Da Parasite e Joker a Il traditore, i migliori film del 2019

Autore: Emanuele Zambon ,

Si è chiuso un altro anno di cinema e, mentre già brindiamo ai film che verranno, è doveroso rovistare nei cassetti della memoria per tracciare un bilancio lungo 365 giorni su ciò che si è visto al buio della sala (ma anche tra le pareti di casa, vista l'offerta sempre più strutturata delle piattaforme streaming).

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Quali titoli la critica ha promosso a pieni voti? Di quali pellicole si è invece innamorato il pubblico? Quando le due platee sono sembrate d'accordo? Per alcuni film è facile rispondere - Avengers: Endgame, se si parla di intrattenimento, è piaciuto un po' a tutti - su altri ci si è divisi, con opinioni contrastanti capaci di oscillare tra il discreto e lo strabiliante. L'unico dato che sembra essere incontrovertibile riguarda il numero di film in grado di attecchire da qui ai prossimi anni nell'immaginario collettivo: sono sempre meno. Le cause? Difficile rispondere. Forse vanno ricercate in un'osservanza sempre più rigida del politicamente corretto da parte degli addetti ai lavori, nell'unica logica inseguita spesso dalle major (il box-office) che soffoca le velleità artistiche di certe produzioni. In poche parole, è netta la percezione di un livellamento verso standard un pelo più bassi, verso il sicuro, del cinema attuale, sempre più incapace di osare, almeno nell'ambito del mainstream, nonostante eccezioni di grande valore (Parasite è tra i 10 film dell'ultimo decennio, poco ma sicuro).

CJ Entertainment
Una scena del film Parasite

Detto tutto ciò, il 2019 ha regalato diverse opere degne di nota, capaci di emozionare, divertire, sorprendere. Ci si è appassionati al crepuscolo di epopee gangster, a buttafuori sbruffoni e a stuntman risoluti. Abbiamo amato 3000 supereroi geniali, visto attori calarsi in modo incredibile in un ruolo (Phoenix per un verso, Favino per l'altro).

Ecco allora la mia Top 15 dei migliori film di quest'anno, utile in caso di seconde visioni e scoperte in home video. La lista - redatta in ordine sparso - lascia di poco fuori opere che meritano comunque una menzione: dall'ibrido docu-film American Animals al nostalgico biopic Stanlio & Ollio passando per il liberal drama The Front Runner - Il Vizio del Potere (che annovera un grande Hugh Jackman ormai slegato dal ruolo di Wolverine).

Avengers: Endgame

Marvel Studios
Robert Downey Jr. in una scena di Avengers: Endgame

Con l’aggiunta della Captain Marvel interpretata da Brie Larson, Iron Man, Captain America, Vedova Nera, Occhio di Falco, il Golia verde Hulk e il Dio del tuono Thor tornano tutti insieme dopo il tragico epilogo di Avengers: Infinity War, praticamente affiancati dall’intero esercito del Marvel Cinematic Universe. Eh sì, perché quello messo in sscena dai fratelli Russo è un vero e proprio mucchio selvaggio. Infatti, abbiamo anche War Machine, Ant-Man, Doctor Strange, Black Panther e i protagonisti della saga Guardiani della Galassia in queste tre ore di visione che, dirette appunto dai registi di Captain America: The Winter soldier” e di Captain America: Civil War, fanno dell’ironia uno degli ingredienti vincenti, con tanto di ampio sfoggio di battute metacinematografiche.

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Del resto, un Thor qui alcolizzato e caratterizzato da un grottesco pancione non può fare a meno di strappare risate nel nuovo, epico match contro il temibile Thanos, comprensivo anche di un’escursione nel 1970 e che, non privo neppure di un incontro dal sapore bergmaniano con il Teschio rosso, trasuda un senso di malinconia generale. Leggi QUI la recensione di Avengers: Endgame. 

Il corriere - The Mule

Davanti e dietro la macchina da presa, Clint Eastwood è Earl Stone, novantenne con la passione per la coltivazione e la vendita dei fiori che, ritrovandosi economicamente in disgrazia, finisce per accettare un lavoro che richiede la sola abilità di guida di un’auto; senza immaginare, però, di trasportare stupefacenti per conto del boss Laton alias Andy Garcia.

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Praticamente Il corriere - The Mule è l’altra faccia della medaglia del Walt Kowalski protagonista di Gran Torino. Un novantenne impavido, reduce di guerra e dalla battuta sempre pronta sulle cui tracce si mette la DEA, nel corso di una storia vera on the road ispirata ad un articolo nel New York Times Magazine e che, affrontante le tematiche del rimpianto e della seconda occasione, si rivela coinvolgente e agrodolce riflessione sugli anni che passano.

Creed II

Warner Bros.
Michael B. Jordan e Sylvester Stallone nel film

A oltre trent’anni da Rocky IV, il Rocky Balboa di Sylvester Stallone e l’Ivan Drago di Dolph Lundgren tornano a incrociare le proprie strade nel sequel di Creed – Nato per combattere, spin off della saga riguardante il pugile più famoso della Settima arte. Il primo è impegnato ad allenare il giovane Adonis Johnson interpretato da Michael B. Jordan, il cui padre fu il compianto amico di ring Apollo Creed, il secondo preso a spingere contro il ragazzo il suo genito Viktor alias Florian “Big Nasty” Munteanu, imbattuto campione dei pesi massimi.

Con la vendetta a fare da spettro più o meno presente, sotto la regia di Steven Caple Jr. si concretizza un sequel meno intimista ma più "hollywoodiano" rispetto al capitolo precedente, tra abbondanza di conflitti interiori, immancabili buoni sentimenti e, ovviamente, l’emozionante, atteso match finale.

Frozen II - Il segreto di Arendelle

Sulla carta doveva essere solo un bis dettato dagli incassi stupefacenti del primo film. Frozen II - Il segreto di Arendelle ha saputo travalicare però la mera logica commerciale con una storia convincente che affonda nella memoria e nel privato. 

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Per i più piccoli, certo, ma il cartoon sequel diretto da Chris Buck e Jennifer Lee non è dispiaciuto nemmeno ai grandi, che si sono gustati il ritorno in scena di Elsa, Anna, il pupazzo di neve Olaf, Kristoff e la sua renna Sven.

Green Book

Costretto a procurarsi un nuovo lavoro a causa della chiusura del club di New York in cui lavorava, lo sbruffone e sboccato buttafuori Tony Lip alias Viggo Mortensen accetta di fare da autista al raffinato ed educato pianista afroamericano Don Shirley, ovvero Mahershala Ali, seguendolo in un tour nel sud degli Stati Uniti del 1962.

Lontano dallo humour di taglio trash cui ha fatto ricorso nelle pellicole dirette insieme al fratello Bobby, Peter Farrelly parte da una storia vera per concretizzare una commedia on the road che, impreziosita dalle ottime prove sfoggiate dai due protagonisti, si rivela un autentico incontro-scontro sociale mirato a lasciar emergere il vedere il mondo attraverso gli occhi di un’altra persona e l’imparare a vivere nei panni dell’altro.

Green Book affronta in maniera tutt’altro che banale e senza scadere in facili patetismi il razzismo tipico della popolazione americana degli anni Sessanta e riuscendo a colpire lo spettatore nel cuore, un po’ come avveniva dinanzi ai classici cinematografici di un tempo.

The Irishman

Ha una connotazione fortemente testamentaria The Irishman, summa del pensiero scorsesiano in fatto di mafia movie. Il film è soprattutto una grande epopea gangster che riunisce - un po' come quei concerti evento di rock band del passato - i mammasantissima della New Hollywood, da Robert De Niro ad Al Pacino passando per Joe Pesci e Harvey Keitel. 

Per molti aspetti speculare a Quei bravi ragazzi, la pellicola passa attraverso superbi piani sequenza (che denotano una certa tendenza all'auto-citazione di Scorsese), omaggi a colleghi (il battesimo è un rimando a Il padrino) e un uso della cgi - non certo l'unico in questi anni, ma tra i più insistiti - che potrebbe aprire nuovi scenari in futuro per quel che riguarda il binomio casting/effetti visivi.

Joker

Warner Bros.
Joaquin Phoenix in una scena del film Joker

Re per una notte, in una Gotham di inizio anni '80 squarciata da tensioni sociali sempre più insostenibili. Come il De Niro di Taxi driver, anche Arthur Fleck vive da alienato e per giunta ai margini della società. Segnato da turbe psichiche sempre più ingombranti e umiliato e pestato dai suoi concittadini, il clown trova il modo di sfogare il rancore a lungo covato e la frustrazione invano repressa.

Magistrale Joaquin Phoenix lì dove altri hanno ceduto al kitsch macchiettistico (Leto sei tu?), furbo Todd Phillips nello spogliare Joker dell'etichetta di cinecomic per avvicinarlo invece al dramma sanguinario, sfruttando però l'appeal del nome della nemesi di Batman.

Noi

Marito, moglie e figli impegnati a trascorrere le vacanze estive in California, ma improvvisamente assediati nella propria abitazione da alcuni individui che sembrerebbero essere le loro perfette repliche. Basta questa semplice idea al Jordan Peele autore dell’esplosivo Scappa – Get out per fare nuovamente centro nel mettere in piedi un thriller a tinte horror. Perché, sebbene la situazione di partenza sia quella tipica di tanti home invasion, viene qui sfruttata in modo che il tutto non si riduca all’ennesima aggressione domestica priva di fantasia. Un efficace clima di mistero, infatti, viene generato di minuto in minuto grazie alla capacità di trasmettere ansia, tensione e sensazione di paranoia, senza dimenticare di tirare in ballo una certa ferocia. Fino ad un sorprendente colpo di coda. 

Parasite

Lotta di classe, che è sudcoreana ma potrebbe tranquillamente essere letta a livello planetario. Parasite è materia liquida che il regista Bong Joon-ho trasforma a proprio piacimento ora in satira sociale ora in thriller dai risvolti inaspettati, mettendo al centro di tutto una famiglia di reietti che l'occasione fa, se non ladra, quantomeno profittatrice.

Nella pellicola premiata con la Palma d'oro all'ultimo Festival di Cannes si assiste in modo lento - ma costante e inesorabile - ad una vicenda che sfugge di mano ai protagonisti. Non a Bong Joon-ho, però, lucido ad ogni passaggio narrativo, efficace nello switch di registro (dalla commedia alla tragedia, o giù di lì), splendido nel mantenere sempre aperta una (doppia) finestra sul mondo, che sia un quartiere malfamato e sudicio oppure un giardino impeccabile.

C’era una volta a… Hollywood

Sony Pictures
Una scena del film C’era una volta a… Hollywood

Quentin Tarantino ci porta nella Hollywood di fine anni Sessanta, con Margot Robbie nei panni di una Sharon Tate inconsapevole del destino che le riserverà l’incontro con la setta dello psicopatico Charles Manson. Ovviamente, però, dal regista di Bastardi senza gloria è lecito non aspettarsi il banale epilogo, seppur già scritto dalla storia; quindi, in compagnia di un attore sul viale del tramonto incarnato da Leonardo DiCaprio e della sua controfigura Brad Pitt, si sguazza nostalgicamente nella variopinta atmosfera della mecca del cinema di allora, tra un esilarante scontro con Bruce Lee, set western e il conclusivo tripudio di violenza, senza dimenticare, chiaramente, una splendida colonna sonora di evergreen ("Mrs Robinson" di Samuel & Garfunkel e "Out of time" dei Rolling stones tra le hit presenti).

Il primo re

Sotto la regia di Matteo Rovere, reduce dai sei David di Donatello portati a casa dal suo Veloce come il vento, Alessio Lapice e Alessandro Borghi sono i fratelli Romolo e Remo in un mondo antico e ostile divenuto, poi, lo scenario della nascita di Roma, il più grande impero di sempre.

Si guarda sicuramente al Revenant – Redivivo di Alejandro González Iñárritu e ai migliori lavori del Mel Gibson regista, complici soprattutto l’estrema crudezza messa in scena (non mancano infilzamenti assortiti e dita conficcate negli occhi) e il fatto che il film sia parlato per intero in un proto latino antecedente a quello arcaico. Con la risultante di un riuscito e coinvolgente mix di vicenda storica e (retro)gusto exploitation tipico dei b-movie capace di testimoniare come, in un terzo millennio che sembra aver dimenticato del tutto la celluloide italiana di genere, essa, invece, sia ancora possibile.

Il traditore

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Pierfrancesco Favino incarna ne Il traditore il boss dei due mondi Tommaso Buscetta, primo pentito di mafia che consentì ai giudici Falcone e Borsellino di comprendere l'organizzazione di Cosa Nostra e di condurne i capi in tribunale nel noto maxiprocesso.

Con un cast in stato di grazia comprendente, tra gli altri, Luigi Lo Cascio nei panni di Totuccio Contorno e Giovanni Calcagno in quelli di Tano Badalamenti, Marco Bellocchio ce lo racconta attraverso quello che si rivela, probabilmente, il miglior lungometraggio italiano del 2019, non privo di influenze provenienti dal cinema di Francesco Rosi e Giuseppe Ferrara, scandito da splendidi duelli verbali e con una delle migliori sequenze individuabile nel cinico momento in cui i malavitosi festeggiano immediatamente dopo aver appreso della morte del citato Falcone, ucciso nel 1992 in un attentato al tritolo, piazzato nei pressi di Capaci. 

Rambo – Last blood

Diretto da Adrian Grunberg, Sylvester Stallone veste per la quinta volta i panni del reduce del Vietnam John Rambo, ormai impegnato a condurre una vita tranquilla nel ranch di famiglia; se non fosse per il fatto che la giovane nipote putativa finisce reclutata nel commercio sessuale di ragazze gestito da un terribile cartello messicano.

Il tipico look da film di guerra che aveva caratterizzato i quattro capitoli precedenti viene qui totalmente abbandonato per far sì che Rambo – Last blood si riveli, invece, un autentico revenge movie sulla chiara falsariga dell’Io vi troverò con Liam Neeson. E, di conseguenza, non si fa abbondante sfoggio di azione e spettacolarità tipiche della saga, bensì si costruisce l’attesa nei confronti del vendicativo e liberatorio sterminio di cattivi, infarcito in maniera impressionante di teste tagliate e corpi infilzati in qualsiasi modo immaginabile. Senza che ci si abbandoni mai, oltretutto, a facili sentimentalismi e buonismi, mentre si respira la piacevole aria di prodotto cinematografico alla vecchia ed efficacissima maniera.

L’ufficiale e la spia

Promettente ufficiale, il Capitano Alfred Dreyfus viene degradato e condannato verso la fine del XIX secolo all’ergastolo all’Isola del Diavolo, con l’accusa di spionaggio per conto della Germania. Roman Polanski parte da qui per concretizzare in fotogrammi un fatto realmente accaduto e che vede tra i testimoni di tale umiliazione Georges Picquart, il quale viene poi promosso a capo della Sezione di statistica, ovvero la stessa unità del controspionaggio militare che aveva montato le accuse contro Dreyfus.  Il resto, con Picquart trascinato in una pericolosa spirale di inganni e corruzione dal momento in cui scopre quale tipo di segreti stavano per essere consegnati ai tedeschi, prosegue all’insegna della tensione, tra evidenti riferimenti a dipinti di famosi autori e una ricostruzione quasi maniacale dell’episodio storico.

Vice – L’uomo nell’ombra 

Il solito trasformista, sempre in maniera eccezionale, Christian Bale interpreta Dick Cheney, il vice-presidente più potente della storia americana, considerato da molti il “vero numero uno” della Casa Bianca durante l’amministrazione di George W. Bush. Il film racconta l’ascesa dell’uomo “nell’ombra”, che a poco a poco ha preso in mano le redini del gioco. Lo fa in maniera frizzante, irriverente. merito della regia sbarazzina di Adam McKay, reduce dalla satira acidissima de La grande scommessa. Nel cast compaiono, oltre a Bale, anche Amy Adams, Steve Carell e Sam Rockwell

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