Philip K. Dick: il profeta della realtà irreale

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Autore: Manuel Enrico ,

Lisergico anticipatore dei tempi o lucido, inquietante osservatore della sua contemporaneità? Non è mai stato semplice, e forse non lo sarà mai, inquadrare Philip K. Dick, scrittore incredibilmente prolifico della letteratura fantascientifica americana, così attento nell’indagare nella sua America da risultare inviso al sistema. Quello stesso sistema che si sarebbe tramutato, col tempo, nel mostro tentacolare delle sue allegorie futuristiche, sezionato e analizzato così bene da rendere Dick uno degli scrittori di sci-fi più sfruttato da Hollywood.

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Da Blade Runner a Screamer, da Paycheck a Minority Report, la narrativa opprimente e spesso convoluta di Dick si è insediata nell’immaginario collettivo, creando visioni deliranti e sfrenate di mondi futuribili. Certo, l’uso di certe sostanze da parte dello stesso Dick potrebbe esser stato d’aiuto, così come una vita tutt’altro che regolare, ma è innegabile che la dialettica dell’autore di Ma gli androidi sognano pecore elettriche? (senza cui non avremmo avuto Blade Runner, giusto per dire) sia stata una strepitosa fotografia del suo tempo.

L'uomo dietro il profeta

Nell’affrontare il corpus letterario di Dick, non si può mai far a meno di fare una prima importante precisazione: la lucidità nella sua vita è uno stato mentale alternato. O alternativo, a seconda di come si vuole interpretare il suo modo di vedere il mondo.

Prima di esser considerato uno dei grandi maestri della sci-fi sociale, Dick era anzitutto una persona estremamente insolita, per non dire problematica. Una vita irregolare, caratterizzata da rapporti familiari e sentimentali disfunzionali, un abuso di sostanze viste come occasione di espandere la propria percezione seguendo alcune filosofie ribelli tipiche della controcultura degli anni ’60, un mix che non poteva che condurre a stati mentali alterati, che per Dick divennero una manifestazione di esperienza paranormali.

Una dissociazione tra reale e percepito, tra il concreto presente della massa e la sua visione superiore, che apriva a nuovi orizzonti, tanto che, secondo quanto riportato al giornalista Charles Platt, a metà anni ’70 la sua mente si scisse in due entità, che vivevano in due linee temporali, in una delle quali era Valis (acronimo di Vast Active Living Intelligence Systeme), a cui dedicò il suo ultimo romanzo, Valis, per l’appunto.

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Eppure, nonostante tutta la sua delirante visione del mondo, Dick ancora oggi si rivela uno dei migliori analisti della società americana, con un punto di vista talmente focalizzato sui giusti dettagli da risultare quasi inquietante, soprattutto nel suo rapporto con la tecnologia.

Pur essendo stato preceduto da autori, come Orwell, che avevano visto nella tecnologia un pericoloso strumento di controllo delle masse, Dick riuscì a spingere la sua avversione al progresso come un elemento disumanizzante dell’individuo, basti pensare alla tecnologia alla base del suo romanzo Un oscuro scrutare. In ogni sua opera, l’elemento tecnologico, presto o tardi, si rivela traditore per l’individuo, che sembra essere la vittima disegnata di un universo totalizzante e poco incline all’accettare una scintilla di personalità, soprattutto se rapportata al concetto di reale, alla dicotomia realtà e percezione, tanto che lo stesso autore aveva il proprio manifesto:

I due temi fondamentali che mi affascinano sono 'Che cos'è la realtà?' e 'Cosa costituisce l'essere umano autentico?' Nei ventisette anni in cui ho pubblicato romanzi e racconti, ho indagato questi due argomenti interrelati più e più volte

Reale e irreale: la dicotomia di Dick

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Due punti saldi che incarnavano un’altra diade dickiana: la convinzione che il mondo fosse un gigantesco falso in cui tutti siamo invischiati e illusi (e questo decenni prima di Matrix) e la sua innata curiosità per i processi sociali, i mattoni della presunta realtà in cui viviamo.  Il punto di incontro di queste due visioni era la convinzione dell’autore che la società fosse una sorta di agglomerato di idee sostenuto da una fabbrica di verità fittizie, create ad arte da grandi centri di poteri (organizzazioni religiose, stati, media) che creavano strumenti tecnologici finalizzati al controllo delle masse, come il macchinario di controllo emotivo inserito dall’autore in Ma gli androidi sognano pecore elettriche?

Un punto fermo della dialettica di Dick, che riassunse in modo abbastanza netto con questa definizione di società:

Il bombardamento di pseudo-realtà inizia a produrre molto rapidamente esseri umani inautentici, esseri umani spurii — tanto falsi quanto i dati che li pressano da tutte le parti. I miei due argomenti sono realmente un unico argomento; si uniscono a questo punto. Le realtà false creeranno esseri umani falsi. Oppure, gli esseri umani falsi genereranno realtà false e poi le venderanno ad altri esseri umani, trasformandoli, alla fine, in falsificazioni di se stessi. Così ci ritroviamo con esseri umani falsi che inventano realtà false e poi le propongono ad altri esseri umani falsi.

La paura di Dick di non distinguere il reale dalla finzione è alla base di quasi tutta la sua produzione. La crescente paranoia e sfiducia nei confronti del potere costituito, sulla scia del maccartismo degli anni ’50, radicalizzò nella mente dell’autore queste ansie, vere e proprie manie sociali, trasformandole nella sua ispirazione, ma anche nella sua condanna come individuo.

Volendo per un attimo seguire il pensiero di Dick, guardando al mondo digitale contemporaneo si potrebbe vedere una certa attinenza ai suoi timori. La sempre più presente intelligenza artificiale, che in diversi campi ‘inganna’ l’umanità, il controllo capillare dei poteri costituti tramite tecnologie ad hoc sono elementi cari alla narrativa di Dick, inseriti come moniti nella sua produzione, ma oggi divenute presenza così quotidiane da passare quasi in sordina.

Eppure, Dick aveva provato, a suo modo, ad avvisare il mondo: attenti alla vostra realtà. I suoi lavori ci concentrano spesso sul crollo della realtà fittizia, sul progressivo disgregarsi dell’illusione, la fine della manipolazione del potere. O forse, la sublimazione della paranoia, in cui però sarebbe ingiusto non rivedere, almeno in parte, questioni di dibattito contemporaneo, come l’ingerenza dei social e la loro riscrittura di un mondo fittizio in cui la sostanza (realtà) lascia spazio al percepito (illusione).

Profeta del declino dell'individuo

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Che lo si definisca profetico o attento osservatore, a Dick va riconosciuta una invidiabile capacità di anticipare i tempi. Nonostante i suoi lavori oggi possano risultare datati per alcuni elementi (la donna in ruolo eccessivamente subalterno, la convinzione che tutti avrebbero fumato come segno di ribellione), comunque figli del suo tempo, Dick era capace di anticipare non solo invenzioni ma anche evoluzioni sociali, come osservato dallo scrittore Stan Nicholls:

Le sue storie ipotizzavano l'ubiquità di Internet, della realtà virtuale, del software di riconoscimento facciale, delle auto senza conducente e della stampa 3D. E’ un malinteso pensare che la previsione sia lo scopo principale della fantascienza; il tasso di successo del genere in questo rispetto non è davvero molto buono. Come tutta la migliore fantascienza, le sue storie non riguardavano davvero il futuro, ma il qui e ora

Uno sguardo attento che non si limitava la predire un’ingerenza del soft power come strumento di controllo, teorizzando inconsapevolmente il potere del branding e dell’advertising prima che divenissero bombardamento quotidiano, ma anche indagando nella politica, con sfiducia bipartisan.

Basti pensare alla sua analisi sui totalitarismi con La svastica sul sole (The Man in the High Castle), che si affianca a una ritrosia al potere centrale, derivato dall’esperienza del maccartismo e dalle prime ribellioni della contro cultura. Dick, in questo, era un precursore, che ebbe però poca presa sui contemporanei, complice una scrittura tutt’altro che accessibile per sua forma, più vicina agli slanci funambolici del futuro cyberpunk che non alla tradizione sua contemporanea.

Eppure, oggi Dick rimane uno dei veggenti del nostro presente.

Come leggere Dick

Come detto, la scrittura di Dick non è di facile approccio, non per mancanza di adattamenti in italiano, quanto per la struttura stratificata e cervellotica dell’autore stesso. Eppure, non leggere la sua produzione rappresenta un errore, privandosi della visione di uno dei più fini, per quanto alterato, osservatori dell’american way e delle sue contraddizioni.

Per approcciare Dick, l’ideale è avvicinarlo con i racconti, una ricca produzione nata essenzialmente dalle necessità economiche, ma che ha dato vita a una serie di storie in cui emerge la sua percezione dissacrante del mondo e il suo intento quasi messianico di rivelatore della verità dietro il velo. Superato questo primo scoglio, si può procedere alla lettura dei più impegnativi romanzi, recentemente riproposti da Mondadori in una collana che celebra il visionario talento di Dick.

Electric dreams

Noto soprattutto per i suoi romanzi, Philip K. Dick ha scritto nella sua carriera anche più di cento racconti: questo volume ne raccoglie dieci tra i migliori, vere sfide per la mente, capaci di dettare le coordinate di un genere e misurarsi con i grandi temi che la letteratura, non solo fantascientifica, avrebbe affrontato negli anni a venire, dal problema delle macchine autoreplicanti alla possibilità di percepire davvero il mondo, fino a inquietanti allegorie sociopolitiche di una realtà mutata solo in apparenza dall'epoca della Guerra Fredda. Storie bizzarre, profetiche e potenti, che hanno ispirato la serie tv Philip Dick's Electric Dreams e svelato – se mai ce ne fosse bisogno – la sconfinata immaginazione e la profonda comprensione della natura umana di uno dei grandi autori americani del Novecento.

Gli androidi sognano pecore elettriche?

San Francisco 1992. La Terra è un pianeta desolato, devastato dalle guerre nucleari; gli esseri umani sono in gran parte emigrati nelle colonie esterne e numerose specie animali si sono estinte, tanto che possedere un animale domestico vivente è diventato un ambito status symbol. Per chi non può permettersi un cucciolo "vero", come il cacciatore di taglie Rick Deckard, ci sono le pecore elettriche… L'umanità vive infatti affiancata da diversi modelli di robot, dalle semplici macchine-utensili ai vicini di casa artificiali, fino a sofisticati modelli di androidi assolutamente indistinguibili dagli esseri umani, anzi persino più intelligenti, come i Nexus-6. Quando alcuni esemplari di questi replicanti perfetti fuggono da una colonia marziana per vivere liberi, Rick è incaricato di "congedarli". Prima, però, dovrà riuscire a individuarli… Cos'è reale e cosa no? Cos'è umano e cosa no? E poi le droghe, i difficili rapporti tra i sessi, la repressione dello Stato: i grandi temi della narrativa di Philip K. Dick animano questo celebre romanzo di fantascienza, tragico e grottesco, un capolavoro che esce dai confini del genere letterario

L'uomo nell'alto castello

Come sarebbe, si domanda Philip Dick, un mondo nato dalla vittoria dell'Asse nella Seconda guerra mondiale? Chi governerebbe il Reich? Cambierebbe qualcosa? Cambierebbe qualcosa per lui, Phil Dick, scrittore proletario e depresso, residente a Point Reyes, nella Contea di Marin? Partendo da quest'idea, poi divenuta un classico della letteratura, Dick non immagina un ipotetico futuro quanto un diverso passato e il presente che ne deriva. Un mondo che lo scrittore costruisce consultando l'antica saggezza dell'I Ching. E così fanno anche i suoi personaggi, abitanti della California nipponizzata del 1962: il signor Tagomi, alto funzionario giapponese alla ricerca di un dono prezioso per un visitatore in arrivo dal Reich; Robert Childan, proprietario di un negozio di carabattole americane – fumetti d'anteguerra, orologi di Topolino, dischi di Glenn Miller – ormai considerate antichità; Frank Frink, che rifornisce Childan di finti reperti; la sua ex moglie Juliana… Oltre all'I Ching, c'è un altro libro che ossessiona i protagonisti: il romanzo proibito La locusta si trascinerà a stento, dove si narra di un mondo nel quale gli Alleati hanno vinto la guerra. Il suo misterioso autore, si dice, vive nascosto in una fortezza… Vincitore del Premio Hugo nel 1963, L'uomo nell'alto castello (noto anche come La svastica sul sole) è un'elettrizzante riflessione sulla storia, il potere, la libertà, la realtà e la sua creazione

Ubik

Esiste una vita oltre vita, uno spazio etereo in cui lo spirito dei defunti sopravvive alla morte in una dimensione sospesa tra il buio e la luce, tra il colore e la bruma. Conservati in criostasi all'interno di speciali strutture, i defunti possono comunicare con i loro cari tramite un congegno elettronico e fornire conforto, lenire solitudini, dispensare consigli. Ed è per avere consiglio che Glen Runciter, a bordo della sua aviomobile, sbarca sul tetto del Moratorium Diletti Fratelli, la struttura svizzera dove la bellissima moglie Ella giace ormai da decenni in una bara trasparente, avvolta in effluvi di nebbia ghiacciata. Runciter gestisce un'agenzia prudenziale, la Runciter Associates, di cui Ella era socia in vita, che – avvalendosi di inerziali in grado di neutralizzare l'attività di telepati e precog – offre a clienti e aziende sicurezza e privacy dalle intrusioni delle spie psichiche. Uno dei telepati più temibili che gli uomini di Glen monitoravano è sparito dai radar della Runciter Associates. Non si tratta del primo "incidente" del genere, e l'agenzia sta attraversando un momento di grossa difficoltà, ci vuole un'idea. Ma lo spirito di Ella non è più quello di una volta: appare confusa, distante, a tratti assente. La sua semivita si sta lentamente spegnendo.

Tempo fuori luogo

America, anni Cinquanta. Nell'ordinato sobborgo di una tranquilla cittadina vivono i Nielson: Victor lavora in un piccolo supermercato, la moglie Margo fa la casalinga e si occupa del figlioletto Sammy. Una famiglia assolutamente "normale", se non fosse per Ragle Gumm, il fratello di Margo, un reduce quarantenne, disoccupato e single, che vive perennemente ospite da loro e passa il tempo giocando al concorso indetto dal quotidiano locale, che vince regolarmente. Una routine prevedibile fino all'esasperazione, nella quale Ragle però inizia a percepire dettagli che non sono al loro posto. Una sensazione indefinibile eppure sempre più persistente, un disagio che si fa via via più oscuro e sfocia in una crescente crisi di identità ai limiti della psicosi, fino alla scoperta di una verità inimmaginabile. Perché quando la realtà si rivela una grande messinscena, la paranoia può essere l'unica via di salvezza. Tempo fuori luogo (1959), secondo romanzo scritto da Philip Dick, ne racchiude già i temi che segneranno le opere future, in particolare la natura illusoria del mondo, la normalità come schermo e l'alienazione dell'individuo.

Un oscuro scrutare

1994. nella città di Los Angeles una nuova droga, chiamata "Sostanza M", semina follia e devastazione. Nessuno sa cosa contenga, da dove provenga o chi la stia vendendo. Ma sono in tantissimi a usarla. Uno di loro è Bob Arctor, le cui giornate trascorrono tra sballi, incubi, conversazioni assurde con i suoi amici tossici, avventure tragicomiche. Bob è in realtà un agente della Narcotici infiltrato, anche se nessuno sa della sua doppia vita. Quando deve riferire ai superiori, indossa una tuta disindividuante, in modo che neanche i colleghi possano riconoscerlo, e diventa l'agente Fred. Ma districarsi tra le due identità e i due mondi cui Bob/Fred appartiene diventa sempre più difficile, e la sua ricerca della verità è solo "un oscuro scrutare" tra le tenebre. Le tenebre spaventose della dipendenza nelle quali dovrà sprofondare prima di trovare ciò che sta disperatamente cercando. Sospeso tra fantapolitica e thriller, gotico e futuristico, Un oscuro scrutare è un romanzo di intensa potenza, forse il più personale di Philip Dick, che vi ha trasfuso una carica esistenziale ed emotiva unica.

Scorrete lacrime, disse il poliziotto

Nel 1988 gli Stati Uniti, dopo una Seconda guerra civile, sono diventati uno stato totalitario, nel quale vive un'élite di individui superiori geneticamente modificati, i Sei. Uno di loro è Jason Taverner, ex cantante e ora star televisiva. Una mattina Taverner si sveglia in una stanza sconosciuta in uno squallido albergo, sprofondato di colpo nell'anonimato. Nessuno ha mai sentito parlare dei suoi dischi o del suo show, seguito fino al giorno prima da trenta milioni di americani. Nessuno riconosce il suo volto; il suo agente e il suo avvocato negano di sapere qualcosa di lui. Di lui non resta alcuna traccia, né nella memoria dei suoi contemporanei né negli archivi della polizia. E questo potrebbe essere un problema, un grosso problema in un mondo in cui chi non ha un'identità è considerato un criminale. Ridotto allo stato di nonpersona e braccato dall'onnipresente polizia, Jason inizia a chiedersi se tornerà mai a essere ricco e famoso. E soprattutto se ci sia stato davvero un tempo e un luogo in cui lui era ricco e famoso, o sia stato tutto solo un sogno. Candidato ai premi Hugo e Nebula, vincitore del Campbell Memorial Award, Scorrete lacrime, disse il poliziotto (1974) esplora i temi più cari a Philip K. Dick – l'incerto confine tra realtà e illusione, il controllo sociale, gli effetti delle droghe –, e invita il lettore a gettare uno sguardo oltre l'orlo di spaventose ossessioni che danno forma a un universo nel quale, forse, stiamo già vivendo

La conquista di Ganimede

La Terra è stata invasa da grossi molluschi telepatici provenienti da Ganimede, il satellite di Giove. Tra di essi c'è Mekkis, che si era opposto all'invasione ed è stato perciò punito dai suoi superiori con il governo di uno dei territori meno ambiti, il Tennessee, arretrato e razzista. Qui è molto attivo un gruppo di partigiani guidati da Percy X, che ben presto si trova al centro di una spietata lotta tra diverse fazioni, combattuta a colpi di armi psichiche, simulacri e allucinazioni, mentre il destino dell'intero pianeta è pericolosamente in bilico. L'incontro tra il leader dei terroristi e il ganimediano ribelle porterà a conseguenze inimmaginabili. Frutto della collaborazione tra due grandi autori di science fiction, La conquista di Ganimede (1967) riprende uno dei classici temi del genere - l'invasione aliena della Terra - per esplorare ancora una volta i sottili confini tra realtà e illusione e indagare i perversi legami tra manipolazione delle menti e potere

In questo piccolo mondo

A Los Angeles, nei primi anni Cinquanta, Roger Lindahl e Virginia Watson gestiscono con un certo successo un piccolo negozio di elettrodomestici. La loro unione però è da tempo in crisi: lui è un uomo immaturo, volubile, frustrato, lei una donna ambiziosa e tirannica decisa a iscrivere il figlio di sette anni, Gregg, a una prestigiosa e costosa scuola a Oja. È lo stesso istituto in cui studiano i figli di Charles "Chic" Bonner, un prevedibile uomo d'affari sposato con la sensuale e svagata Liz. Quando le due coppie cominciano a frequentarsi, la situazione esplode: è l'inizio di un vortice senza ritorno di tradimenti, ripicche, vendette, folli passioni. Scritto nel 1957 ma pubblicato postumo nel 1985, "In questo piccolo mondo" dipinge con uguale disperazione il ritratto di quattro persone incapaci – ciascuna a suo modo – di essere adulte, sullo sfondo di una California feroce e contraddittoria alle prese con il difficile ritorno alla normalità dopo il periodo bellico. Un intenso romanzo sui rapporti familiari accostabile ad altri capolavori degli anni Cinquanta come "Revolutionary Road" o "L'uomo dal vestito grigio"

La penultima verità

La terza guerra mondiale infuria. O almeno così credono i milioni di persone stipate da quindici anni nei "formicai", rifugi sotterranei costruiti per difendersi dal conflitto nucleare, mentre sulla superficie i plumbei, androidi guerrieri immuni alle radiazioni, al gas nervino e ai batteri letali, portano avanti i combattimenti tra euro-americani e russo-asiatici. Ogni giorno i comunicati diffondono immagini e notizie di un olocausto atomico che nutrono il terrore dell'umanità e sostengono la sua fede nell'onnipotente Protettore, Talbot Yancy. Ma quando Nicholas St James, il presidente di un formicaio, riesce a salire sulla superficie, scopre che non vi è alcuna guerra, e il pianeta è tutt'altro che devastato. Le autorità hanno mentito, questo è chiaro. Ora vuole scoprire perché. "La penultima verità" (1964) è insieme thriller apocalittico e distopia fantascientifica, un romanzo che affronta i temi cari a Philip Dick – la manipolazione della realtà e la difficoltà di distinguere la verità da ciò che è falso – ricorrendo anche a un ricco bagaglio culturale e letterario, dall' Inferno dantesco al film Metropolis", fino a 1984 di Orwell.

Dottor Futuro

San Francisco, 2012. Jim Parsons è un medico di talento, estremamente competente nell'utilizzare la raffinata tecnologia del XXI secolo. In seguito a un bizzarro incidente automobilistico, si ritrova catapultato a centinaia di anni nel futuro, in un tempo che al primo impatto gli sembra meraviglioso. Presto però scopre che in quel mondo la sua missione – curare le malattie e salvare vite – è illegale: si tratta, infatti, di una società globalizzata in cui la popolazione è mantenuta costante e, solo se un individuo muore, si può avere la nascita di un nuovo bambino, il cui patrimonio genetico viene continuamente migliorato, generazione dopo generazione. In quella civiltà così fervidamente votata alla morte, Parsons scopre però che ci sono altre persone che condividono il suo desiderio di prolungare la vita umana. Per loro, le capacità terapeutiche del dottore sono l'unica via per fondare un futuro diverso… La più terribile tra le distopie – una civiltà intera che abbraccia il culto della morte e dell'eugenetica – e i paradossi dei viaggi nel tempo, due temi classici della narrativa fantascientifica, rivisitati dalla caleidoscopica immaginazione di Philip K. Dick.

Illusione di potere

2055. Il governo della Terra nelle mani di Gino Molinari si districa tra l'ambigua alleanza con i potenti alieni antropomorfi lilistariani, che mirano in realtà a dominare il pianeta, e la guerra contro i reeg, simili a enormi insetti. In questo scenario si muove il dottor Eric Sweetscent: mentre sua moglie cade preda della dipendenza da una micidiale droga, si presenta a chiedere le sue cure proprio Molinari, forse l'uomo più malato del mondo, che però è riuscito a trasformare i mali che lo affliggono in un potente strumento di controllo politico. E ora Eric si trova davanti a un dilemma: per il bene di tutti, deve provare a guarirlo o continuare a tenerlo sospeso a un passo dalla morte? Tra droghe psicotrope, viaggi nel tempo, universi paralleli, alter ego virtuali e spunti autobiografici, "Illusione di potere" (1966) mette in scena una vicenda complessa e dalla sfaccettata interpretazione, che molto deve agli studi condotti da Dick sulla storia italiana durante la Seconda guerra mondiale. Un romanzo che mescola impossibile e inevitabile, spingendo il lettore a dubitare di tutto ciò che considera "normale".

Confessioni di un artista di merda

L'artista di merda a cui è intitolato il romanzo è Jack Isidore, che passa la vita collezionando oggetti strampalati e idee ancora più bislacche: tra le altre cose, crede che la Terra sia cava e che la luce del sole abbia un peso. Ma soprattutto è convinto che il mondo finirà il 23 aprile 1959, come gli hanno rivelato per via telepatica gli extraterrestri. È un giovane uomo totalmente inadeguato alla realtà, tanto che la sorella Fay e il cognato Charley Hume lo prendono a vivere con loro, nella stupenda casa che possiedono a Drake's Landing, California. Viste attraverso lo sguardo innocente e acuminato di Jack, però, le vite di Fay, Charlie, dei loro vicini Nat e Gwen, appaiono non meno scollegate dal mondo reale della sua e schiave di ossessioni forse più accettabili, ma non meno potenti.

Scritto nel 1959 ma pubblicato solo nel 1975 (unico tra i romanzi non fantascientifici di Dick a essere uscito durante la vita dello scrittore), Confessioni di un artista di merda è tra i suoi libri più bizzarri e nello stesso tempo felicemente compiuti, una rappresentazione allucinata e lucidissima dei feroci rapporti familiari nell'America del Dopoguerra, ma anche il ritratto commovente di un individuo "inadatto", smarrito davanti alla Storia e alla vita.

Le tre stigmate di Palmer Eldritch

XXI secolo. L'umanità ha colonizzato il Sistema Solare e si è stabilita su ogni pianeta o satellite abitabile. Ma la vita fuori dalla Terra è dura e tutt'altro che piacevole. Per questo Leo Bulero fa grossi affari vendendo ai coloni marziani l'illusione di essere ancora "a casa", grazie ai plastici della bambola Perky Pat. Certo, non bastano mobili e accessori in miniatura: perché l'effetto sia completo serve anche il Can-D, una droga se non legale quanto meno tollerata. Bulero non è l'unico imprenditore a cercare di guadagnare sfruttando la nostalgia della Terra: ancora più spregiudicato di lui è Palmer Eldritch, che si reca fino a Proxima Centauri in cerca di nuove ricchezze da commerciare. Ma non è più lo stesso quando, dopo dieci anni, torna sulla Terra e mette sul mercato il Chew-Z, che consente esperienze molto più potenti del Can-D. Chi è davvero Palmer Eldritch? Un avventuriero avido di denaro? Un ricco industriale dall'inquietante aspetto di cyborg? Un'entità aliena determinata a prendere il controllo della Terra? Una divinità incarnata in ogni viaggio mentale? O qualcosa di ancora più misterioso?

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