Essere Spider-Man è un sacrificio. Se non sono bastati sessant’anni di grandi avventure a fumetti, la perentorietà con cui Miguel O’Hara si abbatte su uno sconcertato Miles Morales in Spider-Man: Across the Spider-Verse racchiude in una manciata di parole l’essenza del Ragno Marvel. Perché sia chiaro, fin dall’inizio: Spider-Man: Across the Spider-Verse è la più sentita rappresentazione di cosa significhi essere Spider-Man.
Che non vuol dire semplicemente dondolare tra i palazzi di New York andando a caccia di villain. La drammaticità e la tragedia sono parte integrante della vita di Spider-Man, che sembra abbattersi sul Ragno senza requie. Eppure, la forza del Tessiragnatele è sempre stata il rialzarsi, l’incassare, soffrendo, ma non arrendendosi, trovando anche la forza di sorridere e ironizzare .
Perché puoi lasciare il costume in un vicolo sperando in un’altra vita, ma alla fine ricordi che da grandi poteri derivano grandi responsabilità, e non ci si può voltare dall’altra parte.
Spider-Man: Across the Spider-Verse, sotto la maschera ci siamo noi
Non si offendano Sam Raimi o il Marvel Cinematic Universe, che pur hanno cercato di dare ritratti indelebili del Ragno sul grande schermo, ma quanto fatto da Spider-Man: Across the Spider-Verse è un gesto di puro amore per il personaggio. Una passione che già con il precedente capitolo, Spider-Man: Into the Spider-Verse, era risultata palese, ma il ritorno nello Spider-Verse è stato un momento di grande crescita. Non solo della saga, non solo per Miles: per tutti noi, spettatori compresi. Anzi, famiglie comprese.
Spider-Man: Across the Spider-Verse prende vita mesi dopo gli eventi del primo film. Miles sta cercando di venire a patti con la sua doppia vita, tra impegni scolastici, preoccupazioni familiari e vita supereroica, non sempre riuscendo a trovare il giusto equilibrio. Adolescente con un improvviso carico di responsabilità, catapultato in una realtà più grande di lui e senza nessuno con cui parlare che davvero lo capisca. Una sola voce potrebbe essergli di aiuto: Gwen, la Spider-Woman di cui il nostro Spider-Man di Brooklyn è evidentemente innamorato.
Una lontananza che sembra destinata a non colmarsi, almeno sino a quando la bionda sparagnatele non torna improvvisamente nella vita di Miles.
Un ritorno foriero di grandi rivelazioni, di nuove avventure ma soprattutto di feroci verità che costringono Miles a interrogarsi su cosa significhi davvero essere Spider-Man, quali siano i grandi sacrifici che si abbattono sul portatore della maschera.
La presenza di un villain capace di evolversi magnificamente in un unico film, ossia la Macchia, e l’interazione con le Spider-persone di altre dimensioni sono allegoriche rappresentazione di un tratto essenziale della figura di Spider-Man: è il più umano dei supereroi di Marvel Comics. O forse dell’intero mondo supereroico.
Questa sua universalità, la capacità di rivolgersi agli adolescenti come agli adulti, il suo sapere al contempo parlare a figli e genitori è il segreto che più di ogni altro lo rende parte della nostra emotività.
Senza scendere in fastidiose rivelazioni sulla trama di Spider-Man: Across the Spider-Verse, basti dire che ci sono momenti che profumano di quotidianità, sotto la maschera potremmo esserci noi (ah Stan, come stai sorridendo ora…), che cerchiamo di trovare la nostra direzione, sforzandoci di farci capire da genitori che sembrano improvvisamente non capirci, quasi fosse di un’altra dimensione.
Ma allo stesso tempo, nelle parole dei padri di questa pellicola ci sono le paure e le ansie di chi vede crescere così rapidamente i propri figli, spaventati di non essere più capaci di proteggerli o di comprenderli.
Al netto della stupenda avventura supereroica, Spider-Man: Across the Spider-Verse è un dialogo sulle famiglie e sugli individui che le animano, parte di un ecosistema emotivo ma al contempo entità indipendenti. Come essere entrambi? Come fare ad accettare la vita e le scelte che questa ci sbatte spietatamente in faccia?
La risposta è racchiusa in una delle frasi più amorevoli che una madre potrebbe dire al proprio figlio:
Miles, non ti perdere
Poetico augurio in un film che fa proprio della ricerca del sé, del proteggersi e del difendere il proprio mondo interiore la sua cifra emotiva.
Miles è protagonista ma non assoluto, il suo viaggio accoglie le altre Spider-persone per lasciare che anche loro abbiano il giusto respiro per mostrare fragilità e aspirazioni, creando un’interconnessione emotiva che va ben oltre il concetto di Spider-Verso.
Uno, nessuno, centomila Ragni, ma un unico spirito
Un telaio narrativo meravigliosamente concreto, capace di mostrare tanto il senso dell’essere eroe quanto il rovescio della medaglia, l’ossessione di vedersi come colui che deve, a ogni costo, preservare l’ordine costituito. Viene da chiedersi chi sia il vero villain, quanto sia facile passare da eroe a uomo ossessionato, con una visione insolitamente schietta e matura sulle idiosincrasie generazionali che accompagnano la crescita dell’individuo.
Diversi Spider-Man significa diverse esperienze, diverse vite che pur avendo punti di contatto sono frutto di scelte differenti, di errori diversi ma scaturiti da comuni sensazioni. Con una genialata metanarrativa, la connessione tra questi Ragni si basa sul concetto di Canone, di momenti fissi nel tempo che impattano sui diversi Spider-Man, sempre causando una ferita che ne guida l’esistenza.
È questo rispetto del dolore, del dramma personale che accompagna Spider-Man da sempre che si percepisce come Spider-Man: Across the Spider-Verse sia frutto di una profonda conoscenza del personaggio, un autentico atto di amore per il Ragno e i suoi appassionati lettori.
Che si tratti di Veri Credenti, maniacalmente attenti a ogni dettaglio citazionistico, o di cultori delle sue più recenti incarnazioni non c’è differenza, tutti rivedono il proprio Spider-Man in un momento di universalità che non vuole essere un bieco fan service, ma un abbraccio collettivo attorno a un’icona della cultura pop che da sessant’anni ci insegna che non per quanto la vita sia dura, va vissuta, affrontata, anche riscrivendone le regole all’occorrenza.
Visivamente questa forza narrativa trova nuovamente la forma di una caleidoscopica rappresentazione animata, che non solo preserva la natura mostrata in Spider-Man: Into the Spider-Verse, ma spinge ulteriormente su una poliedricità stilistica mirabile, che accoglie anche il nostro Gigi Cavenago, autore di uno struggente flashback.
Gli Spider-Man coinvolti sono resi con una cura del dettaglio incredibile, cercando di preservarne lo spirito autentico anche sul piano visivo (Ragno Rosso è sublime), enfatizzando sul concetto di multiverso.
Si passa dall’impostazione registica che strizza l’occhio alla metanarrazione fumettistica a stili di disegno che sfocano cromaticamente gli sfondi per puntare all’espressività dei volti, lavorando di sottrazione lasciando emergere una sensibilità cromatica vivace e avvolgente.
Raramente contenuto e contenitore trovano una sinergia così naturale, originando una grammatica narrativa in cui il pericolo di una caotica massa di ragni non sfocia in un maelstrom confuso di personaggi che si soffocano vicendevolmente, ma trova invece nella semplicità e nell’immediatezza emotiva la propria identità.
Parte di una trilogia che si completerà con Spider-Man: Beyond the Spider-Verse, Spider-Man: Across the Spider-Verse è, a titolo personale, la migliore versione cinematografica del Ragno marveliano. Un atto di sincero amore per il Tessiragnatele, in ogni sua versione, accogliendo tutti i fan di Spider-Man dialogando con loro, condividendo ricordi ed emozioni.
Perché alla fine, uscendo dalla sala, ci si guarda tra sconosciuti, ci si sorride e si capisce che si entra come estranei ma si esce come amichevoli Spider-persone, legati in un nostro Spider-verso.
Commento
Voto di Cpop
95Pro
- Spider-Man nella sua veste migliore
- Visivamente magnifico
- Colonna sonora superlativa
- Dialoghi quotidiani
Iscriviti al nostro canale Telegram e rimani aggiornato!