Un casco. La prima stagione di Halo è stata penalizzata dalla scelta di mostrare il volto di Master Chef, dopo anni di anonimato all’interno dell’omonima saga di videogiochi, che hanno consacrato il granitico supersoldato come uno dei simboli non solo della cultura videoludica, ma della pop culture stessa. La prima stagione di Halo è stata un momento essenziale nella dimensione crossmediale della saga, che non si è limitata a dominare la scena della console war, ma si è mostrata come uno dei migliori esempi di narrazione multimediale, grazie a una serie di romanzi che ha approfondito questo contesto narrativo affidandosi a una chiave sci-fi degna delle migliori interpretazioni del genere. Proprio a questo universo espanso letterario attinge Halo 2, secondo arco narrativo della serie di Paramount Plus dedicata al popolare soldato del futuro.
Dopo anni di tentativi di realizzare un passaggio al mondo del cinema, Master Chief ha conquistato l’intrattenimento streaming in un periodo in cui la fantascienza attraversa un momento complicato. Dopo gli exploit di serie divenute cult come The Expanse e Battlestar Galactica, il compito di tenere vivo il fascino della sci-fi nella serialità è ricaduto principalmente su ritorni di franchise storici, come Star Trek (Picard, Strange New Worlds) e Star Wars (Andor, The Mandalorian) o produzioni faraoniche come Foundation.
Stili e approcci differenti, divisi fra racconti fondati sull’azione e altri più improntati alla costruzione di un impianto sociale articolo e avvolgente. In una simile congiuntura, Halo, per sua natura, ha tutte le caratteristiche per imporsi come un ibrido di queste due vocazioni, riconfermando come il passaggio dalla dimensione videoludica sia possibile se alimentato da una scrittura consapevole, come dimostrato nella scorsa stagione televisiva da The Last of Us.
Halo 2, il ritorno di Master Chief
La prima stagione di Halo era quindi stata sottoposta a un giudizio particolarmente severo, che coinvolgeva non solo le chirurgiche aspettative dei fan della serie, quanto un pregiudizio che spesso accompagna prodotti derivativi come Halo. Pur apprezzandone le potenzialità, ripensando al primo arco narrativo di Halo si può ricordare una produzione non sempre convincente, indebolita da una scrittura non sempre in focus con il tenero narrativo, che ha portato a percepire in più occasioni un distacco tra ambientazione e personaggi. Pur riconoscendo a Paramount di avere dato fiducia a questa produzione, la prima incursione nel mondo di Halo era risultata sin troppo preparatoria e acerba, anche sul piano estetico.
Comprensibile come la seconda stagione di Halo si trovasse a dover gestire un’aspettativa piuttosto forte, non solo da parte dei fan della ventennale saga, ma anche dagli spettatori in cerca di una serie sci-fi appassionante. Un necessario cambio di passo c Nella nostra anteprima dei primi quattro episodi della seconda stagione di Halo, ci siamo avvicinati lasciando per un attimo da parte la ricerca di richiami e citazioni del nostro passato da gamer, cercando di goderci al meglio la costruzione di un’umanità futura coinvolta in una guerra intergalattica.
Dopo aver assistito alla scoperta di questa civiltà aliena, ora il conflitto con i Covenant entra nel vivo, con un momento particolarmente drammatico: l’attacco Covenant a Reach, uno dei centri nevralgici della galassia umana. Nonostante John 117 e la sua squadra abbiano avvisato i verti della USNC dell’incombente minaccia, la sensazione è che i loro moniti siano stati ampiamente ignorati, portando all’arrivo della civiltà aliena e un massacro di cittadini.
Ma queste morti erano evitabili? O sono parte di un piano delle alte sfere, incuranti delle ingenti perdite?
Se la prima stagione di Halo era stata viziata da una costruzione narrativa non convincente e a tratti forzatamente epica, il secondo arco narrativo della serie di Paramount Plus spazza via ogni dubbio. Tralasciando l’aderenza dogmatica agli eventi raccontatati nei videogiochi o nelle opere derivate, il ritorno di Halo mostra una solidità narrativa evidente.
Proseguendo da quanto visto nei precedenti episodi, la trama della serie si anima con una convincente sinergia tra gli eventi che coinvolgono l’umanità futura e la dimensione interiore dei personaggi. Ne risulta una spinta narrativa più concreta e ragionata, in cui non solo emerge la centralità di Master Chief, ma viene premiato il ruolo di tutte le figure che circondano il granitico soldato.
Una più ricca gamma emotiva che emerge grazie alla prolungata assenza di uno dei tratti tipici della versione in pixel del personaggio: la sua armatura. Scelta narrativamente motivata dalla Caduta di Reach, ma che consente di dare maggior risalta all'umanità di John 117, strutturata attorno alla sua figura di soldato simbolo ma anche di individuo in cerca di risposte.
Lo spettatore percepisce queste tensioni emotive non solo grazie alla spartana recitazione di Pablo Schreiber. A sostenere questa trasposizione di Halo sono i personaggi che ruotano attorno alla figura di Master Chief, che in questa seconda stagione risultano, in diverse occasioni, focali nello sviluppare l'universo in cui siamo portati. Un notevole passo avanti rispetto al passato, con una sensibile attenzione nel dare a questa storia fantascientifica maggior corpo, evitando di chiedere allo spettatore di accettare in modo passivo quanto raccontato, ma dando finalmente un'architettura esplorabile di questo universo.
I Covenant all'attacco
Il cambio di showrunner, dopo l’abbandono di Killen e Kane, sembra aver giovato non poco alla serie. I punti deboli della precedente stagione risultano un ricordo, fortunatamente, con un evidente cambio di registro nei dialoghi, più centrati e rivelatori dello stato emotivo dei personaggi, centrali nello sviluppo di una tensione narrativa che si dipana in modo più coeso, creando un percorso emotivo per lo spettatore che sia godibile e, salvo alcuni passaggi, mai banale.
Di questo miglioramento giova la serie nella sua interezza, che risulta più concreta, grazie a una scrittura accorta nel gestire al meglio i diversi registri narrativi, passando con il giusto da ritmo da situazioni di forte tensione personali dei personaggi ad altre che spingono con convincente intensità sull’aspetto più action di Halo.
Non abusare delle scene di combattimento è una scelta di maturità da parte della writing room di Halo, che nel dare a questi momenti adrenalinici la corretta definizione ne premiano la centralità nella vita dei protagonisti. Rispetto ai precedenti episodi, è evidente una maggior cura nella CGI, che consente di mostrare combattimenti più dinamici e realistici, grazie a un’interpretazione muscolare degli attori, Schrieber in primis, che animano scene di lotta in cui l’aspetto tattico che ci si attende da militari addestrati esplode in scene di grande spettacolarità.
Per chi si avvicina a Halo vivendola come una serie sci-fi questa seconda stagione promette di rivelarsi estremamente interessante, con un’evidente evoluzione narrativa che inizia a mostrare la solidità di quello che appare come una complessa e avvincente galassia futura. I fan di Halo, invece, potrebbero venire frenati dalla ricerca di evidenti riferimenti alla saga videoludica, patendo alcune incongruenze come tradimenti allo spirito originale della saga videoludica.
Il finale di Halo 2 lascia gli spettatori con un momento di grande pathos, perfetto cliffhanger per una terza stagione che eredita il non facile compito di alzare ulteriormente la qualità della serie. Non solo sono ora attese risposte fondamentali per trame lasciate astutamente in bilico, ma le potenzialità della serie richiedono che il futuro arco narrativo spinga ulteriormente l'acceleratore su una dinamica che valorizzi maggiormente l'aspetto mistico dell'universo di Master Chief.
Commento
Voto di Cpop
80Pro
- Miglioramento sul piano narrativo
- Ambientazioni ben ricreate
Contro
- Non aderente al canone della serie videoludica
- Alcuni passaggi sono ancora deboli
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