Gli attori scioperano: vedremo meno film e serie TV?

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Autore: Manuel Enrico ,

Oppenheimer ha sganciato la bomba. No, non stiamo parlando del racconto storico della creazione della bomba atomica, quanto della più glamour premiere britannica del nuovo film di Nolan, arrivata sul filo di lana prima dell’avvio di una movimentazione corale che non scuoteva Hollywood dagli anni 60: lo sciopero degli attori. Un’ipotesi che era nell’aria da tempo, serpeggiando tra gli addetti al settore e che ha portato ad anticipare la premiere di Oppenheimer proprio per evitare che la decisione della categoria impedisse di presentare l’atteso di film di Nolan.

Rischio evitato per un soffio, ma che ha comunque visto il cast di Oppenheimer prendere parte allo sciopero di categoria, evento che ha avuto un’ovvia ripercussione. Eppure, gli attori non sono certo i primi lavoratori di questo complesso, contorto meccanismo ad avere alzato la voce, la loro presa di posizione ha un vantaggio rispetto ad altre maestranze: sono il volto popolare del cinema.  

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Lo sciopero degli attori: Hollywood si ferma?

Nel disinteresse quasi totale, da maggio la Writers Guild of America (WGA), il sindacato degli sceneggiatori, è in sciopero per rivendicare un maggior rispetto della propria professionalità. Un’alzata di scudi che non ha colpito troppo gli appassionati di cinema, che difficilmente associano alla figura degli sceneggiatori la giusta importanza, ma che nell’industry e in chi la vive con maggior intensità ha suonato come un inquietante segnale d’allarme.

Rivendicazioni che passavano dal timore che l’avvento delle IA possano sostituirsi all’ingegno degli sceneggiatori alle più concrete rivalse economiche, legate alle meccaniche dei guadagni dalle repliche, prassi resa rapidamente obsoleta dall’arrivo dello streaming. La voce degli sceneggiatori non è riuscita a fare breccia oltre alla sfera degli insider del settore, non venendo presi nemmeno troppo sul serio dagli studios.

Ma se a incrociare le braccia sono i volti amati dal pubblico, cambia tutto.

Sul piano della comunicazione, è sicuramente più impattante vedere la ribellione degli attori, gli dei del patheon hollywoodiano, che non quella di nomi sconosciuti, senza volto, noti il più delle volte solo agli addetti ai lavori. Questa dura presa di posizione rischia seriamente di mettere in crisi il settore, una decisione nata dalla volontà di non sottostare più a certe logiche contrattuali che non hanno recepito come il business sia cambiato. O meglio, come i vertici dell’industry non abbiano voluto riconoscere a tutte le maestranze un miglioramento di condizioni salariali alla luce delle nuove tendenze del mondo dell’entertainment.

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A guidare questo sciopero degli attori è Fran Drescher, un tempo icona della serialità televisiva con la popolare serie La Tata, che dopo una carriera non certo stellare sembra aver trovato un momento di rivalsa come guida della SAG-AFTRA, sigla che comprende la Screen Actors Guild e la American Federation of Television and Radio Artists. Che non sia una trattativa facile lo dimostrano le parole con cui la Drescher, che ha paragonato questo sciopero alla Rivoluzione Francese, ha motivato questo sciopero:

Siamo vittime di un’impresa estremamente avida. Arriva il momento in cui devi dire ‘No, non lo accettiamo più, siete pazzi. Cosa state facendo? Perché lo state facendo?’ Se non ti alziamo ora, saremmo tutti messi a tacere. Non si può cambiare il modello di business al punto in cui è stato cambiato ora e non considerare adeguamenti contrattuali. Non posso credere che gli studios piangano miseria, che stiano perdendo denaro da ogni parte, quando pagano centinaia di milioni i loro CEO. È disgustoso. Si vergognino

Necessaria una precisazione, prima di proseguire. Non lasciamoci ingannare dai cachet milionari che vengono percepiti dai big names del settore, dietro questi pochi privilegiati abbiamo un intero ecosistema di attori esordienti, caratteristi o, tristemente, attori falliti che sono vittime degli ingranaggi del settore. Lo sciopero rappresenta per queste maestranze dimenticate l’occasione di avere migliorie della propria vita professionale, per alcuni anche un’occasione di emergere.

Le rivendicazioni dei 160.000 artisti aderenti al cartello SAG-AFTRA vertono su diversi punti, ma uno in particolare è il più sentito: la propria immagine. Le richieste della major di accettare contratti secondo cui gli attori debbano cedere la propria immagine perché questa sia utilizzata anche tramite impiego di IA, ha giustamente scatenato la rivolta.

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Red carpet a rischio, i festival tremano

Una presa di posizione ferrea che ha sorpreso la Alliance of Motion Pictures and Television Producer (AMPTP), che non ha mancato di rilevare come questa agitazione sia deleteria anche per i lavoratori dell’indotto dell’industry:

Uno sciopero non è certamente il finale che auspicavamo, perché gli studios non possono lavorare senza gli artisti che portano in vita le nostre serie e i nostri film. È stata intrapresa una strada di cui pentirsi, che condurrà a difficoltà finanziarie per innumerevoli migliaia di persone che dipendono dall’industry

Osservazione non del tutto errata, per quanto subdola.

Lo sciopero degli attori, infatti, impone una serie di limitazioni non solo sul piano della presenza sui set, ma anche per le attività promozionali. Che si traduce in assenza di red carpet, di eventi legati alle uscite di attesi film, ma anche alla cancellazione di interviste e press tour, traducibile con un blocco delle attività per tutte le figure lavorative che animano il dietro le quinte dei grandi eventi dell’industry. Abbagliati dai riflettori dei grandi eventi, troppo spesso dimentichiamo le centinaia di persone che lavorano a ritmi incredibili per rendere tutto questo possibile, mai pienamente riconosciuti eppure essenziali al corretto funzionamento di questo gigantesco meccanismo.

Cinicamente si potrebbe notare come questo sciopero arrivi dopo che l’estate dei blockbuster ha avuto la sua celebrazione, consentendo a titoli come Mission: Impossibile – Dead Reackoning, Indiana Jones e il Quadrante del Destino, The Flash e Barbie di avere piena visibilità. Oppenheimer potrebbe essere il primo titolo seriamente penalizzato da questo sciopero, ma ha comunque avuto l’occasione di aver un minimo di promozione.

In un periodo relativamente tranquillo, questo sciopero potrebbe penalizzare maggiormente il comparto della serialità, che nel periodo estivo è piuttosto vivace.

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Ovviamente, il timore che le parti in causa non trovino un compromesso in tempi brevi, ansia piuttosto concreta allo stato attuale, getta un’inquietante ombra su due grandi eventi del settore: Venezia e Toronto. Il ComiCon di San Diego, inutile negarlo, è già condannato da questo annuncio, ma non è il palco principale del mondo hollywoodiano.

Al contrario di Venezia e Toronto, due eventi celebrativi del cinema di estrema importanza, tappe iniziali della corsa all’Oscar. Momenti essenziali della cultura cinematografica mondiale, come la sfilata delle star al Lido di Venezia, rischiano di non prendere vita quest’anno, attimi liturgici la cui assenza potrebbe rivelarsi un’arma a favore degli scioperanti, dimostrazione della loro importanza non solo sullo schermo ma come motore vitale dell’intero settore.

Quali serie rischiano nei prossimi mesi?

Da un punto di vista più pratico, questo sciopero destabilizza non poco le schedule di lavorazione di film serie TV. A patire maggiormente nel medio-breve periodo potrebbero essere soprattutto i canali streaming, che dovendo arricchire costantemente i propri palinsesti, si trovano ora a dover gestire ritardi nella creazione di contenuti, con buone possibilità di avere un trimestre finale privo di gran parte delle uscite preventivate.

Se da un lato si sono già ventilati ritardi per le schedule di film attesi, come Deadpool 3, ben più complessa è la gestione degli stop dai set di serie come Stranger Things, House of The Dragons o Gli Anelli del Potere, che rappresentano un volano della serialità. 

Un momento di svolta che potrebbe, se ben sfruttato, consentire di fare anche analisi interne. La bulimia di contenuti della maggior parte dei servizi streaming ha coinciso con un evidente calo di qualità, fragilità rilevata da più parti e che ha spinto Bob Iger, vertice Disney, a promettere un ritorno a contenuti meritevoli, a fronte di una riduzione in termini di uscite.

È evidente come questo sciopero indetto dagli autori sia un potenziale punto di svolta per dare all’intera industry una diversa vitalità. Non ancora del tutto ripresosi dai duri tempi della pandemia, il mondo dell’entertaiment sta vivendo un periodo complesso complice il cambio di fruizione del medium da larga parte del pubblico. Volendo essere ottimisti, questa tensione all’interno del mondo hollywoodiano potrebbe rivelarsi un’occasione di analisi seria da parte di tutte le componenti dell’industry, per trovare in nuovo equilibrio con cui dare nuovo slancio al settore.

La storia ci insegna che l’unico precedente di una simile agitazione risale agli anni 60, quando facendo fronte comune imposero alle major di rivedere la loro posizione, ottenendo importanti rivendicazioni, non ultime i compensi per le repliche.  Da appassionati e amanti del cinema, ancora prima che da addetti ai lavori, non ci resta che sperare che i contendenti trovino presto un punto di contatto, lasciando che questo momento di tensione diventi una ripartenza che tenga finalmente contro di tutte le innumerevoli figure che danno vita alla nostra passione.

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