Due ombre vagano per una foresta, due piccole, minute figure che si aggirano per un deserto lussureggiante, in cerca di cibo o guardinghi, temendo di esser assaltati dai loro stessi compagni. Una lotta ferina, una sopravvivenza spietata che viene resa ancora più logorante nel momento in cui questa figure si mostrano alla luce del sole: bambini. È questa la coltellata al cuore che ci viene inferta leggendo Il Signore delle Mosche, adattamento a fumetti realizzato da Aimée de Jongh del cult di William Golding.
Il romanzo di Golding, alla sua uscita nei primi anni Cinquanta, fu una vera e propria bomba sganciata nell’America post bellica. In un periodo in cui maccartismo e guerra fredda influenzavano il sentire sociale di una nazione profondamente ferita, Golding si fa voce di una critica spietata, uno stridente urlo contro il sistema che vede proprio nell’emblema stesso dell’innocenza, il fanciullo, il suo spietato strumento analitico.
Sopravvivere tra simili
Mentre il mondo sta affrontando una guerra, un aereo britannico compie un atterraggio di fortuna su un isola sperduta, lontana dalle normali rotte commerciali. Dallo schianto escono vivi solamente i giovani passeggeri, un gruppo di giovani scolari e un coro musicale di adolescenti, che, privi della guida di adulti, sono costretti, loro malgrado, a convivere e trovare un equilibrio per sopravvivere a questa disgrazia.
Ralph, uno degli scolari, si mostra subito lieto dell’assenza degli adulti. I primi momenti sull’isola sono guidati dall’assoluta libertà, dal godimento di questa meraviglia naturale, che condivide con Piggy, ragazzino vittima di bullismo nel mondo ‘civile’, che diventa il suo primo amico, spaventato da questa nuova situazione, in cui spera di poter dimenticare il suo passato, compreso quello spiacevole soprannome ottenuto per il suo aspetto tondeggiante:
Non m’importa come mi chiameranno, purché non mi chiamino come a scuola
Durante la loro esplorazione, Ralph e l’amico trovano una gigantesca conchiglia. Dopo averla ammirata, i due la usano come un corno, soffiandoci dentro e ottenendo un suono che diventa un richiamo per gli altri sopravvissuti. Rapidamente, una schiera di ragazzini e bambini si raccoglie attorno a loro, sino a che non fa la propria apparizione un gruppetto di giovani accumunati da una divisa scura. Si tratta di un coro, guidati da Jack Merrydew.
Questi non esita a far valere la propria età e il suo ruolo di capo coro, cercando di imporsi come leader, sino a che qualcuno non propone di mettere ai voti la scelta del capo dei piccoli sopravvissuti. La vittoria è di Ralph, che non manca di riconoscere l’importanza di collaborare e subito coinvolge Jack nelle decisioni.
Quello che sembra essere un momento di speranza si tramuta in una prima, brutale verità quando una prima esplorazione dell’isola la rivela come disabitata, spaventando i piccoli che non sanno come reagire a questa notizia. Rapidamente, le difficoltà di questa condizione si fanno sentire, seminando disperazione e dissenso, portando alla nascita di fazioni che si scontrano in modo più o meno acceso, soprattutto quando compare la minaccia della Creatura.
Secondo alcuni, questo essere di notte infesta i sogni, secondo altri è un gigantesco serpente che li bracca nella foresta. Una presenza angosciante che viene vista da Ralph come una fantasia, mentre Merrydew la rende il fulcro di una sorta di religione selvaggia, un’entità da placare con sacrifici sanguinari, anche a costo di scontrarsi con i propri compagni.
Una spaccatura all’interno della piccola comunità che costringe i giovani protagonisti a compiere scelte difficili, impopolari e necessarie in alcuni casi, in virtù della più antiche delle forze dell’animo umano: lo spirito di sopravvivenza.
L'innocenza diventa colpa
Per tematiche e scrittura di Golding, Il Signore delle Mosche è una lettura tutt’altro che semplice, ma proprio per questa sua natura è ancora oggi un passaggio letterario estremamente vivido e inquietante nella lucidità con cui affronta le ombre dell’animo umano. Riproporne la lettura a un pubblico contemporaneo, tuttavia, potrebbe esser tutt’altro che semplice, discoro applicabile anche alla prima trasposizione cinematografica, data 1933, e al più recente e viscerale Il Signore delle Mosche di Harry Hook (1990).
L’approccio fumettistico è al contrario un esperimento estremamente intelligente, soprattutto se affidato a un’artista come Aimée de Jongh. Apprezzata per il suo Giorni di Sabbia, la de Jongh ha curato non solo l’aspetto grafico di questo graphic novel, ma anche l’adattamento della complessa narrativa di Golding. Dove lo scrittore americano aveva condensato l’attenzione con momenti di ferocia disturbante e di spietata crudeltà, l’artista olandese risponde con una meravigliosa sintesi tra visione e significato, preservando l’essenza della storia di Golding.
La de Jongh, difatti, ha fatto proprie le tensioni della trama di Golding. Ridotto all’osso, la forza motrice di questa storia è una critica bucolica, in cui l’ambiente non presenta particolari sfide sul piano della sopravvivenza, considerata l’abbondanza di cibo e un clima estremamente tranquillo, ma diventa anzi un’incudine su cui viene forgiata questa comunità infantile. Bambini che sperimentano una rapida discesa in una natura ferina, lontana dalla visione del buon selvaggio e vicina alla nascita dei totalitarismi.
Allora, cosa siamo? Degli esseri umani? O degli animali?
L’ascesa di Merrydew come guida carismatica è basata sulla paura, facendo leva sulla presenza della Creatura, entità che incarna le ansie del gruppo, e si fa voce di risposte ai bisogni dei singoli, spesso fomentandole pur di avere un ascendente su di loro. Sotto questa luce, Merrydew, aiutato dalla razionale ma debole opposizione di Ralph e Piggy, esercita un fascino magnetico, spavaldo nella sua costanza, che viene ulteriormente corroborato dalla presenza di una religione animista, il culto della bestia, in cui il sacrificio è elemento fondante, e il nemico diventa la fonte stessa del potere di Merrydew.
Vi ho dato da mangiare, e i miei cacciatori vi proteggeranno dalla bestia
Non solo, ma con questo passaggio, viene meno quel contratto sociale che tiene assieme una comunità, ed è nuovamente Merrydew a cogliere l’occasione di un primo dissenso nella comunità, scaturito da una sua negligenza, per trasformare un errore in un’opportunità di ottenere quel potere che ha sempre desiderato.
Mentre tutti hanno paura, lui, che ha reso il suo gruppo i cacciatori della comunità, compie il passo definitivo. Mentre tutti, in preda alla paura si contendono la conchiglia che consente di rivolgersi agli altri, ignora lo scontro e affronta in modo cinico Ralph, spiazzandolo con una sconcertante verità:
Le leggi! State infrangendo le leggi!
E chi se ne importa?
Ma le leggi sono la sola cosa che abbiamo…
Al diavolo le leggi! Chi se ne frega!
In Il Signore delle Mosche, questo passaggio culmina con un momento di grande dramma che scardina la figura di Merrydew, trasformandolo da guida del popolo a tiranno. Figura che viene scalfita prima dal conflitto con un Ralph consapevole della propria debolezza, poi dall’arrivo di una figura ancora più autoritaria, il capitano del vascello militare che salva i ragazzi.
Dal romanzo al fumetto
Se da un lato l’idea di Golding sembra anticipare altre storie che fondano su questo aspetto primitivo dell’animo umano uno specchio oscuro, come Apocalypse Now (non a caso tratto da Cuore di Tenebra di Conrad), la sua forza è l’avere identificato nei bambini i protagonisti di questo incubo. L’innocenza per eccellenza diventa l’oscurità, lascia emergere la fragilità della condizione umana e rivela come spesso siano paura e egoismo ad indirizzare la crescita sociale.
O come spiega la stessa de Jongh:
Una domanda mi ritorna spesso: le regole imposte dalla nostra civiltà, così attentamente costruita, avranno mai termine? Sono sempre state così? Non esiste libro al mondo, credo, che indaghi magistralmente su queste domande come Il Signore delle Mosche.
Questa essenza del romanzo di Golding viene protetta dall’adattamento di Amieée de Jongh. Il contrasto tra l’idea di purezza dei bambini e l’asprezza della storia viene ulteriormente alimentata dalla delicatezza del tratto dell’autrice olandese, che ritrae questi scenari naturali con una palette cromatica impeccabile, rendendoli il teatro di un dramma che serpeggia nelle espressioni dei personaggi, tenere all’inizio e via via sempre più intese e ferocemente mature.
Agli occhi del lettore, questi giovani volti sembrano ancora più stridenti proprio in virtù di quelle espressioni violente e esagitate che compaiono nei momenti più truci, resi ancora più viscerali dalla cromia cupa spezzata da lampi di rosso sangue, che enfatizzano la discesa nella follia di parte di questi ragazzini perduti.
Come leggere Il Signore delle Mosche
Oscar Ink presenta questo adattamento fumettistico de Il Signore delle Mosche in un volume cartonato di grande spessore. La cura cartotecnica consente di apprezzare la bellezza dei disegni della de Jongh e la palette cromatica delicata ma vivace, grazie a un generoso formato in cui vengono valorizzati i dettagli del lavoro dell’artista olandese.
Fortunatamente, Mondadori impreziosisce il volume con un contenuto ma apprezzabile reparto di extra, che oltre alla post-fazione della stessa autrice, riporta un gallery di bozzetti preparatori.
Commento
Voto di Cpop
90Pro
- Trasposizione del romanzo originale ben curata
- Disegni di Aiméè de Jong meravigliosi
- Dialoghi ben orchestrati
- Extra interessanti
Contro
- Alcuni passaggi graficamente forti
- -
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