Borderlands, recensione: dai videogiochi al grande schermo senza troppo mordente

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Autore: Nicholas Massa ,

È possibile individuare il seme della follia già nella sola idea di trasporre il primo videogioco di Borderlands, scegliendo di portarlo sul grande schermo. Perché? Perché si tratta di una saga di videogiochi fuori di testa che ha fatto presa sui suoi appassionati prima per la sua estetica apertamente derivativa e sui generis, e in seguito per il gameplay folle, spregiudicato e continuamente sopra le righe. Il divertimento era assicurato col primo capitolo di Borderlands, seguendo una strada che ha toccato anche i titoli successivi, con un’evoluzione in questo senso.

In soldoni, Borderlands è un looter-shooter che fonde momenti da sparatutto in prima persona a trovate action RPG (per chi non lo sapesse, i looter-shooter sono videogiochi appartenenti alla famiglia dei giochi di ruolo d’azione in cui, attraverso un gameplay sparatutto, ci si muove in un contesto in cui la crescita dei personaggi è legata al grinding con lo scopo di ottenere potenziamenti ed equipaggiamenti sempre migliori, fra le altre cose). Partendo da un’impronta videoludica del genere risulta sicuramente interessante l’idea di realizzare un lungometraggio partendo, in sommi capi, dagli eventi di trama del primo capitolo. Come avranno fatto? Saranno riusciti a cogliere lo spirito che aleggia nel primo Borderlands?

Borderlands: un mondo in rovina e una fantascienza che non portano quasi nulla di nuovo

La trama del film Borderlands, diretto da Eli Roth e disponibile nei cinema italiani dal 7 agosto 2024, si basa a grandi linee su quella del primo videogioco, o comunque su quella si costruisce a livello introduttivo, per poi mescolare un minimo le carte in tavola in favore di un racconto che prende strade differenti. A introdurre gli spettatori ai fatti troviamo il personaggio di Lilith (Cate Blanchett), celebre per essere una cacciatrice di taglie senza troppi scrupoli. È lei il narratore che dall’alto racconta quanto accaduto poco prima e in seguito agli eventi in corso sul grande schermo. Come i fan della saga videoludica ben sanno, in questo primo episodio tutto ruota intorno al pianeta Pandora, un posto praticamente abbandonato a se stesso e dall’anima tormentata.

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Fra le sue increspature sociali e mostruosamente fuori misura, però, aleggia una leggenda che si connette con una introvabile Cripta aliena legata alla storia, di molto precedente, a cui assistono gli spettatori. Tutti conoscono l'epica di questo luogo segretissimo in cui, si racconta, alberghino segreti e tesori di una delle civiltà più antiche e potenti esistite. In molti hanno tentato di decifrare i racconti della Cripta, lanciandosi alla sua ricerca per poi fallire miseramente, tritati e ingoiati dallo stesso pianeta e dai suoi abitanti. In questo caso, però, sarà la stessa Lilith ad essere contattata e finanziata dal ricco Atlas (Édgar Ramírez), dandole la missione di ritrovare sua figlia dispersa, Tiny Tina (Ariana Greenblatt), e riportargliela sana e salva.

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Sul pianeta Pandora, però, la missione della nostra cacciatrice di taglie si rivelerà più ostica del previsto, entrando a contatto con un contesto in cui gli elementi più conosciuti di Borderlands si mischieranno in un’avventura dall’anima action il cui disegno completo scopriremo soltanto alla fine. Non tutto è quel che sembra, e nel caos di un incarico apparentemente semplice e lineare subentrano pure i personaggi di Roland (Kevin Hart), Tannis (Jamie Lee Curtis), Krieg (Florian Munteanu) e altri.

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Limiti e obiettivi mancati

Senza fare troppi giri di parole, il film di Borderlands soffre di una serie di problemi e limiti palesi e impossibili da ignorare. Al di là della trama relativamente prevedibile nel suo sviluppo, stiamo parlando di una pellicola estremamente leggera che, però, non riesce mai a trovare una sua concreta quadra comica durante l’intera progressione del racconto. Moltissimi momenti cercano di regalare sorrisi o risate senza arrivare al dunque, senza scalfire attraverso un lavoro di scrittura abbastanza elementare nel suo insieme e mai veramente sopra le righe come ci si sarebbe aspettati da un progetto del genere.

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Non soltanto nella comicità, ma anche nella specifica costruzione di alcune scene che, a livello di CGI, lasciano l’amaro in bocca per via delle scelte prese in questo senso. Amaro che resta saldamente sulle papille gustative, specialmente alla luce del buon, seppur altalenante, lavoro fatto con le scenografie e la costruzione della stessa Pandora. Questo pianeta è fondamentale nella comprensione di ciò che accade ai protagonisti, apparendo sul grande schermo con un Borderlands che però non se la rischia fino in fondo, preferendo momenti trash e senza appeal a una minima contestualizzazione di ciò che accade.

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A tutto ciò si deve aggiungere una costruzione action che non dispiace, con alcuni momenti interessanti e trovate curiose, in perfetto contrasto con le sequenze più abbozzate e prevedibili. Borderlands è un film ricco di sparatorie e coreografie che convincono ma non emozionano. Alcuni guizzi in questo senso riescono a coinvolgere e ricordare la matrice videoludica alla base del progetto cinematografico, ma non restano mai e del tutto impressi sul serio. Questo la dice lunga sul peso narrativo di un “giocattolone coloratissimo” che annoia anche quando deve semplicemente intrattenere.

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Fortunatamente, però, non è proprio tutto nero in questo Borderlands cinematografico. A incuriosire troviamo una particolare attenzione nella caratterizzazione estetica dei personaggi, che non dispiace a livello di costumi e dettagli, anche se la scrittura avrebbe dovuto dare di più loro. Mentre tutto prosegue seguendo una strada in cui nessuno brilla veramente, anche la colonna sonora, curata da Steve Jablonsky, tenta il suo meglio per sollevare una situazione semplice nel suo insieme, disegnata attraverso battute e momenti che non trascinano verso le grandi rivelazioni di un’esperienza al cinema dimenticabile.

Commento

cpop.it

50

Borderlands è un film che ce la mette tutta per coinvolgere, senza purtroppo riuscire mai ad essere attraente in qualche modo. Partendo da una serie di videogiochi famosi per il loro spirito, la pellicola ne incanala alcune caratteristiche in una trasposizione semplice e abbastanza dimenticabile. A nulla vale il cast coinvolto e una particolare attenzione in termini di estetica formale, quando il resto non riesce mai e del tutto a fare presa.

Pro

  • Alcune scelte in termini di costruzione dell'estetica (costumi e mondo).
  • La colonna sonora.

Contro

  • Il cast non viene mai e del tutto sfruttato fino in fondo (specialmente quando si tratta del personaggio di Jamie Lee Curtis).
  • La CGI non convince fino in fondo.
  • La comicità non ha l'appeal che sembrerebbe voler avere.
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