Yu Yu Hakusho, recensione: Netflix prova a ripetere il successo di One Piece

Autore: Federica Polino ,

Se è vero che la serie live-action Yu Yu Hakusho targata Netflix non possa definirsi propriamente un “capolavoro” ne' "serie dell'anno", è quantomeno un prodotto godibilissimo, malgrado un assottigliamento sostanziale della trama e qualche sporadica, ma dolorosa, “licenza”. Analizziamo assieme i pro e i contro di questa oltremodo discussa prima stagione dell’adattamento di uno degli anime cardine degli anni 90.

Yoshihiro Togashi, prima ancora di dar vita al capolavoro di HunterxHunter, vantava già qualche altra pubblicazione: la raccolta di storie brevi d’esordio Ōkami nante kowakunai! e i quattro tankōbon che compongono Tende shōwaru Cupid, entrambe del 1989, mentre del 1990 è Yu Yu Hakusho (Yu degli Spettri, in Italia grazie a Star Comics).

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Serializzata su Weekly Shonen Jump dal 1990 al 1994, l’opera di target shonen si compone di 19 volumi, mentre l’anime in Italia è andato in onda prima nel 2001 su La7 (che trasmise solo i primi due archi dell’opera), poi su MTV dal 2006 col titolo Yu Yu Hakusho: Ghost Fighters.

La serie live-action, disponibile su Netflix in 5 Episodi dal 14 Dicembre 2023, è stata scritta da Tatsuhiro Mishima (che ricordiamo anche per Zombie 100), diretta da Shō Tsukikawa, sviluppata da Akira Morii e Kazutaka Sakamoto (noti per Zombie 100 e Alice in Borderland) e prodotta da Robot Communications, che ricordiamo per Alice in Borderland e Godzilla Minus One, e adatta circa poco più della metà dell’opera, avvalendosi di numerosi attori già noti al piccolo schermo.

Il potere della condensazione: la storia di Yusuke Urameshi 

L’opera di Togashi ruota tutta attorno alle avventure del giovane Yusuke Urameshi (interpretato da Takumi Kitamura), un teppista dal temperamento aggressivo e irrispettoso, che nasconde un animo generoso: pressoché ignorato dalla madre, vessato dagli insegnanti, fa spesso a botte con Kazuma Kuwabara (interpretato da Shuhei Uesugi) e la sua unica vera amica è la dolce Keiko (Sei Shiraishi).

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Un giorno, mentre passeggia per il proprio quartiere, Yusuke salva il piccolo Masaru da un camionista impazzito (posseduto da un parassita-yokai), ma sfortunatamente viene investito e muore nell’impatto. Mentre Keiko si dispera accanto al suo corpo esanime, Yusuke assiste alla scena e grida ai soccorritori di essere lì, non capendo cosa stia accadendo.

Improvvisamente viene raggiunto dalla traghettatrice di anime Botan, e quest'ultima gli rivela che, in realtà, la sua morte non era programmata e ha scombussolato i piani degli Inferi, gettando il Regno degli Spiriti nel caos.

Su ordine del piccolo Enma (figlio del re del Regno degli Spiriti), Botan propone al giovane di tornare in vita per sistemare le cose, ma Yusuke rifiuta: le vite degli altri, sostiene, saranno di certo migliori senza di lui, inoltre non ha intenzione di farsi dare ordini anche da morto.

La traghettatrice, dunque, lo invita a presenziare al proprio funerale, e il focus sulle emozioni del protagonista intento a osservare, inerme, il dolore della madre e della giovane Keiko valgono, a parer nostro, l’intera visione del primo episodio.

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Yusuke, dopo aver rischiato di perdere il corpo in un incendio, decide di accettare la proposta di tornare in vita, viene nominato da Enma “Detective del regno degli spiriti” e la sua prima missione consisterà nel recuperare tre tesori sottratti da tre potenti yokai (demoni): Gouki, il demone-volpe Kurama e Hiei

Il giovane affronterà gli innumerevoli pericoli che gli si pareranno davanti, affinando la sua tecnica grazie al duro addestramento con la maestra Genkai, circondandosi di compagni stravaganti, diversissimi tra loro, ma che, superata l’iniziale diffidenza, stringeranno un forte legame di amicizia, collaborando per sconfiggere gli spietati nemici e riportare la pace tra i Mondi: quello degli Umani (Ningenkai), quello degli Spiriti (Reikai), quello dei Demoni (Makai).

Un ottimo pilota

Complice anche la firma dell’autore al copione, il primo episodio del live-action funge da introduzione al mondo ideato dal maestro Togashi, e il risultato è eccellente, con un perfetto equilibrio tra la componente realistica e quella fantastica-horror: delinea perfettamente il profilo dei protagonisti, dando ampio spazio alle loro emozioni, lasciando che anche un pubblico a digiuno dell’opera originale si affezioni e provi empatia per Yusuke, Keiko e Kuwabara. 

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Anche la regia risulta convincente, con inquadrature non troppo forzate e scene di lotta e arti marziali degne di nota (punto di forza dell’intero live action), senza contare la resa delle scene dal forte impatto emotivo o quelle in cui Yusuke è un “mero spettatore degli eventi”: l’episodio tratta con garbo e dolcezza i sentimenti e le reazioni del protagonista, puntando il focus sull’elaborazione del lutto anche dei personaggi secondari.

E così, il toccante momento dell’abbraccio tra la madre di Yusuke e Keiko durante il funerale del giovane, mentre il protagonista le osserva senza fiatare da un angolo buio della stanza, è stato innegabilmente causa di non poche lacrime versate, complice anche una evocativa colonna sonora molto simile a quella dell’anime.

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Malgrado le non troppe discrepanze tra il pilota e i primi episodi dell’anime/manga, la vera differenza sta nel target decisamente più maturo: il personaggio stesso di Yusuke, apatico, affatto socievole e sbruffone, qui risulta addirittura più solitario e scostante, e manca di quella verve simpaticamente arrogante che caratterizza il protagonista dell’anime.

Nel complesso, però, Kitamura risulta un buon Urameshi, e la somiglianza con la controparte iconografica aiuta molto nella resa del personaggio.

Inoltre, l’attenzione alla caratterizzazione dei protagonisti e coprotagonisti è un elemento fondamentale per Togashi, e Tatsuro Mishima ne era oltremodo consapevole quando ha lavorato alla sceneggiatura: pertanto risultano ben delineati la maggior parte degli interpreti, come “l’eterno rivale” di Yusuke, il gentile e un po’ sopra le righe Kazuma Kuwabara (sebbene non somigli esteticamente alla controparte cartacea), o il saggio e spietato demone-volpe Kurama (interpretato da Jun Shison), oppure l’impassibile e tormentato Hiei (interpretato da Kanata Hongo), ma anche personaggi di contorno come il “Piccolo Enma”, malgrado ci venga presentato già in forma “adulta” e mai nella sua controparte bambina.

Nel complesso, dunque, il primo episodio funziona, rievoca le atmosfere dell’anime e, malgrado la CGI risenta del budget limitato, l’utilizzo di make-up e protesi è lodevole (anche se, in alcune scene, si rasenta l’effetto “cosplay”). Purtroppo l’Aldilà del piccolo Enma resta poco credibile, le scene creepy e le trasmutazioni degli yokai invece terrorizzano il giusto, e la recitazione a tratti volutamente esagerata degli attori risulta convincente il più delle volte. 

Nota positiva anche per le scene di combattimento che, come abbiamo già accennato, risultano perfettamente coreografate, dinamiche, mai scontate, oltremodo violente, complice una regia che ricorre spesso a soluzioni visive da “anime”: tutti elementi positivi che, purtroppo, si perdono nel corso dei restanti episodi.

L’inevitabile calo

Ebbene, malgrado un primo episodio, come dicevamo, “ottimo”, i restanti quattro non risultano all’altezza. Il calo qualitativo avviene gradualmente, ed è da imputare quasi del tutto alla necessità di strizzare diciannove tankōbon in cinque episodi da neanche un’ora ciascuno.

Netflix
Yusuke, il raggio astrale
Yusuke

Il Live-action propone l’adattamento di una buona parte dell’opera originale, ed inevitabilmente il prodotto finale risulta frettoloso: a risentirne maggiormente sono l’evoluzione dei rapporti tra compagni e il mancato approfondimento di personaggi incredibili, anche se secondari, come Genkai e, in parte, Toguro Minore anche se la performance attoriale e la preparazione atletica di Go Ayano - già noto al pubblico per Rurouni Kenshin Lupin III- riescono a donare al personaggio lo spessore che merita, quel tormento interiore tipico di un villain dall'animo travagliato.

I restanti episodi, di fatto, condensano eccessivamente la narrazione, e se da un lato ci risparmiano di impelagarci in quel marasma di filler (cui i consumatori di anime sono abituati), dall’altro viene intaccato lo straordinario worldbuilding dell'opera originale di Togashi.

Le necessarie concessioni artistiche, dettate soprattutto dalla smania di comprimere due dei quattro archi narrativi che compongono la trama originale, sono lampanti e danno origine a differenze che gli appassionati del Team Urameshi avranno certamente notato, ma che approfondiremo in un secondo momento. 

Il "grande assente" di questo adattamento live action è sicuramente il Torneo delle Arti Marziali Nere, relegato a mera operazione di salvataggio di Keiko e Yukino, che nel live-action vede i nostri protagonisti affrontare i nemici singolarmente. Non solo viene ignorata la struttura stessa del torneo, stilema tipico dei battle shonen, ma viene così privata l'opera anche di un passaggio fondamentale nella caratterizzazione dei personaggi.

In conclusione, vale la pena vedere Yu Yu Hakusho?

Yu Yu Hakusho si prende un po’ troppo sul serio e risulta adatta ad un pubblico più “maturo”, perdendo quel brio e comicità che caratterizzano l’originale. Risulta a tratti sbrigativa e, probabilmente, un pubblico di non-appassionati dell’anime potrebbe non comprenderla del tutto, ma ad ogni modo è coinvolgente, evocativa, ricalca la trama originale abbastanza fedelmente, e, sebbene risenta di alcuni problemi non può essere bocciata. 

Il paradigma per giudicare le serie live-action tratta da anime e manga di successo oggi è cambiato grazie a Netflix e al suo adattamento di One Piece (leggete la nostra recensione). Un adattamento che ha sì diviso i fan ma che ha comunque raccolto più consensi che critiche riuscendo in parte a rievocare quelle sensazioni ed emozioni proprie del manga o dell'anime originale.

Netflix
Hiei e il drago nero
Hiei

Yu Yu Hakusho riesce nello stesso intento. Diverte, emoziona, fa riflettere, intrattiene: chissà se anche questa serie riesca a far avvicinare qualche nuovo appassionato al mondo degli anime e dei manga, proprio com’è accaduto ad agosto scorso con One Piece.

Commento

cpop.it

65

Il live-action di Yu Yu Hakusho, lontanissimo dall'essere "perfetto", è comunque un prodotto godibilissimo, complice un cast ottimo, una considerevole fedeltà alla trama e battaglie perfettamente coreografate, dinamiche e mai scontate. L'episodio pilota è certamente la punta di diamante dell'intero adattamento. Tuttavia, i fan di lunga data potrebbero non apprezzare alcuni cambiamenti rispetto all'opera originale, frutto di una necessaria condensazione degli archi che compongono la trama.

Pro

  • Ottimo cast
  • Scene di combattimento ben coreografate
  • Eccellente episodio pilota
  • Notevole fedeltà alla trama originale

Contro

  • Personaggi secondari appena accennati
  • Condensazione della trama
  • Calo qualitativo graduale
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