Star Wars: The Acolyte, recensione: questa notte un Jedi è morto...

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Autore: Manuel Enrico ,

La grande menzogna di Star Wars è che i Jedi fossero perfetti, la massima espressione del bene contrapposta al male assoluto incarnato da Palpatine e Darth Vader. Per decenni abbiamo vissuto con questo dogma, parzialmente scalfito dalla Trilogia Prequel, ma è solo con l’Alta Repubblica che si è mostrato veramente un volto inatteso dei Jedi.

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Non è un caso che la nuova serie di Disney Plus, Star Wars: The Acolyte, sia ambientata in questo periodo. Scegliendo l'ultimo scampolo di età aurea della Repubblica, la serie creata da Leslie Headland vuole mostrate l'Ordine Jedi da una prospettiva differente, andando oltre l'idolatria tipica del franchise e lasciando emergere le ipocrisie e le ombre del Lato Chiaro della Forz.a 

Star Wars: The Acolyte, i Jedi dell'Alta Repubblica

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Dopo il successo di Ahsoka, si è tornati a porre con particolare attenzione la Forza al centro delle vicende di Star Wars. Andor e The Mandalorian hanno puntato maggiormente a un aspetto più umano e quotidiano della galassia lontana, lontana, ma è innegabile che se si pensa a Star Wars il primo pensiero sono spade laser e Jedi.

LucasFilm
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Star Wars: The Acolyte accoglie questo slancio del fandom, ma non si limita a un mero fanservice, mirando a presentare i Jedi sotto una luce diversa. Da guardiani della pace galattica, i membri dell’Ordine vengono ritratti nel momento terminante del loro periodo di maggior splendore, l’Alta Repubblica, portandoci circa cento anni prima de La Minaccia Fantasma.

Su un remoto pianeta, la Maestra Jedi Indara (Carrie-Anne Moss) viene attaccato da una misteriosa assassina, che riesce a ucciderla. La morte della Jedi non passa inosservata, portando il giovane Cavaliere Yord (Charlie Barnett) sulle tracce di Osha (Amandla Stenberg), riconosciuta da un presente all’omicidio come l’assassina di Jedi.

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La notizia della cattura di Osha, un tempo parte dell’Ordine Jedi prima della sua scelta di abbandonare la vie della Forza, arriva a Sol (Lee Jung-jae), suo vecchio Maestro. Dopo avere ottenuto il permesso dalla Maestra Vernestra Rwoh (Rebecca Henderson), Sol, accompagnato dalla sua padawan Jecki Lon (Dafne Keen) si mette sulle tracce di Osha, scoprendo che il passato della giovane sia la risposta a un mistero più articolato, che affonda le sue radici nel passato di quattro Maestri dell’Ordine.

Da queste premesse, Star Wars: The Acolyte si prefigge di portare finalmente in live-action un’era recente della cronologia della saga, l’Alta Repubblica. Se nei romanzi e nei comics viene presentata come un’epoca di grande fascino e transizione verso la Repubblica che abbiamo conosciuto nella Trilogia Prequel (La Minaccia Fantasma, L’Attacco dei Cloni, La vendetta dei Sith), la scelta di porre la nuova serie di Star Wars nel periodo terminale consente a Leslie Headland, showrunner e regista del pilot, di mostrare i Jedi sotto un luce differente.

Le imperfezioni del Lato Chiaro

La mitologia di Star Wars ha idolatrato i Jedi sino alla Trilogia Prequel, quando sono emerse le prime crepe di una fama forse immeritata. Scavare nel passato dell’Ordine, giudicandolo nel suo momento di massima potenza diventa quindi uno strumento affascinante per comprendere non solo le generazioni successive, ma anche per interrogarsi su quanto i metodi dei Jedi fossero davvero morali.

Per farlo, The Acolyte mettere l’Ordine davanti alle sue azioni, spinge i Jedi coinvolti in un evento luttuoso vecchio di decenni ad affrontare le proprie colpe. Non è più un discorso di buoni o cattivi, diventa un ritratto di vite spezzate e di perdita di sentimenti, di tentativi di non dimenticare i legami anche quando questi sono considerati un peccato.

Quanto abbiamo appreso in precedenza delle severe regole monastiche dei Jedi viene finalmente spiegato, analizzato e rielaborato, inserito un contesto completamente nuovo.

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Da tempo Star Wars ha abbandonato la netta separazione tra Jedi e Sith in merito agli schieramenti della Forza, introducendo nuovi gruppi di Force user come le Sorelle della Notte. Star Wars: The Acolyte prosegue questa su questa direttrice, mettendo al centro dell’indagine del Maestro Sol una congrega di donne sensibili alla Forza.

Scelta sulla carta promettente sul piano narrativo, ma che nelle prime quattro puntate non pare gestita al meglio, lasciando la sensazione che questa congrega di streghe sia più un deus ex machina nato dalla fusione di idee simili prese nella ricca proposta della scif-fi, dalle citate Sorelle della Notte alle Bene Gesserit di Dune.

Purtroppo, quello che sembra un'ispirazione diventa un fastidioso senso di riciclo, figlio della volontà di dare nuova forza a un franchise in profonda crisi, divisi tra la voglia di sperimentare e il disperato bisogno di non tradire un fandom diviso tra talebano rispetto della continuity e richiesta di nuovi slanci narrativi. 

Nonostante questa sensazione di deja vù, va riconosciuto a Star Wars: The Acolyte di cercare in tutti modi di indossare degnamente l’abito di una serie nata per essere un raccordo tra periodi noti di un franchise universalmente noto e l’esigenza di raccontare nuove storie. Rispetto per la continuity e sorpresa per gli spettatori sono le due direttrici narrative di una serie che non può contare solamente su una spettacolare messa in scena, fatta di scenari spettacolari e grandi coreografie nei combattimenti, ma che perde di coerenza sul piano narrativo. 

Difficile rimanere sorpresi dai presunti colpi di scena, estremamente prevedibili e malamente inseriti nella trama orizzontale, che sprecano quello che, in potenza, era un'ottima idea. Il primo thriller di Star Wars si rivela deludente, sotto questo aspetto, con un'indagine scontata e che viene presto sacrificata per lasciar spazio a una storia incolore, fatta di dialoghi poco ispirati (non per colpa dell'adattamento nostrano) e di situazioni che mirano a coinvolgere gli spettatori più per la ricerca di riferimenti alla saga che non con una vicenda umana concreata e espereibile come parte del franchise, ma con una propria personalità.

Riferimenti a situazioni già note e a frammenti di lore recenti sono inseriti quasi con intento salvifico, con dialoghi che rivelano un diverso tono dell’Ordine e una labile ma persistente sensazione di fallacia all’interno delle azioni dei Jedi. Pur ritrovando alcuni sentori del classico umorismo di Star Wars, il tono è evidentemente differentemente, specie nella seconda metà della serie, dove la presenza sempre più palpabile del Lato Oscuro si fa sentire. 

Perché vedere Star Wars: The Acolyte

Alla conclusione di questo primo arco narrativo di Star Wars: The Acolyte, ammesso ne seguano altri, si resta con la sensazione di aver assistito a una promettente idea malamente gestita. La Headland ha sicuramente una grande affinità con il franchise, ma la sua writing room non è riuscita a rendere appassionante questa storia, non ha voluto compiere quel passo in più per dare carattere e personalità a un racconto libero dai vincoli della Skywalker Saga.

Se durante la visione in anteprima dei primi quattro episodio si era rimasti speranzosi di vedere una costruzione più solida nella seconda metà della serie, la visione completa di Star Wars: The Acolyte non può essere totalmente soddisfacente. 

Ammirabile l'incredibile impianto visivo, al pari dell'abilità con cui sono stati realizzati i combattimenti, forse tra i migliori dell'intero franchise sul piano coreografico, ma è come se fosse venuta meno l'emozione autentica. Sembra che tutto ciò che avrebbe dovuto esser suggestione e magnetismo per lo spettatore sia stato tramutato in un freddo calcolo di avanzamento forzoso della trama, arrivando a una conclusione che lascia domande non tanto fondate sulla curiosità di scoprire altro di questi personaggi, ma solo per vedere come questa vicenda andrà ad impattare sul canon della saga

Commento

Voto di Cpop

70
Questo primo assaggio di Star Wars: The Acolyte mostra un’aderenza agli stilemi della narrazione starwarsiana, con particolare affinità alla Trilogia Prequel, compresa la colonna sonora che sposa sonorità introdotte proprio con la trilogia avviata con La Minaccia Fantasma. Un tratto familiare ben intrecciato all’esigenza di novità per un franchise che sembra trovare maggior lucidità nel racconto seriale, compreso quello animato come mostrato da The Bad Batch e Tales of The Empire, che non dal suo ambiente originario, il grande schermo.

Pro

  • - Alta Repubblica interpretata al meglio
  • - Visivamente accattivante
  • - Scene d'azioni ben realizzate

Contro

  • - Alcuni elementi poco originali
  • - Troppi sensi di deja vù
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