Il Problema dei Tre Corpi, recensione: la nuova serie Netflix va oltre i confini dell'alien invasion

Il Problema dei Tre Corpi, adattamento del romanzo di Liu Cixin, immagina un primo sconvolgente contatto con gli alieni in attesa della loro invasione.

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Autore: Paolo Falletta ,

Tornano le care e vecchie invasioni aliene, arrivano su Netflix dichiarando subito di volersi spingere oltre, su un altro livello, di voler superare gli standard prendendosi la briga di adattare un romanzo che solo una produzione ambiziosa poteva pensare di portare sullo schermo. Il Problema dei Tre Corpi, nuova serie sci-fi tratta dall’omonimo romanzo di Liu Cixin, ha mire lodevoli, vuole essere tante cose e ripensare i confini dell’alien invasion ma forse non riesce a liberarsi della sua fattura di prodotto mortale, molto umano, con crisi di personalità e qualche mania di grandezza. 

Di cosa parla Il Problema dei Tre Corpi?

1966, Cina. Ye Wenjie perde il padre davanti ai suoi occhi, la Rivoluzione culturale lo vuole morto perché è un insegnante, perché è uno scienziato, perché è un deista: abbastanza per essere massacrato su pubblica piazza. 1968, Ye Wenjie è una delle scienziate implicate nel progetto segreto Costa Rossa, è lei ad intuire il modo per inviare un messaggio a una civiltà aliena, lei a stabilire il primo contatto con i San-Ti, lei a condannare la Terra all’invasione.  
Nel presente un gruppo di acuti scienziati affronta le conseguenze dell’azione di Ye, cercando un modo per sventare la minaccia e facendo la conoscenza preliminare di ospiti che cominciano a manifestarsi attraverso vie sorprendenti.  

Il Problema dei Tre Corpi forse non acquisisce punti snocciolandone la trama perché in fondo il concept è quello classico dell’invasione degli extraterrestri, degli incontri ravvicinati e degli alieni come malvagi colonizzatori pronti a dominare il pianeta Terra. Niente di nuovo?

Non proprio, perché la nuova serie targata Netflix sovverte alcuni dei topoi fondamentali del sottogenere e dà vita a una interessante commistione di suggestioni provenienti da altri lidi mediali e di genere. Rinuncia e allo stesso tempo rinforza la paranoia tutta statunitense legata all’Altro, la depotenzia perché l’invasore non è ancora arrivato, la alimenta perché è il tempo dell’annunciazione, perché gli alieni ci sono anche se non si vedono, perché la loro tecnologia li rende superiori, li eleva fino a renderli Big Brother deificato, onnipresente e onniveggente. 

Arrivano gli alieni...fra 400 anni

Il Problema dei Tre Corpi mette, insomma, in scena un pre-invasion che escogita il modo di fornire agli alieni lescamotage necessario per palesarsi nonostante la loro discesa sulla terra sia remota. Ed è questa presenza-assenza a costituire paradossalmente sia il punto forte sia quello debole della serie ideata da David Bienoff, D. B. Weiss e Alexander Boof.

Perché l’idea di esasperare l’incubo della sorveglianza, di concretizzarlo visivamente in una sorta di anti-occhio della provvidenza, di creare un nemico sempre e ovunque intruso e inscalfibile, genera inevitabilmente un’inquietudine diffusa che è frutto di una forte sensazione di impotenza, di impossibilità di controllo dei personaggi. Ma la minaccia aliena dà sempre la sensazione di essere poco tangibile e la tensione finisce per essere smorzata dalla certezza che la loro venuta sia ancora lontana, che c’è tutto il tempo necessario per pensare alla controffensiva perché il conto alla rovescia segna 400 anni, che il “loro stanno arrivando” sia un monito sterile. 

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Il Problema dei Tre Corpi - Sophon si erge in cielo con i tre corpi celesti sullo sfondo

È proprio sul conto alla rovescia come espediente narrativo che Il Problema dei Tre Corpi punta deciso: lo fa stimando l’inizio dell’invasione, con la malattia di Will che progredisce, lo concretizza nel countdown che la Auggie interpretata da Eiza González comincia inspiegabilmente a visualizzare davanti ai suoi occhi. Avvolge tutto nell’incertezza, nel mistero, dando vita ad una serie scissa a metà tra un pre-rivelazione e un post-svelamento, tra un incipit ricco di enigmi ma povero di pathos e una seconda parte che si fa più coinvolgente quando fornisce ai protagonisti le coordinate per agire e scongiurare la passività iniziale. 

Nel voler occultare e sottrarre, nel procedere per eventi inusitati e inspiegati, Il Problema dei Tre Corpi finisce per essere maldestra nella gestione dei misteri: rivela quando dovrebbe tener segreto, nasconde quando l’informazione potrebbe essere carburante per il motore narrativo.  

È poi estremamente altalenante nell’impostare il ritmo e fatica ad andare oltre ad una spettacolarità solo circoscritta, tutta racchiusa in scene disarmanti di violenza e di terrore che raggiungono il loro scopo e costituiscono persino momenti di una serialità di grande qualità, ma risultano scollate, giustapposte su un collage senza particolari sussulti, disorganico e dal sostrato tonale sbiadito.  

Una convivenza impossibile

Il Problema dei Tre Corpi si inceppa quando si affanna per inglobare generi e toni quasi mai compressi in una struttura coerente: la serie spazia con una certa temerarietà dal dramma intimista allo sci-fi duro e puro, dal poliziesco al sottogenere della virtual reality, ma nessuna delle componenti viene sviscerata e assurta a tema di fondo, a coordinata interpretativa, a parte per decifrare il tutto.  

Eppure, nella difficoltà di coniugare slanci emotivi-personali con moti più sublimi, planetari, cosmici, ognuno di questi elementi si assicura di portare con sé spunti di valore, con la realtà virtuale che diventa simulazione di possibilità fisiche, intrattenimento ludico per lo spettatore, strumento didattico-storiografico e di immedesimazione per i personaggi, veicolo di solidarietà ed empatia nei confronti del futuro oppressore; con la parentesi di Will che segna un tracciato lirico vitale nell’assicurare una quota sentimentale altrimenti assente; con il nucleo dell’incursione extraterrestre che si dipana lentamente ma trova il suo fulcro nell’intrigante comunicazione umano-alieno.  

È qui che Il Problema dei Tre Corpi ritrova la sua solidità tematica, nell’opposizione tra due formae mentis, due strutture intellettive, in una dicotomia che in qualche modo critica e allo stesso tempo riabilita la razza umana, comprende e insieme condanna la civiltà aliena. E allora nelle conversazioni tra il leader di una setta di veneratori dei San-Ti e il loro “Signore” si rivelano due sistemi percettivi opposti e forse inconciliabili, con gli alieni incapaci di comprendere il linguaggio simbolico, di creare storie, di replicare la natura mitopoietica dell’essere umano, di intendere e proiettare la finzione, di veicolare sapere e conoscenza attraverso lo strumento formativo della fiaba, del racconto, dell’astrazione.

È, insomma, per loro impossibile capire gli umani in quanto esseri avversi al letterale e avvezzi al letterario, e la naturale conseguenza è un profondo timore per la loro facoltà affabulatoria e mistificatoria. Uno scambio che più di qualsiasi altra soluzione visiva fornisce un’idea chiara sulla natura del nemico e sulla loro psicologia. 

Bisogna poi passare sopra a una serie di forzature ed equipaggiarsi di una volontà ferrea di sospendere l’incredulità perché quella de Il Problema dei Tre Colpi è esageratamente e in maniera del tutto inverosimile una narrazione di eletti, di menti brillanti dal ruolo cruciale e incredibilmente tutti appartenenti a un unico nucleo amicale, a una ristrettissima cerchia di amici di lunga data.

Una coralità che, seppure riesca a sviluppare le traiettorie di tutte le pedine in campo, non funziona quando trova le medesime e ridondanti ragioni per spingerli verso la loro personale chiamata alle armi, in cui le armi sono in ogni caso e senza ammissione di variazione l’intelligenza fuori dal comune e la loro eccellenza in campo scientifico.

Netflix ci prova ancora

Qualcosa in più poteva anche essere fatto nell’ambito della loro caratterizzazione e della costruzione della loro etica, dato che sia la citata Auggie, sia la Jin di Jess Hong, sia il personaggio di Saul (Jovan Adepo), sembrano accomunati dal possesso di una morale ambigua e contraddittoria che ne rende blande le reazioni, incoerenti le azioni, deboli le volontà.

Si salva il risoluto Thomas Wade che ha il volto di Liam Cunningham, quadrato ma credibile, unico vero baluardo dell’umanità, pronto a tutto pur di difendere il futuro della vita umana sulla Terra. Benedict Wong ne esce con le ossa rotte perché il suo è un personaggio tanto presente quanto ininfluente, che non incide come dovrebbe ma potrebbe riscattarsi nelle prossime stagioni. 

Netflix
Il Problema dei Tre Corpi - Auggie esamina il visore alieno

Al netto dei difetti in termini narrativi, sul lato tecnico Il Problema dei Tre Corpi si risolleva con una CGI di buona fattura e una regia che, seppure non faccia gridare al miracolo, cresce con il passare degli episodi sorpassando episodio dopo episodio il problema di un’estetica da teen drama un po’ obsoleta e approdando a una messa in scena che guarda ai blockbuster hollywoodiani e strizza l’occhio alla serialità UK. 

È evidente che Il Problema dei Tre Corpi abbia tutte le intenzioni di imporsi come prossima importante esclusiva Netflix: vuole farlo proponendo una fantascienza di grandi proporzioni, legandola a doppio filo con un serie di drammi umani che ne mitigano l’elemento cerebrale, che ne compensano il trascendentale, che rischiano costantemente di scivolare e finire fuori dai bordi sicuri del luogo sospeso tra i due poli, sbilanciandosi e inciampando, ma dando vita a una prima stagione che nella sua propedeuticità riesce a far desiderare un continuo. 

Commento

Voto di Cpop

70
Il Problema dei Tre corpi incontra curiosamente le stesse difficoltà della civiltà aliena che mette in scena: orbita attorno a troppi sistemi autonomi dividendosi a fatica tra la fantascienza pura della minaccia aliena, il dramma tutto umano dei suoi protagonisti e un'anima da poliziesco con una gestione anticlimatica dei misteri da far venire a galla. La nuova serie Netflix costituisce comunque un'ottima introduzione per una saga dalle grandi potenzialità, che più di una volta rischia di crollare sotto il peso delle proprie ambizioni, che manca di organicità ma riesce a racimolare spunti interessanti e momenti di forte impatto in termini visivi ed emotivi.

Pro

  • Riscrive la narrazione dell'alien invasion
  • Trova spunti interessanti nella dicotomia umano-extraterrestre
  • Visivamente appagante

Contro

  • Incertezza nei toni
  • Gestione fallace degli enigmi
  • Ritmo altalenante
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