Relazionarsi con il racconto al centro de L’arte della gioia non è cosa facile per varie ragioni. Partendo proprio dalle sue conflittuali origini editoriali e dal grande lavoro dietro un’opera non semplice da affrontare nella sua interezza, risulta estremamente interessante la stessa idea di trarne una serie TV, un prodotto seriale destinato al consumo televisivo e generalista, portando un linguaggio profondo e particolare all’interno di un mezzo che si relaziona in modo differente con il proprio pubblico di appartenenza, con spettatori abituati, magari e comunque, a ogni genere di opera.
Disponibile in esclusiva su Sky e in streaming solo su NOW dal 28 febbraio 2025, L’arte della gioia si connette a un modo specifico di scrivere per il piccolo schermo, a una ricercatezza tutta contemporanea che ha più volte dimostrato, con i risultati recenti, quanto il pubblico possa e voglia interfacciarsi anche con storie complesse e sfaccettate, adulte e difficili da assorbire in toto, premiandone proprio la qualità intellettuale e la cura sia in termini narrativi che figurativi.
L’arte della gioia è un viaggio, niente più e niente meno, un percorso di crescita che arriva a toccare tantissime corde differenti, strettamente connesse non soltanto con la progressiva maturazione della sua protagonista, ma anche con un sistema di modelli culturali e stilemi con cui è facile entrare in contatto anche nel nostro presente, il tutto attraverso la regia di Valeria Golino.
Formazione, fame, dolore e ambizione
L’arte della gioia racconta la storia di Modesta (interpretata dalla bravissima Tecla Insolia). Impariamo a conoscerla fin da bambina, e in seguito la vediamo crescere in un’Italia spenta e complicata, combattendo giorno per giorno con le proprie origini e le eventuali possibilità di evoluzione in un mondo che non guarda in faccia a nessuno. Modesta proviene da umili origini. La sua famiglia e le esperienze vissute durante l’infanzia l’hanno segnata profondamente, e quando incrociamo il suo cammino la troviamo senza nessuno al suo fianco, in un monastero incerto sull’accoglierla o meno. È piccola e deve ancora scoprire cosa il mondo abbia da offrirle, eppure il legame con questo nuovo posto e le sue possibilità sembra interessarle.
Dagli occhi imprevedibili di questa bambina si sviluppa un percorso di crescita che la coinvolgerà in tutto e per tutto. Il monastero, il passato, l’intelligenza, la curiosità, i legami affettivi con il prossimo saranno il propulsore principale per una storia dal fascino oscuro e morboso, potente e ammaliante, ma anche e soprattutto imprevedibile.
Studio dell’umano
L’arte della gioia si inserisce fin da subito nell’intimo di un racconto dalle molteplici facce, raccontando, attraverso la sua protagonista, sia un’Italia precisa sia la stessa indole dell'umano. L’analisi in questo senso occupa quasi tutto lo spazio narrativo della serie TV, impreziosendone gli sviluppi attraverso una particolare sensibilità che passa direttamente dall’interpretazione della protagonista alle immagini di una regia sempre attenta, morbida e soprattutto profondamente interessata a ciò che i suoi personaggi continuano a nascondere a sé stessi e al pubblico.
Tutto si muove passando dallo sguardo, curioso e affamato nei confronti della vita, di una donna alla ricerca di sé, impegnata a fare i conti con le sue scelte e le conseguenze intime di queste. L’arte della gioia, però, è anche e soprattutto caratterizzazione tangibile, tatto e attrazione, ma anche dolore, incomprensione e tabù. Sono proprio i contrasti interiori a disegnare alcuni momenti chiave della storia, portando al tratteggio di quelle incoerenze umane che, ancora una volta, diventano motivo di studio e mezzo attraverso cui approfondire ulteriormente il contesto intorno.
Ne L’arte della gioia la scrittura abbraccia tantissime dinamiche e tematiche differenti e complesse da tenere insieme, riuscendoci in modo coerente. La violenza, l’amore opportunistico, la fissazione morbosa… sono alcuni dei tasselli centrali nella costruzione di un racconto di formazione che, nella sua struttura, potrebbe ricordare tranquillamente le vicende di alcuni personaggi provenienti dalla letteratura francese (Il Julien Sorel de Il rosso e il nero di Stendhal è un esempio piuttosto calzante in questo senso, a modo suo).
La voglia di emergere e di arrivare a governare la propria vita a tutti i costi, la fame di conoscenza e un passato nell’ombra diventano ben presto i pilastri di un lavoro seriale che si mantiene affascinante dall’inizio alla fine, pur scegliendo di mettere al suo centro un personaggio con cui non è sempre facile entrare in contatto diretto. È proprio nella costruzione di Modesta, però, che tutta la forza della serie su Sky affiora, muovendosi di pari passo con un lavoro formale che in alcuni momenti si fa potente, struggente e disarmante.
L’attenzione nella composizione delle immagini e nella costruzione di queste, insieme alla fotografia curata da Fabio Cianchetti e alla colonna sonora di Tóti Guðnason, rende L’arte della gioia un prodotto attraente anche grazie all’immaginario estetico e creativo che porta sul piccolo schermo. Sono i dettagli a fare la differenza, come l’attenzione alle scenografie e ai costumi, per fare due esempi, insieme alla viscerale credibilità di Tecla Insolia, estremamente convincente nei panni di un personaggio senza dubbio difficile da interpretare in tutto e per tutto. La sua interpretazione, di pari passo con quella del cast al suo fianco (specialmente Valeria Bruni Tedeschi), alimentano un ritmo che disarma e coinvolge.
Vale la pena vedere L’arte della gioia?
La risposta a questa domanda è: assolutamente sì. L’arte della gioia è un vero gioiello; un racconto sfaccettato e complesso, ma anche forte e affascinante, capace di intrigare pur essendo molto classico nella sua struttura. Nella progressiva formazione di una giovane donna che viene dal nulla, si possono scorgere tantissimi elementi appartenenti a storie dello stesso stampo, soverchiandone però continuamente le ragioni proprio per via delle incoerenze del contesto di appartenenza e della caratterizzazione intima della sua protagonista.
La serie TV de L’arte della gioia cattura e sviluppa coerentemente tutta la verve di un intreccio che sa ammaliare, inquietare e far riflettere oltre le logiche della finzione. Il merito va alle scelte in fase di adattamento, scrittura per immagini e casting, proponendo un prodotto che sicuramente lascerà un segno nel panorama televisivo contemporaneo.
Commento
Voto di Cpop
90Pro
- L'arte della gioia riesce a trasporre con sensibilità e profondità la complessità della controparte letteraria, offrendo una storia avvincente e ricca di sfaccettature.
- La direzione di Valeria Golino, unita alla fotografia di Fabio Cianchetti e alla colonna sonora di Tóti Guðnason, crea un prodotto visivamente potente e immersivo.
- L'interpretazione di Tecla Insolia.
Contro
- La struttura narrativa densa e la profondità tematica possono risultare impegnative per alcuni spettatori, richiedendo un confronto con momenti forti e segnanti.
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