La memoria dell'assassino, recensione: Michael Keaton sfalda il thriller pur restando classico

Autore: Nicholas Massa ,

Sono tantissimi i lungometraggi che parlano di killer, sicari e professionisti della morte. Nel corso degli anni, sia il grande schermo che la letteratura di genere ci hanno abituati, e praticamente desensibilizzati, nei confronti di queste figure che si muovono nell’ombra della nostra stessa società. Non sorprende, quindi, la scarsa attenzione del grande pubblico nei confronti dell’uscita de La memoria dell’assassino, seconda regia di Michael Keaton, nonché ennesimo racconto dalle tinte noir che vuole indagare nei meandri introspettivi e privati di un uomo che con la violenta scomparsa altrui ha a che fare quotidianamente.

Quando si pensa alla figura del killer di professione, la mente va invariabilmente nella direzione di tutti quegli stereotipi e modelli che ne hanno consolidato l’immaginario nel corso delle ere, sia grazie alle storie di spionaggio che a quelle più esplicite di altra natura. Così ci si riduce facilmente a pensare al classico tipo metodico, perfezionista, apatico e distaccato, distante dalle norme di una morale che tutti vivono e respirano quotidianamente, spazzata via da una freddezza forse rintracciabile in alcune esperienze precedenti e personali precluse al grande pubblico in sala. La mente prima del corpo, le ombre e i traumi ipotetici in funzione di veri e propri “mostri” specializzati in qualcosa con cui nessuno vorrebbe mai avere nulla a che fare.

La memoria dell’assassino in tutti i sensi

Come anticipato dal suo stesso titolo, La memoria dell’assassino parla di un assassino che ha problemi di memoria, nulla più e nulla meno. Al centro del racconto troviamo il personaggio di John Knox (Michael Keaton), per gli amici più stretti Aristotele, un killer di professione che vive la propria vita in solitudine, scandendone le ragioni temporali fra un lavoro e l’altro. È estremamente bravo nel suo lavoro, forse uno dei migliori sulla piazza in termini di esperienza e freddezza d’esecuzione. Quando incrociamo il suo cammino, però, è in un momento di crisi che trova conferme nella visita da un neurologo specializzato. John soffre di una malattia che dà le stesse problematiche dell’Alzheimer, solo che in modo più aggressivo e rapido, senza la possibilità di alcuna cura.

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Nel mentre il nostro deve scendere a patti con se stesso e con la certezza che perderà gradualmente il contatto con la realtà, La memoria dell’assassino sceglie di complicarne un’eventuale “uscita” dall’ombra e fuga con due eventi totalmente imprevisti: un lavoro mandato all'aria, e il ritorno di quel figlio con cui non parla da anni, ora implicato in un omicidio nel quale vorrebbe far perdere le proprie tracce. Ecco che la pellicola diretta da Keaton tramuta le sue ragioni più profonde in relazione a una storia che parla di ombre, sangue e violenza fredda, ma anche di traumi, disperazione e soprattutto legami.

Courtesy of Eagle Pictures.
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Rapporto padre-figlio

Le premesse per una storia sia prevedibile che interessante ci sono tutte, con La memoria dell’assassino. Nulla di nuovo dal punto di vista della costruzione del protagonista, presentando al pubblico in sala il classico killer distaccato e freddo, quanto maniacale nei dettagli e metodico all’osso nella sua stessa vita. La dimostrazione di ciò si può riscontrare nella stessa messinscena del film, nel modo in cui vengono costruite e mostrate le scenografie e la vita di un essere umano che pare lontanissimo da tutto e da tutti. L’interesse e l’elemento di disturbo compaiono insieme a una malattia che stravolgerà per sempre ogni cosa, influendo sulla stessa percezione della vita del protagonista.

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In ciò troviamo anche la struttura formale del film e il suo mutare di pari passo con la situazione personale e mentale di John. Il tempo è un elemento fondamentale ne La memoria dell’assassino, come anche lo spazio di manovra e le intenzioni di un racconto che tende a escludere continuamente, almeno fino al suo finale. Il nostro ha un obiettivo, anche se questo non sembra essere chiarissimo fin dal principio, ed è proprio nel suo mostrarsi gradualmente che la storia cattura e incuriosisce, senza lasciare troppo su cui ragionare.

La memoria dell’assassino è un puzzle di geometrismi ordinati e rimandi ragionati. Questa stessa meticolosità sfuggente ritorna anche nelle immagini di un Keaton che si mantiene vicino e lontano agli esseri umani ritratti sul grande schermo, regalando una composizione delle inquadrature sempre equilibrata, quasi fossero una proiezione dello stesso John. La pellicola, quindi, gioca con quello che potremmo intuire e la realtà effettiva dei fatti, mettendo in scena una caccia/inseguimento sia interessante che estremamente classica nel suo incedere. Ci sono stati degli omicidi e qualcuno sta indagando. La presenza della polizia e il tentativo di scavare nel torbido della morte altrui spacca in due la narrazione, lavorando l’oscurità alla sua base in una suspense curiosa e funzionale ai fatti in corso.

Courtesy of Eagle Pictures.
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L’intera narrazione de La memoria dell’assassino si sorregge proprio sulla fascinazione nei confronti di un uomo e del suo mondo, applicando su ogni cosa un velo che non verrà mai del tutto scostato dai fatti in corso. Questo continuo porsi e non porsi è sicuramente affascinante, anche se fuggevole nell’insieme degli eventi a schermo, scaricando quasi tutto l’interesse dei fatti in corso proprio sull’interpretazione di Michael Keaton.

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La morte, i legami e alcune dubbie figure che si muovono nella nostra stessa società. Non c’è niente di nuovo in questo film, se non alcune trovate in termini narrativi e introspettivi, restituendo un lavoro dai tratti prevedibili e fin troppo comuni. Non aiutano neanche le tempistiche generali e la costruzione di alcune sequenze che lasciano il segno in termini di ritmo e costruzione, lavorando qualcosa di affascinante che avrebbe sicuramente dovuto sperimentare un po’ di più. A nulla valgono le interpretazioni e il coinvolgimento di grandi nomi nel cast.

Commento

cpop.it

60

La memoria dell'assassino è un film piuttosto classico nel suo insieme. Attingendo dai canoni del thriller e delle storie di sicari e assassini, la pellicola mette in scena il viaggio nel baratro di un uomo che si trascina dietro tantissime ombre. Nell'incrociare il suo cammino anche gli spettatori vengono coinvolti in questo percorso obbligato e a senso unico, in cui è difficile scorgere il disegno d'insieme, assaporandone solamente alcuni dettagli affascinanti che purtroppo restano sospesi. Non solamente violenza e sangue, però, ma anche umanità e rapporti col prossimo e la famiglia. Gli ultimi giorni di un freddissimo killer che sta per perdersi per sempre diventano la scusa perfetta per analizzarne la routine e abitudini, anche sociali. Andando oltre la fascinazione iniziale, però, il lungometraggio diretto da Michael Keaton non riesce mai a lasciare il segno, coinvolgendo in qualcosa di prevedibile seppur studiato.

Pro

  • L'interpretazione di Michael Keaton.
  • La regia geometrica e asettica tanto quanto il protagonista del racconto sul grande schermo.

Contro

  • Le poche scene coreografate non funzionano troppo bene.
  • Il ritmo generale del film non è facilissimo da digerire col progredire degli eventi.
  • L'idea di fondo non è troppo originale.
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