La Clone Force 99 ha conclusa la sua ultima missione, arrivando a un finale a lungo atteso che chiude, idealmente, la saga dei Cloni. La serie animata di Star Wars, disponibile su Disney Plus, ha spostato l’attenzione dai grandi eventi del franchise per mostrare la vita da fuggiaschi di questa atipica squadra di cloni, consentendoci di partecipare all’ascesa dell’Impero con un tono più leggero e avventuroso rispetto ad altre serie live action, come Andor o Obi-Wan Kenobi. .
Abbonati adesso a Disney Plus a partire da 5,99€ al mese
Nell’espansione narrativa di Star Wars, la serialità animata rivesta un ruolo di grande importanza. In questo contesto abbiamo potuto apprezzare la visione di Dave Filoni, ora vero e proprio timoniere del nuovo corso del franchise, che sin da Clone Wars ha dimostrato di non essere solamente un attento tessitore di storie, ma anche un sincero appassionato della galassia lontana, lontana. Che si tratti di raccontare gli ultimi giorni della Vecchia Repubblica o di dare vita alla rinascita di Mandalore con The Mandalorian, Filoni ha mostrato una precisa direttrice su cui muoversi, in cui ha fatto rientrare anche una storia apparentemente meno centrale come The Bad Batch.
The Bad Batch: l'ultima missione della Clone Force 99
Nella serialità animata di Star Wars, il complesso periodo dell’Ascesa dell’Impero, che intercorre dagli eventi de La Vendetta dei Sith alla distruzione della prima Morte Nera vista in Una Nuova Speranza, è stato affrontato con una certa delicatezza, considerato che il target di riferimento principale era un pubblico adolescenziale. Rebels, nelle sue prime stagioni, era infatti basato essenzialmente sulla percezione di questa nuova società galattica del giovane Ezra Bridger, lasciando emergere progressivamente una serie di punti di vista e di elementi narrativi sempre più adulti, non solo per creare una maggior aderenza al Canon ma anche mostrando la crescita di Ezra da adolescente a giovane uomo.
Comprensibile, considerato come l’Ascesa dell’Impero per lungo tempo sia stato uno dei periodi della cronologia di Star Wars meno valorizzati all’interno della ricca produzione crossmediale del franchise. La comparsa di titoli come Solo e Rogue One, in ambito live action, sono stati i primi tentativi di avvincere anche il pubblico adulto agli eventi fondanti di questa era di Star Wars, un’intenzione che ha trovato ulteriore spessore nelle recenti serie Obi-Wan Kenobi e Andor. Se questi prodotti hanno quindi affrontato la complessità di questo periodo oscuro della saga, il consolidamento del telaio narrativo di Star Wars è stato rinforzato da un’offerta basata sull’animazione che ha visto proprio nella prima stagione di The Bad Batch e nel recente Star Wars: Tales of the Jedi una piacevole commistione di linguaggio più leggero e di interazione tra le diverse linee narrative di Star Wars.
Con la sua prima stagione, The Bad Batch si era prefissa di espandere l’importanza di questi cloni ribelli, capaci di sottrarsi alla programmazione indotta dall’Ordine 66 e ribellarsi all’imperativo di rivoltarsi contro i Jedi.
Complice un difetto nella loro matrice genetica che li rendeva una partita difettosa (in inglese, bad batch, da cui il titolo della serie), la Clone Force 99 è divenuta una squadra di pariah, con l’esclusione di un membro, il tiratore scelto Crosshair, che è invece rimasto fedele alle nuove imposizioni dell’Impero. La scelta dei suoi fratelli (Hunter, Tech, Wrecker e Echo) di sottrarsi a un nuovo ordine sociale che percepiscono come iniquo culmina con la decisione di salvare la piccola Omega, un clone creato come loro su Kamino, dotato di capacità superiori, per quanto ancora poco sviluppate considerata la sua giovane età. Le loro avventure li portano a vivere un’esistenza di fuga, soprattutto da parte di elementi delle forze armate imperiali che vedono in questi ribelli una minaccia al nuovo ordine della Galassia.
Pur avendo come primo riferimento un target adolescente, Filoni non ha mancato di trattare di The Bad Batch come una storia onnicomprensiva per il fandom di Star Wars. Il primo arco narrativo, fondato essenzialmente sulla costruzione di una famiglia atipica ma sincera, era arricchita dalla delicata tematica del ritorno del reduce, investendo la piccola Omega del pesante ruolo di seconda occasione, di nuovo scopo. Dinamica narrativa complessa, che però strizzava l’occhio al pubblico più giovane, con situazioni divertenti e un approccio più soft, che è stato meno centrale nella seconda stagione, dove si è scelto un progressivo indurimento delle situazioni, che pur concedendo spazio alla giocosa personalità di Omega ha visto un lento, ma inesorabile, cambio di passo, culminato con una drammatica perdita dell’innocenza per la piccola clone e l’apparente dramma con cui si concludeva la seconda stagione di Clone Wars.
Forte di questa intensità emotiva, la stagione finale di The Bad Batch completa la crescita emotiva di Omega, con una tensione emotiva persistente ma mai invasiva.
Catturata dall’Impero, Omega è detenuta nella struttura di clonazione di Tantiss, dove assieme ad altri cloni è oggetto di studi ed esperimenti. Nel centro di ricerca è detenuto anche Crosshair, che dopo essersi ribellato al giogo imperiale è considerato ora un elemento sacrificabile, è divenuto oggetto degli esperimenti imperiali. Una prigionia, per i due cloni, che li porta a pianificare una fuga che li ricongiunga con il resto della loro famiglia di fuggiaschi.
Wrecker e Hunter, dopo la perdita di Tech, continuano a cercare Omega, affrontando missioni pericolose in cambio di informazioni. Una caccia disperata, che si completa solo quando riescono a ritrovare la piccola, accompagnata da Crosshair, un ricongiungimento a lungo atteso che non viene pienamente goduto perché incombe un’altra minaccia: i progetti di clonazione dell’Imperatore.
L’anteprima della terza stagione di The Bad Batch non ha solamente riconfermato l’ottima qualità tecnica della serie, ma ha riportato la tensione narrativa ad un ottimo livello, dopo un arco narrativo che aveva mostrato alcune fragilità in tal senso.
Omega non è più la bambina conosciuta nella prima serie, ma quanto vissuto la ha portata a crescere, accettando che la galassia non sia un lugo privo di pericoli. Sin dal primo episodio, la trama della serie è improntata a una certa tensione, enfatizzata anche dalla colonna sonora che trasmette un senso di oppressione e di inquietudine che ben si concilia a questo capitolo della serie.
Nella loro lotta all’Impero, Omega e la sua famiglia avranno modo di confrontarsi con una società che risente in modo evidente del nuovo ordine imposto da Palpatina evidenziandone l’impatto non solo sui protagonisti. Con un linguaggio emotivo sentito e partecipe, The Bad Batch evidenzia temi come la perdita delle illusioni dell’infanzia per accettare i compromessi della vita adulta, ma anche l’accettazione e il perdono.
The Bad Batch, guerrieri in cerca di una seconda occasione
The Bad Batch conferma in alcuni passaggi una sensibilità tutt’altro con infantile, ma che ricerca attraverso dialoghi sentiti e venati di profonda umanità, con battute che spiazzano soprattutto gli spettatori più adulti, che avvertono una certa disperazione nella voce di un giovane clone che confessa la sua paura verso il futuro con una frase affilata come un coltello:
Siamo cadetti senza un esercito
Lo spirito che ha mosso Tony Gilroy nel realizzare Andor sembra palesarsi, seppure in modo meno evidente complice la diversa demografica cui si rivolge in primis il segmento animazione del franchise, anche in The Bad Batch.
Non mancano dialoghi in cui compaiono emozioni e valutazioni mature, che vengono declinate in modo tale da essere assimilate anche da un pubblico più giovane, che trova una facile empatia verso Omega. La giovane clone mostra una crescita evidente, che pur lasciando trapelare tratti ancora infantili tradisce una maturazione, che si muove di pari passo con la presa di coscienza dei cloni del loro ruolo nella galassia
La scrittura di The Bad Batch Stagione 3 sembra puntare molto su questo aspetto, curato sia nella progressione degli eventi che nei dialoghi spesso sorprendenti ed emotivamente coinvolgenti in cui l’amarezza di Hunter si contrappone all’apertura di Wrecker al ritorno di Crosshair. Per quanto pensato almeno in origine per un pubblico prettamente adolescenziale, è innegabile la prese zai di are una vena più matura nella connotazione degli eventi e di come questi impattino sui personaggi.
L’umorismo in precedenza schietta e divertito, viene ora venato da amarezza e tracce di cinismo, che può essere assimilato maggiormente da un pubblico maturo che non dai giovani spettatori. Una volontà narrativa che consente di inserire anche episodi in cui emerge la cinica e spietata visione dell’Impero, in cui la figura dissonante di Crosshair diventa uno punto di visto diametralmente opposto a quello della Clone Force, venendo contrapposto in modo intelligente a figure istituzionalmente consolidate, come il mai dimenticato comandante Cody, oppure palesando come certi eventi del passato, quali la distruzione di Kamino o l’esecuzione dell’Ordine 66, abbiano lasciato un evidente strascico emotivo sui cloni.
Un diverso tono emotivo che sembra voler proseguire la maturazione dei personaggi, concedendosi situazioni più grevi e violente, un calvario obbligato per arrivare a una conclusione che possa consentire a questa famiglia atipica di trovare una propria dimensione, libera da angherie. Un percorso che passa da grandi perdite, che colpiscono pesantemente Crosshair, o situazione ansiogene come subire la tortura di Hemlock. Non un finale facilmente conquistato, ma sofferto, spietato e, forse per questo, ancora più dolce.
Un gran finale per una grande serie
Nonostante questo finale apparentemente risolutivo, permane una sensazione di lieve incompletezza, che ci ricorda come non esistono finali definitivi nelle produzioni di Star Wars, complice un universo in costante espansione in cui le storie si inseguono, si completano. Ed è la scelta giusta, come dimostrano ritorni eccellenti come quelle di Asajj Ventress, o il gettare le basi per eventi futuri che abbiano già visto in altri capitoli della saga, come Star Wars: Rebels. Anche se non affronta ogni singolo punto sollevato nel corso della stagione o della serie, non è necessario che lo faccia, poiché il finale della terza stagione di The Bad Batch si concentra invece sui personaggi, le relazioni e i temi che sono al cuore dello show.
Ed è grazie a questo inserimento all'interno del Canon, ai richiami e alle aperture verso il futuro della saga, che The Bad Batch arriva al suo finale con una chiusura che stupisce, appassionando gli spettatori di ogni età. Con una grande attenzione alla costruzione delle scene d'azione, la serie arriva infine a un epilogo emotivamente coinvolgente, che potrebbe rendere il finale di The Bad Batch uno dei migliori dell'intera saga di Star Wars.
Commento
Voto di Cpop
80Pro
- Tecnicamente impeccabile
- Crescita emotiva dei personaggi convincente
- Dialoghi in linea con l'emotività dei personaggi
Contro
- Riferimenti al Canon criptici
- Il finale richiede conoscenza delle altre serie di Star Wars
Iscriviti al nostro canale Telegram e rimani aggiornato!