Disponibile nei cinema italiani dal 23 febbraio 2025, Heretic parla, inaspettatamente, a ognuno noi, coinvolgendo il pubblico in sala in un gioco tra il sadico e l’intellettuale, in cui ogni frangente dell’evoluzione umana viene messo sul tavolo e sotto una lente d’ingrandimento pressante e soffocante. Tutto vale in questo quadro perverso in cui si muove l’azione principale, slegandosi da ogni possibile premonizione in termini di trama, per poi affondare le proprie radici in quello che sappiamo, o crediamo di sapere, della nostra stessa e millenaria storia.
Diretto da Scott Beck e Bryan Woods, Heretic si sviluppa partendo da un contesto che gli amanti dell’horror e del thriller conoscono molto bene, insinuandosi gradualmente oltre la superficie apparente di una costruzione narrativa che si rivolge, in modo sottile direttamente al pubblico in sala per alcune sue riflessioni, rivelando un fascino tutto particolare che va ben oltre l’orrore, il terrore di una situazione imprevista e sopra le righe, e il ritmo di una storia che si basa su due aspetti chiave: le interpretazioni degli attori e la costruzione di una credibilità di fondo studiata attraverso la scrittura.
Un gioco perverso
La storia di Heretic si basa sull’incontro tra due giovani missionarie mormoni, Sorella Paxton (Chloe East) e Sorella Barnes (Sophie Thatcher), con un uomo in là con gli anni, il signor Reed (Hugh Grant), con l’obiettivo di parlare con lui di fede, conversione e spiritualità. La loro missione si sviluppa partendo proprio da queste dinamiche, che diventano chiare fin da subito nel momento in cui incrociamo il loro cammino, a contatto con un mondo che pare aver perduto da tempo la propria “voglia di credere in qualcosa”, scontrandosi con una visione legata a un’epoca apparentemente lontanissima dal nostro presente.
Il signor Reed, quindi, le accoglie in casa sua, offrendo loro un confronto intellettuale che fin da subito non risulta troppo chiaro e trasparente nel suo porsi. Ben presto le due giovani missionarie si troveranno coinvolte, loro malgrado, in un gioco sadico e crudele, in cui è la loro stessa identità interiore a essere messa in dubbio, in relazione a qualcosa di strutturato e profondamente studiato.
Il confronto con un eretico
Tutto il fascino particolare di Heretic si sviluppa partendo dal suo “mostro” principale e dal gioco che si è impegnato a costruire, e in cui anche gli stessi spettatori al cinema restano inevitabilmente coinvolti. Ecco il confronto tra fede, storia umana e raziocinio. Tutto può essere messo in discussione, e tutto viene analizzato sia attraverso i dialoghi e le parole, sia passando per la stessa tangibilità di una situazione sempre e comunque sopra le righe.
Così il film firmato da Beck e Woods rivela fin da subito la propria voce diretta, ma anche segreta, trasformando un’esperienza terrificante e soffocante in uno scontro in cui sono i concetti a prendere il controllo, divenendo il motore pulsante di un sadismo sia ragionato che distaccato, in qualche modo rafforzato dalle interpretazioni degli attori coinvolti.
A spiccare sopra ogni altra cosa resta l’interpretazione di un Hugh Grant perfettamente a suo agio in un ruolo in cui fascino perverso, intelligenza e mostruosità si muovono continuamente e agevolmente, sia sul suo volto che, soprattutto, nella sua voce (lo abbiamo visto in lingua originale), contribuendo alla nascita di una minaccia reale ma anche intellettuale per le giovani protagoniste. Insieme a lui, anche il lavoro della Thatcher e della East funziona, specialmente nei momenti in cui l’intero fascino della pellicola si poggia proprio sulla sceneggiatura, rallentando il proprio ritmo in favore di un’attenzione connessa più all’intimo concettuale ed espressivo.
Pur proiettando la sua azione principale in un vero e proprio labirinto oscuro, Heretic concentra tutte le proprie energie nel far perdere le due giovani innanzitutto a livello intellettuale e dialettico, imbastendo una discussione che arriva pure al pubblico in sala, con un’influenza, quindi, molto più ampia di quanto non si possa pensare.
Come funzionano le religioni monoteiste? Ne esiste una che sia veramente e perfettamente unica, universale e soprattutto vera? Quali sono i “mezzi di controllo” che i vari organi religiosi utilizzano per gestire i propri devoti? Come funziona il libero arbitrio in termini di credo e fede? Queste sono alcune delle domande fondamentali al centro di Heretic, di un lavoro per immagini che si sviluppa da una base ideologica precisa, proiettando in un viaggio soffocante e oscuro, ulteriormente intensificato dalla regia vicinissima, a guidarne gli sviluppi narrativi, fatta di primissimi piani e dettagli sul corpo, sugli occhi e sulle espressioni.
In ciò s’insinua il tema della scelta. Questa è uno degli strumenti più interessanti nelle letture di Heretic, diventando da subito elemento sottile e al tempo stesso tangibile, sottocutaneo ma anche diretto, in un processo in cui viene coinvolto lo stesso genere horror, ancora una volta contenitore di qualcosa che va oltre i propri modelli più classici. Due ragazze vengono coinvolte in un gioco sadico e sotterraneo. In tutto ciò, però, c’è una ragione altra che apre a molte riflessioni oltre la stessa azione in corso, dimostrando come Heretic sia intenzionato a ragionare su qualcosa di preciso, ponendo domande e aprendo questioni ampie.
È proprio nell’intento di aggiungere cose che il film, purtroppo, si perde un minimo, relazionandosi con tantissimi punti interrogativi che restano sospesi proprio nella specifica situazione delle due protagoniste, spinte al limite ma comunque sempre se stesse. Alla fine, comunque, una domanda sorge spontanea: quale potrebbe essere il lascito interiore che deriva da un’esperienza del genere? Nel tentativo di parlare a tutti noi, Heretic mostra la propria raison d’être, e quando tutto sembra giungere a un limite, si apre ulteriormente nella delicatezza di una costruzione figurativa che interiorizza le questioni e le teorie, lasciandoci ai dubbi esistenziali e spirituali.
Commento
Voto di Cpop
80Pro
- L'nterpretazione di Hugh Grant. Il suo personaggio incarna un’intelligenza perversa e minacciosa, rendendo ogni scena carica di tensione.
- L’uso dei primi piani e il ritmo della sceneggiatura creano un’atmosfera soffocante e coinvolgente.
Contro
- L’ambizione di affrontare molte questioni filosofiche e religiose rischia di rendere la narrazione dispersiva.
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