Il caso dell’omicidio di George Floyd ci ha ricordato quanto il razzismo sia ancora ben radicato negli USA, ma anche nel resto del mondo. Ogni anno, il 21 marzo, si celebra la Giornata Internazionale per l'Eliminazione della Discriminazione Razziale, ma neanche questo basta. Black Lives Matter, movimento impegnato nella lotta al razzismo, si batte perché quest’ultimo cessi di esistere, ma la strada sembra essere ancora lunga e in salita.
A nulla sono valsi anni di episodi drammatici e, guardandoci indietro, sembra che davvero pochi passi siano stati fatti in avanti. Il razzismo è solo una delle tante discriminazioni che, ancora oggi, esistono al mondo.
Il mondo delle serie TV ha affrontato un tema come questo più e più volte, cercando di sensibilizzare gli spettatori e offrendo spunti di riflessione interessanti che non tramontano mai.
Tutti noi non possiamo dimenticare serie come I Robinson, I Jefferson o Willy, Il Principe di Bel-Air, tra le tante, che hanno visto protagoniste intere famiglie afroamericane, affrontando – in modo più o meno esplicito - anche il razzismo tra i loro temi. Scopriamo insieme quali sono alcune delle tante serie TV – in ordine alfabetico - in cui è stato affrontato il tema scottante del razzismo.
- Beverly Hills 90210
- Carnival Row
- Dear White People
- Grey’s Anatomy
- I Jefferson
- I Robinson
- Le Regole del Delitto Perfetto
- Lovecraft Country
- Lucifer
- Mad Men
- Orange Is The New Black
- Otto Sotto Un Tetto
- Outlander
- Scandal
- Scrubs
- Watchmen
- When They See Us
- Willy, Il Principe di Bel-Air
Beverly Hills 90210
Chi può dimenticare #Beverly Hills 90210? Andata in onda tra il 1990 e il 2000 per 10 stagioni e tornata nel 2019 con un’unica stagione e con il titolo di #BH90210, la serie è ambientata a Beverly Hills ed è diventata un cult degli anni Novanta, amatissima dagli adolescenti dell’epoca.
Beverly Hills 90210 fu la prima serie a raccontare la vita degli adolescenti senza peli sulla lingua, cercando di sensibilizzare su temi scottanti come la sessualità, la droga, l’alcolismo, l’AIDS e il razzismo. C’è chi pensa che il teen drama fosse razzista, perché i protagonisti erano tutti ragazzi bianchi ma, durante il corso della serie, non sono mancati personaggi e storie che hanno fatto riflettere.
Esempi sono due episodi della serie. Durante il sesto episodio della terza stagione, Castelli di sabbia (Castles In The Sand), Brandon (Jason Priestley) è particolarmente infastidito dai ripetuti commenti razzisti della sua ragazza, Brooke.
Il tema è stato trattato anche nel nono episodio della seconda stagione, Affari di colore (Ashes to Ashes), quando Brandon fa amicizia con i nuovi vicini di casa, una famiglia di colore, con la quale nascono dei problemi.
Certo che non è giusto, ma è il mondo in cui viviamo oggi.
Lo stesso Brandon tenta, infatti, di intervistare una vittima di razzismo e aggressività da parte della polizia.
Carnival Row
Prodotta dal 2019 e alla sua prima stagione, #Carnival Row vede tra i protagonisti Orlando Bloom e Cara Delevingne. La serie racconta la storia di creature fantastiche scappate dalla propria patria distrutta dalla guerra, per giungere tra gli umani.
Tra tensioni e l’aumento della popolazione immigrata, queste creature fantastiche finiscono per essere sfruttate, prostituirsi e non essere accettate dall’élite che li usa per i propri tornaconti. Il dibattito politico si accende e la popolazione si chiede se sia giusto integrare o meno i cosiddetti Critch. Il tema del razzismo, dell’immigrazione e dell'integrazione è evidente in tutti gli episodi.
Dear White People
Conoscete #Dear White People? Prodotta dal 2017 e alla sua terza stagione, la serie racconta di un gruppo di studenti afroamericani, iscritti a un’importante università frequentata prevalentemente da bianchi. Seppur con un po’ di umorismo, la serie affronta temi e problematiche a sfondo razziale.
La storia si concentra sulla vita di Samantha White (Logan Browning), conduttrice di una trasmissione radiofonica universitaria chiamata “Dear White People” durante la quale parla dei comportamenti degli studenti bianchi.
La serie vuole ricordare come il razzismo sia ancora presente al giorno d’oggi.
Grey’s Anatomy
In onda dal 2005 e alla sua sedicesima stagione, #Grey’s Anatomy è uno dei medical drama più amati di sempre, incentrato sulla vita della dottoressa Meredith Grey (Ellen Pompeo), che lavora nell’immaginario Seattle Grace Hospital di Seattle.
Ideata da Shonda Rhimes, nell’arco delle sue tante stagioni, la serie ha affrontato molte volte il tema della discriminazione sia con storie riguardanti i pazienti dell’ospedale che con i suoi protagonisti. Un esempio è l’episodio della quarta stagione, diviso in due parti, Scontro interiore (Crash Into Me), in cui la dottoressa Bailey (Chandra Wilson) salva un paziente che ha una svastica tatuata sull’addome.
La dottoressa Bailey ha salvato la tua vita oggi. Una donna nera ha salvato la tua vita, con un alto costo personale.
Queste le parole del dottor O’Malley (T. R. Knight) al paziente.
I Jefferson
Indimenticabili #I Jefferson (The Jeffersons), sitcom prodotta dal 1975 al 1985 per 11 stagioni, nonché spin-off di #Arcibaldo (All in the Family). Diversi sono gli episodi della serie che contengono riferimenti a problematiche importanti come il razzismo, l’analfabetismo, il suicidio, la povertà e l’alcolismo.
La serie inizia quando George (Sherman Hemsley) si trasferisce con la moglie Louise (Isabel Sanford), dal Queens a un bellissimo appartamento nell’Upper East Side di Manhattan. Proprietari di una catena di lavanderie, hanno un figlio che va al college e una cameriera, Florence (Marla Gibbs). I vicini di casa sono una coppia mista – cosa non comune all’epoca - Tom (Franklin Cover) ed Helen Willis (Roxie Roker).
I Jefferson – come I Robinson – rappresentano il sogno dell’integrazione sociale. Tra i tanti episodi in cui si accenna al razzismo, c’è il ventitreesimo della seconda stagione, Tennis, Anyone?, quando George rinuncia a iscriversi a un circolo di tennis, dopo essersi accorto di essere stato invitato solo per permettere al presidente del club – un bianco – di migliorare la propria reputazione, mentre la maggior parte degli altri neri sono addetti alle pulizie.
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Nel ventitreesimo episodio della sesta stagione, invece, The First Store, la coppia sfoglia delle vecchie foto, ricordando quando George aprì il suo primo negozio nel 1968, apertura che coincise con l’assassinio di Martin Luther King. L’episodio venne girato proprio in ricordo di quest’ultimo.
I Robinson
Trasmessa dal 1984 al 1992 per 8 stagioni e creata da Bill Cosby, #I Robinson (The Cosby Show) è una serie rimasta nella storia della televisione. Sin dalla prima puntata, questa sitcom ha raccontato la vita di una famiglia afroamericana benestante a New York, composta dal ginecologo Cliff Robinson (Bill Cosby), dall’avvocato Claire (Phylicia Rashād) e dai figli Sandra (Sabrina Le Beauf), Denise (Lisa Bonet), Theo (Malcolm-Jamal Warner), Vanessa (Tempestt Bledsoe) e Rudy (Keshia Knight Pulliam).
I Robinson – il cui cognome è Huxtable, nella serie originale – vivono in un appartamento dell’East Village, a New York. Alcuni hanno criticato il modo in cui questi personaggi sono rappresentati: all’epoca, gli standard di vita dei Robinson erano lontani da quelli della maggioranza degli afroamericani degli USA, ma ciò che la serie voleva raccontare erano proprio la normalità e l’uguaglianza.
Le tematiche della serie sono spesso sociali e il tema della discriminazione razziale è stato affrontato più volte.
Emblematica è la scena del quattordicesimo episodio della seconda stagione, Il pullover (Vanessa’s Bad Grade), quando tutta la famiglia si riunisce sul divano per guardare insieme il discorso di Martin Luther King: I Have a Dream.
Le Regole del Delitto Perfetto
Chi non ha amato #Le Regole del Delitto Perfetto (How to Get Away with Murder)? Prodotta da Shonda Rhimes come Scandal, come questo thriller giudiziario – andato in onda dal 2014 al 2020, per 6 stagioni – ha come protagonista principale la bravissima Viola Davis, che veste i panni dell’avvocato e docente Annalise Keating.
Acclamata sia dal pubblico che dalla critica, è stata particolarmente apprezzata per la magistrale interpretazione di Viola Davis. Non manca in questa serie – così come altri temi importanti – l’argomento razzismo.
Nel sesto e nel settimo episodio della quinta stagione, Possiamo trovarlo (We Can Find Him) e Mi ha imbrogliato (I Got Played), Annalise si batte perché venga concessa la grazia a Nate Lahey Sr. L’uomo, però, viene ucciso: la versione ufficiale è che, durante il trasferimento dal carcere a un istituto psichiatrico, sia stato freddato con un colpo di pistola perché aveva tentato di aggredire i poliziotti. Il medico legale archivia immediatamente il caso come legittima difesa da parte dei due poliziotti e, purtroppo, inizialmente nessuno viene incriminato per omicidio.
Quello che le guardie sperano di farvi credere è la più antica leggenda razzista del nostro Paese. I ragazzi di Scottsboro, i cinque di Central Park... tutte quelle false accuse sono nate dalla stessa menzogna: che gli uomini di colore aggrediscono le donne bianche. È uno stereotipo talmente radicato alla vita di questo Paese che le guardie sanno che ignorerete le loro discrepanze, che le telecamere di sorveglianza erano rotte o che un uomo anziano potrebbe sopraffare fisicamente due guardie di trent'anni, quando c'è una sola storia vera qui: che quelle due persone sedute lì hanno voluto punire il mio cliente per aver rivelato le torture e gli abusi che avvengono nelle nostre carceri. Quindi, lo hanno macellato, hanno sparato a un uomo indifeso alla testa ed eccoci qui... l'ennesimo cadavere di un uomo di colore esposto in aula e io a implorare giustizia, a implorare di vederlo come un essere umano.
Una delle scene più potenti: il discorso di Annalise alla sbarra, quando quest'ultima ricorda i casi di Scottsboro e di Central Park, due clamorosi errori giudiziari, che videro degli innocenti condannati soltanto perché afroamericani.
Lovecraft Country
In arrivo, negli USA, #Lovecraft Country: nuova serie horror HBO prodotta da J.J. Abrams e Jordan Peele, racconta una storia di razzismo ambientata nell’America degli anni Cinquanta.
Ispirata all’omonimo romanzo di Matt Ruff del 2016, la serie narra di Atticus Freeman (Jonathan Majors), un ragazzo alla ricerca del padre scomparso. A quei tempi, in molti Stati del Sud, erano ancora in vigore le leggi di Jim Crow - emanate tra il 1876 e il 1964 – che crearono la segregazione razziale nei luoghi pubblici.
Lucifer
Trasposizione dell’omonimo fumetto di Mike Carey, prodotto dal 2016 e alla quinta stagione, #Lucifer racconta la storia del signore degli inferi – interpretato da Tom Ellis – che, annoiato della sua vita, decide di trasferirsi a Los Angeles, dove apre un night club di nome Lux. Successivamente, conosce la detective Chloe Decker (Lauren German) e l’angelo Amenadiel (D. B. Woodside), suo fratello, tenta invano di farlo tornare all’inferno.
È durante l’ottavo episodio della quarta stagione, Pessimo fidanzato (Super Bad Boyfriend), che la serie affronta il tema del razzismo e lo fa proprio con Amenadiel. Durante questa puntata, Amenadiel – che vuole scoprire se sarà un buon padre – inizia a occuparsi di un ragazzo nero coinvolto in un giro di droga dal quale vorrebbe uscire, Caleb (Denny Love).
Il ragazzo è stato arrestato da due poliziotti per un crimine che non ha commesso: mentre uno di loro costringe aggressivamente Caleb a terra, l'altro punta la pistola contro Amenadiel, che non ha fatto nulla e chiede semplicemente che vengano chiamati i suoi amici dell’LAPD per risolvere tutto.
Da questa esperienza – che non finisce nel migliore dei modi - Amenadiel comprende cosa significhi esseri neri in America. Intervistato da Entertainment Weekly, nel maggio del 2019, Woodside ha dichiarato:
Poiché sono l'unico attore del cast afroamericano, sento sempre una grande responsabilità addosso quando si tratta di trame che riguardano le relazioni razziali nel nostro Paese.
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Sfortunatamente, anche Woodside ha vissuto un’esperienza simile quando gli è stato chiesto dalla polizia di fermarsi, perché i poliziotti pensavano che stesse guidando un’automobile troppo bella per lui.
Mad Men
Ideata da Matthew Weiner e andata in onda dal 2007 al 2015 per 7 stagioni, #Mad Men ci ha trasportati nel mondo pubblicitario della New York degli anni Sessanta, così da riuscire a raccontare i cambiamenti della società americana di quegli anni.
Sin dal primo episodio, la serie ci ha fatto domandare se ci siano stati, effettivamente, dei cambiamenti dagli anni Sessanta ad oggi. Una perfetta ricostruzione di una New York anni Sessanta: dall’ambientazione ai personaggi, passando per le famiglie, il lavoro e la storia, perché Mad Men racconta gli avvenimenti più importanti di quegli anni, facendoceli vivere attraverso gli occhi dei personaggi e del protagonista indiscusso, Don Draper (Jon Hamm).
Impossibile che in una serie come Mad Man non venisse, in qualche modo, messo in evidenza il razzismo di quegli anni. Durante il secondo episodio della seconda stagione, Disastro aereo (Flight 1), a una festa organizzata da Paul Kinsey (Michael Gladis), quest’ultimo presenta ai propri amici e colleghi la sua nuova fidanzata Sheila, una ragazza di colore, attirando a sé le loro critiche.
La segretaria di Don Draper, Dawn Chambers (Teyonah Parris), è la prima impiegata nera della Sterling Cooper Draper Pryce. Quest’ultima è stata assunta per un "equivoco" durante il primo episodio della quinta stagione, Un piccolo bacio (A Little Kiss): nel 1966, un gruppo di afroamericani, in protesta per i propri diritti civili, vengono colpiti da gavettoni lanciati da alcuni copywriter dell’agenzia pubblicitaria Young & Rubicam, provocando l’ovvio sdegno dei dimostranti. Roger Sterling (John Slattery) e Don - che lavorano nell'agenzia pubblicitaria rivale - suggeriscono, per scherzo, di approfittarne e di pubblicare una finta offerta di lavoro, aperta anche a persone di colore, per dimostrare che nella loro agenzia le cose sono diverse.
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Il giorno seguente, inaspettatamente, si presentano in ufficio tante persone. Per evitare pubblicità negativa, decidono così di assumere l'ignara Dawn.
Orange Is The New Black
Ispirata alle memorie di Piper Kerman e prodotta dal 2013 al 2019 per 7 stagioni, #Orange Is The New Black racconta la storia di Piper Chapman (Taylor Schilling), che viene condannata a quindici mesi di prigione presso il Litchfield, carcere femminile federale: la condanna riguarda un fatto avvenuto dieci anni prima, quando aveva trasportato una valigia piena di soldi per conto di una trafficante di droga della quale era amante.
Durante la serie, viene raccontata la storia anche delle altre detenute donne, ricorrendo ai flashback. Tra i temi affrontati, c’è quello del razzismo: la quarta stagione è dedicata a questo tema, che trova il suo apice nelle rivolte all’interno del penitenziario e nella morte della detenuta Poussey Washington (Samira Wiley), soffocata fino alla morte dal peso di un poliziotto. Quando l’orrore della finzione si scontra con l’orrore della realtà…
Otto Sotto Un Tetto
Ricordate #Otto Sotto Un Tetto (Family Matters)? Andata in onda dal 1989 al 1998 per 9 stagioni, la serie affronta temi soprattutto di tipo familiare, mettendo in risalto anche questioni sociali come, appunto, il razzismo.
Durante la ventesima puntata della seconda stagione, Una rivolta razziale (Fight the Good Fight), si parla molto di razzismo, quando Laura (Kellie Shanygne Williams) si scontra a scuola con questa realtà. Nonna Winslow (Rosetta LeNoire) cerca di incoraggiare la nipote a continuare a lottare per ciò in cui crede, rivelandole la sua esperienza con il razzismo vissuta quando era giovane ed era stata cacciata da una libreria.
Il bibliotecario, un uomo bianco che conoscevo da una vita, mi spinse per strada e mi disse di non tornare mai più.
Uno dei tanti episodi che trattano l'argomento.
Outlander
Creata da Ronald D. Moore e trasposizione televisiva dell’omonima serie di romanzi di Diana Gabaldon, #Outlander va in onda dal 2014 ed è alla sua quinta stagione. Ad essere raccontata è la bellissima storia della viaggiatrice nel tempo Claire Beauchamp Randall (Caitriona Balfe), che incontra l’amore della sua vita nel passato: Jamie Fraser (Sam Heughan).
Durante la serie, vengono affrontate numerose tematiche importanti, oltre ad essere raccontati pezzi di storia. Uno dei momenti in cui si parla di razzismo è quando, nel secondo episodio della terza stagione, Lallybroch (Surrender), Claire – che si trova nel 1949 – da poco mamma, decide di iscriversi al primo anno di medicina all’università.
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Sin da subito, Claire percepisce nei suoi confronti dell’ostilità, in quanto unica donna del corso; presto, però, fa la conoscenza di un uomo di colore, definito come “il negro” dal professore. Claire e l’uomo diventano subito amici, essendo entrambi vittime del pregiudizio insensato dell’epoca.
Scandal
Thriller politico creato da Shonda Rhimes e andato in onda dal 2012 al 2018 per 7 stagioni, #Scandal racconta la storia della determinata Olivia Pope (Kerry Washington), il cui lavoro è quello di proteggere l’immagine pubblica e i segreti di politici e altre persone di spicco. Ex direttrice delle comunicazioni della Casa Bianca per il presidente Fitz Grant (Tony Goldwyn), Olivia decide di licenziarsi e di creare la Olivia Pope e Associati.
Temi delicati come quello del razzismo non sono nuovi nel mondo di Shonda Rhimes, soprattutto in Scandal dove la storia ruota attorno al potere e alla forza di una donna afroamericana. Simbolo è il quattordicesimo episodio della quarta stagione, La sedia (The Lawn Chair), in cui si racconta l’omicidio di un ragazzino nero, ingiustamente ucciso dalla polizia.
Il padre della vittima resta seduto accanto al cadavere del figlio, per strada, chiedendo giustizia. Un episodio che fa riflettere sui casi di cronaca simili che continuano, purtroppo, a verificarsi.
Scrubs
Ideata da Bill Lawrence e andata in onda dal 2001 al 2010 per 9 stagioni, #Scrubs ci ha tenuto compagnia raccontandoci la vita privata e lavorativa dei suoi protagonisti alle prese con la professione medica, in modo esilarante.
Tra gli episodi storici della serie, c’è l’ottavo episodio della prima stagione, I miei quindici minuti (My Fifteen Minutes), in cui J.D. (Zach Braff) e Turk (Donald Faison) riescono a salvare la vita a un operatore televisivo davanti alle telecamere, ottenendo una discreta notorietà. In questa puntata, il Dottor Kelso (Ken Jenkins), direttore dell’ospedale, decide di sfruttare l’immagine di Turk – dottore afroamericano – così da promuovere l’ospedale e puntare su una reputazione di solidarietà razziale.
Turk, però, si sente offeso dall’idea e minaccia il direttore di denuncia.
Watchmen
Miniserie di nove episodi del 2019, creata da Damon Lindelof e ispirata all’omonima serie a fumetti DC Comics, #Watchmen è ambientata circa trent’anni dopo le vicende raccontate nel fumetto.
La serie inizia con i disordini razziali di Tulsa, in Oklahoma, nel 1921, quando avviene una strage della popolazione nera del luogo. Nella Tulsa del 2019, le cose sono un po’ diverse dalla nostra realtà: non c’è tecnologia – quindi, niente Internet e niente smartphone – e i supereroi sono dei fuorilegge; la polizia opera a volto coperto per proteggere la propria incolumità, per cui nessuno sa chi ci sia dietro le maschere.
La serie affronta questioni razziali, riportando alla luce il massacro di Tulsa del 1921 poco conosciuto, quando un gruppo di bianchi americani attaccò residenti afroamericani: uno dei più gravi crimini a sfondo razzista della storia degli Stati Uniti d’America.
When They See Us
Miniserie di quattro puntate del 2019, creata e diretta da Ava DuVernay per Netflix, #When They See Us documenta il caso dei cinque di Central Park: quello di una jogger, Trisha Meili, che venne aggredita e stuprata nel 1989 nel noto parco di New York e per cui vennero arrestati degli innocenti.
Dopo l’accaduto, vennero arrestati e condannati per il reato cinque ragazzi, quattro neri e un ispanico. Kevin Richardson, Antron McCray, Yusef Salaam, Korey Wise e Raymond Santana vennero scagionati, nel 2002, solo grazie alla confessione e alle prove del DNA del vero criminale: Matias Reyes.
Un eclatante errore giudiziario e un episodio di razzismo, che ha costretto questi ragazzi a vivere in carcere per molti anni, dopo essere stati forzati a dichiarare il falso dalla polizia perché mancavano le prove.
Willy, Il Principe di Bel-Air
Infine, last but not least, #Willy, Il Principe di Bel-Air (The Fresh Prince of Bel-Air). Andata in onda dal 1990 al 1996 per 6 stagioni, questa sitcom ha lanciato la carriera di Will Smith e ha raccontato la vita di un semplice ragazzo di Filadelfia, che va a vivere con i suoi ricchi parenti in una bella villa di Bel-Air.
Nell’arco delle sue stagioni, la serie ha affrontato molti temi scottanti: sessismo, abuso di alcol e droga, armi, pregiudizio e razzismo, esponendo più volte la famiglia Banks a episodi di intolleranza razziale e insegnandoci sempre qualche lezione. Zio Phil (James Avery), zia Vivian (Janet Hubert-Whitten e Daphne Maxwell Reid) e i loro figli Hilary (Karyn Parsons), Carlton (Alfonso Ribeiro) e Ashley (Tatyana Ali) sono una famiglia benestante, in un’epoca in cui i personaggi di colore venivano rappresentati ancora troppo spesso come poveri, criminali o nei ghetti: lo show, da questo punto di vista, si distacca da certe immagini stereotipate.
Il sesto episodio della prima stagione, Rei confessi (Mistaken Identity), vede Carlton e Willy arrestati dalla polizia, perché scambiati per ladri mentre guidavano la bella automobile del collega di zio Phil. Spaventati, i due ragazzi provano a convincere gli agenti che si sbagliano, ma vengono liberati soltanto all’arrivo dello zio Phil e del collega.
Nel nono episodio della seconda stagione, L’incidente (Cased Up), Willy compra un’automobile dal suo migliore amico Jazz (DJ Jazzy Jeff), ma non la assicura perché non ha abbastanza soldi. Sfortunatamente, ha un incidente con il fidanzato di Hilary, che cita in tribunale zio Philip ed è qui che, quando a Jazz viene chiesto di abbassare le mani e poggiarne una sulla Bibbia, il ragazzo si rifiuta per paura che il poliziotto possa sparargli.
I recenti episodi di cronaca rendono, purtroppo, ancora attuali gli episodi delle serie TV che trattano il tema del razzismo.
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