Atlas, recensione: il film di fantascienza con Jennifer Lopez su Netflix lascia il segno

Autore: Nicholas Massa ,

Ormai l’Intelligenza Artificiale, come anche la sigla IA, è entrata a tutti gli effetti a far parte del nostro immaginario sociale e linguistico contemporaneo. Se una volta le possibilità più strabilianti in questo senso erano relegate quasi del tutto alla dimensione della fantascienza, con i passi in avanti fatti dalla tecnologia attuale è quasi come vivere in quella futuribilità che una volta avremmo considerato solamente ipotetica o comunque lontanissima. Non a caso tantissimi prodotti per il grande e piccolo schermo si sono impegnati proprio a riflettere sul nostro rapporto con la tecnologia e la IA, e sulle ipotetiche svolte che questo potrebbe, o meno, imboccare mano a mano che il progresso si fa più concreto e svincolato dalla semplice fantasia. Atlas, il nuovo film di Brad Peyton, con al centro Jennifer Lopez, mette in scena un racconto che si costruisce partendo proprio da alcune considerazioni del genere.

Nel delineare i primi passi di una storia estremamente familiare nel suo insieme, Atlas riesce ben presto a trovare una sua quadra centralizzandosi intorno alla propria protagonista e al suo rapporto con la tecnologia. Pur sviluppandosi da un plot piuttosto banale e prevedibile, la pellicola, disponibile su Netflix dal 24 maggio 2024, sta in piedi da sola, riservando per gli spettatori casalinghi un’esperienza segnante ed emotivamente forte. Gli automatismi attuali di una società, la nostra, che sta lentamente sviluppandosi a livello di intelligenza artificiale, s’intersecano con la fantascienza più classica di un mondo che, per ipotesi, si avvicina tantissimo a ciò che conosciamo.

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È proprio in questa remota ipotesi che Atlas, come tantissimi altri lungometraggi dello stesso stampo (Terminator, The Creator, Ex Machina e tantissimi altri) riesce a far presa, lavorando una credibilità sia in termini di umanità che di relazione uomo-tecnologia.

Atlas: dal già visto una piccola perla

In un mondo distante dal nostro, il progresso nell’ambito dell’Intelligenza Artificiale si è evoluto al punto da coinvolgere ogni anfratto della vita di ogni essere umano sul pianeta Terra. In questa convivenza a senso unico fatta di automatismi e benessere generale, Harlan (interpretato da Simu Liu), uno dei robot super intelligenti, è riuscito a bypassare i propri limiti di programmazione, alimentando una vera e propria rivolta della tecnologia contro l’umanità. I suoi intenti, pur se non chiari al 100% all'inizio del racconto, spingono gli altri robot a una carneficina senza precedenti. In una situazione del genere l’umanità si vede costretta a unire le forze, istituendo la Conferenza Internazionale delle Nazioni (ICN), ultimo baluardo in una guerra senza esclusione di colpi che sta cancellando tantissime vite, anche innocenti.

In questo scontro senza precedenti sarà lo stesso Harlan a trovarsi, almeno in apparenza, in difficoltà, decidendo di fuggire dalla Terra insieme ai suoi alleati e sottoposti, svanendo nel nulla con l’obiettivo di tornare a tempo debito. Così facciamo la conoscenza di Atlas (Jennifer Lopez), una donna esperta nello studio della IA, nonché analista della stessa ICN e legata ad Harlan attraverso un passato fumoso e indefinito. La sua intelligenza e l’innegabile esperienza nell’ambito tecnologico moderno la rendono una risorsa fondamentale nella missione di cattura di Harlan. Non sarà affatto un’impresa semplice però, dato il potere e la conoscenza che il terrorista in questione ha sviluppato negli anni, e tutti gli strumenti a sua disposizione.

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Scan innanzitutto interiore

Sia nella caratterizzazione estetica che narrativa, Atlas si pone fin da subito come un lavoro estremamente derivativo. La sua derivazione si può intuire e osservare apertamente dal plot iniziale e dal modo in cui lo stesso mondo intorno alla protagonista viene tratteggiato mano a mano che ci entrano dentro anche gli spettatori. Le regole in atto sono familiari, come lo sono anche le problematiche di fondo e le metodologie attraverso cui il regista sceglie di far avanzare gli eventi principali. A livello macro, quindi, nulla di nuovo, è nella dimensione più micro che Atlas tira fuori il meglio di sé. Nel compiere il proprio viaggio la protagonista dovrà fruire della tecnologia, ma c’è qualcosa che non va, c’è qualcosa che la tormenta impedendole di mostrarsi in tutto e per tutto.

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Cos’è che l’ha resa com’è oggi, quindi? Nel mistero di una donna imperscrutabile si muove la sensibilità di una pellicola che si fa presto indagine interiore e studio del rapporto fra l’umano e il tecnologico. Nel determinare la ricerca di un terrorista non umano, sono due gli elementi che più attraggono e spingono a proseguire con la visione: la caratterizzazione della stessa Atlas e l’esplorazione di un contesto sia familiare che creativamente imprevedibile.

Courtesy of Netflix.
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Fiore all’occhiello del lungometraggio è senza dubbio l’interpretazione di una Jennifer Lopez in parte, coadiuvata a una regia estremamente attenta allo specifico umano, capace di catturare i moti interiori ed esteriori di J.Lo servendosi di primi piani e dettagli che ne incidono le sensazioni prima sull’obiettivo della macchina da presa, e in seguito sul piccolo schermo. I suoi sguardi rotti e quell’inesprimibile e pressante dolore sotto la superficie, valorizzano gli intenti principali di un film fatto soprattutto di scrittura e indagine interiore.

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In parallelo, Atlas offre uno sguardo su un mondo estremamente moderno, così tanto da risultare facilmente individuabile in termini di poetica fantascientifica o Sci-Fi. La costruzione e caratterizzazione di un contesto in cui i robot e gli esseri umani convivono sia in armonia che in conflitto, spinge verso alcune riflessioni che nel film troveranno diretta concretizzazione nel percorso della stessa protagonista e nel suo rapporto con un esoscheletro militare dentro al quale si ritrova a sopravvivere. Ecco che l’ipotetico legame fra uomo e IA prende il sopravvento su tutto il resto, presentando alcune dinamiche in cui risulta immediato il perdersi, trovandosi a stretto contatto con dubbi e ragionamenti sullo stesso progresso tecnologico esterno al prodotto cinematografico in questione.

Courtesy of Netflix.
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Nel viaggio folle e drammatico di un’analista, si misura l’intera altra faccia di Atlas, fatta di scontri in campo aperto, battaglie e il confronto strategico con un’intelligenza praticamente superiore, o comunque distaccata e risoluta. Forte di una scrittura attenta, però, il film esita un minimo quando si tratta di CGI, regalando alcuni momenti più action sicuramente interessanti, anche se con un peso forse minore rispetto al resto.

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Commento

cpop.it

70

Atlas non è un film originale, ma è proprio in questo processo creativo in cui il regista, Brad Peyton, sceglie di "giocare sul sicuro e sul familiare", che il racconto per immagini stupisce, presentando un'attenzione particolare nella scrittura. Indagando innanzitutto sul rapporto fra umano e tecnologico, la pellicola riesce a risultare affascinante e trainante, complice il lavoro di Jennifer Lopez e una certa credibilità emotiva di fondo.

Pro

  • L'interpretazione di Jennifer Lopez.
  • La scrittura e indagine alla base del film.

Contro

  • I dettagli di un mondo non troppo originale.
  • La CGI poco convincente in alcuni momenti.
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