Sly, recensione: il mito, la star, l'uomo, Sylvester Stallone su Netflix

Autore: Nicholas Massa ,

Prima della superstar mondiale c'era solamente Sylvester Stallone, noto a tutti come Sly, il giovane con lo sguardo tormentato e un passato difficile, convinto di investire tutte le sue energie per entrare nel mondo del cinema americano che da sempre lo aveva affascinato e ispirato, anche nei momenti più bui e difficili della propria infanzia e adolescenza. Partendo dal 6 luglio del 1946, data della sua nascita, il nuovo documentario Netflix in catalogo dal 3 novembre 2023, si prefigge l’obiettivo di narrare la storia di un uomo che ha saputo scrivere il proprio percorso, avendo dalla sua parte un’incrollabile fede nelle proprie possibilità, e una certa attenzione nei confronti del potere delle immagini e delle parole. 

Sly, questo il nome del documentario in questione, si distingue fin da subito dagli altri contenuti su Netflix, poiché mette al centro della sua narrazione lo stesso Stallone, impegnato a raccontare la sua storia senza fronzoli, mettendo in luce anche gli aspetti più traumatici e dolorosi che ha portato con sé per tutta la vita. Così ci si ritrova immersi in un percorso in cui l'autoanalisi è l'elemento chiave nella narrazione degli eventi, dando forma alla forza di un uomo che ha ispirato più generazioni, diventando un'icona da emulare.

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Non soltanto questo però, dato che una particolare sincerità dai tratti diretti pervade l’intera narrazione e auto-narrazione documentaristica, ibridando elementi di repertorio, interviste e scene dal grande schermo, con confessioni determinanti nella lettura più umana possibile oltre l’icona irraggiungibile da sempre alimentata dal mondo di Hollywood. 

Sly, un documentario che lascia il segno

La struttura narrativa di Sly è tanto semplice quanto curiosamente evocativa e coerente con quanto sceglie di narrare. Nel documentario di Netflix vediamo Sylvester Stallone nella sua villa circondato da una serie di meraviglie architettoniche e scultoree che ricordano inevitabilmente alcuni dei suoi personaggi. In questo luogo dal sapore pseudo-greco, caratterizzato da una magnificenza materiale che lascia senza parole, troviamo però un uomo intento a riflettere su se stesso e sulla sua esistenza, sul percorso di esperienze che lo hanno reso ciò che è oggi agli occhi del mondo e del cinema mondiale, creando un'immagine di potenza fisica e recitativa insieme a una serie di modelli consolidatisi nel tempo e mai completamente dimenticati. La riflessione, però, diventa ben presto azione sia concettuale che fisica, mentre procede con un trasloco in corso che spinge Stallone a esplorare nuovamente l'essenza personale di alcuni oggetti che aveva messo da parte da tempo.

La vita è un insieme di cambiamenti, ma quando si tratta di arte e creatività, questi diventano un mezzo attraverso cui lavorare sulle proprie capacità attuali, e Sly lo sa benissimo, rivedendosi in questa prospettiva. Sfruttando una situazione in cui tutto sembra muoversi verso una direzione del tutto ignota e incerta, Stallone si racconta senza troppi filtri, seguendo un particolare filo esistenziale che prende in considerazione la sua carriera, i sogni che sembrano ancora tormentarlo, le difficoltà incontrate nel cammino e i problemi familiari e personali, per poi intessere un racconto in grado di fondere tutti questi elementi insieme e risultare sempre coerente con se stesso.

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Courtesy of Netflix
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Il lato più interessante di Sly, non è tanto quello legato alla storia di un ragazzo che, dal nulla, è diventato una star mondiale, ma quello connesso con gli eventi che lo hanno plasmato e spinto a elevarsi come sappiamo. Tutto il dolore e la rabbia di un giovane fondamentalmente solo al mondo sono diventati il carburante creativo per una serie di personaggi cinematografici ancora oggi citati in ogni dove, anche a distanza di tantissimi anni. In questo caso, l'uomo è diventato prima le sue stesse parole e in seguito immagini sul grande schermo in grado d'ispirare intere generazioni. Un processo del genere non va sottovalutato affatto, imprimendo un marchio distintamente umano nel viaggio di un artista, scrittore e attore che canalizza continuamente la propria sensibilità, riuscendo a colpire il grande pubblico in maniera indelebile.

Non soltanto l'enorme e inaspettato successo, però, ma anche tutti quegli errori di valutazione che ancora oggi lo stesso Stallone non riesce a spiegarsi, ammettendone i limiti e le problematiche, dal punto di vista lavorativo. La sua carriera, nel documentario, viene strumentalizzata da Thom Zimny, il regista, per cercare di evidenziare la caducità di un essere umano non troppo dissimile dalle orde di fan che da sempre lo osannano, delineando un percorso di autoanalisi forte di una confessione senza troppi filtri.

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Sly e il potere del cinema oltre la vita

Il cinema rimane un elemento fondamentale e centrale nell'intera narrazione di Sly, diventando mezzo di fuga, insegnante e principale fonte di ispirazione nella vita di un uomo che ne riconosce fin da subito le potenzialità creative ed artistiche. In contrasto a questa lettura del mezzo cinematografico, troviamo il dolore e la difficile accettazione di sé, ispirati dalla violenza di un padre oscuro e dalle tinte curiosamente distanti. L'intero documentario di Sylvester Stallone su Netflix è costantemente pervaso dalle ombre di una figura paterna problematica, raccontata con la dovuta sensibilità e fortemente connessa con la penna che ha dato origine alla storia di Rocky e alla sua visione e percezione esistenziale.

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Courtesy of Netflix
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In questo modo, la dimensione personale di Stallone diventa il principale modello e spiegazione diretta di alcune delle sue scelte sul grande schermo, coinvolgendo anche altri personaggi iconici come quello di Rambo, in cui è possibile scorgere un'eredità genetico-sociale che lo stesso attore confessa senza starci troppo a pensare. È in questo particolare processo creativo e intimo che si sviluppa la sensibilità di una storia capace di coinvolgere anche un pubblico molto diversificato, risultando accessibile su più fronti.

Continuando nella narrazione, Sly accenna pure alle altre pellicole in cui Stallone si è prestato nel corso degli anni, offrendo uno sguardo generale anche in questo senso, senza però approfondirne troppo le dinamiche, proprio come accadrebbe durante una conversazione con qualcuno che ha deciso di analizzare ciò che ha realizzato fino a quel momento, concentrandosi soltanto sulle cose che forse sente più importanti. Per valorizzare ulteriormente la narrazione, troviamo anche le testimonianze di alcune persone che conoscono da vicino il lavoro di Sylvester, come Quentin Tarantino, Henry Winkler, Arnold Schwarzenegger e suo fratello (di Sly) Frank, in grado di offrire spunti documentaristici differenti, giocando con i punti di vista e alcune interessanti curiosità. 

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Il risultato finale è un racconto estremamente personale in cui vediamo un eroe generazionale mettere la sua umanità sul piatto, cercando di svelarne l'essenza, anche quando questa si presenta problematica e complessa, facendo il punto su un viaggio ancora in corso. Famiglia, carriera, arte, sono solamente alcuni dei tasselli fondamentali alla base di una leggenda fatta di modelli e una particolarissima lettura delle proprie possibilità che ancora oggi riesce a ispirare qualcosa.

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Commento

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Sylvester Stallone approda su Netflix con il documentario Sly, impegnandosi a raccontare la propria storia cercando di andare oltre il mito. La superstar mondiale lascia il posto a un essere umano impegnato a fare chiarezza sul percorso che lo ha reso quello che è oggi, riflettendo anche sulle battaglie personali superate lungo il cammino. Un lavoro fortemente connesso con la dimensione dell'autoanalisi e della comprensione di sé, quindi, coadiuvato da una serie di chicche generali che potrebbero rapire sia i fan che il pubblico più generalista.

Pro

  • La storia di Sylvester Stallone continua a ispirare con il suo tocco transgenerazionale.
  • La dimensione psicologica di Sly e alcune confessioni dello stesso attore.
  • Il sogno americano fatto persona.
  • Il tentativo di approfondire qualcosa andando oltre gli stereotipi del caso.

Contro

  • Alcuni elementi del racconto documentaristico sono, a malincuore, troppo abbozzati o trattati in maniera sbrigativa.
  • Forse una docuserie avrebbe reso maggior giustizia al materiale trattato, avendo la possibilità di spalmarlo su una durata maggiore.
  • Qualche curiosità in più dai set non avrebbe guastato.
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