scena con cui Boulle aveva concluso il suo romanzo, ma cercavano qualcosa di ancora più drammatico.

Durante una pausa, l'ispirazione colse Jacobs: l'idea era far credere che tutto si fosse svolto sulla Terra. Durante un pranzo con Edwards e Serling, mentre stavano in fila alla cassa, il destino volle che dietro la cassa fosse appeso un poster della Statua della Libertà. Questo ispirò il trio a creare una delle scene più celebri nella storia del cinema, successivamente citata in modo parodistico in film come Balle Spaziali.

Per realizzare questa memorabile scena, ma allo stesso tempo contenere i costi di produzione, si decise di mostrare solo una porzione della Statua della Libertà. Di conseguenza, fu creata una replica della parte superiore della statua, rovinata dal passare dei secoli, ma di dimensioni ridotte e utilizzata solo per alcune riprese.

Nell'ultima inquadratura, realizzata con un'ampia inquadratura, Emil Kosa Jr. utilizzò la tecnica del matte painting per dipingere un'immagine della Statua della Libertà con le proporzioni corrette su una lastra di vetro. Questa immagine dipinta venne successivamente sovrapposta alla pellicola, creando un effetto visivo sorprendente. Questa tecnica straordinaria venne successivamente impiegata anche per alcune riprese nel primo capitolo di Star Wars.

Era essenziale trovare un metodo per rendere credibili i primati sullo schermo. In un'epoca in cui il trucco cinematografico era ancora una forma d'arte quasi artigianale, la creazione di protesi per conferire autenticità a personaggi come Zira, Cornelius e Zaius rappresentava una sfida complessa. Tuttavia, a Hollywood operava un artista del trucco che avrebbe lasciato un segno indelebile nella storia del cinema: John Chambers.

Scimmie, più reali degli umani

Chambers, dopo la fine della Seconda Guerra Mondiale, aveva acquisito notorietà per la creazione di protesi facciali destinate ai veterani. Questa incredibile abilità lo portò a collaborare con l'industria cinematografica, in particolare per la realizzazione di oggetti e protesi utilizzate soprattutto in film di fantascienza. Tra i molti contributi di Chambers alla storia del cinema, va menzionato il suo ruolo nella creazione delle caratteristiche orecchie appuntite di Spock, il celebre personaggio di Star Trek. Chambers realizzò queste protesi per conferire al vulcaniano un aspetto distintivo e inconfondibile.

La scelta di John Chambers per la realizzazione di un trucco credibile per i primati de Il Pianeta delle Scimmie si rivelò quasi inevitabile e si rivelò estremamente gratificante, poiché il look di Zira, Cornelius e delle altre scimmie è ancora oggi una delle caratteristiche più amate del film. Questo apprezzamento raggiunse un punto tale che, durante la cerimonia degli Oscar del 1969, si decise di conferire a Chambers un Oscar Onorario, nonostante la categoria non esistesse. Per ritirare il premio, Chambers inviò l'amico Walter Matthau, il quale si presentò alla cerimonia in compagnia di un piccolo scimpanzé vestito con un elegante smoking.

Anche con l'abilità di Chambers, il trucco degli attori per le riprese si rivelò un impegno titanico. Per il trucco di ogni attore erano necessarie quasi sei ore, e richiedeva un enorme staff di truccatori e parrucchieri. Chambers riuscì a gestire questa sfida con maestria, sviluppando un sistema di produzione del trucco che ridusse notevolmente i tempi dopo solo pochi giorni di sperimentazione. Tuttavia, per riuscire a mettere in scena persino duecento scimmie nelle scene più affollate, furono necessari dozzine di truccatori. Questo sforzo senza precedenti rese la produzione de Il Pianeta delle Scimmie una delle più controverse del suo tempo, poiché aveva virtualmente monopolizzato gli artisti del trucco, causando notevoli ritardi nella realizzazione di altri film.

In modo curioso, il trucco ideato da Chambers era così efficace che i lineamenti degli attori venivano completamente nascosti, al punto che nemmeno gli stessi attori riuscivano a riconoscersi tra loro. Di conseguenza, sul set si formavano spontaneamente gruppi di attori e comparse in base al tipo di primate che stavano interpretando, quasi a emulare la struttura a caste della società delle scimmie descritta nel film. Questo fenomeno sorprese i produttori che visitavano il set e chiesero spiegazioni a Charlton Heston, l'attore che interpretava il protagonista umano, George Taylor.

L'anno della grande fantascienza cinematografica

Il 1968 fu davvero un anno straordinario per la fantascienza. In quell'anno, mentre Philip K. Dick pubblicava il suo Ma gli androidi sognano pecore elettriche?, che avrebbe costituito la base per il futuro Blade Runner, l'industria cinematografica portava sul grande schermo due opere di fantascienza letteraria di grande impatto: 2001: Odissea nello spazio, tratto dal romanzo di Arthur C. Clarke, e Il Pianeta delle Scimmie.

Il Pianeta delle Scimmie, in particolare, presentava una connessione significativa con il contesto storico americano dell'epoca. L'ingresso di Wilson come sceneggiatore aveva infuso nella storia un marcato elemento di critica sociale, ispirato dalla sua personale esperienza. È importante ricordare che gli Stati Uniti erano ancora influenzati dalle conseguenze del maccartismo, stavano affrontando l'impegno militare in Vietnam, e la polarizzazione tra i blocchi della Guerra Fredda stava diventando sempre più accentuata.

Inizialmente, Wilson aveva tentato di attenuare le tensioni nella storia con un finale che simboleggiasse la speranza per il futuro. In un primo momento, si era contemplato l'idea di far uccidere Taylor da una scimmia al momento della scoperta della Statua della Libertà, lasciando che Nova, incinta del figlio dell'astronauta, rappresentasse il futuro della razza umana. Tuttavia, questa idea fu scartata dai produttori, i quali non volevano vedere il protagonista morire, forse già pianificando la realizzazione del seguito, L'altra faccia del Pianeta delle Scimmie (1970).

La saga de Il Pianeta delle scimmie

Nel seguito, L'altra faccia del Pianeta delle Scimmie," il lato più oscuro della storia prevalse. Coinvolto direttamente Pierre Boulle, la prima sceneggiatura vedeva Taylor guidare una rivolta umana. Tuttavia, Charlton Heston, poco interessato al progetto, accettò di comparire solo brevemente, a condizione che il suo personaggio venisse eliminato definitivamente. Mort Abrahams e Paul Dehn contribuirono a definire la trama finale, introducendo elementi come il pericolo nucleare e il concetto di scienza oltre i limiti etici. Anche se era previsto un messaggio di speranza, con una nuova razza ibrida tra umani e scimmie, era stato creato un primo trucco per rappresentare un bambino frutto dell'unione tra le due specie. Tuttavia, questo dettaglio fu omesso per evitare polemiche sull'argomento della bestialità.

A L'altra faccia del Pianeta delle Scimmie fecero seguito altri film, tra cui "Fuga dal Pianeta delle Scimmie" (1971), "1999 - Conquista della Terra" (1972) e "Anno 2670 - Ultimo Atto" (1973), i quali avevano lo scopo di spiegare come l'umanità avesse perso il controllo del pianeta a favore delle scimmie.

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Nel finale de L'altra faccia del Pianeta delle Scimmie, Zira e Cornelius riuscirono a sfuggire alla distruzione della Terra raggiungendo l'astronave di Taylor. Tuttavia, l'esplosione atomica causò un'alterazione spaziale che li portò alla Terra del 1973. Da qui inizia una storia in cui i rapporti tra umani e scimmie si dirigono verso un epilogo triste, influenzato da un atteggiamento non esattamente nobile degli esseri umani nei confronti dei loro cugini primati.

Nel contesto cinematografico della saga, apparve anche una serie televisiva, ispirata liberamente al film del 1968, ma che non ottenne particolare successo. Dopo un remake deludente diretto da Tim Burton nel 2001, la saga è stata oggetto di un reboot a partire dal 2011, con L'alba del Pianeta delle Scimmie," che ha dato vita a ulteriori due film, "Apes Revolution - Il Pianeta delle Scimmie" (2014) e "The War - Il Pianeta delle Scimmie" (2017).

"Il Pianeta delle Scimmie" originale ha giocato un ruolo fondamentale nella definizione di un approccio moderno alla fantascienza cinematografica. Superando i pregiudizi del suo tempo, il film di Schaeffer è stato in grado di afferrare temi sociali importanti e di integrarli in una trama avvincente e coinvolgente. Questo ha profondamente influenzato l'immaginario collettivo e ha conferito alla fantascienza cinematografica un nuovo prestigio, aprendo la strada per la creazione di nuovi film che sarebbero diventati dei veri e propri cult nel corso degli anni successivi.

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