Terminator Zero, recensione: su Netflix l'animazione che ridefinisce il classico

Terminator Zero è disponibile su Netflix: si tratta di una serie animata che sposta l'attenzione altrove, pur mantenendosi salda alla saga.

Autore: Nicholas Massa ,

La saga di Terminator ha regalato grandi successi e cult intramontabili agli appassionati, ma anche esperimenti che al cinema non hanno del tutto convinto o lasciato il segno per le ragioni che gli autori si sarebbero aspettati. L'eredità derivante dai primi lavori di James Cameron custodisce, ancora oggi e indubbiamente, un peso da non sottovalutare affatto, un vero e proprio insieme di simboli andati immediatamente oltre quello stesso grande schermo che li aveva generati. Ora gli occhi di tutti sono puntati su Terminator Zero

Non sono solamente i volti di una storia sospesa fra passato, presente e futuro, ma anche le dinamiche specifiche di un racconto che si è fatto prima episodico e in seguito un vero e proprio “mondo narrativo” da cui attingere, ispirarsi e con cui tentare di entrare in contatto anche attraverso modalità creative differenti. È proprio questo il caso di Terminator Zero, nuovo “sequel” animato che tenta di spostare l’attenzione altrove con la sua storia, mantenendosi comunque strettamente saldo alle proprie radici in termini di scrittura e simbolismi immortali.

Un mondo in rovina, condannato dalla stessa umanità che lo abita da millenni, un nemico apparentemente imbattibile e in continua evoluzione, e una serie di scelte da prendere che potrebbero cambiare per sempre le sorti come le conosciamo. Terminator Zero si appropria di un immaginario chiaro e facilmente riconoscibile dai fan, e ne genera un relazione fittizia dalle tinte sia familiari che inedite, piegandone le possibilità a proprio piacimento.

È proprio nel connubio fra questi elementi che la serie, disponibile su Netflix dal 29 agosto 2024 (il giorno d’uscita parrebbe non essere casuale), trova la propria voce, incentivandone il peso attraverso un comparto tecnico che distacca e incuriosisce fin dalle primissime sequenze in apertura. Forse i risultati con gli ultimi lungometraggi avranno insegnato qualcosa a questo nuovo progetto seriale?

Terminator Zero: l’illusione del cambiamento e l’incoerenza umana

Terminator Zero apre il proprio sguardo su un 2022 in cui l'umanità è totalmente impegnata in una guerra contro le macchine guidate da Skynet, l'intelligenza artificiale che ha preso il controllo dei sistemi militari americani, traendo nell’eliminazione degli esseri umani l’unica possibile soluzione per dare un equilibrio al pianeta. Nel freddo avanzare di una visione come questa, tutto cade nell’oblio della morte, con le forze della resistenza e tutti gli altri, volenterosi nel cercare una soluzione e rispondere a un’offensiva apparentemente impossibile anche soltanto da scalfire.

Courtesy of Netflix.
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Una speranza di salvezza, o comunque di cambiamento, in una situazione così tragica, si concretizza nella figura di Eiko, un soldato a cui viene ordinato di tornare indietro nel tempo, nello specifico al 1997, per proteggere la figura di Malcolm Lee, uno scienziato impegnato nella creazione di un’altra intelligenza artificiale (Kokoro) che avrà il compito, al momento opportuno, di proteggere l’umanità dalla visione estrema di Skynet e dai suoi attacchi in questo senso. È proprio da qui che la trama di Terminator Zero si divide in tre strade diverse, tratteggiando il percorso di Eiko, quello di Malcolm, del suo lavoro con l'IA e della sua famiglia, e quello di un Terminator mandato a sua volta indietro nel tempo con l’obiettivo di fermare le ricerche dello scienziato.

Un Terminator fra attenzione narrativa e sperimentazione tecnica

Senza troppi giri di parole, Terminator Zero funziona, e lo fa trovando un equilibrio tra consapevolezza storico-derivativa e voglia di sperimentare proprio in questo senso. Una volta messe in chiaro le regole di un racconto riconoscibile, ecco che il regista Masashi Kudō e l’autore Mattson Tomlin non si limitano a restare nei limiti che tutti conoscono o hanno visto in precedenza, applicando alcuni ragionamenti interessanti che approfondiscono i protagonisti in gioco, rendendoli credibili a 360 gradi. L’umanità è nuovamente al centro di una riflessione che trascende il concetto di tempo e spazio, sviluppando una propria voce nella distopia che vediamo concretizzarsi totalmente grazie all’animazione, anche se non sempre perfetta e in alcuni casi sospesa fra Occidente e Oriente.

In un connubio creativo del genere assistiamo al consumarsi di una storia sempre oscura, dai tratti cupi e ferocemente adulti nel suo essere violenta e sanguinosa. Qui entra in gioco la regia fatta di primi piani, sequenze veloci e alcuni campi lunghi in cui l’arte introspettiva delle immagini si dimostra perfettamente coerente con i dialoghi e la filosofia di fondo, sempre presente in qualche modo. Oltre allo spirito profondamente riflessivo e violento, Terminator Zero è anche sinonimo di omaggio e memoria cinematografica, con citazioni, dirette e indirette, che siamo sicuri i fan apprezzeranno parecchio.

Courtesy of Netflix.
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Quel che è certo è che Terminator Zero, pur sembrando classico nel suo porsi narrativo, diventa sempre più complesso con il passare del tempo, grazie all’inserimento di alcune tematiche e riflessioni che vanno oltre la finzione in corso. Ancora una volta, è la storia dell’umanità e la sua crudeltà attraverso le ere a essere messa in evidenza, così come la sua intelligenza e progressione scientifica in termini di tecnologia, armi e potere. 

La scrittura dei dialoghi, specificamente connessa al personaggio di Malcolm Lee, assume connotazioni profonde e intrinseche con il proseguire degli eventi, arrivando a prendere in esame la stessa natura umana e le sue modalità d’interazione con il pianeta Terra nel corso delle tempo. Un lavoro del genere si connette perfettamente con ciò che abbiamo visto negli altri progetti legati a Terminator e ne approfondisce ulteriormente le ragioni più complesse, scegliendo una strada sia coerente che artisticamente più ispirata rispetto al passato.

Andando oltre la scrittura e alcune idee che lasciano il segno, specialmente nell’ultima parte della serie TV, Terminator Zero non crea veramente qualcosa di nuovo con il suo racconto animato, ma piuttosto attinge da un immaginario che ha già inventato ogni cosa in passato, riuscendo a imbastire un racconto interessante ma mai veramente inedito nel suo porsi. Se a ciò aggiungiamo alcuni inciampi in termini di animazione, abbiamo sicuramente il quadro più chiaro di un lavoro che, per adesso, funziona e cattura, nella speranza di ulteriori passi in avanti in futuro.

Commento

Voto di Cpop

75
Terminator Zero cattura e risulta interessante proprio per la sua anima creativa e attenta. Nel binomio storia-animazione si sviluppa un racconto dalla natura sia classica che sperimentale, ponendo l'accento su alcune tematiche che da sempre alimentano la saga in questione. Pur non innovando in questo senso, la serie su Netflix cerca comunque di trovare una propria strada risultando convincente, credibile e attraente sotto diversi punti di vista, anche se tratteggiata da un'animazione non sempre equilibrata.

Pro

  • Una storia sia classica che intrigante.
  • Le citazioni dalla saga Terminator.
  • La sperimentazione animata.

Contro

  • Tematiche e idee non troppo originali ma comunque ben sfruttate.
  • L'animazione in alcuni casi altalenante.
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