Kraven - Il cacciatore (Kraven the Hunter, in originale) è un film già vecchio, poiché nel suo proporsi al pubblico attuale sembra aver perso in partenza una partita che i cinecomic stanno giocando da anni, riportando indietro nel tempo a idee, momenti ed effetti speciali che non hanno nulla di nuovo da dire. Disponibile nei cinema italiani dall’11 dicembre 2024, il lungometraggio diretto da J. C. Chandor porta sul grande schermo uno dei personaggi più celebri dell’universo narrativo di Spider-Man, con l’obiettivo di esplorarne le origini e le ragioni profonde in un racconto che definire classico è un eufemismo.
Il film, infatti, partendo dall’omonimo personaggio creato da Stan Lee e Steve Ditko nel 1964, riflette sul concetto stesso di “antieroe” e sulle connotazioni che una posizione morale ed etica di questo tipo potrebbe, o meno, avere in un contesto sopra le righe di maschere e figure eccentriche. Kraven - Il cacciatore non è un film di bianchi e neri, e nel grigio sfumato di un contesto dominato da mostri e crimini spietati vediamo prendere forma i primi passi di un cacciatore con un codice morale, innestato in un racconto per immagini che non innova in nulla e non rischia mai.
Le origini del cacciatore di uomini
Kraven - Il Cacciatore esplora le origini di uno dei villain più iconici della Marvel, svelando una storia di vendetta e brutalità. Aaron Taylor-Johnson porta sul grande schermo un uomo segnato dalla complessa e tormentata relazione con il padre, il gangster Nikolai Kravinoff (Russell Crowe). Questo legame distorto lo spinge a intraprendere un cammino di violenza e determinazione, ma anche di contrasto e profondo rifiuto. Tutto ha origine proprio nella sfera familiare, nella crudeltà di una figura paterna che vuole a tutti i costi fortificare i suoi figli.
Nel dolore di una famiglia spezzata dall’egemonia di un mostro si sviluppa l’intero percorso di un ragazzo che, a seguito di un incidente durante una battuta di caccia, assume le sembianze del personaggio che tutti conoscono. Quale strada sceglierà di percorrere, e in che modo, è tutto nelle sue mani.
Poche idee e mal sviluppate
La scelta di rappresentare il conflitto interiore di un personaggio come Kraven avrebbe potuto trasformarsi in qualcosa di molto più interessante di quanto, di fatto, non sia stato. Il film, come anticipato, si presenta come la classica origin story, introducendo la storia complessa e drammatica di un giovane che vive la propria crescita all’interno di una famiglia tossica e criminale. Gli spunti da cui partire sono tanti, se non fosse che Kraven - Il Cacciatore non riesce mai a risultare convincente in quello che fa o anche solo lontanamente incisivo.
Il contrasto con la famiglia e la ricerca di sé sono tematiche centrali all’interno dell’opera diretta da J. C. Chandor e sceneggiata da Matt Holloway, Art Marcum e Richard Wenk, e sono proprio queste a veicolare gli sviluppi principali di una storia che oscilla continuamente fra il dramma umano e personale dei suoi personaggi principali e l’azione sopra le righe. Il problema, però, risiede nelle modalità attraverso cui ogni cosa si sviluppa sul grande schermo.
Kraven - Il Cacciatore non ha quasi nulla di interessante e molte delle cose che passano sul grande schermo sono state già più volte affrontate in tantissimi altri film dello stesso stampo. In questo sembra piuttosto fuori tempo e già vecchio, vetusto nel proporre la classica storia di conflitto personale in cui la morale si piega continuamente in base al punto di vista, con tanto di origini sofferte del protagonista e suo conseguente isolamento e conflitto con il padre.
A nulla valgono le riflessioni psicologiche, quando tutto procede senza troppo peso, semplificando anche i momenti più concitati in un racconto in cui soltanto nella svolta finale si potrebbe leggere qualcosa di più. Per il resto Kraven - Il Cacciatore ricorda i vecchi film di supereroi dei primi anni 2000, ne ricalca alcune dinamiche, anche estetiche, ma lo fa con 20 e oltre anni di ritardo. La regia, i costumi e soprattutto gli effetti speciali lasciano l’amaro in bocca, seguiti da alcune sequenze che non funzionano a livello dialogico-narrativo, e ancor meno di CGI.
Al film manca quel carisma che ci si sarebbe aspettati da un personaggio del genere; purtroppo, manca la cattiveria, la rabbia disumana e feroce (presente soltanto in alcuni momenti di violenza action), mancano dei villani incisivi e uno studio più approfondito e convincente del proprio contesto finzionale. La scrittura di Kraven - Il Cacciatore non riesce mai del tutto a coinvolgere perché fin troppo sbrigativa e classica nel raccontare un personaggio facile da prevedere nel suo cammino.
Mitigando l’iconicità alla base dello stesso progetto cinematografico, il racconto per immagini si muove fra alti e bassi, aprendo a riflessioni anche interessanti (come la tematica ambientalista, funzionale alla presentazione ma presto dimenticata), risolvendo ogni cosa in un lavoro che non sorprende o coinvolge troppo anche dal punto di vista del ritmo e della stessa caratterizzazione generale.
Il lavoro fatto da Aaron Taylor-Johnson risulta interessante nel suo insieme e convincente, ma manca di mordente e di una ragione che dovrebbe farti appassionare al suo cammino fra le ombre. Stessa identica cosa per il personaggio di Russell Crowe, piuttosto stereotipato e insapore. All’ombra di una storia non troppo originale, però, si sviluppano alcune osservazioni interessanti sui legami umani e sul peso che questi possono avere all’interno della famiglia.
Ecco che Kraven - Il Cacciatore non soltanto svela le origini di un uomo/belva, ma tenta anche di analizzarne le ragioni, preferendo adottare un approccio analitico altalenante e semplificato che sarebbe stato molto interessante vedere approfondito oltre la superficie.
Commento
Voto di Cpop
50Pro
- Aaron Taylor-Johnson offre una performance interessante nel ruolo di Kraven, convincente nel suo complesso, nonostante la mancanza di mordente nel personaggio
- La riflessione sui legami familiari e la psicologia del protagonista, seppur superficiale, offre spunti di riflessione, di pari passo agli accenni ambientalisi.
Contro
- La trama è troppo classica e prevedibile, con una scrittura che non riesce a sorprendere né a coinvolgere.
- Gli effetti speciali e le sequenze d'azione sono datati e poco incisivi, lasciando un senso di disconnessione nell'esperienza visiva.
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