Fin dall'amata saga di The Karate Kid, che ha fatto appassionare milioni di spettatori tra gli anni 80 e 90, era chiara una fondamentale filosofia tramandata dal maestro Miyagi ovvero che l'equilibrio è la chiave di tutto. Un concetto apparentemente semplice, ma che prima YouTube Red e poi Netflix hanno faticato a comprendere con la serie Cobra Kai giunta ormai alla sua conclusione. Una produzione nata con un'idea un po' audace, ma originale dei creatori Josh Heald, Jon Hurwitz e Hayden Schlossberg, che ha invertito la tendenza dei cosiddetti legacyquel (film o serie televisive che fungono sia da sequel che da omaggio a un'opera del passato) proponendo un'opera inaspettatamente lunga con del dramma, ironia, intrighi, colpi di scena non sempre realizzati con lo stesso climax e la giusta cura nei dettagli.
Nel corso della serie, infatti, Cobra Kai è andato ben oltre il ruolo principale di essere una riproposizione del grande classico cinematografico, abbracciando senza ironia o vergogna la sua componente kitsch incentrata sul karate. Per questa ragione, Netflix ha deciso di suddividere l'ultima stagione in tre blocchi da cinque episodi (vi lasciamo alle nostre recensioni\ della Parte 1 e della Parte 2) ciascuno con tre stili diversi, un climax crescente e con le ultime cinque puntate che sono puro Cobra Kai con tutti i suoi melodrammi, la grande azione e un affetto genuino nei confronti dei vari dojo, soprattutto quelli storici.
Tanta energia e una storia che chiude tutte le trame
La terza parte, tuttavia, affronta una sfida enorme: seguire l'intensità dell'azione iniziata con la Parte 2. Qui, infatti, il culmine arriva quando le varie squadre che si trovano in una mischia incredibile capace di far tremare le mura al torneo internazionale Sekai Taikai a Barcellona e conclusasi tragicamente con la morte accidentale del pupillo dei Cobra Kai, Kwon. Torneo ovviamente annullato e tutti, umiliati e rassegnati, tornano a svolgere le proprie vite rimuginando sugli errori commessi.
Daniel LaRusso (Ralph Macchio) si allontana dal karate, Johnny Lawrence (William Zabka) si sente ancor più perso mentre si prepara alla nuova paternità, e i quasi dodici ragazzi principali della serie devono affrontare le proprie incertezze su come sarà la loro vita dopo il karate tra presente e futuro. Improvvisamente un’ultima offerta dal villain Terry Silver (Thomas Ian Griffith) porta a una cauta alleanza e a una potenziale possibilità di rivincita: usare quel che resta delle sue fortune per riavviare il Sekai Taikai, questa volta nella San Fernando Valley, e vedere quale dei tre dojo rimasti in gara (Miyagi-Do, Cobra Kai e gli Iron Dragons di Silver) emergerà vittorioso. È l'ultima occasione per i protagonisti di rivivere un momento di gloria e dare al finale della serie un addio trionfale.
Andando indietro nel tempo, verso gli inizi della serie, dove il focus era totalmente su Johnny come il perdente emarginato, è difficile credere che alla fine sarebbe stato lui a unire le forze con il suo nemico storico, e che quasi ogni personaggio dei film di The Karate Kid sarebbe tornato per mostrare ancora tutte le potenzialità insieme a una nuova generazione di giovani attori pronti a farsi notare. Nonostante ciò, Heald, Hurwitz e Schlossberg fanno di tutto per cercare di dare spazio anche ai nuovi personaggi, anche se molte storie vengono perse nel trambusto chiudendosi troppo rapidamente.
Tra errori perenni e amori sempreverdi
Questa sovrabbondanza, e la ripetitività che ne deriva, resta una delle debolezze più evidenti di Cobra Kai: ogni stagione sembra ruotare attorno a triangoli amorosi, nuovi tornei di karate, alleanze sempre mutevoli tra amici e nemici e, il più fastidioso, l'espansione della mitologia di The Karate Kid.
Quest'ultimo aspetto è forse il trucco più stancante della serie, soprattutto quando Daniel si trova a dover fare i conti con delle verità tragiche sul passato del defunto Miyagi. Già comparso nella Parte 2 e criticato anche da noi, qui è difficile perdonare una sequenza particolarmente forzata che fa uso di un deepfake IA per riportare in vita Pat Morita e tormentare il suo allievo nei suoi sogni.
Anche se tutta la serie non è altro che un sequel, c’è una sensazione di déjà vu, visto che vediamo la stessa dinamica ripetersi con personaggi vecchi e nuovi, mescolati in diverse varianti nel corso delle sei stagioni. Tuttavia, i fan più accaniti di Cobra Kai possono trovare una certa consolazione nelle lunghe e affettuose conclusioni che questa ultima parte della serie offre.
Tutti questi ragazzi sono stati descritti inizialmente come emarginati o nemici (o entrambi). È difficile non sentirsi un po’ orgogliosi di come siano cresciuti sia come personaggi che come attori. Che si tratti delle complesse vicende amorose di Miguel (Xolo Maridueña), Robby (Tanner Buchanan), Sam (Mary Mouser) e Tory (Peyton List), o della frattura tra i Fratelli Binari Demetri (Gianni DeCenzo) e Falco (Jacob Bertrand), è bello vedere che ognuno, anche chi è più secondario, sia riuscito a trovare una conclusione soddisfacente, anche se forse un po’ troppo ottimista.
Gli omaggi e il ritorno a Johnny
Nella sua conclusione, la serie decide di gettarsi ancor più a testa bassa nel suo omaggio agli anni 80, dalle canzoni come You're The Best simbolo fin dal Karate Kid del 1984, a un sottotema che ricorda Scuola di geni del 1985 in cui i Fratelli Binari esperti di informatica creano un allenatore virtuale per mettere alla prova Robby prima di un combattimento per giungere a una lotta finale su uno yatch con qualche riferimento a Miami Vice. E a proposito di combattimenti, questi sono ancora coreografati con sicurezza e grande qualità, anche se gli attori più anziani cominciano finalmente a mostrare i segni dell’età, soprattutto nei momenti in cui Silver e Kreese (Martin Kove) si scontrano.
Fortunatamente, Cobra Kai dedica la sua ultima ora al personaggio che ha dato il via a questo viaggio redentivo: Johnny Lawrence. Zabka è sempre stato il cuore pulsante della serie, con una sorta di mascolinità disillusa che ha dato vita alle battute più divertenti e ai momenti più catartici. Tutto è iniziato per colpa della sua sconfitta nel primo Karate Kid, che lo ha portato a un circolo vizioso di stasi auto-sabotante. Tra tutte le scene melodrammatiche, è un sollievo vedere che gli autori non hanno dimenticato che Cobra Kai è soprattutto il viaggio di Johnny. Il climax della serie offre anche un momento commovente tra Johnny e Kreese che farà sicuramente piacere a tutti i fan della saga cinematografica.
Conclusioni
Cobra Kai di Netflix si è sempre concentrata sul contrasto tra le discipline del Miyagi-Do e quelle del Cobra Kai: difesa contro attacco, misericordia contro crudeltà, sensibilità contro aggressività. È proprio questo equilibrio che la serie ha cercato di raggiungere fin dall'inizio, e che spesso ha faticato a mantenere. Ma è anche una serie che parla del recupero dalla sconfitta, di come non bisogna lasciare che gli errori definiscano l'essere di ognuno.
Grazie a una seconda possibilità e un colpo ben piazzato al momento giusto e la vita può prendere una piega totalmente differente. Nonostante la serie abbia preso una piega più sincera rispetto alle sue origini ciniche, Cobra Kai termina nel modo kitsch così come è iniziata, ma anche nel modo più funzionale possibile in attesa del film Karate Kid: Legends in arrivo in Italia il 29 maggio 2025.
Commento
Voto di Cpop
80Pro
- La perfetta conclusione di ogni trama e sottotrama
- Finalmente Johnny Lawrence trova la sua pace dopo oltre 40 anni
- Cobra Kai alla massima potenza...
Contro
- ...ma sono presenti tutti i difetti delle precedenti stagioni
- Il deepfake IA per riportare in vita Pat Morita è indifendibile
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