Star Trek: Strange New Worlds 2, recensione: To Boldy Go...

Autore: Manuel Enrico ,

Dove nessuno è mai giunto prima. Il mantra di Star Trek accompagna la saga sin dalla sua prima apparizione, divenendo il tratto saliente del franchise, spingendo ogni serie a rinnovare questo patto con i trekkie, spostando continuamente l’ultima frontiera. Una scelta facile, tutto sommato, proseguendo una narrazione cronologica, ma come preservare questo spirito se ci si volta indietro, andando a scrivere il passato della saga? Una sfida affrontata da Enterprise, in primis, e da Discovery in seconda battuta, ma che è diventata ancora più ardua con Star Trek: Strange New Worlds. Eppure, la seconda stagione di Star Trek: Strange New Worlds ha mostrato come l’anima trekkie sia ancora incredibilmente vitale.

Non è semplice muoversi all’interno di un canone narrativo già segnato. Strange New Worlds è ambientato in un periodo compresso della cronologia della saga, in cui sono fissati tanto il punto di partenza quanto il traguardo. Muovendosi come spin-off di Discovery, la serie ha il compito di svelare il passato di uno dei personaggi più intriganti del franchise, il capitano Christopher Pike (Anson Mount) e ricollegarsi alla nota missione quinquennale dell’Enterprise capitanata da James T. Kirk. Per gli sceneggiatori, croce e delizia di un’avventura che unisce la necessità di spingere sull’avventura esplorando nuove possibilità alla rigida osservanza di una continuity già impostata.

Star Trek: Strange New Worlds 2, l'Enterprise conquista l'ultima frontiera

La prima stagione di Strange New Worlds si era presentata come una dichiarazione di intenti, necessaria per una serie che era stata presentata come uno spin off della più controversa serie di Star Trek, Discovery. A sostenere questo sforzo, la presenza dell’amata Enterprise, debitamente adeguata al gusto visivo contemporaneo, cui andava cucita addosso una trama che rendesse onore alla dimensione avventurosa tipica della Serie Originale.

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Non solo per un motivo meramente cronologico (siamo ancora agli albori della Federazione), ma perché l’intenzione della writing room è quella di rendere le atmosfere di una serie dal sapore classico, pur preservando quel tocco di modernità televisiva necessaria ad avvicinare non solo i trekkie, ma un nuovo pubblico.

Con il suo primo arco narrativo, Star Trek: Strange New Worlds era riuscita in questo intento. Ricollegandosi alla matrice narrativa della saga tramite un uso consapevole di easter egg e citazioni, si è creato un legame appassionante con la continuity della saga, che fosse foriero di una familiarità per i cultori del franchise ma al contempo non risultavo un ostacolo per i neofiti. Sostenuti da una maggior consapevolezza di questo strumento narrativo, con la seconda stagione di Star Trek: Strange New Worlds ha trovato una formula ancora più solida per dare vita a episodi che siano godibili a un ampio pubblico, focalizzandosi in modo marcato sul presente e non rimanendo schiavi della nota conclusione del viaggio di questo equipaggio.

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Partendo dal finale esplosivo della precedente stagione, Strange New Worlds costruisce una narrazione orizzontale presente ma mai ossessiva, con un’intelligente predominanza delle trame verticali che si concentrano sullo sviluppo dei singoli personaggi. L’attenzione dello spettatore è portata sulla vitalità dell’equipaggio di plancia, ogni puntata si concentra su un diverso membro dello staff di comando di Pike, mostrando il lato umano di questi esploratori del cosmo.

Nel dare spessore ai diversi protagonisti, la serie intreccia le loro vite sviluppando un ecosistema familiare, fatto di piccoli riti, come la cena del capitano o la serata film, in cui ci si sente coinvolti. Questo ritratto di vita quotidiana amplifica l’empatia dello spettatore, che si fonda su dialoghi divertenti e ben congeniati, capaci di esprimere un’emotività mai scontata.

La radice della seconda stagione di Star Trek: Strange New Worlds è proprio la sua profonda umanità, il voler andare oltre l’esser una serie sci-fi e puntare a un racconto umano. Scelta che consente di inserire episodi dal forte impatto emotivo (come Ad Astra, per Aspera) e di concedersi dei divertissement impagabili (come Tutti Onorati Scienziati e Rapsodia Subspaziale), ma soprattutto di creare una delle migliori declinazioni recenti del franchise. Non un semplice prodotto fondato sul fanservice alla Picard, che per quanto gradevole e con picchi emotivi incredibili era troppo referenziale, ma una serie che appartiene a un franchise, ma non rinuncia alla propria personalità, alla propria identità.

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Il fascino di questa seconda stagione di Star Trek: Strange New Worlds è nella sua vena umana, nel suo avere un piglio narrativo agile che passa da toni più graffianti ad altri leggeri, senza mai banalizzare l’importanza dell’interiorità dei personaggi, lasciando comunque che sullo sfondo del momento vissuto sia percepibile tutta la ricchezza tipica del franchise.

Rotta verso l'ignoto...o quasi

Non possiamo negare che si percepisca un evidente distacco visivo dalla Serie Originale, ma, d’altronde, sarebbe impossibile pensare di poter ricreare quel concept nello scenario seriale attuale. Il maldestro tentativo fatto ai tempi di Enterprise e parzialmente corretto in alcuni romanzi non è stato considerato dalla produzione di Star Trek: Strange New Worlds, che ha invece mostrato di voler preservare l’aspetto tecnologico di base, concedendosi di adeguarlo al gusto contemporaneo. Un vintage sui generis, familiare e al contempo contemporaneo, che contribuisce a rendere Strange New Worlds una delle migliori produzioni sci-fi attualmente disponibili.

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Una serie non priva di difetti, ovviamente. La predestinazione, elemento presente ma non soffocante, porta a ripetere spesso il futuro di Pike nei dialoghi, a volte spezzandone l’emotività e creando dei deja vù poco appetibili. Sul piano narrativo, la ricerca di una varietà di ritmo spinge a cercare nuovi slanci e sperimentare, e se da un lato episodi paradossali come Tutti Onorati Scienziati sono apprezzabili per la loro natura paradossale ma in linea con la tradizione narrativa della serie, altri arditi esperimenti come Rapsodia Subspaziale rischiano di scontentare gli spettatori poco propensi a uscire da un comfort zone ben precisa.

Star Trek: Strange New Worlds conclude la sua seconda stagione con un cliffhanger di grande impatto, lasciando supporre che il futuro della missione di Pike e soci possa essere improntato a una più marcata linearità di trame e vicende.  

Commento

cpop.it

90

Il fascino di questa seconda stagione di Star Trek: Strange New Worlds è nella sua vena umana, nel suo avere un piglio narrativo agile che passa da toni più graffianti ad altri leggeri, senza mai banalizzare l’importanza dell’interiorità dei personaggi, lasciando comunque che sullo sfondo del momento vissuto sia percepibile tutta la ricchezza tipica del franchise.

Pro

  • Continuity della saga preservata
  • Evoluzione dei personaggi appassionante
  • Trame ben congeniate
  • Finale cliffhanger entusiasmante

Contro

  • Dialoghi non sempre in focus
  • -
  • -
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