Speak No Evil, recensione: un remake americano che diverte ma semplifica

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Autore: Nicholas Massa ,

Uno dei tratti che più angosciavano, rapivano e catturavano dell’originale Speak No Evil, uscito nel 2022 per la regia di Christian Tafdrup, risiedeva proprio nella sua visione nera, così oscura da lasciare senza fiato e senza alcuna risposta al di fuori di quello che vedevi accadere a schermo. Nel nichilismo più spietato e senza vie d’uscita, la pellicola giocava una partita tutta sua, che andava oltre la stessa finzione cinematografica, intessendo un rapporto di sinistra discussione direttamente col suo pubblico, la cui raison d'être impattava con la chiusura di una storia apparentemente semplice. Nel 2024 tutto ciò si appresta a tornare sotto forma di remake.

Disponibile al cinema dall’11 settembre 2024, diretto da James Watkins e distribuito da Universal Pictures, Speak No Evil (da noi Speak No Evil - Non parlare con gli sconosciuti) trova nuova linfa vitale in un progetto che sembra riproporre uno a uno le stesse cose viste nella storia originale, pur con qualche guizzo differente. L’attrattiva verso un progetto del genere c’è sicuramente tutta, specialmente a seguito del coinvolgimento di James McAvoy in uno dei ruoli principali e più complessi da realizzare e riportare a schermo. Saranno riusciti a restituire le medesime sensazioni della controparte uscita nel 2022? Qual è il reale obiettivo di un lavoro come questo?

Speak No Evil: ma quanto è facile fare amicizia in vacanza?

La storia al centro di Speak No Evil è tanto semplice quanto sottile per certe sue dinamiche e colpi di scena. Una famiglia di turisti della media/alta borghesia, mentre è in vacanza in Italia, fa casualmente amicizia con un’altra famigliola sul posto per lo stesso identico motivo. I primi, Ben e Louise Dalton (Scoot McNairy e Mackenzie Davis), con la loro figlioletta Agnes (Alix West Lefler), sono molto riservati ed eleganti, mentre i secondi, Paddy, Ciara e Ant (James McAvoy, Aisling Franciosi e Dan Hough) sembrano essere più esuberanti e aperti a nuove conoscenze.

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Dopo qualche occasione in cui tutti loro si trovano a ridere e scherzare, nasce una certa intesa, che la leggerezza della situazione sposterà presto verso un appeal che li avvicinerà ulteriormente, fino a instaurare una sorta di iniziale amicizia. Le due famiglie sembrano andare d’amore e d’accordo, al punto che Paddy e Ciara faranno un gesto del tutto inaspettato nei confronti di Ben e Louise, offrendosi di ospitarli in casa loro tempo dopo la fine di questa vacanza in cui sono stati così bene.

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Titubante, la famiglia in questione si lascerà coinvolgere accettando, ed è proprio da questo punto in poi che Speak No Evil comincerà il suo gioco, mostrando la sua vera e sottile essenza a 360 gradi. Ecco che un fortuito e apparentemente ideale legame in Italia spingerà questo gruppetto affiatato in una situazione molto oltre le più rosee e borghesi aspettative di sorta.

Svelarsi a poco a poco

Nell’analizzare lo Speak No Evil diretto da James Watkins risulta praticamente impossibile, se non proprio inevitabile, fare paragoni con l’originale diretto da Christian Tafdrup. Alcune delle idee più interessanti alla base di un’esperienza che si costruisce tutta sulla tensione e sulla scoperta, tornano pure in questo caso, anche se traslate da scelte che differiscono le due esperienze. La situazione è praticamente la stessa, e come anticipato all’inizio di questa recensione, il film non si fa troppi scrupoli a riferirsi direttamente agli spettatori al cinema, ovviamente in modo sempre sottile. Che cosa fareste in una situazione del genere? Voi cosa avreste fatto? Come avreste reagito?

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Sono punti interrogativi di questo tipo a tormentare l’intera visione di Speak No Evil, esattamente come nell’altro film, anche se in questo caso la tensione viene costruita utilizzando situazioni che ricordano l’originale senza essere sempre del tutto identiche. L’inquietudine di un invito scandito da certe attitudini umane piuttosto discutibili, in perfetto contrasto con una gentilezza e superficialità che trova la sua forma più grande proprio nella borghesia più disattenta e menefreghista che si possa immaginare, distaccata e allo stesso tempo ingenua. In un lavoro tematico del genere torna la potenza di un film che spaventa nel profondo proprio per via della sua plausibilità innegabile.

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Il grande problema del remake, però, è che laddove avrebbe dovuto premere ulteriormente l’acceleratore, cancellando ogni ripensamento per poi scandagliare le profondità di una critica sociale oscura e segnante oltre la finzione cinematografica, opta per una svolta del tutto inattesa e dalla natura più connessa con lo spettacolo e l’intrattenimento che non con altro. Il trauma, anche profondo, permane nell’essenza di questo Speak No Evil, come pure un certo grado di angoscia indelebile e segnante, ma si sceglie di passare attraverso loro seguendo nuove idee e guizzi che, purtroppo, banalizzano l’impatto implacabile cui l’originale ti obbligava ad assistere.

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L’intento tematico resta saldo, solamente che nell’esecuzione si sceglie di muoversi altrove, con un terzo atto che solleva qualche punto interrogativo sulla “nuova”, anche se non del tutto, voce e discussione che la pellicola remake mette in atto.

Fiore all’occhiello dello Speak No Evil di Watkins resta, senza ombra di dubbio, l’interpretazione di un James McAvoy perfettamente in parte. Il suo è un personaggio difficile da decifrare dall’inizio alla fine, ed è proprio in questa generale e intangibile fumosità che si gioca tutto il suo fascino, consentendo all’attore di impiegare la propria espressività, anche fisica, in funzione di un ruolo che praticamente arriva a sorreggere, da solo, intere sequenze rubando spazio a tutti gli altri. Nel trasformismo fascinoso di una persona che sembra leggerti nel profondo, si nascondono alcune pieghe e strappi profondi praticamente inaccessibili a qualsivoglia logica del caso, poiché ben celati al mondo.

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Vale la pena andare a vedere il remake di Speak No Evil al cinema?

La risposta a questa domanda è: assolutamente sì. Pur non trattandosi di un film perfetto, e né tantomeno imperdibile, gli appassionati non dovrebbero lasciarsi scappare la chance di recuperarlo sul grande schermo. Nel suo distaccarsi dall’originale, in qualche modo, questo Speak No Evil risulta comunque interessante dal punto di vista dell’intrattenimento, offrendo momenti di tensione e crudeltà che resteranno impressi. Il suo più grande limite risiede proprio nell’esistenza della controparte originale. Il livello fra le due pellicole è ben diverso, come anche alcune scelte in termini di scrittura e caratterizzazione della situazione.

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Allo Speak No Evil del 2024, purtroppo, manca la crudeltà nichilista che contraddistingueva l’altro, scegliendo non di eliminarla del tutto, ma di traslarne le possibilità in un’esperienza che, a malincuore, si fa abbastanza prevedibile e semplice, specialmente nelle battute finali. A parte questo, però, stiamo comunque parlando di una pellicola che fa quello che deve, lavorando da vicino l’inganno di una fiducia mal riposta, a contatto con qualcosa di difficile da comprendere in toto e complesso a modo suo. Le ombre restano la costante di un lavoro che colpisce, anche se in modo sia simile che differente a quello che ci si aspetterebbe.

Commento

cpop.it

70

Il remake di Speak No Evil fa quello che deve, trasportando in una situazione che spaventa e allo stesso tempo fa riflettere. Il confronto con la controparte originaria, però, svela i limiti di un lavoro che preferisce seguire una strada diversa per alcune cose. Nel fare ciò la pellicola di James Watkins perde per strada uno dei tratti più forti e affascinanti del precedente lungometraggio, in una scrittura che diverte e al contempo banalizza.

Pro

  • La tensione palpabile dall'inizio alla fine.
  • L'interpretazione di James McAvoy.

Contro

  • Il terzo atto e il suo banalizzare la voce del film originale.
  • Gli altri protagonisti non lasciano il segno.
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