Sembra impossibile, ma è vero. È passato un anno dalla fine di #Game of Thrones. Chi scrive ha vissuto l'avventura della serie HBO in maniera così intensa, profonda e totalizzante (per passione e per lavoro) da "restarci sotto" a lungo. Come Jaime e Cersei nelle viscere della Fortezza Rossa. Ma poi il tempo ha fatto la sua parte.
I personaggi, le storie, i colpi di scena, le millemila teorie, le sveglie nel cuore della notte, la fuga dagli spoiler, le discussioni con (gli altr)i fan: l'intero mondo di GoT ha iniziato a scivolare indietro tra i pensieri, fino a trovare il suo posto tra i ricordi. Ed è lì che vive adesso, a un anno di distanza da quell'epocale 19 maggio 2019. Una creatura addormentata, ma in attesa del bacio che la possa risvegliare.
Per chi scrive, il trigger è Jenny of Oldstones. Il testo e la melodia della canzone di Florence + the Machine racchiudono l'essenza di Game of Thrones, tutto quello che è stato e ha rappresentato e la sua fine. Perché c'è qualcosa che bisbiglia tra le sue parole e le sue note e sembra predire la follia di Daenerys e tutto il resto. Quel finale che ha scontentato tutti. Anche chi lo trova perfetto nell'essenza, ma fragile, affrettato e incompiuto nella costruzione.
Eppure, paradossalmente, dopo nove anni, otto stagioni e infiniti momenti memorabili, è proprio quello che resta. Giusto, sbagliato: ognuno ha la sua opinione. Ma l'eredità di Game of Thrones è molto altro e molto di più. E questo pezzo prova a mettere uno sull'altro i mattoni (almeno, alcuni) che la costruiscono, per rendere omaggio a una serie che - nel bene e nel male - ha fatto la storia della televisione. Ed è nella storia.
- Una grande saga entertainment (e una pietra di paragone)
- Una colonna sonora memorabile
- Un'opera alternativa fatta di teorie
- Un patrimonio di battute cult e meme
- Una nuova generazione di attori
- Una esperienza collettiva senza precedenti (nel bene e nel male)
- Un prezioso insegnamento
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Una grande saga entertainment (e una pietra di paragone)
Per gli appassionati de Il Signore degli Anelli, accostare l'opera di George R.R. Martin a quella di J.R.R. Tolkien è un sacrilegio. E anche i fan di Star Wars non vedono di buon occhio il paragone. Ma come la creatura dello scrittore britannico portata sullo schermo da Peter Jackson e quella di George Lucas, Game of Thrones è una grande saga entertainment. La serie HBO, basata sulla collana letteraria delle Cronache del ghiaccio e del fuoco, ha creato una nuova epica e un nuovo mito ed è entrata profondamente a fare parte della cultura pop e della coscienza collettiva.
Game of Thrones è stata e ancora è un fenomeno sociale al pari di franchise come Star Trek, Harry Potter e il Marvel Cinematic Universe ed è diventata una pietra di paragone e un esempio, un modello al quale ispirarsi e tendere. L'espressione "il nuovo/la nuova Game of Thrones" è entrata nel linguaggio comune e non solo è misura dell'enorme lascito della serie, ma anche della difficoltà di ripetere quello che è stato. Perché al netto del declino iniziato nella stagione 6 e del finale senza pace, oggi tutte le produzioni vogliono essere Game of Thrones. E nessuna lo è.
Una colonna sonora memorabile
La musica è un elemento fondante del racconto sul piccolo e grande schermo. Ma Game of Thrones l'ha fatta diventare qualcosa di così profondamente costitutivo da trasformarla in una vera e propria protagonista della storia.
Il compositore Ramin Djawadi ha costruito una narrazione nella narrazione, cesellando i temi della colonna sonora sui personaggi e gli eventi e rendendoli capaci di evocare con le note i volti dei protagonisti, i loro pensieri e le loro emozioni. E almeno in un caso, ha offerto ai personaggi la possibilità di un destino diverso. Quando Brienne completa la storia di Jaime nel Libro Bianco, alla fine dell'episodio 8x06, Il Trono di Spade, la musica ricalca la melodia di I Am Hers, She Is Mine, che accompagna il matrimonio tra Robb Stark e Talisa Maegyr. Un omaggio (straziante) alla storia d'amore tra la guerriera di Tarth e l'ex comandante della Guardia Reale e a un finale che avrebbe potuto essere e non è stato.
La musica di Game of Thrones è anche la celebre sigla (che ha cambiato per sempre il modo in cui gli spettatori ascoltano lo sfrigolio che introduce il logo di HBO) e Le piogge di Castamere, la canzone del potere spietato dei Lannister e la colonna sonora di uno dei momenti più tragici e iconici della storia della TV, le Nozze Rosse. La melodia creata da Ramin Djawadi e George R.R. Martin è un tema ricorrente della serie ed è stata interpretata dai The National, il batterista e backing vocalist dei Coldplay, Will Champion, e dai Sigur Rós.
A chiudere il cerchio delle collaborazioni musicali sono stati i Florence + the Machine con la emozionante, evocativa Jenny of Oldstones, un brano composto appositamente per Game of Thrones a partire dai libri e in qualche modo profetico della conclusione della storia.
Un'opera alternativa fatta di teorie
Le Cronache del ghiaccio e del fuoco e Game of Thrones portano la firma di George R.R. Martin (e di David Benioff e D.B. Weiss). Ma sono anche dei fan. A fianco dell'opera letteraria e televisiva, gli appassionati ne hanno sviluppata un'altra fatta di teorie e supposizioni.
Le origini di Jon, l'identità di Azor Ahai, la profezia del Valonqar, il misterioso terzo Targaryen, la visione di Daenerys nella Casa degli Eterni, la storia del Night King e degli Estranei. E poi il toto-morti (...), le speculazioni sulle azioni e il destino dei vari personaggi, le spericolate ipotesi sulle macchinazioni di Ditocorto e Cersei e sui piani di battaglia dei White Walkers, la continua ricerca di indizi di ogni sorta, la minuziosa e ossessiva osservazione e dissezione di qualunque elemento che potesse significare qualcosa. Per nove, lunghi anni, i fan non hanno mai smesso di pensare, elaborare, condividere teorie. Anche quando Game of Thrones è finito. Dov'è volato Drogon? Che futuro aspetta Jon? Il Night King è davvero sconfitto?
È stato un folle, appassionante delirio condiviso. E qualcosa di difficile da ripetere.
Un patrimonio di battute cult e meme
Le citazioni e (in epoca recente) i meme sono un accurato indicatore di quanto un film e una serie fanno parte della cultura popolare. E Game of Thrones può vantare un incredibile numero di entrambi. Lo show HBO lascia in eredità ai fan (e non solo) un patrimonio senza precedenti di battute e frasi cult e di geniali, meravigliose caricature e prese in giro.
Dagli slogan simbolo della serie "L'inverno sta arrivando" e "Al gioco del trono o si vince o si muore", alle battute iconiche come "Tu non sai niente, Jon Snow" e "Non oggi", ai motti "Un Lannister paga sempre i suoi debiti" e "Il Nord non dimentica", la storia e la leggenda di Westeros sono entrati nel linguaggio comune per restarci. E così i meme dissacranti per tutte le occasioni... anche le pandemie:
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Una nuova generazione di attori
Quando il primo episodio di Game of Thrones è arrivato in TV (nel lontano 17 aprile 2011), il cast era composto per la maggior parte da perfetti sconosciuti (o quasi). I volti e i nomi noti si contavano sulle dita di una mano ed erano quelli di Sean Bean, Peter Dinklage, Lena Headey, Iain Glen e Aidan Gillen. Ma con il passare delle stagioni e la popolarità e il successo sempre più globale e vertiginoso della serie, i misconosciuti protagonisti sono diventati delle star.
GoT ha fatto decollare la carriera di Kit Harington, Emilia Clarke, Richard Madden, Carice Van Houten, Pedro Pascal, Natalie Dormer, Ed Skrein, Michiel Huisman e delle giovanissime (all'inizio della serie) Sophie Turner e Maisie Williams. E ha creato il mito di Jason Momoa. L'attore hawaiano è apparso solo nella prima stagione, ma il ruolo di Khal Drogo lo ha trasformato in un sex symbol e gli ha spalancato le porte di Hollywood.
Una esperienza collettiva senza precedenti (nel bene e nel male)
Game of Thrones non è stata solo una serie TV, ma un vero e proprio fenomeno sociale. Milioni di persone in tutto il mondo l'hanno vista ed è davvero difficile trovare qualcuno che non sappia cos'è o non ne abbia mai sentito parlare. La serie HBO ha creato una esperienza collettiva senza precedenti tra i fan in ogni angolo del pianeta. Gli spettatori si sono riuniti in una incredibile community mondiale e hanno sofferto, trepidato, atteso e discusso in tempo reale e in contemporanea ogni istante della lunga avventura di Jon, Daenerys e di tutti gli altri protagonisti.
Ma come l'esperienza collettiva ha creato il mito, allo stesso modo lo ha distrutto. I fan hanno reagito alla delusione per la stagione finale rivendicando il diritto assoluto di giudizio e decisione e hanno stabilito un pericoloso precedente per il mondo del cinema e TV. Senza dubbio, il lavoro di David Benioff e D.B. Weiss è discutibile e criticabile (e una dichiarazione dei due a posteriori allunga ombre ancora più scure sul loro operato), ma la famigerata petizione per rifare la stagione finale di GoT ha aperto preoccupanti scenari per la libertà degli artisti.
La conclusione della serie HBO è diventata uno spauracchio e il modello dal quale tenersi alla larga. La reazione dei fan ha spaventato gli addetti ai lavori e ha dato origine a una (altra) nuova espressione: "Il finale non sarà come quello di Game of Thrones".
Un prezioso insegnamento (più un altro)
Game of Thrones ha lasciato un'eredità grande, complessa e controversa. Ma c'è una cosa sulla quale è probabile che metta tutti d'accordo: adattare un'opera incompiuta significa andare in cerca di guai. A maggior ragione, quando l'autore è conosciuto per non essere esattamente un fulmine nello scrivere. Certo, se il finale di David Benioff e D.B. Weiss non avesse scatenato l'inferno, probabilmente il fatto che le Cronache del ghiaccio e del fuoco non sono finite non sarebbe un problema. Ma onestamente, chi può dire con sicurezza che non sarebbe saltata fuori qualche altra polemica?
La verità è che GoT ha iniziato a scricchiolare nel momento in cui ha preso le distanze dal materiale originale. Ma del resto, portare avanti la storia, il pensiero e lo stile di un altro autore è un'impresa a dire poco complicata. Se poi in ballo c'è un un universo ramificato, complesso, conosciuto e dibattuto come quello di George R.R. Martin, vuol dire avere la vocazione del kamikaze. È vero, le cose possono andare bene e diventare eroi. Ma il rischio martirio è molto, molto alto.
D'altra parte, i fan scontenti possono ancora sperare nel finale di GRRM. Ma lo scrittore ce la farà a concludere la sua opera? In varie interviste, Martin ha detto tutto e il contrario di tutto. Ma la sensazione è che la conclusione di Game of Thrones sia in larga parte quella pensata dall'autore per la sua saga e che questo fatto rappresenti per lui un ulteriore ostacolo a finire The Winds of Winter e a A Dream of Spring.
La speranza è che GRRM smentisca e stupisca tutti e regali ai lettori il finale che l'epopea di Westeros merita. Ma anche se andrà così, c'è un ultimo, prezioso insegnamento che l'avventura di GoT lascia. Ovvero, mai dare a una figlia il nome della protagonista di una storia di cui non si conosce la conclusione e che ha 3 draghi e un'ossessione. Perché il colpo di scena è dietro l'angolo. E la mattanza di migliaia di innocenti pure.
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