Netflix come produttrice di serie italiane: promossa o bocciata? Il colosso dello streaming mondiale è uscito vincitore dalla lotta tra servizi di contenuti on demand durante i difficili mesi della pandemia. Nonostante il lancio di Disney+ e la controproposta (spesso di grande qualità) di Amazon Prime Video, se dici streaming dici Netflix, anche e soprattutto in Italia. Tra social, media e cultura pop, non è difficile intuire quanto le persone ripongano fiducia nella proposta del catalogo della grande N. Per quanto piccolo e sconosciuto, un prodotto Netflix è già un titolo da vedere, in grado di generare hype proprio grazie al marchio che porta su di sé.
L'idea di una serata Netflix in famiglia, l'utilizzo con gli amici di applicazioni come Netflix Party, hashtag e meme da scambiarsi sui social: sono segnali che rivelano una consolidata e affettuosa familiarità casalinga con un'azienda tra le più note e amate a livello mondiale. Netflix non è solo una parola di sette lettere scritte in rosso o un'app sulla smart TV: è un marchio che la gente ama e apprezza a livello mondiale. Suscitare affetto, fiducia e positività presso i consumatori è un traguardo molto impegnativo per un'azienda che vende qualcosa: raggiungerlo in appena 12 anni dalla sua fondazione racconta molto del potere culturale che ha acquisito questo gigante dell'intrattenimento.
Ormai l'impatto culturale sull'immaginario collettivo di prodotti come Stranger Things e La casa di carta è innegabile e forse irreversibile, così come l'influenza di Netflix come studio cinemagrafico, vedi alla voce Roma e Marriage Story. In campo nazionale però la scalata di Netflix ai cuori degli spettatori è tutt'altro che conclusa. Allo sbarco del servizio di streaming in una data nazione è solo questione di tempo prima che Netflix finanzi produzioni in loco o pianifichi la realizzazione di prodotti originali. Così è successo anche in Italia: dopo qualche coproduzione e accordo di prova con Rai, Mediaset e Sky, Netflix si è lanciata nel mercato molto strutturato e poco innovativo della fiction italiana con le sue produzioni originali.
A due anni di distanza dal debutto di Baby la lista di produzioni originali Netflix si è allungata parecchio, ma i dubbi e le perplessità rimangono. Basta pensare all'unanime bocciatura riservata all'ultima fatica di Netflix in Italia, Curon. la recensione di NoSpoiler è allineata a quello che è stato un generale massacro da parte della critica. Eppure la stessa Curon appare in classifica tra i dieci prodotti più visti dagli utenti italiani.
Insomma, le serie originali Netflix prodotte in Italia funzionano oppure no? La strategia di Netflix è efficace o andrebbe rivista?
Le serie italiane di Netflix: cosa funziona
Diamo a Netflix quel che è di Netflix: le sue scelte produttive denotano coraggio e spregiudicatezza. Nel panorama della fiction italiana c'è una strada particolarmente sicura da intraprendere se si vuole conquistare lo spettatore con facilità: il poliziesco, giallo o genere investigativo che dir si voglia. Basta procurarsi un commissario, un procuratore o un arzillo prete di campagna con il pallino delle indagini - magari pescando dall'immenso e popolarissimo catalogo di case editrici specializzate come Sellerio - e il successo è assicurato, o quasi. Rai non solo ci ha costruito un impero, ma ha abituato il pubblico a questo genere di prodotti, proposti nel corso degli anni in una infinita gradazione di varianti qualitative e destinati a target differenti. Il colore umami della serialità italiana è indubbiamente il giallo.
Concettualmente Don Matteo e Rocco Schiavone non sono poi così dissimili, ma il risultato finale è quasi agli antipodi per qualità e pubblico di riferimento. Non solo: anche all'estero questo genere di produzioni italiane sono molto viste e apprezzate, quindi un prodotto Netflix di taglio investigativo si presterebbe bene per una scalata a livello globale. L'altra opzione è la serie giocata sul racconto dell'italianità attraverso il potere e la criminalità, campo in cui eccelle Sky. Certo poi esistono realtà italiane particolari come Un posto al sole e Boris, ma rimangono una sorta di unicum, che non si è mai voluto o saputo replicare.
La strategia del gigante dello streaming invece è decisamente ardita e punta su un pubblico molto, molto trascurato dai produttori storici italiani: i giovanissimi. Il target di prodotti come Baby e Summertime punta chiaramente al pubblico dei più giovani, guardando soprattutto alla fascia adolescenziale. Anche titoli potenzialmente più adulti come Curon per scelte di cast e toni sembrano rivolgersi in primis a chi ancora adulto non è. In questo senso è emblematico il ripescaggio e salvataggio di Skam Italia, il format seriale adolescenziale per antonomasia.
Quella di Netflix è una strategia con un buon ragionamento di base. Quello dei più giovani è un pubblico che la fiction tradizionale fatica moltissimo a catturare. Date le modalità di fruizione di Netflix, puntare su un pubblico italiano vasto, attento e totalmente trascurato dalla TV è un'idea potenzialmente ottima. Anche i generi scelti da Netflix sono poco battuti dalle emittenti tradizionali: romance adolescenziale, sovrannaturale, horror sono praticamente assenti dai palinsesti Rai, Mediaset e Sky.
Non bisogna poi dimenticare che Netflix punta sui giovani anche dal punto di vista produttivo, spesso affidandosi a poco più che esordienti davanti e dietro la cinepresa. Inoltre dimostra una grande attenzione nella scelta di cast e progetti alla rappresentazione della diversità, non mancando mai di inserire elementi narrativi e personaggi che permettano al pubblico queer e non caucasico e cattolico d'identificarsi.
Le serie italiane di Netflix: cosa non funziona
Guardando i nostri vicini europei però è innegabile che le produzioni italiane non abbiano lo stesso appeal. Non significa che non siano viste (anche da un pubblico adulto) ma spesso la visione è un sorta di guilty pleasure in chiave trash. Le serie Netflix italiane generano meno dibattito, amore e hype delle controparti straniere. Intanto la Spagna sta costruendo un impero televisivo globale, la Germania ha piazzato una hit raffinata come Dark, la Francia un piccolo horror cult come Marianne e persino una nazione poco "televisiva" come l'Austria ha ottenuto un discreto successo con Freud (distribuito ma non prodotto da Netflix). Difficile valutare l'impatto dei prodotti Netflix italiani stando entro i nostri confini, ma in questo campo le recenti produzioni Sky e Rai sembrano cavarsela meglio. Penso ad esempio successi come L'amica geniale, The Young Pope, Rocco Schiavone.
Qualcuno potrebbe obiettare che molte di queste serie concorrenti sono coproduzioni e coinvolgono nomi noti a livello internazionale. Non bisogna dimenticare che i primi esperimenti di Netflix in ambito italiano sono state proprio coproduzioni con Rai, Rai Gulp, Lucky Red, Sky e Mediaset, prima di passare a prodotti interamente originali e realizzati "in house". Inoltre nulla vieta a Netflix di assoldare un regista o attore italiano particolare famoso e apprezzato a livello internazionale per un proprio progetto. Un Paolo Sorrentino (showrunner di The Young Pope per Sky) o un Luca Guadagnino (appena ingaggiato da HBO proprio per una serie a tema adolescenziale) non solo accenderebbero i riflettori su una serie, ma porterebbero un elemento che sembra mancare a tutte le produzioni Netflix italiche: l'esperienza.
Il mercato televisivo italiano è maturo, molto sviluppato e per certi versi saturo. Per quanto Netflix possa puntare su un pubblico trascurato dalla TV, per fare il salto di qualità serve una comprensione profonda della realtà italiana e delle sue specificità. L'impressione è che da qualche parte negli Stati Uniti i vertici Netflix (ma anche quelli Amazon Prime Video) abbiano deciso che basta replicare modelli esteri che hanno avuto successo presso il pubblico italiano per imbroccare una hit. I risultati suggeriscono che affidarsi a qualcuno con il polso della realtà italiana potrebbe essere necessario e risolutivo per uscire da questa impasse.
La realtà seriale italiana è unica sotto molti aspetti. Rispetto agli Stati Uniti in Italia le writing room sono molto ristrette e pochi sceneggiatori tendono a scrivere tutti i copioni di una serie. Lo stesso discorso si può replicare per i registi, che raramente si alternano alla regia di una singola stagione. Il risultato è che i migliori professionisti del settore lavorano moltissimo, hanno grande competenza ma anche sono difficili da interpellare perché hanno sempre le agende piene. La soluzione tampone di Netflix è stata quella di dare fiducia a giovanissimi o persone con una certa esperienza nel mondo culturale italiano, ma non in quello televisivo e seriale. Penso ad Andrea De Sica alla guida di Baby o all'intero progetto Scatola Nera di Amazon Prime Video. Su un mercato così sviluppato è difficile improvvisarsi showrunner, specie se da una parte c'è la concorrenza dei migliori sceneggiatori italiani e dall'altra la rivalità fratricida con altre serie Netflix.
L'impressione abbastanza consolidata che le produzioni stesse siano messe in piedi con budget non propriamente allineati con i grandi titoli statunitensi o europei che vanno a scimmiottare. Scorrendo l'elenco delle manovalanze e delle figure tecniche assoldate si faticano a trovare nomi di grande esperienza, così come spesso davanti alla cinepresa ritroviamo assoluti esordienti.
La questione attoriale è particolarmente complessa, perché è innegabile che la realtà italiana ha un grosso deficit: tra cinema e TV c'è una grave assenza di giovani e giovanissimi interpreti capaci. Lo si nota subito anche nelle fiction televisive o nei film d'autore. Spesso i piccoli interpreti sono davvero stridenti per incapacità o scarsa professionalità. Se Matteo Garrone non è riuscito a trovare due bambini all'altezza per il suo Pinocchio, forse è ingiusto rimproverare a Netflix il bassissimo livello recitativo delle sue produzioni.
Tuttavia bisogna rilevare che il criterio con cui vengono scelti i protagonisti delle sue serie sembra prettamente estetico. I protagonisti di Summertime, Baby e Luna Nera colpiscono per la loro bellezza decisamente sopra la media, spesso accompagnata però dalla più assoluta estraneità alla recitazione. Non è nemmeno un problema di esordienti assoluti.
Spesso si è rimproverato al cinema e alla TV italiana di "sterilizzare" le cadenze dialettali locali optando per una dizione standard che risulta poco verosimile. Il cast di L'amica geniale è composto da giovanissimi quasi sempre al primo vero ruolo su schermo, eppure convince e supera senza troppi problemi la prova dell'accento napoletano. Di fronte al melting pot di accenti che gli attori di Curon non riescono a tenere a freno, in una serie in cui l'influenza del tedesco sulla parlata delle persone dovrebbe essere fortissima, viene da rimpiangere la dizione perfetta di certo cinema italiano. L'impressione è che Rai e HBO per L'amica geniale abbiano prestato grande attenzione in fase di casting e di riprese per smussare l'inesperienza dei loro interpreti, mentre Netflix si affidi molto all'aspetto degli stessi, portandoli sul set senza il supporto necessario per evitare scivoloni dovuti alla loro inesperienza.
Dati i risultati raggiunti in Luna Nera e Curon, sarebbe forse il caso di dare una chance a qualche interprete meno piacente ma più versato nella recitazione. Non che gli attori di alcune hit spagnole brillino per capacità recitative. Anche altrove il criterio di scelta sembra la fotogenia, ma il risultato finale è comunque più convincente.
Netflix rimandata a settembre
Insomma, a funzionare poco nelle serie italiane è la scrittura dei soggetti, che fatica ad essere originale e guarda un po' troppo ad altri modelli. Quando c'è già un format da seguire, come nel caso di Skam, il risultato è anche interessante. Quando si va a braccio invece sembra mancare soprattutto una scrittura accattivante. Anche sul piano registico e produttivo Netflix sembra muoversi un po' al risparmio, o comunque fatica a trovare tra esordienti e giovani promesse qualcuno che riesca davvero a dare una svolta alla propria carriera e alla serie Netflix italiana di turno.
Non bisogna poi dimenticare un problema attoriale evidente, strettamente intrecciato ai due già citati. Una sceneggiatura fiacca e una regia poco brillante non aiutano un interprete poco carismatico e viceversa. Non da ultimo, il trend nazionale e generale di Netflix di puntare a prodotti giovanili risulta comunque respingente verso una bella fetta di pubblico pagante, poco interessato a prodotti "per ragazzini". Che sia un pregiudizio o meno, per correre dietro ai più giovani è Netflix stessa a precludersi interi generi "adulti" dalla florida tradizione italiana: erotico, horror, thriller, poliziesco, western, animazione, persino fantastico e fantascientifico. A un certo punto della lunghissima storia seriale italiana, si è provato con successo praticamente ogni genere di prodotto.
Alla fine del 2020, Netflix è promossa o bocciata? Direi rimandata a settembre in serie italiane. La voglia e una certa dose di spregiudicatezza ci sono, ma l'approccio finora tenuto è stato fatalmente superficiale. Prima di poter mettere insieme una scuderia italiana tutta sua, Netflix dovrebbe tornare ad appoggiarsi a personalità d'esperienza nel comparto italiano, sia dal punto di vista autoriale sia produttivo. Di giovani sceneggiatori, attori e registi in attesa dell'occasione giusta il mercato italiano è ricolmo: bisogna però saperli scegliere con cura.
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