Netflix citata in giudizio da attori e doppiatori della società Artisti 7607

Autore: Francesca Musolino ,

Dopo il lungo sciopero che nel 2023 ha visto coinvolta l'industria dello spettacolo Hollywoodiano, adesso è il turno degli artisti nostrani di scendere in campo per i propri diritti.

L'associazione Artisti 7607 che si occupa di tutelare i diritti d'autore di numerosi attori e doppiatori, ha citato in giudizio la piattaforma streaming Netflix presso la sezione civile del Tribunale di Roma. 

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Alla base di tale procedimento figura a grandi linee la stessa motivazione che in precedenza ha spinto il sindacato statunitense SAG-AFTRA a scioperare. Ovvero dopo anni di trattative senza esito al fine di ottenere per ogni artista un compenso adeguato e proporzionato, Artisti 7607 ha deciso di passare alle "maniere forti".

E in questo specifico caso per vie legali, in modo da ricevere quanto di fatto spetta proprio per legge. 

Artisti 7607 contro Netflix: le motivazioni

Durante la Festa del Cinema di Roma si è svolto un incontro dal titolo “Incassi delle piattaforme e compensi agli artisti: obiettivo un solo database” che ha visto la partecipazione di Netflix e del sindacato a tutela degli artisti, Nuovo IMAIE.

L'obbiettivo prefissato era quello di trovare un accordo con il colosso dello streaming, per costituire una banca dati unica centralizzata a cui fare riferimento per stabilire compensi e diritti degli artisti. Una proposta che non ha trovato l'esito sperato e ha quindi portato Artisti 7607 ad appellarsi al Tribunale per far valere la legge a tutela degli artisti.

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Diversi volti noti dello spettacolo e membri della società Artisti 7607 hanno espresso le loro opinioni al riguardo, tra cui Neri Marcorè:

Guardando agli accordi finora sottoscritti da altri operatori, un attore che sia protagonista in 10 opere di grande successo, visualizzate ognuna da 1 milione di persone, riceverebbe dalle tre principali piattaforme streaming complessivamente 33 euro nell’arco di 5 anni. Questo si intende per compensi adeguati e proporzionati? E dovremmo adeguarci a questi compensi con una tariffa unica? No grazie.

Alle parole di Neri Marcorè hanno fatto eco quelle di altri colleghi, come Elio Germano:

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Nel mercato liberalizzato del settore audiovisivo, ogni utilizzatore/piattaforma ha il proprio database, la propria offerta di contenuti e ha visto l’entrata sul mercato di nuovi operatori in concorrenza fra loro. Non si spiega perché allora, sul fronte delle collecting, si chiede agli artisti di tornare di fatto ad un monopolio con una 'tariffa unica'. Sarebbe come chiedere agli utilizzatori/piattaforme di avere un’unica offerta di titoli e un unico costo di abbonamento, togliendo agli utenti il diritto di scegliere tra varie possibilità. Questo diritto, conquistato dagli artisti che hanno subìto tutti i danni di una trentennale gestione 'unica', è fondamentale e da qui non si torna indietro.

Anche Paolo Calabresi si è unito al pensiero di Germano e Marcorè:

I diritti connessi sono un 'salario differito' che in un mestiere discontinuo consente agli artisti di vivere senza pesare sulle casse del governo perché a versare questi compensi è chi guadagna sul lavoro degli artisti. Allora il tema vero e urgente di cui si dovrebbe parlare è: 'quanto va realmente in tasca agli artisti?'. Da oltre due anni l’Italia ha recepito la direttiva copyright che esplicitamente parla di compensi per gli artisti adeguati e proporzionati agli sfruttamenti e ai ricavi degli utilizzatori.

In ultimo ma non per importanza anche Michele Riondino fa sentire la sua voce sul tema:

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In America gli attori, gli autori e gli sceneggiatori protestano e scioperano per avere dei compensi adeguati e chiedono il 2% dei ricavi delle multinazionali dello streaming, mentre qui in Italia si parla di temi del tutto superati e che vanno in direzione opposta alle normative europee.

Una vicenda molto spinosa che si spera si possa risolvere in modo positivo così come è stato per il mondo di Hollywood. Dove dopo svariate trattative inconcludenti, si è infine giunti a un accordo equo che è riuscito a soddisfare entrambe le parti.

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