Il nostro viaggio alla scoperta del Cielo Cremisi, persi nei meandri della civiltà e cultura nipponica, termina con il decimo episodio di Shogun, opera diretta da Justin Marks e distribuita da Disney Plus a partire dal 27 febbraio 2024.
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Un viaggio quello di John Blackthorne, nostro occhio occidentale sul Giappone, che ha emozionato, indignato, terrorizzato, scioccato gli spettatori, ritagliandosi un posto d’onore nel calderone di serie TV in circolazione: qualcosa di diverso, di anomalo, come anomala ed indefinita è la conclusione di quest’epopea.
Se ancora non avete avuto modo di approcciarvi agli ultimi due episodi, vi consigliamo di non leggere oltre: QUESTO ARTICOLO CONTIENE SPOILER!
- Cos’accade nel finale?
- Viviamo e moriamo
- Il Piano di Toranaga-sama, il signore degli inganni
- Mariko, il cielo cremisi
- Lo Shukumei di Blackthorne
- Il futuro della serie
Cos’accade nel finale?
Il sogno nel sogno si apre con un flashback di un anziano anjin che, dal suo capezzale, osserva i due nipotini e tiene stretta a se la croce di Mariko.
Davvero vi fu donata da un selvaggio?
L’episodio conclusivo si apre dopo un evento traumatico: la morte di Mariko-sama, avvenuta per mano di un gruppo di shinobi ingaggiati da Ishido e la cui infiltrazione nel castello di Osaka è stata facilitata da Yabushige, ambiguo elemento sino alla fine.
Blackthorne tiene stretta al petto la donna, urlando a squarciagola il suo nome, mentre il Signore di Izu chiede perdono in un angolo, realizzando in un istante di aver venduto la sua anima al diavolo.
Tuttavia, mentre il dolore avvelena inesorabilmente le loro menti, lontano, nel piccolo villaggi di Anjiro, il Signore di Edo osserva il proprio falco librarsi in volo, libero: un gesto, quello di Toranaga, pregno di significato.
Nel Castello di Osaka, Ishido deve affrontare le rimostranze dei Reggenti ed Ochiba no Kata. Nessuno di loro è più fermamente convinto di volerlo supportare in guerra, e i dubbi vengono rafforzati da un cattivo presagio, un terremoto breve, ma intenso.
La morte di Mariko ha chiuso un cerchio, decretato la conclusione non solo della serie TV, bensì di tutta l’intricata rete di sottotrame che compongono l’opera: assistiamo al rilascio degli ostaggio da Osaka, alla lenta quanto inesorabile follia di Yabushige-sama, ma soprattutto udiamo padre Alvito e John ragionare assieme, in termini pacifici, mettendo da parte per un momento le proprie divergenze ideologiche.
Sarà proprio Martin Alvito ad accompagnare John, illeso, al porto: mentre Yabu lo attende, il ministro di Dio fermerà l’inglese, informandolo dell’ultimo dono concessogli da la nobile Mary: quest’ultima ha stretto un accordo con la Chiesa, affinché l’uomo venisse risparmiato. Dopodiché, conclude con un sentito
Addio, e buona fortuna.
Tuttavia, John non fa in tempo ad accogliere il proprio dolore per la morte di Mariko, in quanto a poche centinaia di miglia, immersa nelle profondità del mare che circonda la baia di Anjiro, sta marcendo la sua amata nave. Ed è così che il giovane navigatore deve dire addio alla seconda delle sue amate.
Mentre Toranaga incolpa i cristiani e procede ad una sanguinosissima caccia all’uomo, Blackthorne si riunisce a Fuji in una scena dall’impatto emotivo straziante: entrambi, seduti a contemplare l’amato giardino della casa, sono immersi nei ricordi e scambiano tra loro frasi semplici, quando John esordisce con un genuino:
Niente interprete.
La regia di Marks qui è riuscita a cogliere tutto il dolore che traspare dallo sguardo inumidito della giovane Fuji, intrappolato in quell’unica lacrima che le solca il viso.
Viviamo e moriamo
Giunto ad una conclusione, John chiede udienza al signore di Edo. I due s’incontreranno in cima ad una collina e dialogheranno, a tratti, senza il supporto dell’interprete, il fedele Muriaji: l’anziano capo villaggio rivela al pilota di essere in realtà un samurai che, anni fa, è divenuto cristiano, malgrado sia rimasto fedele al suo signore Toranaga.
In lui convivono due realtà, lui è entrambe le cose: Fede, cristiana, e Speranza, incarnata da Toranaga.
L’esempio di Muriaji fornisce l’occasione perfetta a Blackthorne di battersi per una buona causa: il benessere del villaggio. Il massacro è controproducente, dacché John è fermamente convinto che non sia stato un abitante di Anjiro ad aver dato alle fiamme la sua nave.
Tuttavia, il Signore di Edo non vuole sentire ragioni, e la frustrazione mista a sentimenti nuovi, puri, quali la compassione e lo spirito di sacrificio, inducono John a prendere una decisione disperata:
Io muoio, non gli abitanti del villaggio.
Memore delle parole di Mariko, sfodera la spada e, in ginocchio, si accinge a fare seppuku, quando Toranaga lo ferma. L’anjin gli ha dato prova di essere cambiato, e questo gli basta: lo rassicura che il rastrellamento alla ricerca del nemico è terminato, e lo esorta a recuperare la sua nave e fornirgliene altre, una flotta.
Blackthorne sembra, infine, aver beninteso le parole di Mariko
Viviamo e moriamo.
Sì, ma per una causa onorevole.
Il Piano di Toranaga-sama, il signore degli inganni
Una volta scoperto che Yabushige ha concorso all’uccisione di Mariko, malgrado l’uomo si aspettasse un banale rapimento da parte del gruppo di shinobi, Toranaga ordina al mellifluo signore di Izu di squarciarsi il ventre entro il tramonto.
Se solo potessi vivere per assistere alla riuscita del vostro piano, qualunque esso sia…
Prima di decapitarlo in qualità di suo secondo, Toranaga-sama apre il vaso di Pandora ed illustra al condannato a morte parte del suo piano, mentre i due contemplano la natura attorno a loro.
Il signore di Edo e Mariko-sama hanno collaborato sin dall’inizio, tessendo una rete di bugie ed inganni, sacrificio e dolore a senso unico, un piano apparentemente perfetto: mentre lui dava ordine ai suoi di bruciare la nave (allo scopo di mettere alla prova l’anjin), Mariko era ad Osaka per fare ciò che un esercito non avrebbe potuto mai.
Spezzare sia le alleanze di Ishido, sia lo spirito combattivo dei suoi nemici.
Come ci si sente a controllare il vento a proprio piacimento?
Io non controllo il vento. Lo studio e basta.
Da lì ad un mese, l’esercito di Toranaga e quello di Ishido si ritroveranno faccia a faccia a Sekigara, ma non vi sarà alcuno stendardo imperiale a sostegno del suo rivale: le azioni di Mariko hanno indotto Ochiba no Kata a stancarsi presto dell’alleanza con Ishido, e la donna ha personalmente scritto a Toranaga che non avrebbe più supportato l'infido uomo.
E se l’imperatore non si schiera con Ishido, neanche i reggenti lo faranno.
Mentre il vero protagonista della vicenda narra con accurata lentezza ciò che accadrà in un futuro non troppo lontano, dinanzi agli occhi dello spettatore vengono proiettate poche, ma esplicative immagini dello scontro: ciò basta ad appagare la fame di conoscenza dei fan della serie.
Non l'epica evoluzione della battaglia, non una spirale di sangue e fango, bensì una graduale esegesi dell'ascesa di un uomo.
Mariko, il cielo cremisi
Tuttavia, il vero deus ex machina è stata Mariko Sama: il Cielo Cremisi si è già concluso, a ridosso della sua morte. La libertà di Mariko ha coinciso con la propria dipartita, proprio mentre il falco di Toranaga si libra in volo, libera anch'essa dalle catene di lealtà e onore.
Secondo Toranaga, la sua ascesa è stata possibile solo grazie alle piccole e grandi perdite che questa lunga guerra fredda ha mietuto. Continua, poi, citando in parte il loro primo incontro con Blackthorne:
Se si vince tutto è possibile…
Anche diventare Shogun.
Alla chiusura del cerchio vitale di Yabushige, corrisponde lo schiudersi di una nuova Era per Toranaga: come un bocciolo di ciliegio che fiorisce a prescindere dalle avverse condizioni climatiche, il Signore degli Inganni ha rivelato la sua vera natura.
Egli, ammaliante e calcolatore, ha gestito amici e famigliari come fossero pedine del GO, e tutto per ambire ad un paese senza più guerre, ad una nuova Epoca di Pace sotto un unico comandante: lo Shogunato Toranaga ha inizio.
Lo Shukumei di Blackthorne
Fuji, dopo aver comunicato a John di aver ricevuto la benedizione dal suo signore per poter diventare suora, viene invitata dall’inglese a fare un giro in barca. I due, allontanandosi dalla costa e giunti in mare aperto, danno un ultimo degno saluto ai propri cari, in quanto il pilota è fermamente convinto che
Un’anima affidata al mare sia destinata a vivere per sempre.
A dare inizio al rituale è Fuji che, spargendo le ceneri del marito e del figlio, può finalmente chiudere con il passato, libera. Dopodichè, entrambi stringono forte tra le mani il crocifisso di Mariko, in una scena che spezzerà anche i cuori più forti: prima di affidare anche l’anima della sua amica al mare, Fuji conclude con
Che le nostre mani siano le ultime a stringerla.
Tuttavia, il destino di Blackthorne non è ancora quello di tornare in Patria: secondo Toranaga, in effetti, non lo sarà mai. Il nuovo futuro Shogun ha in mente di tenersi stretto il giovane inglese, a costo di radere nuovamente al suolo la sua nave.
Mentre Blackthorne e gli abitanti del villaggio collaborano per recuperare i resti della sua amata compagna di mille avventure, Toranaga osserva le sue pedine dall'alto, vestendo i panni di una divinità, mentre il suo profilo si stanzia dinanzi alle montagne che circondando la baia di Anjiro.
Il futuro della serie
Ambiguo, come ambigua è la conclusione dell'episodio, malgrado Rachel Kondo e Justin Marks abbiano dichiarato che lo shukumei della serie TV è già stato scritto: Shogun è terminato, l'intera opera di Clavell è stata adattata (seppur con alcune necessarie modifiche, ma che non stravolgono assolutamente l'andamento della storia), il loro lavoro è stato svolto.
L'epilogo dell'adattamento non corrisponde ad un epilogo delle vite dei protagonisti della storia. Tuttavia, se Shogun è stato in grado di impartirci una lezione, questa sarebbe senz'altro:
Non è tanto il punto d'arrivo, la destinazione, quanto ciò che apprendi durante il viaggio.
Al di là del racconto intriso di epicità, al di là delle scene di lotta perfettamente coreografate, al di là dei personaggi carismatici, la bellezza della serie echeggia tutta nel potere delle parole, nei dialoghi colmi di significato, nel ritrovato splendore della lentezza dei gesti: la tela magnificamente decorata di un Giappone che ammalia in tutte le sue forme, sfumature e chiaroscuri.
Pertanto, orfani di una delle opere più discusse degli ultimi tempi, la conclusione studiata da Marks e Kondo sembra invitare gli appassionati ad avventurarsi lì dove tutto è iniziato, a sfiorare con mano le disarmonie del Paese del Sole, stimolando l'immaginazione dei propri spettatori e sollecitandoli a fantasticare sul destino dei personaggi, chiedendosi al contempo:
Quale sarà il MIO shukumei?
Immagine in evidenza tratta da Shogun, Disney Plus
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