Hayao Miyazaki e il rifiuto della violenza nei film di Studio Ghibli

Uno degli aspetti più distintivi delle opere di Miyazaki risiede in una peculiarità: la quasi totale assenza di violenza gratuita, scopriamo perché.

Autore: Federica Polino ,

Studio Ghibli è uno dei più importanti studi di animazione al mondo, paragonabile a giganti occidentali quali Pixar, Disney e Warner Bros. Noto per un character design straordinario, la narrazione coinvolgente e i protagonisti femminili (e non) forti ancor prima del 2000, il colosso giapponese ha influenzato profondamente il mondo dell’animazione, consolidandosi come uno degli studi più rilevanti di tutti i tempi.

"Sento che a fine del mondo è vicina".

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Tra i suoi fondatori, il maestro Hayao Miyazaki spicca per il suo contributo a film iconici come Il Castello Errante di Howl, La Città Incantata e Ponyo sulla scogliera, opere in grado di affrontare e diffondere temi profondi e universali quali l’amore per sé stessi e per i nostri cari, la necessità di una crescita personale, emotiva, e l’attenzione all'ambiente, nonché il rispetto e l'empatia. 

La loro capacità di risuonare nei cuori di esseri umani appartenenti a culture e religioni differenti li rende intramontabili, dei veri e propri cult e pietre miliari dell'animazione. Eppure, uno degli aspetti più distintivi delle opere di Miyazaki risiede in una peculiarità: la totale assenza di violenza gratuita, una scelta non casuale, ma in grado di riflettere una filosofia ben precisa.

La nascita di Studio Ghibli

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Fondato il 15 giugno 1985 da Hayao Miyazaki, Toshio Suzuki e il compianto Isao Takahata, Studio Ghibli nasce con l’obiettivo di realizzare lungometraggi animati di alta qualità.

Tuttavia, in realtà, le radici di questa gloriosa avventura risalgono a oltre trent’anni prima, negli anni 70, quando Hayao Miyazaki e Isao Takahata lavoravano presso la Nippon Animation su anime televisivi quali Heidi e Anna dai capelli rossi.

Insoddisfatti dei limiti dell’animazione televisiva, colpevole di tracciare confini alla loro creatività, i due artisti si resero conto che lavorando per un qualsiasi altro studio non avrebbero mai potuto realizzare il loro sogno: dar vita ad opere di altissima qualità, in grado di scandagliare le profondità emotive dell’essere umano e veicolare tematiche profonde.

Nel 1979, Miyazaki realizzò il suo primo lungometraggio, Lupin III - Il castello di Cagliostro, seguito nel 1983 dall’inizio della lavorazione di Nausicaä della Valle del vento, tratto da un suo manga: il film, portatore di tematiche quali la salvaguardia dell’ambiente, uscì nel 1984 ed ottenne un buon successo, ma la Topcraft, che ne aveva curato l’animazione, fallì poco dopo. 

Posti di fronte alla necessità di uno studio che realizzasse i futuri progetti, Miyazaki, il produttore Toshio Suzuki e Yasuyoshi Tokuma, con il contributo di Isao Takahata, fondarono lo Studio Ghibli il 15 giugno 1985.

Takahata, pur fondamentale nella nascita dello Studio, rifiutò ruoli dirigenziali, sostenendo che gli autori non dovessero assumere posizioni amministrative. Da questa unione nacque, così, uno dei più influenti studi d’animazione al mondo, sinonimo di qualità e profondità narrativa, nonché forza trainante di una denuncia ecologista.

Nei primi anni dello Studio Ghibli, Tokuma concesse libertà creativa, optando però per una gestione prudente al fine di minimizzare i rischi, contando su 70 animatori assunti a tempo determinato e una sede provvisoria a Kichijoji, Tokyo. I primi film, Laputa - Il castello nel cielo, Il mio vicino Totoro e Una tomba per le lucciole (o La tomba delle lucciole, 1988), furono acclamati dalla critica ma ottennero un successo economico moderato, diventando cult solo grazie al benestare del tempo.

Il primo trionfo al botteghino fu Kiki - Consegne a domicilio (1989), che attrasse ben 2,62 milioni di spettatori, rendendolo il maggiore incasso giapponese dell’anno: un successo che introdusse nello studio contratti a tempo pieno, formazione regolare e un significativo aumento delle spese. Con Porco Rosso (1992), lo Studio trasferì i suoi 90 dipendenti in una nuova sede a Koganei, progettata in collaborazione con Miyazaki.

Nonostante ciò, la fama internazionale investì lo studio Ghibli solo con il trionfo al botteghino di film di successo internazionale quali Princess Mononoke (Principessa Mononoke, 1997), La città incantata (2001) e Il castello errante di Howl (2004). La città incantata vinse addirittura l’Orso d’Oro nel 2002 e l’Oscar nel 2003, consolidando Ghibli come icona globale dell’animazione.

Cosa significa Ghibli?

Il nome Ghibli (pronunciato in giapponese ji-bu-ri, malgrado la parola sia italiana) riflette la passione di Miyazaki per i velivoli storici: durante la Seconda Guerra Mondiale, i piloti italiani in Nord Africa chiamavano ghibli il caldo vento del deserto, simboleggiando l’ambizione dello Studio atta a portare una ventata di novità nell’animazione giapponese.

Un cinema per tutti: non solo film per bambini

Un luogo comune molto diffuso è che i film di Miyazaki siano pensati esclusivamente per bambini. In realtà, sebbene molte storie siano raccontate attraverso gli occhi di giovani protagonisti, questa scelta serve solo a rendere i temi accessibili anche ai più piccoli, mentre gli adulti possono cogliere le sfumature più profonde.

Miyazaki mira a creare opere che possano essere apprezzate da persone di ogni età.

Un esempio emblematico è Principessa Mononoke, spesso considerato il film più maturo e violento di Miyazaki: a differenza di Nausicaä della Valle del Vento, Principessa Mononoke include scene di violenza grafica palesi, intense, mature. Tuttavia, etichettare il film come violento sarebbe riduttivo e semplicistico, poiché al centro della storia vi è un messaggio pacifista che invita lo spettatore a una riflessione profonda sul rapporto tra esseri umani e natura.

La principessa Mononoke - amazon.it
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Come in Nausicaä, il tema pacifista è esposto mostrando gli effetti devastanti delle attività umane sull’ambiente, con la natura che reagisce in modo distruttivo, pronta a reagire dinanzi alla violenza perpetrata dall'uomo: un esempio reale e a noi vicino potrebbero essere le conseguenze dell'’industrializzazione incontrollata, quali il riscaldamento globale e i disastri naturali che ne derivano.

Nonostante la critica avesse disapprovato questo tripudio di violenza, Miyazaki affermò di aver realizzato Principessa Mononoke pensando proprio ai bambini:

Quando ho iniziato a lavorare su questo film, pensavo che non dovesse essere visto dai più piccoli. Ma, man mano che mi avvicinavo alla fine, ho iniziato a credere che i bambini più giovani sarebbero stati in grado di capire intuitivamente il messaggio.

Il rifiuto della violenza gratuita nei film

Porco Rosso - amazon.it
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La scelta di Miyazaki è più emblematica e significativa: il regista ha deciso tempo addietro non di eliminare violenza e dolore, bensì di evitare la violenza gratuita nei suoi film, elemento che riflette una visione profonda - e che non lascia ad interpretazioni - circa l'immenso potere educativo che ha il cinema

In effetti, la psicologia ci insegna che l’infanzia è una fase cruciale per lo sviluppo delle funzioni cognitive, delle emozioni e della capacità di prendere decisioni: pertanto, esporre i giovani a messaggi positivi, anche attraverso rappresentazioni complesse e pregne di sequenze violente come quelle de Principessa Mononoke, può influenzare positivamente il loro modo di pensare e crescere.

A questo proposito, è necessario ricordare quanto Miyazaki sia stato molto critico nei confronti del cinema hollywoodiano, accusandolo di glorificare la violenza, senza condannarla. Film celebri quali Il Signore degli Anelli e Indiana Jones sono stati oggetto di biasimo, poiché - a suo parere - rappresentano la violenza come qualcosa di eroico o necessario.

Questa posizione, sebbene controversa e non condivisa dai più, rivela molto sulla visione e la vita di Miyazaki: egli, un ragazzino cresciuto in Giappone durante e dopo la Seconda Guerra Mondiale, è stato profondamente segnato dagli eventi del conflitto, compresi i bombardamenti atomici su Hiroshima e Nagasaki.

Questa traumatizzante e agghiacciante esperienza ha influenzato la sua prospettiva e il suo approccio alla narrazione.

Evitare la violenza nei suoi film non è solo una scelta artistica, bensì un vero e proprio impegno etico: Miyazaki vuole che le sue opere trasmettano messaggi positivi e stimolino la riflessione nello spettatore, in quanto il cinema - secondo lui - custodirebbe in sé il potere di cambiare i modelli di pensiero e di ispirare un cambiamento positivo, motivo per cui i suoi temi universali e le sue storie rimangono intramontabili anche a distanza di 30 anni dal loro debutto.

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