Stan Lee: da grandi intuizioni derivano grandi eroi

Autore: Manuel Enrico ,

Lo abbiamo cercato per anni nascosto nei film che celebravano la mitologia che ha contribuito a creare. Si è mosso con una vitalità invidiata da autori più giovani per palchi di convention, spettacoli televisivi e red carpet. Ci ha insegnato a guardare il mondo fuori dalla finestra con occhi diversi, strizzandoci l’occhio e ricordandoci che da grandi poteri derivano grandi responsabilità.

Stanley Martin Lieber ha riscritto in modo forse mai pienamente compreso una parte essenziale della pop culture, quando decise di indossare la maschera di Stan Lee. O forse, per gran parte dei suoi personaggi, alla fine la maschera era la vera natura di una delle figure leggendarie dei comics. 

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Potrebbe essere questo dubbio il fulcro di Stan Lee, documentario dedicato al leggendario autore di Marvel Comics in arrivo su Disney Plus dal 16 giugno. Progetto nato per celebrare il centenario di Smilin’ Stan, festeggiato dai Veri Credenti marveliani lo scorso 28 dicembre. 

Stan Lee: guardare il mondo fuori dalla finestra ricreando i supereroi

La nascita di Stan Lee

Chissà quali progetti aveva in mente Jack Lieber per il suo piccolo Stanley quando lo prese in braccio per la prima volta, il 28 dicembre 1922. Difficilmente avrebbe potuto immaginare per il figlio il ruolo di nume tutelare del mondo dei comics, consacratosi nei corridoi della Casa delle Idee. 

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Un ruolo fondamentale, certo, ma contraddistinto, come spesso accade, da luci e ombre, dai successi dei personaggi pubblicati dalla Marvel ma anche dai burrascosi rapporti con quegli stessi artisti con cui Lee diede vita a un vero e proprio pantheon moderno, fatto di superuomini, inventori e divinità. 

Non si può certo negare la centralità della figura di Stan Lee nella costruzione del successo di Marvel Comics, un destino che pare esser stato decretato da una di quelle forze superiori che Lee raccontò spesso nelle sue storie. D’altronde, il giovane Stanley aveva capito sin da giovane che il suo futuro sarebbe stato il racconto:  

Fin da piccolo ho sempre saputo che sarei divenuto uno scrittore. Quando avevo quattordici anni, e mi imbarazza confessarlo, mi comprai una piccola ventiquattrore, che portavo sempre con me, con la speranza che mi desse l’aria di un vero scrittore

È per assecondare questa sua ispirazione che nel 1940 lo zio Robbie Solomon riesce a procurargli un ingaggio presso la Timely Comics, casa editrice di fumetti creata da un parente, Martin Goodman. 

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Per Stanley è l’occasione di entrare in contatto con alcuni di maggiori talenti della Golden Age dei comics, come Joe Simon e Jack Kirby (quel Jack Kirby), per cui inizialmente svolge dei piccoli lavori, apprendendo i segreti del mestiere.

Iniziai a lavorare alla Timely quando avevo sedici o diciassette anni. Il mio primo compito fu di eliminare le linee a matita che rimenvano ancora nelle tavole, ogni sera tornavo a casa con le braccia indolenzite.

Dopo aver scritto piccole parti, a Stanley viene data l’occasione di poter scrivere la sua prima storia, che verrà pubblicata all’interno di Captain America #3, un esordio che lo stesso Lee raccontò anni dopo:

Ogni fumetto aveva due piccole pagine con una storia che nessuno leggeva. E qualcuno mi disse: ‘Vorrei che scrivessi una storia di due pagine su Captain America. Nessuna immagine. Solo parole”. E io la scrissi, e venne pubblicata! C’era scritto ‘di Stan Lee’. L’ho ritagliata e appesa al muro in casa

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Nonostante l’emozione, il giovane scrittore non ha ancora rinunciato al sogno di diventare un romanziere di successo, e quindi non vuole che il suo nome rimanga associato ai comics, ancora considerati come un genere letterario di basso prestigio. Serve uno pseudonimo, un nome de plume che gli consenta di lavorare nel settore senza rimanerne legato in futuro: nasce Stan Lee.

 

È con questo nome che nel 1941 esordisce come sceneggiatore, e nello stesso anno, Martin Goodman, dopo aver visto del potenziale in questo giovane di soli diciotto anni, lo nomina direttore editoriale della Timely Comics, ruolo che conserva per pochissimo: nel novembre del 1942 arriva l’arruolamento nel genio militare, dopo l’ingresso degli States nel secondo conflitto mondiale. 

Passeranno tre anni prima che Stanley dismetta la divisa e torni a esser Stan Lee, tornando alla Timely Comics nel suo ruolo di direttore editoriale. Dopo avere incontrato l’amore di una vita, Joan Boocock, e la nascita della figlia, Stanley sembra avere raggiunto il successo.

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La sua produzione è incredibile, riesce a conciliare il suo ruolo di editor con quello di scrittore. Non c’è un genere con cui non si cimenti, dalla fantascienza all’horror, passando per il comico e le storie per teen ager, in ogni suo racconto Stan Lee conferma la sua verve creativa, diventando uno dei più conosciuti scrittori di comics del periodo.

Ma i tempi stanno cambiando.

La Silver Age: Stan Lee crea gli eroi Marvel

La Golden Age dei comics si sta avviando lentamente verso la sua fine. A partire dagli anni ’50, i comics, dopo un’epoca di grande espansione, subiscono un brutale arresto. Troppe produzioni che hanno saturato il mercato, ma soprattutto una visione piuttosto severa da parte della società del periodo che vede nei comics una minaccia alla morale dei giovani americani. 

Paladini di questa crociata moralizzatrice furono lo psichiatra Frederic Wertham, autore dello studio Seduction of the innocent (1954), e il senatore Estes Kefauver, le cui battaglia portarono alla nascita della Comics Code Authority, una regolamentazione severa in merito ai temi trattati nei comics.

Per il settore fu un vero supplizio. La Timely Comics, in particolare, vide le proprie vendite calare vertiginosamente, e Martin Goodman, complici alcune scelte imprenditoriali poco illuminate, si vide costretto a ridimensionare le proprie produzioni, arrivando nel 1957 ad affidarsi per la distribuzione dei propri fumetti al distributore della rivale storica, la DC Comics. 

Stanley assiste a quella che sembra la fine del mondo dei comics, vede il suo piccolo paradiso trasformarsi in un infermo e inizia a chiedersi se valga la pena rimanere nel settore. Forse è il momento di smettere i panni di Stan Lee e diventare finalmente lo scrittore Stanley Lieber.

A cambiare tutto arriva la Silver Age, nota come la Rinascita dei supereroi. Dopo aver visto il successo di alcune pubblicazioni della rivale DC Comics, Goodman decide di tentare un ultimo colpo con gli eroi in calzamaglia, e chiede a Stanley di tentare l’impossibile: dare vita a nuovi personaggi

La creatività di Lee non resiste a questa tentazione, e decide di riunire un team artistico fatto di grandi nomi, tra cui Jack Kirby e Steve Ditko.

In questi anni, emerge una delle caratteristiche essenziali di Lee: intercettare le aspettative dei lettori. Conscio di come sia arrivato il momento di offrire un diverso tipo di eroe, Lee inventa quello che diventerà il mantra Marvel per la creazione di nuovi personaggi: supereroi con superproblemi.

O come spiegò Lee:

Se elabori un personaggio potente, senza alcuna vulnerabilità, non credo che i lettori lo troverebbero così interessante. Se Achille non avesse avuto il suo tallone, probabilmente oggi non lo conosceremmo

Da questa concezione nascono i primi protagonisti del futuro Marvel Universe: Fantastici Quattro, Spider-Man, Daredevil, X-Men.

Sono anni incredibili. Dai tempi della Timely Comics sono cambiate molte cose, compreso il nome, divenuto ora Marvel Comics. E Stan Lee è ora il vero motore di questa casa editrice, che prende in mano il concetto di supereroe e lo riscrive.

In questi anni, tutti i personaggi creati dalla Marvel hanno una scintilla della creatività di Stan Lee, anche se non sempre la genesi di questi eroi è stata semplice. Lee non esita a saccheggiare vecchi personaggi della Golden Age, dando loro una seconda possibilità (come Capitan America e Namor) oppure riscrivendoli completamente (come Daredevil o Ghost Rider).

Nel creare questo complesso universo di eroi, Lee crea un nuovo modo di realizzare le storie, il cosidetto Marvel method

Inizialmente, in una discussione con gli autori si abbozzava un’idea, da cui Lee sviluppava uno schema di massima che gli artisti utilizzavano per andare a completare le tavole che erano loro assegnate, su cui poi gli sceneggiatori andavano a inserire dialoghi e didascalie. 

Questa modalità di lavorazione rappresentò una rivoluzione nella creazione dei comics, considerato che anche i disegnatori diventano quindi parte integrante del processo creativo. Una rivoluzione, quella avviata da Lee, che gli si ritorse contro.

Quando si arrivò infatti a dover stabilire le origini dei diversi eroi della Casa delle Idee, Lee non si fece mai problemi a rivendicarne la paternità (anche se in diverse situazioni diede versioni differenti). 

Lee ha sempre dato credito ai vari disegnatori per il loro apporto, ma le reazioni di alcuni di loro hanno lasciato intendere come il loro contributo fosse più concreto di quanto tributato da Lee.  Storiche le dispute con Kirby e Ditko, che condussero anche a celebri separazioni artistiche, o il modo in cui la mancanza di tatto con i propri artisti spinse Lee a continui ricambi di cast artistici (emblematici i primi tempi di Daredevil).

Dove invece Stan Lee si dimostrò incredibile fu nello stabilire un rapporto unico con i lettori. Grazie alla leggendaria Stan’s Soapbox, infatti, Lee mantenne uno stretto contatto con il pubblico (i suoi Veri Credenti, o True Believers), riuscendo a creare un’empatia che non si limitava ad avvincere i lettori, ma consentiva al Sorridente Stan di interpretare quelle che erano le aspettative dei lettori, riuscendo a cogliere le sfumature dei cambiamenti sociali che potevano esser inseriti all’interno delle storie e o utilizzate per dare vita a nuovi personaggi. 

Un’attenzione che consentì di dare vita a figure come Dottor Strange o Luke Cage, frutto della capacità di Lee di saper intercettare nuove potenzialità e trasformale in appaganti storie.

Ruolo che Lee interpretò al meglio, contribuendo a portare alla fine anche di quella Comics Code Authority che aveva rischiato di allontanarlo anni prima.

Quando il governo degli States decise di utilizzare i fumetti come veicolo di contatto con i giovani per fermare il dilagare della droga, il Dipartimento per la salute, educazione e salute pubblica decise di avvalersi di Spider-Man, personaggio particolarmente amato, perché fosse protagonista di una storia in cui i pericoli della droga fossero messi in primo piano.

La presenza dei vincoli imposti dalla fine della Golden Age, impedivano di poter parlare liberamente di certi temi, come la droga. 

Quando Lee venne incaricato di scrivere questa storia, il Generalissimo rese uno dei migliori amici, Harry Osbourn, vittima della dipendenza, all’interno di un’avventura del Tessiragnatele particolarmente intensa in cui per la prima volta veniva inserito uno slang comune che identificava i tossici (‘stoned’, ossia ‘fatto’). 

Nonostante l’opposizione della Comics Code Authority, la storia di Lee venne comunque pubblicata, senza il bollino che indicava l’approvazione dell’authority: fu un evento epocale, che cambiò radicalmente il mondo del fumetto, che finalmente iniziò a presentare il mondo reale nei comics, anche nei suoi aspetti meno nobili e positivi.

Perchè Stan Lee compare nei film Marvel

Il ruolo di Lee come narratore pian piano lascio spazio al suo compito come vero fautore del futuro della Marvel. Quando Goodman sul finire degli anni ’60 vendette la Marvel alla Cadence Industries, il futuro della Casa delle Idee si spinse verso altri media, come la serialità televisiva e il cinema.

Motivo per cui Stan Lee, nominato editor Marvel, si spostò sulla West Coast per cercare di portare i personaggi della Casa delle Idee nel mondo del cinema. L'esperienza fatta da DC Comics con la celebre serie dedicata a Batman aveva convinto Lee che i super eroi erano destinati ad abbandonare le pagine dei comics per conquistare cinema e serialità. 

È da questi primi passi negli anni ’80 che prese vita un forte interesse per la casa editrice verso il cinema. La prima declinazione dei supereroi marveliani nel mondo dell'entertainment avvenne all'interno della serialità televisiva, dove dopo non perfettamente riusciti esperimenti che coinvolsero Spider-Man e Captain America, fu con la serie dedicata a Hulk che il mondo marveliano fece breccia nel cuore degli spettatori americani.

La serie dedicata al Gigante di Giada divenne un cult, capace ancora oggi di scatenare i ricordi dei fan, tanto da venire omaggiata nell'ultima puntata di She-Hulk: Attorney at Law. Questa fama consentì di creare un primo tentativo di sviluppare un universo più ampio, tentato con Il processo a Hulk, film per la TV in cui compariva come legale di Banner un certo Matthew Murdock, alias Daredevil. 

Un sogno per Lee, che però non prese vita. In compenso, è in quel film che Lee ha modo di interpretare il suo primo cameo, nei panni di un membro della giuria. Una presenza che all'epoca era comprensibile solo per il pubblico americano, ma che rappresenta l'origine di una tradizione cinematografica particolarmente amata negli ultimi anni. 

Con la nascita del Marvel Cinematic Universe, la tradizione dei cameo di Stan Lee è divenuta un must have. Che si trattasse di interpretare personaggi casuali, di venire scambiato per Hugh Hefner o esser sé stesso al cospetto degli Osservatori, questa presenza immancabile si è interrotta solamente con la morte di Lee, lasciando che il suo ultimo cameo fosse in versione animata in Spider-Man: Into the Spider-Verse.

Per comprendere quanto i cameo di Lee fossero amati, basterebbe ricordare che non sono avvenuti solamente nel Marvel Cinematic Universe, ma anche in produzioni di altri brand, come Fantastici Quattro o Deadpool. 

Le nuove generazioni hanno imparato a conoscerlo grazie ai suoi cameo nelle pellicole del Marvel Cinematic Universe, un ruolo che il Sorridente ha sempre svolto con estrema passione, tanto che commentò:

Adoro recitare in questi cameo, infatti sono piuttosto scocciato per il fatto che non abbiamo pensato a delle piccole apparizioni per me in Batman Begins e Superman Returns. Non sono io a scrivere la mia parte, altrimenti mi scriverei una scena di mezz’ora: la scrivono loro, e mi danno poco tempo perché hanno paura che eclissi le star con la mia performance

 

L’eredità di Stan Lee

Se i lettori, i Veri Credenti, erano da sempre vicini al mito di Stan Lee, una nuova generazione di appassionati ha imparato a conoscerlo proprio grazie alla sua apparizione nei film al cinema. 

Lee, nel bene e nel male, è stato l’artefice della nascita degli eroi moderni dei fumetti, ne ha riscritto con una felice intuizione l’essenza rendendoli protagonisti di una nuova forma di letteratura, avvicinandoli ulteriormente ai lettori.

Il nome di Lee, il suo sorriso smaliziato e il suo modo di fare amichevole e divertente sono divenuti il simbolo stesso di Marvel e del suo mondo, lo hanno trasformato in un simbolo immortale del mondo dei comics. 

Grazie a questa vita spesso artificiosamente costruita, come svelano alcune biografie, e alla sua capacità di creare una vera e propria amicizia con i lettori. Non più semplice autore, Stan Lee è divenuto un alter ego supereroico al pari di quegli eroi eterni che hanno contraddistinto la sua carriera. 

Il giorno della sua morte, arrivato come un fulmine a ciel sereno per tutti coloro che lo vedevano come una presenza immortale, fu la riprova di come oramai il Generalissimo fosse più di un semplice autore, ma era divenuto una figura familiare per gli appassionati. 

È lo è ancora oggi, perché la sua esplosiva creatività e il suo carisma saranno sempre parte del mondo dei comics, trascendendo i confini della pagina, conquistando il grande schermo, un’eredità fantastica di drammi, avventure ed emozioni che si rinnova costantemente. 

Excelsior, Smilin’ Stan.

 

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