20th Century Boys: Urasawa tra nostalgia e lotta per il futuro

Autore: Manuel Enrico ,

I ricordi della nostra infanzia, i momenti vissuti con amici che spesso si perdono nel corso della crescita, sono uno dei tesori più cari che custodiamo. Un’età lieta, in cui ogni fantasia, libera da ogni preconcetto, diventa la scintilla vitale di una nuova avventura, in cui l’immaginazione diventa un motore inarrestabile, alimentato dalla condivisione. Con l’arrivo di adolescenza e maturità, questi istanti sbiadiscono nel ricordo, ma come potremmo reagire se scoprissimo che una nostra innocente, ardita fantasia infantile diventa l’origine della fine del mondo? È quanto hanno vissuto i protagonisti di 20th Century Boys, manga cult del sensei Naoki Urasawa.

Annunciato come uno degli ospiti di Lucca Comics & Games 2023, Naoki Urasawa viene spesso identificato con 20th Century Boys, nonostante una produzione di ampio respiro, di cui vi consigliamo alcune opere nella nostra guida ai fumetti di Naoki Urasawa. Come spesso accade, lavori come 20th Century Boys trovano nella propria genesi un apparente limite: sono figli del loro tempo.

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Collocare storicamente un’opera, dando un preciso contesto socio-culturale, rischia spesso di circoscrivere l’evento al centro della vicenda. Basterebbe ripensare a IT o Stand By Me, due opere legate al genio di Stephen King, per comprendere come alcuni elementi narrativi figli dell’esperienza e del ricordo dell’autore si possano trasformare in un’arma a doppio taglio.

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Naoki Urasawa
Naoki Urasawa

 Soprattutto, in un periodo come quello attuale, in cui la nostalgia sembra essere andata oltre al concetto di ricordo, alimentando invece un mostruoso sfruttamento del rimpianto che si è trasformato in una sorta di rifugio emotivo da un presente opprimente. Figli di questa spasmodica fuga sono l’idealizzazione degli anni 80 alla Stranger Things, giusto per citare l’esempio più famoso.

20th Century Boys: Urasawa unisce nostalgia e disillusione per salvare il mondo

La trama di 20th Century Boys

Nel 1969, Kenji, Occio, Yohsitsune, Maruo, Saburo vivono la spensierata vita di ragazzini qualsiasi. Ad animare le loro giornate è la voglia di crearsi delle avventure fantastiche, spinti dalla loro passione per la fantascienza del periodo, fatta di robot giganteschi e invasione aliene. In un campo abbandonato il gruppetto crea una capanna che rendono il loro covo, in cui nascondersi per ascoltare la radio, leggere i loro fumetti e inventare storie incredibili.

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In uno di questi momenti, Kenji e compagni, suggestionati dai fumetti a base di robot, immaginano un’avventura in cui sono i salvatori del mondo, con tutti gli ingredienti di loro racconti preferiti e di cui, ovviamente, sono gli eroi. Una fantasia adolescenziale, insomma, che finisce quando due gemelli dal brutto carattere distruggono il loro rifugio.

Come spesso accade, la vita allontana questi amici, nuovamente ricordando un passaggio caro alla visione kinghiana dell’amicizia adolescenziale:

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Non ho mai più avuto amici come quelli che avevo a 12 anni. Gesù, ma chi li ha?

Una separazione che termina nel 1997, quando Kenji, incapace di crearsi la vita da rockstar che ha sempre sognato, vive ancora la madre, che gestisce il piccolo negozio di famiglia, e la nipotina, abbandonata dalla sorella. La sua vita scorre in un’apatica quotidianità sino a quando scopre della nascita della setta dell’Amico, un culto che si sta diffondendo e che, come scoprirà presto, è profondamente legato al suo passato.

Un pericolo che non si limita a colpire solamente il Giappone, ma che getta una pericolosa sul mondo intero. Spaventato da questo incubo del suo passato, Kenji decide di riallacciare i rapporti con i suoi vecchi amici, coinvolgendoli in una missione che chiederà loro grandi sacrifici, ma con in palio la salvezza del mondo.

Gli eventi che concludono la prima parte della saga vedono i protagonisti sconfitti, con il dilagare della setta dell'Amico nel mondo. La ricerca della verità sull'identità dell'Amico e i tentativi di fermare i piani della setta si spostano nel primo decennio del nuovo millennio.

Invecchiati, disillusi e apparentemente privi di una guida, i ragazzi affrontano un regime autoritario, di stampo teocratico in cui la cieca fedeltà della società è frutto di venerazione cieca o di timore di alzare la testa. 

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In questa congiuntura sociale, 20th Century Boys indugia maggiormente sulla caratterizzazione del contrasto a un potere percepito come iniquo, a ogni costo. 

La trappola della nostalgia

Quando 20th Century Boys fa la sua apparizione sul mercato nipponico siamo 1999. Il mondo è pronto a conoscere un nuovo millennio, si susseguono le strampalate teorie sulla fine dell’esistenza e gli informatici stanno cercando di capire quale sarà l’impatto del famigerato Millenium Bug.

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Forse suggestionato da questo scenario, Urasawa trasforma l’epocale arrivo del nuovo millennio in un momento essenziale del suo racconto. Dove molti paventano la fine del mondo, Urasawa idealizza una nuova congiuntura sociale, di rottura con il mondo conosciuto e che, con un’allegoria degna della sci-fi letteraria, ipotizza il concretizzarsi delle grandi ansie del periodo.

Per farlo, Urasawa prende come riferimento una generazione precisa: la generazione post-bellica. In un paese devastato dall’orrore atomico, gli adolescenti e i bambini degli anni 60 sono i primi a potere vivere un’esistenza figlia di una nuova coscienza sociale senza avere le cicatrici dirette di quanto orribilmente vissuti dalle proprie famiglie. Da un certo punto di vista, questa generazione ha la fortuna di avere una visione ottimistica del futuro, fatto di grandi promesse e di infinite possibilità.

Non è un caso che uno degli elementi fondamentali di questo arco temporale di 20th Century Boys sia l’Expo Universale di Osaka del 1970. Incarnazione di fantasia e grandi speranze, desiderato da tutti e al centro dei sogni dei giovani protagonisti. Un evento che rappresenta al meglio la crescente potenza mondiale del Giappone post-bellico, la voglia di rinascere e mostrare la propria genialità, in un’epoca in cui l’uomo arrivava a conquistare lo spazio, mettendo piede sulla Luna.

Urasawa intesse nel passato dei protagonisti il fulcro emotivo positivo della vicenda, mostra tutte le grandi promesse di questa età dell’oro, esaltando un tenore sociale di grande entusiasmo. I dialoghi degli adulti sono spesso intrisi di quella serpeggiante invidia per chi non ha vissuto il peggio della vita ma ha solo la strada spianata verso grandi possibilità, offrendo al lettore una cifra emotiva positiva, che, specie nella prima parte della saga, è fortemente positiva.

Con un flashforward agli anni 90, Urasawa riesce a distruggere le aspettative dei lettori, mettendoli di fronte a una società diversa da quella auspicata. Economia in recessione, vite lontane da quelle immaginate e una cifra emotiva dominata da rimpianto e insoddisfazione sono i tratti salienti di questo periodo centrale di 20th Century Boys, che non a caso ospita l’evento scatenante della lotta alla setta dell’Amico. Dopo l’esaltazione dell’infanzia, con le sue ingenue speranze, Urasawa abbatte ogni sogno con la sferzante concretezza del presente.

Muovendosi tra diversi orizzonti temporali, Urasawa rende 20th Century Boys una storia di crescita, o meglio di difficoltà nel crescere. I protagonisti sono uomini adulti costretti ad affrontare il loro passato, a tornare bambini per comprendere la minaccia incombente ma allo stesso tempo devono fare fronte ai dogmi della vita adulta. In un primo momento, la sensazione è che Urasawa voglia ritrarre uomini con la sindrome di Peter Pan, che passano da stigmi sociali a salvatori del mondo.

Il messaggio più recondito di 20th Century Boys non è tanto la necessità di crescere, quanto affrontare la paura di rinunciare alle proprie aspirazioni impossibili, accettare come la vita possa essere spietata nel demolire i sogni di un bambino. Per quanto universale, questo aspetto ha una forte radice personale per Urasawa, che lo declina all’interno di un contesto social, il Giappone degli anni 90, in cui una sfiducia verso la società nipponica spinge l’autore a volere dare un forte messaggio in senso opposto.

Ritrarre la disillusione di una generazione è una forte presa di posizione, allegoricamente tramutata in una lotta tra l’io bambino e la necessità di divenire adulti.

Perché leggere 20th Century Boys

A costo di attirarsi ire e maledizioni, non si può fare a meno di dirlo: 20th Century Boys non è invecchiato benissimo. Specialmente la sua parte finale, mostra una certa ingenuità da parte di Urasawa, che sembra mancare di linearità nello sviluppo della trama concedendosi qualche piccolo sbandamento in favore di un finale che risulti quanto più completo possibile. Una fragilità che non permette di vedere in 20th Centrury Boys l’opera simbolo di Urasawa, come potrebbe esserlo Pluto o Monster, ma che sembra essere, ironicamente, parte integrante del fascino della saga di Kenji e compagni.

Complice anche l'aver radicato profondamente la vicenda all'interno del Giappone del periodo, cercando un richiamo situazioni contingenti, come la dilagante presenza delle sette o la presenza di attacchi terroristici. Questa aderenza estrema al presente rischia di perdere di smalto rileggendo due decenni dopo 20th Century Boys, richiedendo da parte di nuovi lettori una certa conoscenza del Giappone del periodo per apprezzare al meglio quanto messo in scena da Urasawa. 

La complessità con cui Urasawa intreccia l’intimo dei protagonisti con i macro-eventi sociali è magnetica, riesce a essere tanto confusionaria in alcuni passaggi quanto esplicativa in altri, grazie a una dipanarsi dell’intreccio che pur non mostrando una particolare lucidità logica e consequenziale, vive grazie alla profonda emotività dei protagonisti.

 

La forza di 20th Century Boys risiede nella capacità di Urasawa di aver trovato una felice sintesi tra storia e caratterizzazione emotiva dei personaggi, trovano macchiette da rendere parte integrante di questo affresco sociale da contrappore ai più seriosi protagonisti, rendendo questi eroi dei ribelli tutt’altro che energici e infallibili, ma offrendo loro il ruolo di uomini e donne intenzionati a fare la cosa giusta, a qualunque costo.

Nonostante una trama quasi eroica, non ci sono eroi in 20th Century Boys, come dimostra la presenza di un gran numero di personaggi secondari che ci consentono di tastare il polso di una società in mutamento, fatta di reazioni concrete e palpabili.

20th Century Boys, nella sua imperfezione, rimane ancora oggi una lettura formativa ricca di spunti e di stimoli, figlia di un autore che ha fatto della sua esperienza e della sua fantasia strumenti di analisi precisi e dinamici, creando un cult contemporaneo.

Come leggere 20th Century Boys

Per apprezzare al meglio l'opera di Urasawa, il consiglio è di recuperare la recente Ultima Edition di Planet Manga, che non ripropone solo il corpus narrativo principale, ma anche due volumi parte della saga che approfondiscono alcuni aspetti di 20th Century Boys

20th Century Boys Ultimate Edition - Vol. 1

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