Smile 2, recensione: la musica come veicolo del trauma

Il 17 ottobre 2024 Smile 2 arriva nei cinema italiani; la struttura narrativa è la stessa ma la lente d'ingrandimento si concentra su un'altra storia.

Autore: Nicholas Massa ,

Come avvenuto nel primo film, anche in questo caso al centro di tutto c’è il trauma, il dolore lancinante e interiore, il tormento tra le pieghe della vita che si fa voce, sussurro e urlo interiore, ombra pressante e certezza individuale. Ancora una volta Parker Finn ci mette davanti a un’evidenza che potrebbe toccare e riguardare tranquillamente chiunque, applicando al genere horror un filtro emotivo che si fa da personale a universale nel suo manifestarsi a poco a poco, disturbando nel profondo sia in modo diretto che indiretto. In Smile 2, disponibile nei cinema italiani dal 17 ottobre 2024, ritroviamo molti dei ragionamenti che avevano reso la prima pellicola affascinante e interessante, passando attraverso una nuova protagonista e i suoi tormenti, visioni che criticano aspetti diversi dell’umano vivere e della società, senza però, purtroppo, portare troppa novità in questo senso.

Smile 2 resta un film disturbante, questo è bene dirlo e sottolinearlo subito. Il modo in cui si relaziona alle persone in sala passa agilmente dal tormento al terrore più puro, portando pure un certo grado di angoscia, sempre e comunque coerente col materiale in atto sullo schermo. Tornano i sorrisi inquietanti, pur se questa volta applicati a una protagonista sia diversa che simile a quella del primo capitolo, rotta e problematica, ma soprattutto tormentata da se stessa e da un senso di colpa sottocutaneo che non la lascia mai del tutto evolvere, o anche solo guarire da qualcosa che ha vissuto in precedenza.

Ecco che il dolore e il trauma diventano nuovamente motivo di disturbo e devianza mentale, di illusione e incubo senza tregua, in un viaggio dal sapore estremamente familiare, ma sempre terrificante e disarmante.

La storia di una star, la storia di una bambola, la storia di una farfalla

Al centro di Smile 2 troviamo la storia di Skye Riley (interpretata da Naomi Scott), una superstar della musica pop in ripresa a seguito di un evento traumatico che l’aveva portata lontano dai riflettori per un po’. Il film riporta quasi subito del grave incidente d’auto che l’ha vista coinvolta tempo prima degli eventi attualmente in corso, rivelando la morte della persona che era con lei, e che le indagini avevano messo in luce un lato del tutto inedito della sua vita, dedito alle sostanze. Nulla di nuovo nello scenario musicale dorato americano, quindi. Ascesa, caduta e ripresa.

Nel momento in cui facciamo la sua conoscenza, troviamo una Skye del tutto diversa dal passato mostrato nei video e nelle immagini di repertorio. Ora ha i capelli corti e biondi e una consapevolezza di sé che l’ha resa, almeno così sembra, più forte nei confronti dei limiti stessi della propria vita e persona. Una vera e propria trasformazione, una mutazione che ha interessato il suo viaggio in quanto persona e, soprattutto, la sua immagine. Da ciò il nuovo tour e tutte le promesse ai fan che non hanno mai smesso di sostenerla.

Quando si spengono i riflettori e le telecamere, però, ci troviamo faccia a faccia con la vera Skye, con una donna che porta ancora addosso, letteralmente in questo caso, i segni di quel brutale incidente e un dolore sia fisico che mentale difficile da superare del tutto, specialmente con il suo stile di vita. Una notte, quindi, con l’obiettivo di comprare alcuni antidolorifici, la vediamo recarsi da una persona che conosce, senza sapere che l’entità del primo film dimora nella sua mente. L’incontro tra i due, ovviamente, innescherà gli eventi principali di Smile 2, spingendo la nostra protagonista sul baratro di un’esperienza totalmente segnante, disturbante e soffocante, come il regista di questi film ci aveva abituati in precedenza.

Rinascita nel sangue e accettazione di sé

L’idea di costruire Smile 2 su un personaggio come quello di Skye offre al regista la possibilità di riflettere su qualcosa che va oltre la dimensione privata della stessa protagonista. Questo si può intuire fin dai primissimi momenti di un film che mette subito in luce la sua natura critica nei confronti di alcuni specifici aspetti della nostra attuale società. La popolarità, il successo e la voglia di tornare alla ribalta cedono subito il posto a una marea di maschere e facciate costruite apposta per nascondere la verità dietro cui si cela la vera Skye, o comunque la sua componente più umana. La protagonista vive in un limbo in cui le aspettative di tutti la schiacciano, soffocando ogni suo tentativo di emergere al di là del personaggio pubblico che rappresenta.

Non ci sono libertà personali per Skye, ma solo obblighi e impegni. La sua vita è lastricata di eventi a cui deve partecipare, momenti in cui viene vestita e truccata da qualcuno, e dal lavoro sul palcoscenico. Le uniche persone al suo fianco sono la madre (portata sul grande schermo da Rosemarie DeWitt) e il suo giovane assistente. Loro sono gli unici a conoscerla davvero, senza però dimostrare mai il minimo interesse per ciò che prova (almeno così pare). Gli intenti di Smile 2 in questo senso sono quindi chiarissimi. La storia della star nella gabbia dorata non è nulla di nuovo, anche se in questo caso risulta interessante da scoprire, e ci si ritrova comunque imbrigliati in alcune dinamiche specifiche già viste altrove.

Interessante, invece, è la metafora della farfalla e del bozzolo. L’immagine di questo insetto ritorna in alcuni dettagli di Smile 2 e avvolge l’intera esistenza di una cantante che tenta con tutte le sue forze di forgiare un immaginario diverso intorno a sé, sopprimendo in profondità un dolore che non smette mai di riemergere. Immagini, denaro e fama, contro umanità, dolore e imperfezione. Skye è una donna spezzata, profondamente tormentata da alcuni fantasmi che esistono dentro di lei da prima che l’entità incrociasse il suo cammino. Questo la pone al pubblico in modo totalmente diverso rispetto alla protagonista dell’altro film.

Qui viene fin da subito applicato un filtro sulla vita di una persona controllata in tutto ciò che fa. Nel controllo, ovviamente, troviamo il volto di una società che consuma anche i suoi stessi idoli e artisti, senza mai tenere in considerazione i loro sentimenti e, soprattutto, le loro fragilità. Ad acuire la credibilità di un viaggio del genere è l’interpretazione di una Naomi Scott perfettamente in parte, connessa, nel bene e nel male, con le ombre di una persona mai completamente equilibrata in ciò che fa, indirizzata e guidata da un sistema che la sfrutta senza ritegno.

In questo senso l’entità di Smile 2 sembra quasi giocare un ruolo “positivo” nel male che infligge a Skye, perché, diversamente da tutti gli altri, la costringe a confrontarsi con ciò che è, spingendola lungo un percorso terrificante e disturbante in cui l’accettazione di sé ha molteplici letture, proprio come avveniva nel primo film. Ancora una volta la psiche diventa il centro del racconto e del percorso, di pari passo con un terrore strettamente connesso alle dinamiche personali della protagonista.

Il senso di inadeguatezza, il dolore derivante da un evento traumatico, la costrizione della gabbia dorata, il terrore nei confronti dell’ignoto tra i propri fan, il poco contatto con il mondo esterno, la rabbia, lo sballo come via di fuga... tutti questi elementi fanno parte dell’indole di una persona che ha preso determinate scelte nel corso della propria vita, diventando in questo caso qualcosa di tangibile e diretto, da cui non c’è via di fuga.

La costruzione di Smile 2

Se dal punto di vista della scrittura e delle tematiche Smile 2 non risulta troppo originale, è nella costruzione formale che riesce a lasciare il segno. La regia di Parker Finn funziona e coinvolge fin dai primissimi istanti, calibrando il terrore attraverso alcuni movimenti di macchina e un montaggio che dinamizzano e spezzano la prevedibilità di certi momenti, amplificando il senso di soffocamento coi primissimi piani e i lenti zoom.

L’introspezione di un viaggio intimo e disturbante incide ulteriormente sul grande pubblico grazie a specifiche trovate in termini più horror (che non anticipiamo) e idee strettamente connesse alla natura stessa della protagonista e alla sua routine. C’è una palese evoluzione nella mano dietro la macchina da presa rispetto al primo Smile, in questo caso accompagnata da un’altra componente fondamentale del film: la musica.

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Il comparto sonoro di Smile 2 non ha solo un peso importante dal punto di vista narrativo, trattandosi della storia di una cantante, ma anche sotto l’aspetto orrorifico. L’espediente è semplice e diretto, così come il fatto di sfruttare la spettacolarità di una star per poi romperne costantemente il ritmo e la stessa identità artistica, avvalendosi di melodie e coreografie anche divertenti sul grande schermo e coinvolgenti.

Il vero grande problema di Smile 2 risiede nel fatto che non porta nulla di nuovo rispetto al primo film. Alcune idee sono interessanti, così come le critiche che ne derivano oltre la finzione, ma non c’è molto di innovativo in questa nuova fatica di un Finn che, pur restando efficace in termini narrativi, diverte, spaventa e disturba senza andare troppo oltre.

Commento

Voto di Cpop

65
Parker Finn torna al cinema con Smile 2, seguito diretto di un horror che aveva sicuramente lasciato il segno sul grande pubblico per alcune trovate interessanti e una resa convincente. Ritrovando alcuni ragionamenti immediatamente riconoscibili, la pellicola sposta l'attenzione su una storia sia diversissima che simile a quella passata, trasponendo le problematiche interiori di una nuova protagonista tutta da scoprire. A brillare, nella resa generale del film, troviamo una Naomi Scott rotta nel profondo e convincente nella costruzione di questa Skye Riley, giovane star della musica in America pronta a rimettersi in gioco andando oltre certi eventi che l'avevano precedentemente messa in ombra. Nel dolore e nel tormento si muove una nuova esperienza sul grande schermo che sa sicuramente disturbare e angosciare, senza però portare nulla di nuovo rispetto alla pellicola prima.

Pro

  • La resa formale e la regia di Parker Finn.
  • Alcune idee lato musica.
  • Il lavoro di Naomi Scott con la protagonista.
  • Certe trovate nell'ambito più horror e disturbante lasciano il segno.

Contro

  • Smile 2 non si distanzia dal primo risultando ripetitivo in alcune cose.
  • Alcune tematiche sanno di già visto.
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