Il 2022 è l'anno in cui Robert Pattinson tenta di liberarsi per sempre del suo "scomodo" passato come protagonista della saga di Twilight. Con l'enorme successo e consenso critico raccolto dall'attore nei panni di un Bruce Wayne tormentato e oscuro, dopo anni di lenta costruzione di una carriera fatta di film autoriali e talvolta difficili, Pattinson sembra essersi quasi del tutto liberato dello stigma (comunque ingiusto) di aver usato un film sui vampiri amato dalle adolescenti come trampolino di lancio per la sua carriera.
Tra i cinefili più attenti che Pattinson fosse un attore di talento, in grado di mettersi in gioco e con un debole per gli autori più affermati e provocatori lo si sa da tempo, ma il sapiente mix di ruoli iconici in franchise commerciali (Harry Potter, Batman, Twilight) e film di nicchia hanno portato anche il pubblico generalista a rivalutarlo.
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Il percorso dell'altra star di Twilight non è poi così dissimile, anzi: scorrendo i suoi film si nota la stessa alta concentrazione di nomi autoriali che piacciono ai cinefili più esigenti (il cileno Pablo Larraín, Ang Lee, due film con Olivier Assayas, Kelly Reichardt) e praticamente nessuna concessione al cinema di grido. Eppure Stewart è molto, molto lontana dall'essere percepita come un'artista "seria" e la sua innegabile notorietà è legata a red carpet e gossip.
Avendo lavorato sia con Robert Pattison sia con Kristen Stewart in anni recenti, con Crimes of the future il regista canadese David Cronenberg ci fornisce l'occasione perfetta per tentare di capire perché.
I registi amano Kristen Stewart ma il pubblico non lo sa
Esattamente 10 anni fa Robert Pattison interpretava il protagonista di Cosmopolis, il film di David Cronenberg tratto dall'omonimo romanzo di Don DeLillo. I due hanno poi collaborato in Maps to the Stars (2014), ma in Cosmopolis Pattison si accaparra uno di quei personaggi sulfurei, brutali, iconici in grado, se ben recitati, di aiutare a ridefinire una carriera.
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Il film non fu un successo strepitoso di pubblico, ma fu molto amato dalla critica e ottenne esattamente l'effetto sperato per la carriera di Pattison, che proprio in quella collaborazione con Cronenberg (molto autoriale, ma tutto sommato più adatta al grande pubblico di altri cult del maestro del body horror) trovò uno dei titoli con cui cambiare la percezione generale delle sue ambizioni come attore.
Qualche tempo dopo, sempre mutuato via Festival di Cannes, arriva nelle sale una raffinatissima ghost story destinata a diventare un cult: Personal Shopper di Olivier Assayas, con protagonista proprio Kristen Stewart. Anche qui il film funziona come vetrina del talento e delle capacità recitative di un'attrice che, ancora giovanissima, si muoveva al fianco di Jodie Foster su un set non semplicissimo di un film di David Fincher come Panic Room.
Eppure questo passato sembra quasi dimenticato, la rivalutazione di Kristen Stewart è ben lontana dall'essere in atto, pur avendo lei seguito la stessa strategia del collega, anzi. Si è tenuta ben lontana da quasi ogni titolo che potesse anche solo avere una vaga allure commerciale, anche se è facile immaginare come le proposte non siano mancate. Forse la concessione più rilevante è stata la partecipazione a Biancaneve e il Cacciatore, uscito a stretto giro con l'ultimo capitolo di Twilight.
Kristen Stewart in Crimes of the Future
In Crimes of the Future interpreta Timlin, una timida assistente di un neonato dipartimento governativo addetto alla registrazione di ogni mutazione che sta portando alcuni umani a sviluppare nuovi, bizzarri organi. Al centro della storia c'è la relazione tra i personaggi di Viggo Mortensen e Léa Seydoux, ma è Stewart a prendersi sulle spalle alcuni dei passaggi più pericolosi di un film distopico che riflette sull'evoluzione del corpo umano, come la battuta "la chirurgia è il nuovo sesso", che compariva già nel trailer del film.
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Il ritorno al body horror di David Cronenberg con un film distopico e per certi versi provocatore è una sfida meno sicura dell'adattamento di uno dei romanzi più amati di DeLillo, in cui per giunta Stewart non occupa il centro della scena. È lei a essere al servizio di Cronenberg, tirando fuori un personaggio fatto di timidezza e impulsi, che funziona bene, confermando se ce ne fosse stato bisogno come sia un attrice di valore.
Certo è meno poliedrica del collega: come hanno dimostrato le collaborazioni fallimentari degli scorsi anni (come per esempio Seberg - Nel mirino), Stewart brilla solo in certi tipi di personaggio, solo se guidata registi carismatici capaci di costruirle attorno un personaggio che non venga fagocitato dalla fama del suo interprete. Neppure Pattinson però è un trasformista. Si prende i suoi rischi, è attento a dare un'impronta molto seria al suo lavoro, in ultima istanza probabilmente è davvero un attore più capace, ma che deve lottare meno contro la voglia di ridurlo a un divo di copertina, forse anche con un bacino di ruoli interessanti ben più ampio a disposizione.
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Se la rivalutazione di Kristen Stewart - una che negli ultimi anni si è presa parecchi rischi e non tutti hanno pagato - non è ancora avvenuta non è tanto per sua incapacità o scarsa oculatezza, quanto perché il modo di raccontarla (icona queer, icona di moda, testimonial Chanel) tende sempre a tagliar fuori le scene lavorative molto coraggiose che fa.
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