“Se vogliamo che tutto rimanga com’è, bisogna che tutto cambi”. In una frase del genere si potrebbero trovare e leggere intere generazioni figlie di una cultura italiana che, dall’800 a oggi, non ha vissuto troppi mutamenti in questo senso. Tutta la potenza dell'osservazione culturale in questione risiede proprio nel fondo di verità che si trascina dietro da sempre, relazionandosi con un territorio politico e intellettuale che ha fatto del cosiddetto “immobilismo” una vera e propria forma d’arte in certi ambiti. Pronunciate in uno dei momenti chiave del celeberrimo Il Gattopardo, libro firmato da Giuseppe Tomasi di Lampedusa, le parole suddette tornano in nuova forma e potenza nella serie Netflix omonima e nella sua campagna pubblicitaria, riportando sul piccolo schermo una delle storie della letteratura italiana più studiate e ricordate in ambito accademico, scolastico e oltre.
Disponibile sul portale di streaming, con i suoi sei episodi, dal 5 marzo 2025, Il Gattopardo affronta nuovamente lo schermo e le immagini, questa volta, però, passando per il formato seriale. Avendo avuto la possibilità di vedere in anteprima le prime tre puntate del racconto, girate da Tom Shankland, abbiamo potuto dare un’occhiata piuttosto ampia al progetto, facendoci un’idea generale delle sue potenzialità in attesa della sua uscita completa.
L’inevitabilità, il trasformismo e l’opportunismo
L’intreccio al centro de Il Gattopardo è famosissimo. Partendo da uno dei capisaldi della letteratura italiana, la serie Il Gattopardo si configura come un affresco grandioso e avvolgente della Sicilia negli anni turbolenti dell’unificazione. Al centro della narrazione si staglia la figura di Don Fabrizio Corbera, Principe di Salina (portato sul piccolo schermo da Kim Rossi Stuart), testimone di un’epoca che sta lentamente e inesorabilmente dissolvendosi sotto i suoi occhi.
Custode di un mondo raffinato e decadente, l’aristocrazia siciliana vede dunque la propria esistenza minacciata dai cambiamenti politici e sociali che incombono. Consapevole che la sopravvivenza della sua famiglia dipende da scelte difficili e precedentemente impensabili, Don Fabrizio si troverà costretto a compromessi dolorosi, mettendo in discussione le sue convinzioni più radicate e accettando alleanze che mai avrebbe immaginato.
Attraverso uno sguardo che si fa contemporaneo, la serie Netflix restituisce con intensità la tensione tra passato e futuro, individualismo e appartenenza, privilegi e rivoluzione. Il matrimonio tra l’affascinante e facoltosa Angelica (Deva Cassel) e il giovane Tancredi (Saul Nanni) potrebbe garantire la continuità del casato, ma al prezzo di sacrificare la felicità di Concetta (Benedetta Porcaroli), la figlia del Principe. Passato e futuro si muovono quindi fra votazioni e balli, fra ricchezza e ignoranza, in un palcoscenico in cui le direzioni da prendere sono molteplici per tutti, ma… a quale prezzo?
L’universo dentro e fuori la bolla dorata
Partendo da un intreccio di ambizioni, sentimenti e tradimenti del genere, Il Gattopardo indaga con eleganza e trasporto i temi eterni del potere, dell’amore e del prezzo del cambiamento. Tutto ritorna a ciò che i lettori di tutti i tempi conoscono bene, anche se traslato attraverso un linguaggio diversissimo: quello televisivo. Una dinamica creativa del genere influisce immancabilmente sulla resa generale di un lavoro che non solo può prendersi tutto il tempo necessario per raccontarsi, ma tenta anche di approfondire alcuni aspetti della storia originale, pur custodendone, almeno per ora, la coerenza di fondo.
Il Gattopardo, quindi, si muove prendendo due strade precise: la scrittura dei personaggi, qui più vicini che mai, e la costruzione di un mondo elegantissimo e raffinato fino al midollo. Due costanti, queste, che da sempre caratterizzano l’immaginario narrativo intorno alla storia in questione, pur se in questo caso affrontate in modo differente data la dimensione seriale. Come anticipato, essendoci più tempo e spazio, diversamente dal formato cinematografico, qui c’è modo non solo di approfondire e costruire un contesto preciso, ma anche di andare a fondo con i vari protagonisti al centro del “gioco”.
È però il contorno ad arrivare prima di ogni altra cosa, ammaliando con la ricercatezza di scenografie e costumi. Questi restituiscono un’identità aggiuntiva e fondamentale a un prodotto molto più diretto di quanto si possa immaginare, calibrando i movimenti e il peso delle varie frasi e sviluppi, per poi trasportare sia nella dimensione del sogno sia in quella della polvere. A essere messe a confronto, ne Il Gattopardo, sono le classi sociali di due epoche differenti e la spinta a una metamorfosi che non cambierà troppo la vita a coloro che nascono e vivono “in basso”. La serie Netflix mette in chiaro fin da subito un ragionamento di questo tipo, lavorando però innanzitutto sulla caratterizzazione specifica delle maschere in scena.
La maestosità conservatrice e antica del Principe di Salina, portata in scena da un Kim Rossi Stuart che ragiona molto sia sulla fisicità sia sull’impatto emotivo di un volto del genere, è il vero punto fermo di un racconto dai mille moti e sviluppi sottocutanei, in cui l’unica palese costante si rispecchia nel tema centrale e fondamentale di questo pressante mutamento di fondo. Chi lo vuole? Cosa sta accadendo? Quali ragioni stanno spingendo le persone a imbracciare le armi e a scendere in strada?
In tutto ciò, l’entità marmorea di un’aristocrazia che comincia a riflettere su se stessa e sul ruolo che potrebbe, o meno, avere in un’ipotetica società moderna. Ecco che l’autoanalisi di un microcosmo chiuso, ne Il Gattopardo, diventa il perfetto pretesto per ragionare su qualcosa di molto più ampio e complesso. In perfetta contrapposizione a quello che avrebbe potuto manifestarsi come un sentimento di resa, però, troviamo il compromesso e la necessità di cambiare le carte in tavola, la svolta e l’ipocrisia, tutta umana, di una famiglia che si apre senza farlo veramente e che, con questi primi tre episodi, ha ancora tutto da dimostrare e mostrare veramente.
Commento
Voto di Cpop
75Pro
- Costumi e ambientazioni sontuose restituiscono il fascino dell’epoca, rendendo ogni scena un quadro visivamente affascinante.
- La serie ha il tempo necessario per sviluppare meglio i personaggi e il contesto storico, con qualche "licenza".
Contro
- Chi conosce e ama il romanzo potrebbe non apprezzare alcune scelte di adattamento.
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