Dove nasce l'orrore, recensione: il viaggio di Junji Ito nelle viscere dell'horror

Autore: Federica Polino ,

Così si apre Dove Nasce l’Orrore, saggio autobiografico dedicato a tutti gli appassionati del maestro Junji Ito e gli amanti del manga horror, edito J-POP Manga e disponibile in libreria e fumetteria a partire dal 27 febbraio.

Il viaggio nella mente di un uomo che nel tentativo di comprendere il vero volto della paura è rimasto ammaliato dal terrore e si è visto rapire l’anima dal mistero.

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L’opera si aggiunge ai già annunciati Junji Ito Studies – Dai Profondi Abissi Dell’Orrore e Twisted Visions: L’Arte di Junji Ito, altri tributi al grande maestro.

L’autore, vincitore di 3 Eisner Award e insignito del premio d’onore al Festival di Angouleme, in cinque capitoli sviscera, senza peli sulla lingua, il suo archivio personale, svelando i momenti di indecisione, le ispirazioni che hanno mosso il suo lavoro, le tecniche di disegno che ha adottato negli anni, il tutto condito da sketch, illustrazioni e, talvolta, battute sardoniche che fanno sorridere il lettore, in uno stile intimo e quasi "paterno".

Prodotto Consigliato

Dove nasce l'orrore, Junji Ito

Saggio autobiografico di Junji Ito, 300 pagine, volume unico, J-POP Manga

Un viaggio nelle viscere dell’horror

Fantasmi, mostruose creature, abissi profondi e donne tanto belle quanto malvagie: l’emozionante e terrificante universo del maestro Junji Ito racchiuso in 300 pagine.

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Il dio del terrore sembra aver spaccato il proprio cranio per servire ai lettori la sua geniale mente su di un piatto d'argento: attraverso una serie di aneddoti e retroscena, andiamo ad approfondire l’immaginario di un autore che in 20 anni di carriera è stato in grado di dar luce ai nostri incubi più sinistri, segnando il variopinto mondo del manga.

Nel primo capitolo del saggio, intitolato Non importa cosa pensano gli altri, il maestro Ito mira ad illustrare a lettori e appassionati dell’horror come sia giunto a disegnare proprio quella tipologia di manga, partendo proprio dagli albori: il suo primo incontro con l’oscurità, avvenuto a quattro anni, nella casa dei genitori immersa nella meravigliosa Prefettura di Gisu. 

Ai tempi, il bagno di casa di Ito era collegato a un pozzo nero, e per raggiungerlo era necessario attraversare un lungo corridoio sotterraneo, umido e buio. Un’atmosfera perfetta affinché spuntasse fuori un fantasma. Altro luogo misterioso era il ripostiglio al piano superiore, una stanza da non aprire assolutamente, colma di scatoloni e polvere, in cui aleggiava una strana aura di mistero e tensione.

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Quando sgattaiolavo in quella stanza silenziosa, nonostante fossi in casa mia, ero colto dalla strana sensazione di ritrovarmi isolato in un’altra dimensione.

La mente e il suo incredibile potere.

Dove nasce l'orrore J-POP
Dove nasce l'orrore
casa di Ito

Altri elementi che hanno inevitabilmente forgiato la sua indole da mangaka horror sono stati Akuma-Kun, un telefilm la cui trama si sviluppava attorno alle vicende del demone Mefisto e del Dottor Faust, e Kappa no Sanpei: yokai daisuken: entrambi complici di aver spinto il giovanissimo Ito a scrivere la sua prima storia dell’orrore, intitolata Te No Me (Gli occhi nelle mani), a soli 5 anni.

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Tuttavia, la svolta che ha realmente influenzato il giovanissimo autore è stato l’incontro con Mira Sensei (L’insegnante mummia), opera di quel che Ito definisce come il dio dei manga horror, Kazuo Umezu.

Affascinato e terrorizzato dalle potenti immagini di Umezu, Ito si fionda su qualsiasi manga dell’autore, come un cane affamato da giorni intento a sbranare una povera gallina indifesa. La fame di horror del piccolo mangaka dimostrò, ai tempi, quanto quel mondo macabro fosse per lui speciale, malgrado lo terrorizzasse com’era normale per un bimbo di 6 anni appena.

Altro incontro fatale quello con l’inquietante arte di Shinichi Koga, la cui tendenza ad affidare il ruolo di protagonista a bellissime donne è stata frutto della nascita della futura Tomie: mentre Umezu scriveva storie lineari e realistiche, l’approccio di Koga è sempre stato più misterioso e fantastico, malgrado fossero entrambi capaci di creare un collegamento con la parte inconscia della mente del lettore.

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L’inizio delle scuole elementari è stato di certo illuminante per l’autore, che ci tiene a veicolare l’attenzione del lettore sulla metamorfosi che stava attraversando. Punto di partenza di tale trasformazione è stata la rivelazione, intorno agli anni 50, delle apparizioni di dischi volanti, in particolare gli UFO di Adamski: di conseguenza il giovanissimo Ito inizia a credere, come tutti i ragazzini della sua età, all’idea che potesse esserci qualche altra ignota realtà celata dietro il velo delle apparenze.

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Mazo no mura, prima manga di Ito

Cos’è la crudeltà?

Giunto in sesta elementare, l’autore entra in contatto con Bug Boy di Hideshi Hino, racconto ispirato alla Metamorfosi di Kafka capace di “spaventare, ma al contempo affascinare” i lettori. L’arte di Hino riesce a stupire, inquietare e colpire i profondi istinti del genere umano, attraverso la realizzazione di disegni spaventosi.

L’incontro col maestro Hino ha rappresentato per Ito l'ingresso in una nuova fase della sua vita, aiutandolo a comprendere come trasporre su carta il concetto stesso di crudeltà e spingendolo a realizzare Mazo No Mura (Il villaggio dell’orrore crescente), il suo primo racconto lungo.

Mazo no Mura si configura come un racconto scritto in un arco temporale di circa 3 anni, che muta e si arricchisce di elementi fantascientifici nel corso della stesura: un vizio, quello di Ito, che non correggerà mai, tant’è che l’impianto sci-fi non abbandonerà mai le opere dell’autore.

I racconti short short e i romanzi di fantascienza di Tsutsui influenzano fortemente anche l’Ito contemporaneo, tant’è che dichiara

Se spesso definisco bizzarre le mie storie horror, forse lo si deve proprio ad una particolare atmosfera scaturita dai ricordi, che finiscono per riemergere in modo quasi inconscio, legati alle tantissime opere lette con passione in quegli anni.

Ultimo, ma impattante, evento è stata la sua degenza in ospedale, a causa di una appendicite: steso sul lettino, tra dolori e atroci sofferenze, Ito non ha potuto far a meno di notare il fascino del corpo umano

Nel corso dell’autobiografia, Ito fornisce una marea di dettagli sulla sua vita privata che, all’apparenza, potrebbero sembrare superflui. Sopracitate storie di ospedali, amicizie, morti inattese, giochi nel cimitero, elementi che, in realtà, hanno fortemente condizionato la sua personalità.

Anni dopo, spinto un po’ dalla necessità, un po’ dal fascino che il corpo umano destava, diventa odontotecnico, una professione che gli permetterà di far coincidere la sua vena artistica con lo charm del nostro organismo. 

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Ito giace sul lettino d'ospedale

L’iniziazione

Malgrado ciò, Ito non ha mai ammesso a sé stesso, sino all’età adulta, di voler diventare un mangaka di professione, anzi. Sarà l’incontro con i suoi compagni delle medie, H e I, ad iniziarlo al mondo dei disegnatori di manga.

Ito ammette di non aver mai tenuto in mano un pennino o della china sino alle scuole medie: disegnava i suoi manga rudimentali completamente a matita. Tuttavia, l’incontro con H e I, già cultori dell’arte che si nasconde dietro al mondo del fumetto e del manga, rimescola le carte in tavola.

Passando dall’illustrare personaggi deformi, quasi mostruosi, al genere gekiga, la prima vera rivoluzione nel mondo dei mangaka fu quella del dio dei manga, Katsuhiro Otomo. I personaggi di Otomo sono intrisi di realismo, rappresentano dei veri giapponesi, con i loro occhi a mandorla e capelli scuri, e i suoi disegni sono stati fortemente influenzati dalle bande dessineè dell’artista Moebius. 

Dalla Otomo new wave in poi, Junji Ito ha iniziato a formulare il pensiero di voler diventare un mangaka, ma non per vocazione, bensì perché non era del tutto sicuro del suo futuro.

Tuttavia, prima di lasciarsi fagocitare da questo mondo e convincersi al 100%, debutta come odontotecnico di un piccolo studio dentistico: ed è proprio di ritorno dal lavoro, dopo aver ponderato circa la brevità dell'esistenza, ammettendo che avrebbe voluto concedersi la libertà di dedicare i prossimi anni a far ciò che realmente desiderava, che l’autore esordisce con

Avrei disegnato manga.

Il debutto: Tomie

Giungiamo finalmente al debutto dell’autore: nel 1986 fa il suo ingresso nella storia delle riviste manga Gekkan Halloween, progetto ambizioso e diverso dal solito. Una rivista dalle vivide ed inquietanti copertine, ricca di manga horror e che, un bel giorno, inserisce in chiusura un allettante annuncio

Cercasi partecipanti per la prima edizione del premio Umezu.

Ad un tratto, l’illuminazione: è giunto il momento per l’autore di dar vita alla sua prima vera opera. Tuttavia, come svilupparla? Di cosa trattare per non risultare banale?

La coda della lucertola, che se recisa cresce nuovamente. La morte di un amico, la cui essenza resta, ma il corpo non è più lì. La percezione del peso della morte. Questi gli ingredienti per dar vita al manga horror per eccellenza: Tomie.

Tomie è una ragazza molto bella (escamotage di cui abbiamo già accennato, che serve agli autori per esaltare l’orrore), sicura di sé, ma è pur sempre una norma studentessa, un essere umano reale in carne ed ossa che può morire: per far emergere il terrore da una situazione in cui un soggetto qualsiasi torna in vita, bisogna che la morte sia percepita come qualcosa di eterno, esattamente come lo percepisce un qualsiasi essere umano.

Ed ecco spiegato il concetto del “peso della morte”.

Tomie muore, ma ogniqualvolta torna in vita, apparendo in lontananza, sull’uscio della porta, al parco, sempre con la solita espressione: che sia stata uccisa da un amante impazzito, o da compagni invidiosi, Tomie ritorna, e basta questo a renderla una presenza inquietante.

A questo si aggiunge un altro espediente, ovvero mescolare la quotidianità nell’anomalia attraverso il black humor (l’effetto comico che nasce dalla discrepanza tra una situazione anormale e una conversazione ordinaria): Ito inserisce spesso nelle sue opere situazioni anomale di questo genere che spingono i lettori a trovare spassosi alcuni passaggi.

Dove nasce l'orrore J-POP
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Dettaglio su Tomie

Tuttavia, Tomie non è stato ispirato solo da manga e mangaka del passato, bensì è una delle tante opere di Ito a risentire di un altro imprescindibile elemento: il Cinema, di cui l’autore s’è servito per rendere su carta le tecniche di ripresa, pose, inquadrature, nonché stratagemmi di trama e, soprattutto, citazioni e riferimenti.

Il finale, in cui una studentessa resta sconvolta nel vedere sulla spiaggia un cuore dal quale si sta rigenerando la figura della protagonista, si ispira alla scena in chiusura de Il pianeta delle scimmie.

Malgrado il successo di Tomie, Ito non vince il premio, ma la sua opera riceve una menzione speciale: così, traboccante di gioia, accoglie senza indugio la proposta del redattore dell’Asahi Sonorama, il signor Harada, che incarnerà il ruolo di sua perseverante guida e maestro per più di 20 anni.

Dopo circa tre anni di doppia vita, divisa tra lavoro allo studio odontotecnico e manga, Ito decide che è giunto il momento di farla finita, nonostante i suoi cari cercassero di dissuaderlo

Mi ero finalmente convinto che si può vivere di soli manga.

Il potere del Cinema

Come la maggior parte di autori, registi, scrittori degli anni 60, anche Ito è stato influenzato dal Cinema: robottoni, mostri giganti, fantascienza, la realizzazione dei primissimi effetti speciali, un mondo nuovo, a metà tra immaginazione e autenticità.

Il tutto, unito alla passione di Ito per dischi volanti, kaiju e manga horror lo ha spinto, spesso, ad allontanarsi dalla realtà circostante, appellandosi al potere della fantasia, malgrado abbia capito sin da subito che per ammaliare le persone e far sì che queste si lascino trasportare in una storia, sia necessario perseguire fino in fondo il realismo.

Illuminante per Ito la strabiliante visione di ULTRA Q, ispirata al personaggio di Ultraman di Eiji Tsuburaja, re del tokusatsu (effetti speciali): nella serie TV in bianco e nero, Ultraman deve combattere contro feroci nemici, mostri giganteschi dalle fattezze animalesche che in Giappone prendono il nome di Kaiju.

Ultra Q, Indiana Jones e i predatori dell’arca perduta, The Blues Brothers, Blade Runner, Dracula il vampiro, Il pianeta delle scimmie, Alien, Lo Squalo, tutte pellicole che hanno istruito l'autore su come creare l’atmosfera necessaria ad un manga dell’orrore: in primo luogo, fare attenzione alla scenografia, il cui compito è quello di amplificare la tensione nello spettatore e far sì che il suo battito cardiaco aumenti.

 il terrore non è altro che un’inconscia reazione di difesa.

Il mondo del cinema ha permesso ad Ito di immergersi realmente e totalmente nelle storie, in quelle trame intessute di mondi fantastici, terrore, sfide tra robot e umani, ispirandolo ad utilizzare, nelle sue opere, una narrazione in grado di rafforzare il terrore nella mente dello spettatore senza dover mostrare quasi nulla.

Le regole dell’horror sono tutte nei film.

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Cartolina omaggio e Volume

Ispirazioni, personaggi e disegni: le tecniche del maestro

Il terzo capitolo è più tecnicistico, malgrado Ito riesca sempre a tenere viva l’attenzione del lettore: qui si focalizza sul suo metodo per scrivere manga horror, affrontando l’argomento in due fasi.

La prima consisterà nello svisceramento di alcune sue opere, al fine di fornire al lettore degli esempi pratici. In primis Ito ci espone delle considerazioni sui metodi utili per costruire una buona trama, partendo da una considerazione del maestro Umezu

Se un fenomeno sovrannaturale avviene in casa, è un horror. Se si verifica all’esterno, è fantascienza.

Tenendoci a sottolineare che l’anomalia degli horror debba essere percepita come straniante: se un fatto “strano” avviene in casa, mentre siamo soli, non possiamo condividere le nostre emozioni con nessuno. Questo genera terrore.

Dopodiché, il lettore si trova dinanzi ad una cornucopia di titoli accompagnati da dettagliate, sebbene brevi, sinossi delle opere, nonché sketch inediti, bozzetti dei personaggi: a partire da La Ladra di Facce, La Casa Dove Vive il Disertore (ispirato al Diario di Anna Frank), La Città Senza Strade (che sviluppa il tema della crisi della privacy), Palloncini Appesi, Lunghi Sogni (il cui tema portante è quello della vita eterna, alla cui origine si nascondono la paura della morte e del nulla), Gli Incatenati a Terra (il cui tema è quello del delitto e del castigo).

Tra tutte, quella che c’è rimasta maggiormente impressa è stata Uzumaki – Spirale: pubblicata su Shukan Big Comic Spirits, affronta tematiche adolescenziali come l’amicizia, il bullismo, ma anche lo stalking, il suicidio e la metamorfosi.

Kirie vive nella maledetta città di Kurozu-cho, patria di eventi sovrannaturali che riguardano strane spirali: la maledizione colpisce le persone facendogli sviluppare una vera e propria ossessione per le spirali. Starà a Kirie e il suo fidanzato, Shuichi Saito, salvare i cittadini da questa disgrazia.

Per quanto riguarda Army of Love, invece, Ito ci tiene a precisare che spesso il tema delle sue opere emerge solo in corso d’opera: così come gli accadeva da bambino, la conclusione della storia potrebbe apparire solo in conclusione dello storyboard.

Dopo aver trattato le sue opere, seguirà una seconda parte in cui Ito esporrà le sue considerazioni generali, condividendo con il lettore il suo modus operandi: partire dal climax, selezionando una serie di idee e parole chiave da collegare, per poi creare un’ossatura della storia e stabilire il carattere dei personaggi. 

L’obiettivo di Ito è strutturare la storia in modo tale da esaltare il più possibile l’idea di partenza, nel suo caso un’immagine. Dopodiché, condivide con noi il segreto per generare terrore:

L’ansia e il sospetto che nascono dal non capire cosa sta succedendo diventano la forza che spinge il lettore a proseguire, ed è quindi necessario innalzare il livello di tensione fino al momento del climax.

Trovare un’idea interessante, tuttavia, sembrerebbe un’impresa, ed Ito ne è consapevole. Persino il re dell’horror non ha una risposta a questa problematica, malgrado la sua tendenza ad agire per modalità fisse in quelli che egli definisce I processi mentali per trovare l’idea:

  • Distruggere ciò che si presuppone sia corretto;
  • Unire due elementi che non dovrebbero mai essere collegati;
  • Ispirarsi alle capacità degli animali o alle caratteristiche strutturali del mondo naturale.

Tutti elementi che si traducono in immagini d’impatto, infondendo intensità in una storia apparentemente assurda, ma che poggia le sue basi sul senso di disagio che scaturisce dall’incontro tra realtà e finzione, che provoca una visione distorta e, talvolta, invertita.

Tuttavia, quel che spaventa maggiormente l’autore è da ricercare nei meandri del nostro flebile cuore: la banale quanto invalidante paura nei confronti della nostra stessa persona, di non sapere come in realtà ci vedano gli altri oppure, la peggiore, di non comprendere il senso della nostra esistenza.

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Uzumaki

Nel corso del quarto capitolo, Ito ci fornisce ulteriori dettagli sul metodo che utilizza per dar vita ai suoi personaggi, ammettendo dinanzi al lettore di non tenerci particolarmente: l’obiettivo dell’autore è creare una visione del mondo, cercando di intrattenere il lettore con fenomeni bizzarri percepiti come “impossibili” secondo la nostra visione razionale della realtà.

L’aspetto spaventoso delle sue opere, quindi, è strettamente funzionale all’effetto scenico: ai fini pratici, inoltre, per ottenere l’effetto sperato, è addirittura preferibile non dotare i propri protagonisti di personalità o relazioni interpersonali. 

Più una figura è neutrale, più si rivela adatta a guidare il lettore in un mondo bizzarro.

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Brivido

Il quinto capitolo è dedicato alla nascita di immagini capaci di traumatizzare al primo sguardo, una sorta di vadecum alla creazione di elementi in grado di infondere paura nell’essere umano: questa, però, è fortemente influenzata dalla soggettività.

Nel racconto Brivido, ad esempio, viene sviluppato il tema della tripofobia, una condizione psicologica che punta a percepire come “spaventosa” la presenza di decine di piccoli buchi; mentre nel racconto Lo scarico che geme, Ito s’è ispirato alla storia vera di uno stalker che, pur di infiltrarsi in casa dell’oggetto del suo desiderio, arrivò a lussarsi una spalla: il mangaka illustra la deformazione delle gambe che escono a fatica dallo scarico del wc di una donna.

Il primo segreto di Ito sta nell'utilizzo di un tratto più leggero, rispetto ad uno più corposo, al fine di ricreare atmosfere più inquietanti, mentre per l’impaginazione (che può richiedere anche un mese) dichiara di sfruttare la divisione delle vignette per modulare il ritmo della narrazione.

Tuttavia, il vero segreto di Ito sta nella gestione del silenzio:

sfruttando una divisione dei riquadri che risulti forzata è possibile instillare nel lettore un senso di terrore e tensione.

In conclusione, l’autore condivide col lettore una piccola, ma indispensabile riflessione: a suo parere, malgrado spiriti, fantasmi, mostri ed esseri inquietanti siano terrificanti, in realtà la creatura più spaventosa resta sempre l’essere umano. Con i suoi istinti e le sue emozioni, come odio, desiderio di uccidere e disperazione, impulsi impossibili da razionalizzare che creano instabilità, la mente umana è certamente l’elemento più spaventoso.

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Lo scarico che geme

Un'esperienza sensoriale palpabile

Il viaggio nella mente del maestro Junji Ito parte proprio dalla cura maniacale con cui è stata realizzata l’edizione, a partire dal gioco che nasce tra la sovra-copertina in carta ruvida, fustellata, e la fascetta removibile: le due controparti danno vita ad una duplice illustrazione in cui appare il volto di due bellissime donne.

Tuttavia, spostando leggermente la fascetta, emerge la terrificante realtà dietro la menzogna.

Sebbene si tratti di un approfondimento di uno dei mangaka più controversi degli ultimi anni, il volume si configura anche come un pezzo da collezione a tutti gli effetti.

Sfogliandolo (il senso di lettura è stato adattato all’occidentale, per permettere di fruirne al meglio), i lettori si troveranno dinanzi ad una serie di tavole serigrafate, in argento su carta nera, mentre il contenuto del libro è stampato in blu scuro su carta color avorio di primissima qualità. 

Il pantone verde fluo in contrasto con il grigio e il viola, il feeling a mo’ di pelle squamata della copertina rigida, anch’essa illustrata, impreziosiscono ulteriormente il volume, che risulta imperdibile per gli appassionati del genere e del maestro Ito. 

Carta e inchiostro sono di prima categoria, e per questo dobbiamo ringraziare J-POP Manga che ha lavorato al volume cercando di renderlo quanto più vicino all’opera originale giapponese: nulla è stato lasciato al caso, ed è palpabile (in tutti i sensi) il lavoro di ricerca cartotecnica e grafica che c’è stato dietro.

Assieme al volume una cartolina illustrata ci mostra la mente di Ito mentre dà vita alle sue più grandi opere.

Immagine in evidenza dalla copertina di Dove Nasce l'Orrore, Junji Ito, via Amazon.it

Commento

cpop.it

90

L'autore in cinque capitoli sviscera, senza peli sulla lingua, il suo archivio personale, svelando i momenti di indecisione, le ispirazioni che hanno mosso il suo lavoro, le tecniche di disegno che ha adottato negli anni, il tutto condito da sketch, illustrazioni, bozzetti inediti e, talvolta, battute sardoniche che fanno sorridere il lettore, in uno stile intimo. Il volume si configura come un pezzo da collezione a tutti gli effetti: nulla è stato lasciato al caso, ed è palpabile (in tutti i sensi) il lavoro di ricerca cartotecnica e grafica che c’è stato dietro.

Pro

  • Immersivo: lo stile è scorrevole, facile da comprendere
  • Autobiografico: Ito si racconta, senza peli sulla lingua
  • Interessante: ricco di bozzetti, sketch, aneddoti
  • Illuminante: l'autore condivide i metodi di disegno e i trucchi del mestiere
  • Volume spettacolare, curato nel dettaglio, da collezione

Contro

  • A tratti un po' ripetitivo nei temi
  • -
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