Di Longlegs si è parlato a lungo ancor prima della sua uscita in sala. Le notizie riguardanti il nuovo horror scritto e diretto da Oz Perkins hanno immediatamente attirato l’attenzione sul progetto, complici le origini familiari del regista (suo padre è Anthony Perkins, il Norman Bates di Psycho) e una campagna di marketing pressante che ha subito evidenziato il coinvolgimento di Nicolas Cage in un ruolo che pare destinato a lasciare il segno nella storia del genere. Con premesse del genere, ovviamente, le aspettative erano piuttosto alte, facendo presagire quella che avrebbe potuto essere “l’esperienza horror definitiva dell’anno”, almeno secondo quanto anticipato in fase promozionale. È stato così?
Longlegs, disponibile al cinema dal 31 ottobre 2024, è un film che si nutre del grande schermo, da sala cinematografica e da silenzio, da buio. Al centro troviamo un racconto che indaga nel profondo alcune dinamiche umane familiari e vicine a chiunque, mettendone in dubbio la solidità morale attraverso uno scambio morboso e soffocante che coinvolge un serial killer e la persona che lo sta cacciando, mentre questa cerca di trovare un ordine e un nesso tra gli eventi disumani lungo il cammino, così da avvicinarsi a quell’oscurità che non tutti sarebbero in grado di affrontare.
In ciò, Longlegs si lega immediatamente all’immaginario narrativo di altri lungometraggi simili, ricordando da vicino opere come Il silenzio degli innocenti di Jonathan Demme, o Seven e Zodiac di David Fincher, per fare degli esempi facilmente comprensibili. Sublimando l’orrore a schermo in un’indagine sia intima che disturbante, la pellicola si rivolge direttamente al pubblico, nutrendosi delle loro stesse convinzioni per poi rielaborarne l’ipotetica credibilità proprio sul grande schermo. Da indagine a orrore, quindi, da riconoscibile a disturbante e angosciante.
Fuori e dentro la famiglia
La storia di Longlegs ci introduce a un’indagine in corso, in America, da molto tempo. Sembra che alcuni brutali omicidi/suicidi domestici, senza alcuna spiegazione, trovino un misterioso nesso in alcuni messaggi lasciati sul posto da un misterioso “Longlegs”. Quei fogli di carta, però, non dicono nulla di più sui terribili eventi nel privato di queste famiglie, presentandosi attraverso un linguaggio cifrato che attende di essere decodificato.
A segnare una possibile svolta nelle indagini, ormai ferme da un po’, troviamo l’agente speciale Lee Harker (Maika Monroe), che viene coinvolta in prima persona per via di un suo particolare dono: una sorta di sesto senso da sensitiva che le consente di vedere e sentire oltre le apparenze e le cose.
Quanto accade a queste famiglie ha qualcosa di metodico che ha attirato l’attenzione dell’FBI, oltre ai suddetti messaggi cifrati: sono sempre i padri di famiglia a eliminare tutti gli altri membri presenti in casa per poi togliersi la vita. Materialmente, quindi, la connessione con Longlegs (Nicolas Cage) non esiste di fatto, eppure un'ombra oscura e sinistra sembra agire in sottofondo rispetto a ciò che apprendiamo e sappiamo di primo acchito.
Mescolare con equilibrio e attenzione
Come anticipato, Longlegs è un film che coinvolge direttamente innanzitutto in un thriller dal sapore amarissimo, ponendo le basi per un’indagine poliziesca fortemente connessa ai personaggi al centro dell’azione. La stessa Lee diventa fin da subito un elemento fondamentale nell’equilibrio di una storia che passa tutta da lei e dal suo sguardo, dal modo in cui elabora la realtà che la circonda per poi approfondirne le ragioni, anche intime. Nella ricerca di un mostro indecifrabile, quindi, troviamo una particolare e morbosa connessione con la persona che gli sta alle calcagna, in un gioco di simbolismi, messaggi indiretti e tentativi di rielaborare una realtà che sfugge a qualsiasi logica.
Fra le pieghe di una protagonista difficile da identificare fin da subito si agitano le dinamiche di un lungometraggio che cattura con immagini forti e richiami in tal senso. Dalla narrazione alla regia stessa di Oz Perkins, che sublima l’essenza oscura del racconto con una costruzione figurativa sempre attenta e soffocante. Questo, grazie a scelte specifiche in termini di angolazione della macchina da presa, messa in scena, scenografia e fotografia. Ciò che i dialoghi evitano di esprimere direttamente arriva attraverso le immagini di un contesto sempre oscuro, asciutto e isolante, mai rassicurante ma freddo e spoglio, inospitale.
Lee Harker si muove in ambienti che sembrano avvicinarsi a lei, stringendola gradualmente in una morsa che si percepisce anche oltre il grande schermo. Nella composizione di un mondo del genere vediamo insinuarsi i dubbi di una ricerca riconoscibile, in termini di schema narrativo, ma comunque di qualità eccellente nel suo porsi al grande pubblico.
Laddove il torbido di un mistero si muove sfuggendo a ogni ragione, però, Longlegs inserisce un’analisi che tocca tutti da vicino, mettendo in dubbio proprio i principi più classici del nucleo familiare, inteso come nido sicuro e inaccessibile dal mondo esterno. Dal vastissimo macro dell’America, al micro irraggiungibile dell’amore genitoriale, messo in dubbio dal sangue di alcuni massacri che, con il progredire degli eventi, lasciano ben presto la dimensione del thriller per abbracciare pienamente quella dell’horror esoterico.
Ecco che nelle immagini di Longlegs diventa possibile identificare uno studio altro e più indiretto rispetto ai più classici misteri polizieschi, abbracciando alcune riflessioni che spaziano dalla perdita dell’innocenza infantile, all’insinuarsi di ombre all’interno del vivere quotidiano di un mondo che è sempre e comunque il nostro. In tutto ciò si distinguono le performance di un cast che funziona alla grande, restituendo alcuni momenti che lasciano il segno.
Oltre al talento di una Maika Monroe prorompente nella costruzione di una protagonista continuamente sospesa e spezzata da una ferita che la tormenta in profondità, è proprio il personaggio di Nicolas Cage a lasciare maggiormente senza parole. Questo colpisce inizialmente con l’estetica e, in seguito, con una serie di momenti e interpretazioni che vanno oltre la stessa finzione del grande schermo. Nel suo sguardo perso ma fisso e nella pelle pallidissima si possono scorgere le radici di un male che angoscia e tormenta, centellinando i momenti di una maschera che resterà sicuramente impressa a lungo.
Commento
Voto di Cpop
80Pro
- La regia attenta e studiata di Oz Perkins.
- Le interpretazioni di Maika Monroe e Nicolas Cage.
- La progressiva e soffocante deriva orrorifica che culmina nel terzo atto del film.
- Il modo adulto con cui affronta gli elementi esoterici interni al racconto.
Contro
- Il finale e le scelte più forti in questo senso.
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