C’è un filone dell’animazione nipponica che continua a riscuotere consensi, sempre più esplorato e riproposto. Predilige il lungometraggio, concilia il romance con la fantascienza soft, ha in Makoto Shinkai l’esponente di spicco e inizia ramificarsi influenzando la poetica di altri autori in ambito anime. Mari Okada, di ritorno alla regia dopo Maquia, dà vita, per Netflix, a Maboroshi, riprendendone i temi e incuneandosi in quella corrente fanta-romance capitanata dall’ideatore di Your Name, la cui influenza è evidente nell’estetica che punta al realismo ma restituisce un’atmosfera rarefatta, nelle anomalie di cieli sterminati, nel peculiare trattamento del tempo e dei moti interiori.
Di cosa parla Maboroshi?
Maboroshi ci presenta Masamune, quattordicenne che vive a Mifuse, cittadina dell’entroterra giapponese. A seguito dell’esplosione di un’acciaieria, vero fulcro economico e di sostentamento per gli abitanti della città, Mifuse e chi la abita finiscono intrappolati in una sorta di stasi spazio-temporale: la città non ha vie d’uscita e l’inverno non accenna a finire. La nuova dimensione ha leggi rigide, ai residenti è vietato apportare qualsiasi cambiamento alle proprie vite in attesa che la paralisi si dissolva, che il futuro avvenga.
Masamune e i suoi amici passano le giornate tra l’apatia e la noia, vivono una non-vita che non li appaga, costantemente ingabbiati in un’impasse creativa ed emotiva che non sembra avere soluzione, che chiude ogni spiraglio all’evoluzione, alla maturazione. Tutto cambia quando Mutsumi, misteriosa compagna di classe di Masamune, conduce il giovane al Quinto Altoforno dell’acciaieria, dove fa la conoscenza di una ragazza che, tra il comportamento infantile e il fare animalesco, potrebbe costituire il vero elemento di singolarità del nuovo mondo.
L'eterno ritorno di Mifuse
Maboroshi costruisce un mondo interessante nelle circostanze, nelle leggi interne, nelle implicazioni socio-emotive. Al time travel tipico sottrae il viaggio, dando vita a una discrepanza temporale, a un nunc stans minato da squarci di futuro di una dimensione lineare. Alla cittadina conferisce i contorni criptici e distopici di un 1984 che incontra Under the Dome, ne fa quasi un totalitarismo divinizzato, con enormi coltri di fumo che si fanno lupesche per annientare il cambiamento, controllori ed esecutori che scongiurano la possibilità di una sovversione che metta a repentaglio l’immobilità. A Mifuse non si può avanzare, non si può sentire, ogni moto deve arrestarsi nella costrizione di un’inerzia che preserva lo status quo.
In Maboroshi Mari Okada riesce comunque ad immergere tutto in un’ambiguità che porta ad una rivalutazione parziale delle condizioni di una società fuori dal tempo, che innesca una riflessione sull’importanza dell’hic et nunc, sulla possibilità di un miglioramento fine a sé stesso (ma ancora sensato), di una vita non necessariamente proiettata verso il suo dipanarsi, non costantemente riferita al futuro.
Risolve tutto, poi, affidando all’amore il potere di smantellare quel castello che segrega e ammalia, rendendolo la chiave per la fuga o per la sopportazione. È l’amore l’unica forza capace di scardinare le leggi di un mondo cristallizzato, ma è anche il solo moto interiore che può contrastare il non-movimento, che può rivitalizzare in un’anti-realtà in cui non c’è volontà ma può esserci impulso.
È un amore mai esaminato in maniera banale, mai affrancato dal suo lato negativo, piuttosto espresso nella complementarità delle sensazioni, di eros e thanatos, nell’impulso autodistruttivo, masochistico prima, nella pulsione vitale, nella sua forza vivificatrice poi.
Ed è un amore adolescenziale ma non per questo puro, innocente o libero da infrastrutture, perché anche per Masamune e compagni “essere innamorato è un po’ come odiare, fa male e sembra sbagliato”. È doloroso rimanerne esposti, è difficile elaborarlo, deciderne i destinatari, veicolarne gli esiti e gli effetti.
Un coming of age fuori dal tempo
Maboroshi è, insomma, un romance ben inquadrato all’interno di un coming of age atipico perché di un’età che non può arrivare, in una storia di formazione in cui formarsi è proibito. L’anime di Mari Okada è una love story che ha il coraggio di interrogarsi sulla materia amorosa, di esplorarne il dolce e l’amaro indagando l’impeto tutto adolescenziale di chi si affaccia alla sessualità e apre la prima finestra su uno slancio tanto irrazionale, insieme distruttivo e curativo.
Maquia- Limited Edition (Limited Edition) ( Blu Ray)
Maboroshi si perde un po’ quando dimostra di non essere esente da qualche incertezza strutturale, infarcito con qualche ambiguità di troppo, incoerente nel definire i rapporti di causa-effetto.
Non si comprendono i criteri “punitivi” della Macchina Sacra che regola la nuova dimensione, si fatica a estrapolare un pattern spazio-temporale nelle visioni della realtà che si manifesta attraverso le crepe, si finisce per rivelare nelle fatali conseguenze che alcuni personaggi sperimentano una mera funzione sensazionalistica e spettacolarizzante, dato che risulta difficile capirne i parametri e motivarne l’incoerenza.
Dal canto suo, Studio MAPPA continua il suo percorso qualitativo spostandosi verso il lungometraggio e scongiurando anche gli (innumerevoli) alti e (pochi) bassi delle produzioni seriali (la Final Season de L’Attacco dei Giganti e la seconda stagione di Jujutsu Kaisen le ultime in ordine di tempo), sorprendendo nella cura dei dettagli, nel movimento di vestiti soffici, pieghevoli, nella morbidezza dei capelli, nella gestione della luce come elemento fortemente espressivo in un mondo dall’estetica ambivalente.
Commento
Voto di Cpop
75Pro
- Un'ambientazione affascinante
- Spunti di riflessione sullo scorrere del tempo
- Un trattamento maturo del tema amoroso
Contro
- Qualche incertezza nel definire le leggi del nuovo mondo
- Una certa ambiguità nel determinare i rapporti di causa-effetto
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