Todd Phillips spiega il finale di Joker: "Siamo sicuri che Arthur Fleck sia 'quel' Joker?"

Autore: Alessandro Zoppo ,

Da quando è uscito nelle sale di tutto il mondo, le teorie dei fan sul finale di Joker si sprecano.

Quello che abbiamo visto nel film è successo davvero o esiste soltanto nella testa del protagonista Arthur Fleck? A questa domanda è stato chiamato a rispondere Todd Phillips, il regista della origin-story sul villain di Gotham City che sta ottenendo numeri da record al botteghino.

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Intervistato dal Los Angeles Times, Phillips ha discusso di fan theory e questioni rimaste aperte quando quel "The End" in giallo appare sullo schermo al termine del film, che da buon anti-cinecomic non ha scene post-credit.

Come ha già spiegato il protagonista Joaquin Phoenix al Times, Joker "richiede un certo grado di partecipazione da parte del pubblico. Sta agli spettatori decidere come interpretarlo e sperimentarlo". Il regista non può che essere d'accordo.

Ho apprezzato molto il fatto che abbiamo potuto prendere questo personaggio e farci quello che volevamo. Quello di Joker è stato uno dei copioni più divertenti da scrivere perché ho dovuto soltanto infrangere delle regole.

La prima fonte d'ispirazione per Phillips è stata The Killing Joke, graphic novel del 1988 di Alan Moore e Brian Bolland.

Ma non sono sicuro di sapere cosa sia esattamente. A volte ricordo quel fumetto in un modo, altre volte in un altro... Se proprio devo avere un passato, preferisco che sia a scelta multipla.

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Phillips e il co-sceneggiatore Scott Silver hanno giocato molto con questa ambiguità. Fleck è davvero il narratore "inaffidabile" della sua stessa storia? Ci ha raccontato tutto rinchiuso nella sua "white room" di Arkham? È quello il riferimento quando Frank Sinatra, nella sua That's Life, canta "Sono stato un burattino, un povero, un pirata, un poeta, un pedina e un re"?

Io, Scott e Joaquin non abbiamo mai parlato di cosa fosse Arthur, non abbiamo mai detto: 'È un narcisista, è questo e quello'. Non volevo che Joaquin iniziasse a provare il personaggio con questo riferimento. Ci siamo semplicemente detti: 'È di fuori'. Non so nemmeno se Arthur sia malato di mente. Ha solo un passo diverso rispetto al resto del mondo.

Quindi è tutto vero o è soltanto frutto della schizofrenia di Arthur?

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Ci sono molti modi con cui poter vedere questo film. Si può pensare che questa è soltanto una delle sue storie a scelta multipla e niente di tutto quello a cui si è assistito è successo. Ma non voglio dire se sia così. Parecchie persone alle quali ho fatto vedere il film mi hanno detto: 'Ho capito, si è soltanto inventato una storia. L'intero film è la barzelletta di Arthur. È ciò che questo tizio rinchiuso nel manicomio di Arkham ha architettato. Potrebbe anche non essere il Joker'.

Insomma, non c'è da fidarsi di quello che si è appena visto. Ma Fleck è il vero Principe del Crimine o è stato l'ispirazione per qualcun altro? C'è più di un Joker? Il cattivo di Gotham è forse un seguace, quello che ad esempio uccide i genitori di Bruce Wayne?

Forse il personaggio di Joaquin ha ispirato il Joker. Non lo sapete veramente. La sua ultima battuta nel film è 'Non lo capiresti'. Stanno succedendo un sacco di cose interessanti là dentro.

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Queste parole potrebbero spiegare il significativo divario d'età tra il Fleck adulto e Bruce Wayne, che è raccontato in Joker come un bambino. Nel Batman di Tim Burton e ne Il cavaliere oscuro di Christopher Nolan, i due personaggi hanno una minore differenza d'età.

Su una cosa Phillips è sicuro: se mai dovesse farsi un sequel, non vedremo mai Batman contro Joker.

Non faremo mai una cosa del genere. No, no. Vogliamo solo vedere dove andranno a partire da qui.

L'indizio conclusivo di Phillips è dedicato alla risata di Arthur. Quella risata dolorosa e disperata che esplode fragorosa e animalesca nell'intero film. Soltanto nel finale le cose cambiano: l'ultima risata di Arthur è diversa dalle altre.

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È l'unica volta in cui Arthur ride sinceramente. Ci sono diverse risate nel film. C'è quella della sua sofferenza e quella falsa quando cerca di essere come gli altri, che è la mia preferita. Ma alla fine, quando è rinchiuso nella stanza di Arkham, quella è la sua unica risata autentica.

Cosa significa quest'affermazione di Phillips? Ancora una volta, spetta a voi deciderlo.

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