Dopo il successo di serie TV del calibro di WandaVision, Loki e la seconda stagione di Loki, la piattaforma streaming Disney Plus ci riprova e sembra pronta a cavalcare i cieli cremisi del Sol Levante con una serie innovativa, che trascende i confini linguistici, culturali e temporali.
Malgrado l’iniziale esitazione circa la possibilità di comprimere le 1004 pagine dell’opera originale in soli 10 episodi, le sequenze iniziali dell'episodio d'apertura sono bastate a farci ricredere: il regista Justin Marks sembra essere riuscito egregiamente nell’intento, accontentando non solo gli appassionati di James Clavell, ma anche il resto degli spettatori a digiuno del romanzo del 1975, Shogun, benché sia stato necessario l’inserimento di qualche licenza poetica e una serie di taglia-incolla qua e là per ovvie esigenze di trama.
L'attesissima serie TV originale Disney+ sarà distribuita sulla piattaforma omonima a partire dal 27 febbraio 2024.
Abbonati adesso a Disney Plus a partire da 5,99€ al mese
Una regia a tratti impeccabile, una colonna sonora dalle tinte suggestive, tipiche del Paese del Sole, una recitazione gradevolissima, complice anche un cast di eccezione, costumi evocativi ineccepibili e scene di addestramento e guerra perfettamente coreografate, merito anche di scelte registiche dinamiche, ma che offrono uno sguardo più ampio, senza mai mettere in secondo piano ciò che circonda i protagonisti.
Il tutto condito, poi, da dialoghi profondi, ricchi di riflessioni morali e religiose, che stimolano lo spettatore a riflettere sul senso della vita e sulla conseguenze delle proprie azioni, nonché su differenze e similitudini che intercorrono tra individui appartenenti a diverse culture.
Così come le inquietanti note del taiko (un tamburo tipico giapponese) preannunciavano la battaglia, la colonna sonora di Shogun ha il potere di proiettare lo spettatore nel vivo della narrazione, rendendo difficile staccare gli occhi dallo schermo e tornare alla realtà.
- Di cosa parla Shogun: il ritorno del Cielo Cremisi
- Shogun, i tre cuori del popolo giapponese
- Cieca obbedienza, onore, lealtà e rispetto
- Dualismo dell’animo: luce ed ombra
Di cosa parla Shogun: il ritorno del Cielo Cremisi
Giappone, primi anni del 1600. Il Taiko, signore assoluto del Giappone e detentore della pace, è morto da poco, lasciando il suo amato Paese nelle mani di un Consiglio da lui appositamente scelto, formato da cinque Reggenti, in attesa che il suo unico erede compia l’età designata per continuare a regnare sul paese del Sol Levante.
Nel castello di Osaka, circondati dai loro fedelissimi samurai, troviamo i daimyo Ishido Kazunari (Takehiro Hira), Yoshi Toranaga (Hiroyuki Sanada) e i tre reggenti cattolici: Ohno, potente guerriero dal volto deturpato; Sugiyama, uomo più ricco del Giappone; Kiyama, la cui fede è dettata solo dall’avarizia.
Il Consiglio accusa Toranaga, il favorito del Taiko, di star operando solo per il suo personale tornaconto, ma il Signore del Castello di Edo nega le tracotanti accuse dei suoi compagni.
A difendere l’onore del proprio daimyo s’intromette un giovane samurai, e allo spettatore viene immediatamente dato un assaggio di ciò che la serie TV ha in serbo per lui: il soldato, accortosi immediatamente di aver disonorato il proprio signore peccando di insolenza, s’inginocchia dinanzi a Toranaga chiedendogli di poter fare seppuku.
Ed è esattamente ciò che accade: la vita del giovane e di suo figlio appena nato (quest’ultimo semplicemente per assicurarsi di metter fine alla sua disonorevole discendenza) vengono prese per un futile e banale motivo, poiché l’onore è l’unica cosa che conta per un samurai.
La scena straziante di Fuji (Moeka Hoshi) che chiede di fare seppuku, urlando di voler raggiungere il neonato e suo marito, commuoverà anche i cuori più rigidi. A lei, nipote di Toda Hiromatsu (fidatissimo consigliere di Toranaga), non sarà concesso l’onore di porre fine alla propria esistenza.
Una regia brutale, che predilige riprese dall’alto, ma in costante movimento, fornendo allo spettatore un risultato eccezionale: una visuale più ampia, aperta, chiara.
Il regista è stato in grado di calibrare perfettamente gli stacchi narrativi, senza far mai risultare la messa in scena frettolosa o grossolana, dosando momenti di suspense, azione e commozione, riuscendo a catturare completamente l'attenzione dello spettatore: dimenticherete di non essere realmente lì accanto ad Hiromatsu, inginocchiati di fianco a Toranaga-Sama, spettatori della sua lotta privata contro il malvagio Ishido.
Nel frattempo, all’orizzonte del piccolo villaggio di Ajiro (Izu, isola Honshu) spunta l’Erasmus, ultima sopravvissuta di una compagnia di vascelli mercantili olandesi. A bordo, il pilota inglese John Blackthorne (Cosmo Jarvis) tenta di salvare ciò che resta dei propri compagni, mentre una tempesta che sembra essere stata imbastita dal Kami del mare in persona infuria e fa strage di tutto ciò che resta.
Cielo e mare sono una cosa sola, e al pilota non resta che lasciarsi fagocitare dalla potenza della pioggia e dal fragore del vento.
Tuttavia, il destino di Blackthorne è tutt'altro che compiuto. Lui e i pochi sopravvissuti rimasti si risvegliano nell’abisso di un pozzo, privati di luce, sporchi, puzzolenti e debilitati: dall’alto Kashigi Omi (Hiroto Kanai), il Signore di Ajiro, e il suo plotone di samurai tentano di intavolare una conversazione, in un misto di giapponese, olandese e inglese, ma la barriera linguistica impedisce ad entrambi i gruppi di comprendersi.
Stremati ed infuriati, schivi nei confronti di quelli che ai loro occhi appaiono come selvaggi, termineranno maledicendosi a vicenda, esordendo in giapponese e in inglese con un fragoroso
Fottuti selvaggi!
Ben presto, però, John viene prelevato, malmenato e costretto con la forza ad ambientarsi. Blackthorne, il cui cognome è troppo complesso da pronunciare per i giapponesi, viene denominato “Anjin”, pilota in giapponese, e trascinato dinanzi ad uno dei personaggi cardine dell’intera serie: Kashigi Yabushige (Tadanobu Asano), daimyo di Izu (e zio di Omi), forte e astuto samurai, avido di gloria e denaro.
Un personaggio sadico, spietato, dalle molteplici facce, che comprende subito quanto l’inglese e le armi dell’Erasmus possano essere sfruttati a suo vantaggio: spezzare l’animo del barbaro, piegarlo al suo volere, mostrargli di cosa è capace un vero samurai, saranno i suoi obiettivi primari.
Ad ogni modo, ben presto un'altra nave approda sulla costa di Ajiro. A fare il suo ingresso è Hiromatsu (Tokuma Nishioka), e i piani di Yabushige sfumano, mentre per Blackthorne è giunto il momento di affrontare una nuova avventura: si imbatte nel sagace Rodrigues (Nestor Carbonel), rozzo ma abile pilota spagnolo, con cui instaura uno strano rapporto di collaborazione, tra improperi e battutacce.
Finalmente, l’ingles (come lo soprannomina Rodrigues) prende nuovamente il mare, stavolta in direzione di Osaka, per incontrare il comandante in capo delle armate dell’Est: Yoshi Toranaga.
Nel corso del viaggio, però, la nave viene colta da una tempesta, e a uscirne sani e salvi saranno in pochi: Rodrigues sarà inghiottito dalle turbolenti acque salate, ma Blackthorne riuscirà ad individuare il suo corpo inerme alla base di un dirupo.
Mentre è intento ad imbastire un piano d’azione, Yabushige si denuda e si getta di sotto, portando in salvo lo spagnolo e guadagnandosi il rispetto di Blackthorne.
Proprio come Kashigi Yabu aveva previsto.
Il disumano destino di Blackthorne si intersecherà a quello di altri personaggi, individui profondamente diversi, dal passato incerto, intenti a nascondersi dietro parole di miele e gesti gentili, imprigionati in antichi rituali e torbide macchinazioni. Signori dell’inganno, chi per un motivo, chi per un altro.
Giunto finalmente al cospetto di Toranaga, l’anjin entrerà in contatto con i suoi due interpreti: la giovane Lady Mariko (Anna Sawai), fredda e glaciale donna di fede, e Tsuji-sama, il prete cattolico Padre Alvito (Tommy Bastow), che tradurrà fedelmente le parole di Blackthorne, malgrado anche lui lo disprezzi.
Mentre quest’ultimo è intento a lottare per la propria vita, le carte in tavola verranno rimescolate nuovamente: Ishido, nemico naturale di Toranaga, fa il suo ingresso nella sala e dichiara formalmente guerra al signore del Castello di Edo.
Da questo momento in poi, i destini intrecciati dei personaggi principali finiranno col collimare, sovrapponendosi li uni agli altri, in una storia che parla di guerra, sangue e fango, onore, devozione, slealtà e obbedienza cieca. Blackthorne, Toranaga e Mariko sono legati dal medesimo shukumei, il destino in giapponese.
Così, mentre nel primo episodio Blackthorne sembra essere il solo vero personaggio principale, nel corso della serie il ruolo di protagonista viene spesso messo in discussione, e allo spettatore vengono forniti differenti punti di vista, senza però ricorrere ad espedienti narrativi serranti, o aberranti cliché.
Il fluire della trama non è mai messo in discussione, gli eventi scorrono naturalmente, come lo scorrere di un fiume.
Lo spettatore viene invitato ad osservare il mondo anche dagli occhi di Mariko, donna ferita che tenta pian piano di comprendere la prospettiva di Blackthorne, un uomo che incarna l’intero occidente, i cui comportamenti inizialmente la disgustano ed imbarazzano.
Lentamente, la prospettiva di Mariko muta, evolvendosi in quella di Toranaga, poi di Yabushige, poi di Ochiiba, e così via.
Quando all’anjin sarà chiesto di spiegare come stanno realmente le cose in Occidente, lui illustrerà a Toranaga e i suoi vassalli come quest'ultimo si sia diviso i territori al di fuori dei suoi confini, e di conseguenza come il Giappone sia di proprietà dei cattolici portoghesi. Ed ecco spiegato il motivo dietro l’opera di evangelizzazione che perdura da ben 15 anni: il Portogallo vuol fare piazza pulita della millenaria cultura nipponica.
Il focus sugli sguardi allarmati ed irritati di Toranaga, Hiromatsu, Omi e Yabushige, gli occhi color pece del generale puntati dritti in quelli azzurri come il mare del pilota, una scena ricca di tensione, accompagnata da musiche epiche, in un crescendo di emozioni che culminerà nell'inevitabile, quanto spaventoso:
È guerra.
Tuttavia, Blackthorne fa ancora fatica a comprendere le abitudini di quel popolo lontano, e non vede l’ora di abbandonare le sponde del feudo di Izu. Eppure, il Fato ha ben altro in serbo per lui.
Da questo momento in poi, si dipanano una serie di vicende che fanno parte alla storia (più o meno) reale del Sol Levante, rielaborati e romanzati dalle sapienti mani di Clavell: l'autore intreccia i destini dei protagonisti alla storia di una Nazione in procinto di cambiare radicalmente, all'alba dello shogunato più influente di tutti i tempi.
Battaglie, carezze, abbracci fugaci, strazianti addii, personaggi dalla morale ambigua, intrighi e brandelli di cultura nipponica che vanno a tessere le fila di una trama ricca, potente, difficile da dimenticare.
Shogun, i tre cuori del popolo giapponese
La trama di Shogun è intricata, ma allo stesso tempo lineare. Complessa, ma allo stesso tempo semplice. Una babele di intrighi politici, curiosità storiche, guerre sanguinose e battaglie che alternano fulgide spade, selvaggi cannoni, imponenti archi e fumanti pistole. Un gioco di contrasti che si traduce nel conflitto interiore degli interpreti coinvolti.
Uomini e donne d’onore, presentati con primi piani d’impatto, che con la potenza del solo sguardo bucano lo schermo e compenetrano l’animo dello spettatore. Facce coperte da maschere invisibili, volte a nascondere i reali intenti delle parti in gioco, come sostiene un antico detto giapponese:
L’uomo ha tre cuori:
uno nella bocca, che gli fa conoscere il mondo,
uno nel petto, riservato ai suoi cari,
e uno sepolto nel profondo, che nessun altro può trovare:va tenuto nascosto, se si vuole sopravvivere.
Il realismo storico che permea l’intera opera è palpabile: fornisce a noi spettatori una serie di nozioni cardine della cultura giapponese, mostrandoci abitudini, rituali, peculiarità tutt’uno con la narrazione, senza mai risultare una serie documentaristica.
La scena della preparazione del tè matcha, ad esempio, è una delle più delicate e significative della serie TV: il focus sulle mani dei protagonisti, l’attenzione ai gesti, il potere del silenzio che permette ai suoni di tazzine e oggetti del vivere quotidiano di risaltare, avvolgono lo spettatore in una calda coperta di lana, in un momento che appartiene solo ai protagonisti della vicenda.
Cieca obbedienza, onore, lealtà e rispetto
La storia narrata in Shogun ruota quasi del tutto attorno alla figura della donna: madre, moglie, serva, guerriera, prostituta, intrappolata in matrimoni combinati, ingabbiata in carceri dorate.
Il loro sangue avvelenato dalla guerra, l'animo temprato da mille battaglie.
Le donne giapponesi sono anch'esse proprietà di uomini dal cuore ruvido, merce di scambio e non esseri umani, ma in modalità diversa dall'occidente: servono il proprio marito e il proprio signore con lealtà cieca, per non macchiare l'onore della propria casata, e lo fanno senza batter ciglio, perché la cultura del loro paese prevede “obbedienza, onore, rispetto”.
solo il dovere è imperituro in questa vita.
Sin da bambine lustro e devozione al proprio clan sono reale fulcro della loro esistenza, forza motrice di un Fato che allo spettatore sembra sin da subito maledetto, funesto, ma che in realtà nasconde i germi di una cultura che affonda le sue radici nel concetto del Recinto in Otto Parti, come narra Mariko a Blackthorne:
Sin da piccoli, ci insegnano a costruirlo dentro di noi. Un muro impenetrabile, dietro cui nasconderci quando ci occorre.
Bisogna imparare ad ascoltare senza sentire: per esempio, si può ascoltare un bocciolo cadere o un sasso crescere.
Se si ascolta davvero, le circostanze presenti scompaiono.
Non fatevi ingannare dal nostro garbo, dai nostri inchini e dai nostri rituali: oltre tutto ciò, potremmo essere ad una grande distanza.
Altra colonna portante in Shogun è il senso della vita, nonché la persistenza della morte.
Il concetto stesso di vita, per un samurai, ha valore solo se votata all'onore, solo in funzione della propria "dignità di guerriero": un concetto che Blackthorne faticherà a comprendere. Il pilota, dinanzi all’esecuzione di un pover’uomo per aver compiuto un gesto effimero, non potrà fare a meno di crollare, sconcertato dal poco valore che il popolo nipponico assegna alla vita di un essere umano.
Malgrado ciò, all’anjin sarà offerta un’importante, ma sofferta lezione, e cioè che le parole hanno un peso. Tuttavia, col tempo anche allo spettatore sarà chiaro che non è sempre così: non sempre un samurai uccide senza motivo, non tutti credono nelle morti senza senso.
Dualismo dell’animo: luce ed ombra
La duplicità è parte integrante di Shogun, una serie che non posa le sue basi sulla caratteristica lotta tra bene e male: i protagonisti sono guasti, spezzati, malgrado si fingano apparentemente integri, in una totalità fatta di debolezze, egoismo, malvagità e benevolenza. Incarnano perfettamente il dualismo presente in tutti noi, composto da ombra (yin) e luce (yang).
In ogni personaggio sono presenti due (o più) cuori: Mariko è una donna glaciale, desidera morire, ma nasconde dentro di sé un mondo variopinto di debolezze ed emotività. Toranaga è un guerriero onorevole, saggio, ma anche il “Signore degli Inganni”, pronto a tutto pur di raggiungere il proprio scopo. Yabushige è un samurai apparentemente dignitoso, ma nasconde un universo di intrighi e inganni, il ché lo rendo, probabilmente, uno dei personaggi più affascinanti, che con la sua sagace ironia riesce spesso ad allentare la tensione.
E infine, John Blackthorne, rude, selvaggio, “pirata”, ma che si scopre sensibile ed indifeso. Un uomo che, alla fine dei conti, non si rispecchia ne’ nelle abitudini occidentali, ne’ in quella orientali del Nuovo Mondo: un uomo dall’animo spezzato, diviso tra passato e futuro, che ha perso ormai quel che credeva essere il suo posto nel mondo, benché sia consapevole di dover forgiare da sé il proprio destino.
Non fatevi ingannare dalla sfilza di personaggi eccezionali, perché in Shogun il vero protagonista è Shogun: non l'anjin, non Toranaga, bensì la brutale immagine di un Giappone del 1600, con i suoi costumi e usanze, con le sue musiche e rappresentazioni teatrali, le sue battaglie, le fulgide spade, le armature e le terrificanti mempo, i rituali serrati, le pianure verdeggianti, i piccoli villaggi di pescatori.
Se siete amanti del Paese del Sole, se non potete fare a meno di sognare l'hanami, se vi affascinano le abitudini di un popolo apparentemente delicato, ma al contempo impietoso e ligio al dovere, se accettate sia pregi che difetti del Giappone, allora Shogun è la serie TV che fa per voi.
Commento
Voto di Cpop
85Pro
- ottima regia, dinamica
- recitazione impeccabile, soprattutto quella degli attori nipponici
- storia intrigante e appassionante
- aderenza al libro (opera originale, Shogun di James Clavell)
- colonna sonora da brividi
Contro
- CGI non proprio al massimo
- fastidioso l'effetto blur (sfocato) ai lati della cinepresa
Iscriviti al nostro canale Telegram e rimani aggiornato!