Black Mirror Stagione 7, recensione: tra graditi ritorni al passato e inaspettati scivoloni

La stagione 7 di Black Mirror, ora su Netflix, offre 6 episodi tra alti e bassi: spunti brillanti, cadute di stile, ma un ritorno promettente alle origini.

Autore: Giovanni Arestia ,

La settima stagione di Black Mirror è da oggi, 10 aprile 2025, disponibile su Netflix e segna un ulteriore capitolo nella lunga e non sempre eccelsa carriera della serie ideata da Charlie Brooker. Ancora una volta, la produzione si avventura in territori inesplorati o parzialmente esplorati del nostro rapporto con la tecnologia, affrontando i temi dell’identità, della sorveglianza, delle relazioni umane e del potere con l’ormai consueto tono provocatorio e distopico. Con un cast stellare, tra citazioni, piccoli Easter Egg e sequel, questa nuova raccolta di sei episodi si mostra come un insieme piuttosto eterogeneo dal punto di vista qualitativo, in cui non mancano punte di eccellenza, ma anche nuove cadute di tono che ne minano l’impatto complessivo.

Un inizio spumeggiante

Brooker, fedele al formato antologico, propone storie indipendenti ma tutte accomunate da una riflessione sul futuro, che talvolta appare sorprendentemente vicino al nostro presente. La settima stagione di Black Mirror mostra fin da subito l’ambizione di spingersi oltre i confini tradizionali del racconto tecnologico. Tuttavia, la varietà tematica e stilistica non sempre gioca a favore della coerenza narrativa. Alcuni episodi brillano per originalità e profondità, mentre altri sembrano non andare oltre l’esercizio di stile, con trame diluite o eccessivamente didascaliche.

La nuova stagione, a differenza di quanto visto con le ultime due, inizia subito con il botto con l'episodio intitolato Gente Comune scritto da Charlie Brooker e diretto da Ally Pankiw. Ambientato in un futuro iperconnesso ma emotivamente desolato, questo racconto si concentra sulla vita di una famiglia normale colpita da una incurabile tragedia. Un'emergenza medica, infatti, riduce Amanda (Rashida Jones) in fin di vita e il suo disperato marito Mike (Chris O'Dowd ) la iscrive a Rivermind, un sistema high-tech con una gestione simile alla stessa Netflix che la manterrà in vita.

La forza di questo episodio sta nella scrittura tagliente e nell’interpretazione intensa degli attori protagonisti, che riesce a trasmettere con un realismo disarmante, la sensazione di impotenza mascherato da iperconnessione. Le tematiche affrontate sono trattate con sagacia e una punta tutt'altro che velata di polemica nei confronti della gestione dei prezzi dei vari abbonamenti ai servizi di streaming. Il finale, amaro ma coerente, lascia allo spettatore una riflessione profonda e le citazioni a episodi di stagioni precedenti, come le api hi-tech di Odio universale della stagione 3, permettono di creare collegamenti raramente osservati in questa serie. 

Una doppia caduta di stile

Il climax di positività viene, purtroppo, abbattuto già dal secondo episodio intitolato Bestia nera che presenta una storia potenzialmente intrigante e che riguarda la gestione virtuale della realtà a proprio piacimento, ma sfruttata con una deludente banalità e un finale difficile da digerire. La più grande delusione, però, arriva con il terzo episodio Hotel Reverie presentato come la punta di diamante della nuova stagione sia per la durata maggiore con i suoi ben 76 minuti (anche se in realtà non è il più lungo) sia per la presenza nel cast della splendida Emma Corrin divenuta celebre per il ruolo della principessa Diana in The Crown (che le è valso anche un Golden Globe) e poi osservata in altre pellicole di spicco come Deadpool & Wolverine (ecco a voi la nostra recensione di Deadpool & Wolverine) e Nosferatu (ecco la nostra recensione di Nosferatu).

L'idea alla base di questo episodio è quella di mostrare i pregi e i rischi dell'evoluzione del cinema e del deepfake IA. Non mancano i riferimenti alle politiche woke di modificare attori e personaggi in nome dell'inclusività e dell'uguaglianza e citazioni varie come a Streambarry, la piattaforma simile a Netflix introdotta nell'episodio Joan è terribile della sesta stagione. La realizzazione di un remake high-tech e insolitamente immersivo di un film britannico vintage finisce per mandare la star di Hollywood Brandy Friday (Issa Rae) in un'altra dimensione, dove deve attenersi alla sceneggiatura se vuole sopravvivere.

Il problema, però, è il tono usato per l'intera narrazione ovvero eccessivamente ironico, dissociato e irrealistico anche dinnanzi a problematiche serie e tangibili. Lo spettatore non riesce mai a empatizzare con i personaggi poiché vengono, volenti o nolenti, mostrati come delle macchiette che compiono azioni tratte dai più classici cliché come versare il caffè su un computer che si danneggia irrimediabilmente. Davvero un peccato considerando l'alto livello tecnico e attoriale.

La risalita sul finale

Per fortuna, però, gli ultimi tre episodi consentono di far rientrare in carreggiata l'intera stagione, mostrando che Black Mirror può ancora offrire tantissimo. Come un giocattolo, spin-off del lungometraggio interattivo Black Mirror: Bandersnatch, presenta un magistrale Peter Capaldi e una splendida regia di David Slade. La storia è un gradito ritorno alle vecchie glorie di Black Mirror, tra interrogativi filosofici e sociali che riguardano proprio il mondo dei videogiochi. Vi siete mai chiesti, infatti, come reagireste se scopriste che i vostri amati protagonisti dei videogiochi o i loro odiati nemici avessero una coscienza e una vera vita virtuale? Il finale lascia con un cliffhanger molto potente che si spera possa venire approfondito in futuro. 

Eulogy vede, per 46 minuti, l'ottima interpretazione di soli due attori ovvero Paul Giamatti e Patsy Ferran, ma la trama e la sua potenza narrativa lasciano lo spettatore incollato allo schermo. La morte di una persona e delle semplici foto unite a una tecnologia incredibile, che permette agli utenti di entrare letteralmente al loro interno, cambiano per sempre il modo di vivere il presente e il passato. Nonostante qualche piccola imperfezione, soprattutto nella prima metà, l'episodio scorre in maniera molto efficace con alcuni colpi di scena che spezzano l'umore dello spettatore rendendo il tutto incredibilmente memorabile.

Infine arriva USS Callister: Verso l'Infinito, episodio conclusivo dell'omonimo primo episodio della quarta stagione. Presenta lo stesso cast stellare composto da Cristin Milioti, Jimmi Simpson, Jesse Plemons, Billy Magnussen e tanti altri e anche la stessa vena narrativa, ma aggiunge un tocco di realismo e di cinismo in più per creare intriganti dubbi morali classici di Black Mirror (con tanto di citazione a Matrix, ma in cui la scelta è tra floppy disk blu o rosso). Una perfetta conclusione di uno degli episodi più interessanti della quarta stagione non divenuta particolarmente memorabile per l'alta qualità generale. 

Conclusioni

La settima stagione di Black Mirror è, in definitiva, un ritorno che lascia sentimenti contrastanti. Da un lato, conferma la capacità di Charlie Brooker di mettere a fuoco le nevrosi della contemporaneità con lucidità e inventiva. Dall’altro, mostra una certa difficoltà nel mantenere omogenea la qualità degli episodi, alternando momenti di autentico genio a passaggi meno ispirati.

A prescindere dalla qualità variabile delle sceneggiature, ciò che rimane costante in questa stagione è l’eccellenza della produzione. La cura estetica, la fotografia e le scenografie continuano a rappresentare un punto di forza, riuscendo a creare atmosfere realistiche e verosimili con grande efficacia. Anche il cast, episodio dopo episodio, si conferma all’altezza della reputazione della serie. Le interpretazioni, anche negli episodi meno riusciti, sono solide e capaci di restituire la complessità emotiva dei personaggi. 

Per i fan storici della serie, ci sono comunque motivi validi per festeggiare: Black Mirror non ha perso il suo spirito critico né la voglia di interrogare lo spettatore e anzi lo accompagna con citazioni e riferimenti che fanno comprendere la presenza costante di un fil-rouge che segue tutte e sette le stagioni. Tuttavia, chi si aspettava una stagione impeccabile potrebbe rimanere, nuovamente, parzialmente deluso. Il consiglio è di affrontare la visione con la consapevolezza che non tutti gli episodi hanno lo stesso peso, ma che forse si sta iniziando a intravedere un gradito ritorno ai vecchi momenti d'oro della serie.

Commento

Voto di Cpop

80
La stagione 7 di Black Mirror è un ritorno altalenante tra picchi brillanti come Gente Comune e Come un giocattolo e inaspettate cadute come Hotel Reverie. Cast eccellente e spunti forti, ma qualità narrativa discontinua. Per i fan di lunga data una cosa è certa: c'è un gradito ritorno al passato e ai celebri dilemmi morali.

Pro

  • Produzione sempre di altissimo livello
  • Un gradito ritorno ai dilemmi morali del "vecchio" Black Mirror
  • Interpretazione attoriale, grazie alla presenza di un cast stellare...

Contro

  • ...peccato per la gestione di Emma Corrin
  • I deludenti episodi Bestia nera e, soprattutto, Hotel Reverie
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