Quando si parla di Marvel Comics uno dei primi nomi che viene in mente è quello degli X-Men, la formazione di giovani mutanti guidati da Charles Xavier, apparsa per la prima volta nelle edicole americane nell’estate del 1963. Dopo più di cinquant’anni di storie, nuove formazioni e una continuity non proprio solida, gli X-Men sono ancora oggi una delle colonne portanti della Casa delle Idee. Ma non è sempre stato così, e se oggi i Figli dell’Atomo sono un marchio inconfondibile della Marvel, lo si deve ad una storia che, dopo una lunga assenza dalle edicole, ha consacrato il ritorno dei mutanti nel cuore degli appassionati di fumetti: Seconda Genesi.
Prima di arrivare a Seconda Genesi, bisogna comprendere quanto nei primi anni sessanta siano stati importanti gli X-Men. L’intuizione dietro la creazione dei mutanti fu quella di far leva su un’empatia con i potenziali lettori, cercando di ritrarre le difficoltà reali di un adolescente rendendole, attraverso un’iperbole eroistica, un’avventura imperdibile.
Seconda Genesi: la seconda occasione dei Figli dell'Atomo
Quando Stan Lee e Jack Kirby diedero vita ai loro eroi, la Distinta Concorrenza, ovvero la DC Comics, aveva già portato nelle edicole la Doom Patrol, formazione di giovani supereroi costretti ad esser tali dai loro poteri, ma che non potevano contare sull’avvenenza di Superman o il carisma di Batman. I due autori di casa Marvel dovevano quindi giocare su un terreno già battuto, ma offrendo un qualcosa di diverso.
La prima vita degli X-Men
All’epoca era ormai consuetudine che i poteri dei supereroi fosse dovuti a incidenti radioattivi, a magia o elementi esterni, ma con gli X-Men si tentò un’altra strada: il potere era nell’eroe dalla nascita. Sfruttando il timore del pericolo nucleare e della sue potenziali conseguenze, si decise di inserire il concetto di mutazione, uno step evolutivo dell’umanità, innescato, non casualmente, nell’era atomica (idea che venne poi in seguito ricondotta a più miti consigli)
L’idea di inserire l’elemento della mutazione, unendola alla comparsa del fattore mutante nell’adolescenza, fu vincente. Identificare la comparsa del fattore mutante nell’età più critica di un individuo, quando si sta mutando verso la propria identità adulta fu parte del successo degli X-Men. A delineare questo concetto fu la creazione del Fattore X, il gene mutante, che divenne un vero e proprio marchio di fabbrica; a partire dagli X-Men, ogni serie legata al mondo mutante venne identificata da questa X (X-Force, X-Statix, X-Factor, eXcalibur).
Nelle storie degli X-Men si scelse di affrontare tematiche impegnative, costruite mirabilmente intorno alla difficoltà di integrazione dei personaggi. Non è un caso che nel DNA del mondo mutante ci siano discriminazione, odio razziale e diversità, elementi che erano ancora particolarmente nel tessuto sociale americano del periodo.
Dopo aver avviato la serie The X-Men, Lee e Kirby rimasero alla guida della testata mutante per soli tre anni, creando le basi di questo mondo che, nel corso dei decenni, si sarebbe espanso a dismisura. A partire dal 1966, la gestione della serie fu piuttosto varia, fino a che nel 1969 venne affidata definitivamente a Roy Thomas, con i disegni di Neil Adams. La scelta fu dettata da un progressivo calo delle vendite della serie, ma nonostante l’impegno dei due autori, la Marvel Comics aveva deciso di chiudere la testa, che salutò i suoi lettori con il numero 66, del marzo 1970, l’ultimo a presentare storie originali.
Negli anni seguenti, si cercò di mantenere vivo il nome degli X-Men tramite la ristampa delle prime storie, mentre Ciclope, Bestia e soci erano guest stars in altre testate Marvel. Ironicamente, le ristampe ebbero un grande successo di pubblico, portando Marvel a credere che l’avventura degli X-Men fosse pronto per un nuovo capitolo. Per una seconda genesi, insomma.
La seconda occasione degli X-Men
Le ristampe degli X-Men spinsero il mito dei mutanti sino al 1975, convincendo la Marvel a riportarli in edicola. Ad esser particolarmente impegnato nel ritorno dei Figli dell’Atomo era Roy Thomas, che non si era mai rassegnato alla fine della serie mutante. Il caso volle che in quel periodo Thomas fosse caporedattore in Marvel ed avesse a che fare spesso con Les Landau, presidente Marvel, che era intenzionato a creare un nuovo prodotto che consentisse a Marvel di lanciarsi sul mercato estero. E Landau era particolarmente convinto dell’espansione internazionale della Casa delle Idee, visto che ci si sarebbe appoggiati alla TransWorld, società leader nella gestione dei diritti esteri dei comics americani, di cui Landau era presidente.
Thomas non perse certo questa ghiotta occasione, ma il suo incarico lo costrinse a lasciare a malincuore questa opportunità in mano a Len Wein. Il buon Wein prese completamente in mano le redini del progetto di rinascita degli X-Men, scegliendo di andare contro due elementi piuttosto importanti: tradizione dei personaggi e dettami della casa editrice.
Alla base della storia che sarebbe divenuta Seconda Genesi, la Marvel voleva una narrazione che fosse anzitutto un trampolino per il marketing. L’idea di creare una nuova squadra internazionale era mirata alla vendita in altre nazioni dei diritti dei personaggi, ma anziché seguire le indicazioni della direzione Marvel, Wein scelse di inserire nuovi eroi provenienti da nazioni in cui la TransWorld non avrebbe mai avuto ingresso (come la Russia di Colosso). Se Marvel, dunque puntava ad un’operazione puramente commerciale, Wein mirava ad un nuovo inizio per i Figli dell’Atomo.
Quando si decise di rilanciare il mondo mutante con Giant-Size X-Men #1, un volume speciale di una sessantina di pagine a cinquanta centesimi, con uscita a febbraio 1975. La storia avrebbe dovuto rappresentare una rinascita per per gli X-Men e di scelse una nome che veicolasse questa sensazione: Seconda Genesi.
Seconda Genesi, fortunatamente, fu creato da questo spirito di ribellione di Wein. La sua idea fu basata su una rottura con quanto visto in precedenza sulla testata mutante, una concezione che non emerse solamente nella trama della storia, ma veniva preannunciata dalla copertina di Giant-Size X-Men #1.
Con forza, una nuova formazione di X-Men irrompe in scienza squarciando idealmente la tela delle storie della precedente squadra, che appare atterrita e spaventata sullo sfondo. Se di primo impatto sembra un cambio della guardia violento, in realtà questa nuova generazione interviene per salvare i primi mutanti di Xavier, una sorta di metafora metanarrativa in cui la nuova gestione degli X-Men deve risolvere problemi precedenti
In Seconda Genesi, la squadra originale è dispersa, durante una missione sull’Isola di Kratoa. Xavier non si arrende, ma decide di girare il mondo andando in cerca di nuovi mutanti per creare una seconda squadra che potesse salvare i suoi pupilli. L’unico sopravvissuto del team originale, Scott Ciclope Summer, diventa nuovamente leader di questa complicata compagine di reticenti eroi.
Wein non vuole seguire strade già battute, scegliendo di rivoluzionare il concetto di X-Man. Non abbiamo più adolescenti spaventati, ma uomini adulti, con un complicato vissuto personale, spesso anche violento e che li ha visti vittime di razzismo, mentre alcuni sono stati considerati dei veri dei. Alcuni volti non erano sconosciuti, ma una delle scelte più lungimiranti di Wein fu di inserire un personaggio da lui creato per un’altra serie a fumetti Marvel, L’incredibile Hulk, e che avrebbe sempre voluto sviluppare maggiormente: Wolverine.
Wein introdusse anche personaggi che sarebbero divenuti centrali nelle storie future degli X-Men, come Ororo Tempesta Munroe, Piotr Colosso Rasputin, Kurt Nightcrawler Wagner, John Thunderbid Proudstar e Sean Banshee Cassidy.
Sin dalle prime battute di Seconda Genesi, si nota come Wein abbia immaginato la sua storia come un taglio netto con il passato. I rapporti interpersonali sono subito tesi, vengono introdotti i primi dettagli della personalità dei futuri X-Men che diventeranno i pilastri dell’evoluzione di uno dei più iconici fumetti di casa Marvel.
L'eredità di Seconda Genesi
Seconda Genesi ebbe un discreto successo, sufficiente a riportare gli X-Men nelle grazie dei lettori e convinse Marvel a dare nuovamente vigore al mondo mutante. Wein avrebbe dovuto realizzare un second speciale, Giant-Size X-Men #2, ma improvvisamente sembrò perdere convinzione e fiducia in questo progetto, lasciando presto lo spazio a un nome che avrebbe realmente rivoluzionato l’X-Universo: Chris Claremont.
L’arrivo di X-Chris alla guida degli X-Men fu una conseguenza di Seconda Genesi, che avendo rimesso in pista le avventure dei mutanti mise a disposizione uno degli universi narrativi a fumetti più stimolanti della storia. Partendo dai personaggi introdotti da Wein, Claremont realizzò una sorta di perdita dell’innocenza dei mutanti, portandoli ad affrontare temi intensi come la morte, adattando la narrazione al gusto contemporaneo, sia da un punto di vista sociale (come la definizione di Colosso, mutante russo in terra americana) che da quello più puramente entertainment, introducendo l’avventura spaziale in concomitanza con il crescente successo di serie come Star Trek e Star Wars.
Recuperare oggi Seconda Genesi è piuttosto facile. Panini Comics ha iniziato una ripubblicazione mensile in formato bonellide degli X-Men, iniziato proprio con la pubblicazione Seconda Genesi, contenuta in Gli Incredibili X-Men Integrale n. 1. Se si vuole scoprire la nascita dei moderni X-Men, recuperare Seconda Genesi è il punto di partenza ideale per vivere al meglio il mito degli X-Men
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