In occasione dell'arrivo su FOX della serie tv #The Exorcist, ecco a voi la vera storia del film più terrificante di tutti i tempi.
Dopo la “rivoluzione Psycho”, che nel 1960 cancellò le definizioni di thriller e horror conosciute fino ad allora, terrorizzando il pubblico e ottenendo un successo senza precedenti, gli anni ’70 e ’80 segnarono il trionfo dell’horror d’autore.
I film appartenenti a questo periodo, e firmati da registi importanti, avevano tutti qualcosa in comune: più che le caratteristiche classiche del genere, mostravano l’impronta dell'autore e la sua interpretazione dell’horror.
Mi riferisco a cineasti del calibro di Stanley Kubrick (Shining, 1980), Roman Polanski (Rosemary’s Baby, 1968), Werner Herzog (Nosferatu, 1978) e naturalmente William Friedkin (L’esorcista, 1973).
Tratto dall’omonimo romanzo di William Peter Blatty, che ne firma personalmente l’adattamento cinematografico, L’esorcista racconta la storia di Regan MacNeil (Linda Blair), una ragazzina che inizia a mostrare comportamenti strani e inquietanti. Quando la medicina fallisce nel trovare una spiegazione, ma soprattutto una cura, Chris, la madre di Regan (Ellen Burstyn) si rivolge a un prete: è convinta che sua figlia sia posseduta dal demonio e vuole che venga esorcizzata.
Barbra Streisand, Audrey Hepburn, Shirley MacLaine e Jane Fonda rifiutarono il ruolo di Chris MacNeil, mentre per la parte di Regan venne presa in considerazione, e poi scartata, una giovanissima Sharon Stone.
Anche Melanie Griffith e Kim Basinger fecero il provino per interpretare Regan.
Premiato con 2 Oscar (per la migliore sceneggiatura non originale e per i migliori effetti sonori) e 4 Golden Globes (miglior film, migliore sceneggiatura, migliore regia e migliore attrice non protagonista), L’Esorcista è il primo horror i cui meriti artistici vengono riconosciuti sia dal pubblico che dalla critica, e il primo a ottenere delle nomination agli Oscar (e a vincerne due).
Per molti - come emerge da celebri sondaggi e classifiche - è il film più spaventoso di tutti i tempi.
Costato intorno ai 12 milioni di dollari, impiegati soprattutto per la realizzazione di effetti speciali innovativi per l’epoca, L’esorcista arriva nelle sale cinematografiche statunitensi il 26 dicembre del 1973 (e poco meno di un anno dopo, il 4 ottobre del 1974, in quelle italiane).
Con un incasso, ad oggi, pari a diverse centinaia di milioni di dollari - qualcuno quantifica in 400 milioni, altri in 500 - rappresenta uno dei maggiori successi della storia del cinema.
Nel 2000 torna nelle sale, con un’edizione restaurata e arricchita da nuove scene, ed è di nuovo un successo.
La prima uscita al cinema si accompagna a una serie di eventi che contribuiscono ad alimentare il mito del film: si vocifera che durante le riprese dell’esorcismo e delle scene in cui Regan parla con la voce del demone che la controlla, il suo letto avesse iniziato a tremare senza l’ausilio degli effetti speciali.
La produzione fu funestata da una serie infinita di incidenti, da incendi sul set (che colpirono ogni stanza ricostruita, tranne la stanza da letto di Regan) a continue rotture dei macchinari necessari alle riprese (dal condizionatore che doveva far tremare Regan di freddo ai ventilatori usati per muovere l’aria intorno a lei).
Per non parlare delle morti legate alla produzione: durante le riprese vennero a mancare l’attore Jack MacGowran (interprete di Burke Dennings, che muore nel film), alcuni parenti degli interpreti (il fratello di Max Von Sydow e il nonno di Linda Blair), un tecnico e il guardiano notturno del set.
Ellen Burstyn, interprete della madre di Regan, fu vittima di un grave incidente alla spina dorsale - che le causò un danno permanente - nella scena in cui Regan la spinge per allontanarla e la fa cadere all’indietro su un mobile.
Molto famoso anche il fulmine che colpì la croce sul tetto di una chiesa a Roma, la sera della première italiana del film.
Il tecnico di laboratorio che compare quando Regan si reca in ospedale, inoltre, era interpretato da Paul Bateson, che risultò poi essere il serial killer soprannominato dalla stampa “The Trashbag Killer” e venne condannato all’ergastolo nel 1979.
Quando il film uscì al cinema, molti spettatori si sentirono male. Gli svenimenti e le crisi isteriche erano così frequenti che fuori dai cinema delle città più popolate vennero fatte sostare delle ambulanze con i paramedici pronti a intervenire in caso di malore.
La scena che causava il maggior numero di problemi al pubblico, però, non era quella dell’esorcismo, bensì quella in cui Regan viene sottoposta a esami ospedalieri terribilmente invasivi (e realistici).
Le riprese de L'esorcista - effettuate fra gli Stati Uniti e l’Iraq - avrebbero dovuto durare 85 giorni ma, a causa di tutti gli incidenti e contrattempi, finirono per arrivare a 224.
La storia del film, come quella del libro, venne adattata da un noto caso di cronaca. Nel 1949, il tredicenne Roland Doe (nome di fantasia inventato per proteggere la privacy del minore, conosciuto anche con lo pseudonimo di Robbie Mannheim) venne esorcizzato.
Dopo che il ragazzino aveva iniziato a usare una tavola Ouija, usata dagli spiritisti per comunicare con i morti, la sua casa del Maryland fu teatro di strani avvenimenti.
I mobili si spostavano da soli, si udivano inquietanti rumori e improvvisamente le stanze diventavano gelate. Roland aveva iniziato a usare la Ouija grazie a sua zia Harriet, che ne faceva uso.
Poco dopo, Harriet morì. Per cercare di sfuggire a quegli eventi inquietanti, i genitori di Roland si trasferirono in Missouri, a Saint Louis, presso alcuni parenti.
Ma i fenomeni non cessavano e Roland si comportava in modo strano, spaventoso. Parlava lingue che non avrebbe dovuto conoscere e muoveva gli oggetti.
I suoi genitori lo fecero esaminare accuratamente presso l'Ospedale della Georgetown University, ma i medici non trovarono alcuna anomalia. Alla fine, padre Edward Albert Hughes, che conosceva la famiglia in Maryland, si convinse che Roland fosse posseduto.
L'arcivescovo di Washington gli diede il permesso per praticare l'esorcismo, che avvenne a Saint Louis. Ci vollero molte settimane e nove preti, fra cui padre Raymond J. Bishop, incaricato di tenere un diario degli eventi.
Lo stesso diario che William Peter Blatty usò per scrivere il suo romanzo, cambiando ambientazione e identità delle persone coinvolte.
Iscriviti al nostro canale Telegram e rimani aggiornato!