Quale fumetto o volume acquistare per iniziare la lettura? Dove trovo le origini? Quali sono le storie imprescindibili? In un universo narrativo popolato di eroi in armatura, supersoldati e mutanti, non è facile ritagliarsi un proprio spazio per un eroe che per sua natura ha deciso di chiudersi all’interno del proprio spazio urbano, divenendone il custode. O un Diavolo Custode, se parliamo di Matt Murdock, l’avvocato cieco di Hell’s Kitchen divenuto celebre come Daredevil.
Personaggio inizialmente di seconda fascia nel mondo marveliano, Daredevil ha visto la propria fama crescere grazie a autori che ne hanno riscritto le origini o hanno focalizzato aspetti particolari della sua vita, indagando nella sua complessa personalità. Daredevil si è imposto all’attenzione del grande pubblico grazie alla serie Netflix e, in tempi più recenti, per la sua complicata gestione all’interno del Marvel Cinematic Universe.
Le migliori storie di Daredevil per conoscere il mito del Diavolo Custode
In attesa di scoprire quale sarà il destino del Cornetto nel Marvel Cinematic Universe, abbiamo cercato quali possono essere le storie migliori per descrivere lo spirito autentico di Daredevil. Eppure, pur consapevoli che qualcosa rimarrà vergognosamente fuori dalla nostra selezione, ecco quali sono per Cultura Pop le migliori storie di Daredevil.
La difficoltà nel creare una selezione delle migliori storie di Daredevil deriva dalla particolarità del personaggio. Restio ad affiancarsi ad altri eroi, fortemente legato alla sua Hell’s Kitchen e caratterizzato dal suo ruolo di urban heroes, Daredevil ha vissuto cicli particolarmente vitali per la sua figura e altri meno felici, ma in entrambi i casi tratti specifici come il suo senso di giustizia e la sua formazione cattolica.
- Daredevil: le origini
- La run
- L'Evento
- La gemma del passato
- La gemma del presente
- What if...?
- Il villain
Daredevil: le origini
Matt Murdock è un avvocato di New York, che con il suo fraterno amico Foggy Nelson cerca di assistere le fasce più povere della società. Per Matt si tratta di un rispetto dovuto alle proprie origini umili, un’esistenza vissuta negli slums di Hell’s Kitchen, quartiere popolare di New York, la parte meno nobile di Manhattan. Cresciuto dal padre Jack, pugile noto come Battlin’ Jack, Matt viene costantemente spinto dal padre a dare il meglio di sé per farsi una posizione, per non rimanere intrappolato in un’esistenza misera.
Un giorno Matt rimane vittima di un incidente. Nel tentativo di salvare un uomo prima che venga investito da un camion, entra accidentalmente in contatto con del materiale radioattivo, che lo rende cieco. Ma nel perdere la vista, Matt acquisisce sensi più acuti ed una sorta di radar che compensa in modo speciale la sua vista perduta.
Forte di questi poteri, Matt decide di utilizzarli per il bene della sua comunità, diventando il protettore di Hell’s Kitchen. Assumendo l’identità di Daredevil, diventa un simbolo della lotta al crimine nel suo quartiere, una diversa modalità di amministrare la giustizia rispetto al suo ruolo istituzionale di avvocato.
Questa dualità è da sempre uno dei caratteri fondamentali di Daredevil. Pur dovendo spesso far fronte a delle ingiustizie nelle aule a cui cerca di porre rimedio in veste di vigilante, Daredevil rimane sempre fortemente legato al rispetto delle leggi e alla giustizia come ideale, un ferreo sostenitore del sistema, non perfetto, ma comunque necessario. Lo difende anche in confronti con figure come il Punitore, ne è inizialmente parte integrante come avvocato e poi come procuratore distrettuale.
A questa sua venerazione per la giustizia si associa anche un profondo senso religioso. Da buon irlandese, vive con particolare intensità il suo esser cattolico, una fede che spesso lo porta ad interrogarsi sul suo ruolo come Daredevil. In momenti salienti della sua vita, è questo aspetto che può essere la sua ancora di salvezza o il suo punto di rottura.
Le origini di Daredevil sono legate alla creazione del personaggio da parte di Stan Lee e Bill Everett, frutto di una lavorazione piuttosto complessa che consentì comunque al Diavolo Custode di raggiungere le edicole nel febbraio del 1964.
Se dal punto di vista editoriale le origini sono storicamente fisse, le origini spirituali del personaggio sono state riscritte in diverse occasioni, quando differenti autori hanno avuto l’incarico di gestire le avventure dell’eroe cieco di Hell’s Kitchen. Pur preservando il seminale ruolo dell’incidente con il materiale radioattivo, storie come Devil: Giallo o Battlin’ Jack Murdock hanno ampliato il contesto primigenio delle avventure del Diavolo Custode.
La run
Frank Miller
Dopo alterne fortune, a fine anni Settanta il Diavolo Custode incontra l’autore che lo avrebbe reso finalmente uno dei personaggi di punta della Casa delle Idee. Nel numero 158 di Daredevil, l’allora editor Jim Shooter annuncia l’ingresso nella squadra artistica del Cornetto di un giovane collaboratore, Frank Miller, presentandolo come una promessa del futuro dei comics. Un futuro che sembra compromesso, dato che Miller arriva su Daredevil in un momento critico, in cui le avventure del Diavolo Custode vendono poco e si medita la chiusura della serie.
Sceneggiato da Roger McEnzie e con cadenza bimestrale, Daredevil non ha un roseo futuro, ma Miller inserisce nuove idee e vuole dare un taglio più maturo e moderno a questo personaggio secondario di casa Marvel. La terapia Miller funziona benissimo. Miller introduce elementi contemporanei e costruisce una maggior definizione dell’ambiente in cui si muove Daredevil. Un vero miracolo, che rende Daredevil un personaggio di punta di casa Marvel, grazie alla perfetta sintonia con Klaus Janson ai disegni, portando la testata nuovamente a pubblicazione mensile.
A Miller si deve l’introduzione di una figura chiave come Elektra Nachios nel 1980, nel primo numero in cui Miller realizza anche i disegni. Inizialmente pensata come figura passeggera, Elektra diventa invece il fulcro emotivo di una manovra di retcon importante, che ha un profondo peso sullo sviluppo del personaggio, che vivrà momenti tragici come L’ultima Mano o Roulette.
È sempre Miller ad intuire l’importanza di una nemesi come il Kingpin per Daredevil. Entrambi profondamente legati alla loro territorialità, i due sono complementari, e il re del crimine newyorkese, solitamente visto come avversario di Spider-Man, diventa il villain per eccellenza di Daredevil.
La figura di Miller rimane profondamente legata al mito di Daredevil, complice anche un eccellente ritorno nella vita di Matt Murdock con quel capolavoro a fumetti che è Rinascita.
Chip Zdarsky
Nel febbraio 2019, il Diavolo Custode arriva in edicola con la prima storia di un ciclo incredibile firmato da uno dei nomi più apprezzati dell’attuale scenario della nona arte: Chip Zdarsky. Affiancato dal nostro Marco Checchetto, Zdarsky mette a buon frutto la propria conoscenza del mondo legale per dare nuovamente valore all’aspetto sociale e legal del personaggio.
Sotto l’attenta gestione di Zdarsky, Matt Murdock rinsalda il suo rapporto con New York, non limitandosi alla sua Hell’s Kitchen. Compaiono nuovi nemici che hanno una visione più concreta e urbana, riuscendo a creare una nuova fase della vita di Matt che lo porta a scontrarsi con nemesi storiche ma anche a confrontarsi con le asperità del sistema socio-legale americano, portando Murdock ad accettare le proprie colpe e accettare di essere processato e mandato in carcere.
Un’evoluzione spettacolare che culmina con un mega-evento come Devil’s Reign, arco narrativo di grande impatto che coinvolge il Marvel Universe culminando con un finale esplosivo che cambia radicalmente l’aspetto urbano degli eroi marveliani.
L'evento
Devil’s Reign
Si potrebbe opinare che il primo urban hero sia Spider-Man, almeno anagraficamente, ma è innegabile che per quanto il Tessiragnatele abbia volteggiato per le strade della Grande Mela, le sue avventure tradizionali si sono sempre concentrate su sfide eroiche che hanno mancato di cogliere quello spirito da storia della strada che è invece proprio di Daredevil.
Vuoi perché in origine Matt Murdock arriva da uno dei quartieri più malfamati di Manhattan, Hell’s Kitchen, vuoi perché i grandi cicli del personaggio si sono spesso concentrati sulla valorizzazione dei mali della quotidiana newyorkese, lontani dagli sfavillanti grattacieli come il Baxter Building, per volgere lo sguardo ai vicoli malfamati e alle vicende di umana disperazione. Sulla sua scia sono poi arrivati altri eroi urbani, come Luke Cage, che hanno fatto della loro origine street level la propria anima. Creando un vero distacco tra gli eroi più noti della Casa delle Idee, impegnati in grandi saghe anche tra le stelle, mentre a questi eroi rimaneva il compito di tenere pulite le strade di New York.
Durante la sua permanenza a San Franciscovista nella run di Chris Samnee, dopo che per diverso tempo tutti hanno saputo che Daredevil e Matt Murdock erano la stessa persona, Matt comprende come la sua doppia identità così pubblica sia un pericolo per le persone a lui vicine, accettando quindi un’offerta fattagli dai Bambini Porpora: far dimenticare a tutti che Daredevil sia Matt Murdock.
Il ritorno nella Grande Mela, prima sotto Charles Soule e poi con Zdarsky, vede un periodo duro, in cui Matt deve confrontarsi con l’ascesa di Kingpin a sindaco di New York, grazie alla citata figura di guida della città esercitata durante Secret Empire e Guerra dei Regni, muovendosi in un delicato equilibrio tra rispetto delle leggi e voglia di aggirarle per potere utilizzare quanto scoperto grazie al suo ruolo di vigilante, come la presenza di brogli elettorali.
Gli ultimi due anni della vita di Matt, comunque, sono stati caratterizzati da momenti di grande emotività, come la costruzione di una nuova criminalità formatasi dall’assenza di Fisk come Kingpin, e alcuni passaggi poco convincenti, come l’apparizione del finto fratello Mike Murdoch, eredità di una vecchia era del Cornetto riportata in auge con un discutibile deus ex machina. Il tutto, mentre Fisk avviava una sua crociata contro i supereroi newyorkesi.
Le memorie di Civil War ci ricordano come non è la prima volta che essere un metaumano diventi complesso per i supereroi. Contrariamente alla vicenda dell’Atto di Registrazione, qui la dimensione urbana coinvolge solo gli urban heroes, che si ritrovano a dover affrontare una minaccia non meno letale, considerato che Kingpin non esita a coinvolgere una propria squadra di agenti autorizzati, i famigerati Thunderbolts, incaricati di catturare i recalcitranti eroi. Ma come si pone la cittadinanza? Qui Fisk compie apparentemente un miracolo, arrivando a convincere come i supereroi siano in realtà una minaccia, perché da sempre irresponsabili delle proprie azioni, una voce insistente che, complici eventi passati, trova terreno fertile, specie se si usa un piccolo incentivo, come l’Uomo Porpora.
Non è semplice introdurre in un contesto supereroico un taglio contemporaneo di realismo, appellandosi a quelle che sono tematiche attuali e solitamente non associate alla narrazione a fumetti. Grazie alla buona costruzione dell’elemento legale e giurisprudenziale dei precedenti autori, Soules in primis, il mondo di Daredevil è divenuto terreno fertile per questo House of Cards marveliano, in cui il terreno di scontro è sia muscolare, come da tradizione della narrativa supereroica, che prossimo al legal drama. La predisposizione di Matt Murdock, reduce da un periodo che lo ha spinto ad affrontare le proprie convinzioni spingendolo anche ad accettare il carcere come riabilitazione del proprio nome (ereditato da Elektra per non lasciare NYC priva del suo Diavolo Custode), a figura di rottura del rapporto tra cittadini ed eroi, è stato propedeutico a questa trama esplosiva e dinamica.
Pur non potendo negare la preminenza della figura del Cornetto negli eventi di Devil’s Reign, l’evento orchestrato da Zdarsky è una storia corale in cui la vicenda personale del Diavolo Custode è un elemento cardine per dare risalto a una più complessa dinamica. Lo testimoniano la presenza di due pubblicazioni parallele, come La Donna Senza Paura (mini in tre parti dedicate a Elektra nei panni di una Daredevil sui generis) e di Devil’s Reign – Il Pugno di Fisk (in cui alcune short stories aiutano a comprendere meglio questo complesso evento). L’importanza del ciclo di Zdarsky risiede nell’avere realizzato il primo maxievento urban, in cui un lato spesso ignorato dei comics marveliani, ossia la forza radice cittadina legata a New York, trova finalmente piena vitalità. Sfruttando abilmente quanto raccontato in precedenza da Soules, la costruzione di una dimensione che fosse maggiormente legata alla natura giuridica e sociale tipica di Daredevil, si è deciso di concretizzare queste diverse linee narrative abbozzate in precedenza, conducendole a una conclusione che fosse sia fine di un ciclo, che un potenziale starting point non solo per Daredevil, ma per tutti gli urban heroes.
La gemma del passato
Prendi la mia mano, Fratello
Nel 1968, mentre gli States sono coinvolti dalla guerra in Vietnam, Stan Lee e Gene Colan realizzano una storia che porta Daredevil ad affrontare le conseguenze di questo conflitto, spostando l’attenzione dei lettori sul dramma dei reduci.
Dopo esser stato in territorio di guerra come incoraggiamento delle truppe, Matt Murdock torna in patria dopo con la memoria dell’incontro con Willie Lincoln, soldato afroamericano che in combattimento è rimasto cieco, portando Matt a un rapido ma inequivocabile opinione sulla guerra:
La guerra! La più brutale…insensata…disgustosa manifestazione di tutto ciò che c’è di sbagliato nell’umanità. E sono sempre i più giovani…i più in gamba…i migliori dei nostri a pagarne il prezzo più alto.
Il ritorno in patria di Lincoln coincide con il suo tentativo di scagiornarsi da un’accusa di corruzione mossa ingiustamente. Non riuscendo a trovare nessuno che lo aiuti, Willie bussa alla porta di Murdock, che non si limita ad assisterlo legalmente ma lo supporta anche nella sua veste di Daredevil.
L’essenza della storia non è solamente il premiare la duplicità della vita di Murdock, ma anche di sfruttare la sua connotazione urban per valorizzare il dramma del ritorno in patria dei reduci e il senso di abbandono che vivevano.
Lei è viva - Gli eroi vestono di rosso
Frank Miller e Klaus Janson mettono Daredevil e Punisher in diretto contrasto. Una storia doppia in cui Matt, ancora alle prese con l’accettazione della perdita di Elektra per mano di Bullseye, si ritrova invischiato tanto come avvocato che come eroe in un caso che coinvolge la diffusione di una droga tra i minori. Un caso che lo porta a scontrarsi con Frank Castle, il Punitore, coinvolto in modo poco lecito per coprire le tracce di questo giro di droga.
La visione di protezione della legge a ogni costo di Matt, anche nei panni di Daredevil, si scontra con la cieca aderenza di Castle alla sua crociata contro il crimine. Miller crea una dicotomia impeccabile, portata carta da Janson in modo ottimo con alcune trovate grafiche particolarmente felici, arrivando a scenari di particolare dramma emotivo che culminano con una delle più riuscite caratterizzazione della visione di Daredevil del suo ruolo:
Siamo essere umani, Billy. Possiamo essere deboli. Cattivi. Ma il solo modo per non ammazzarci l’un l’altro è di darci delle regole, delle leggi. E di rispettarle. Non sempre funzionano, ma spesso sì. Sono tutto ciò che abbiamo.
Nonostante questa fermezza di Murdock, la storia termina con un senso di amarezza che tradisce una certa sfiducia nei confronti del sistema legale da parte di un giovane salvato tanto da Daredevil quanto da Matt.
La gemma del presente
Battlin' Jack Murdock
Difficile parlare di Daredevil imbastendo un discorso che non comprenda Jack Murdock. Se è vero che il Cornetto viene spesso presentato come l’uomo senza paura, se in ogni riferimento alla sua moralità si cerca una radice cattolica per la sua forte religiosità, è altrettanto vero che senza la figura di Jack Murdock non sarebbe nato il cuore del Diavolo Custode. Non un padre perfetto, il vecchio Murdock, ma un uomo costretto a fare buon viso a cattivo gioco, incapace di giocare al meglio le proprie carte in una vita che gli ha riservato più pugni che carezze. E come pugile, lui ha saputo incassare, ma solo fino a un certo punto, prima di andare al tappeto. Una figura drammatica e incredibilmente umana, centrale nella definizione del mito di Daredevil, ritratto con affetto da diversi autori, ma è in una storia precisa che tutta l’umanità di questo padre trova la sua piena definizione: Battlin’ Jack Murdock.
Battlin’ Jack Murdock non è una semplice storia di Daredevil. Pur non avendo come protagonista l’urban hero marveliano, è al contempo uno dei capitoli fondamentali del suo mito, ne va a definire uno degli elementi essenziali. Prima di Carmine di Giandomenico, altri celebri nomi si era confrontati con l’elemento paterno in Daredevil, dal citato Miller con L’uomo senza Paura a Quesada, che lo rese centrale nel suo Padre. In tutti questi casi, però, l’attenzione veniva focalizzata sulla percezione di Matt della figura paterna, si andava a cercare l’impatto che il burbero ex pugile aveva avuto sulla crescita del figlio. Ogni autore, quindi, ricreava Jack in base al suo gusto, creando una figura che si collocasse all’interno di elementi consolidati della continuity del personaggio, ma senza arrivare a una canonizzazione del suo spirito, della sua anima.
E nel frattempo, il mondo di Daredevil si andava consolidando, si espandeva. Arrivavano nuove storie, come Il Diavolo Custode, in cui venivano utilizzati con furbizia da Kevin Smith tratti tipici del personaggio, focalizzandosi sull’aspetto emotivo, ma aprendo al contempo a delle piccole crepe nella continuità narrativa che poteva essere colmate solamente in un modo: tornando all’origine del personaggio, o forse un passo ancora più indietro. Esattamente quanto ha fatto Carmine di Giandomenico, autore non solo degli straordinari disegni di Battlin’ Jack Murdock, ma anche della storia, poi trasformata in sceneggiatura con Zeb Wells.
Negli occhi, o meglio nel cuore del nostro Carmine, c’erano due capitoli precisi della storia di Daredevil: L’uomo senza paura e Rinascita. Nuovamente, il Cornetto di Miller, quello probabilmente più umano e autentico, spietato con il lettore e generoso di dramma e vis narrativa. Di Giandomenico li ha letti, riletti, divorati probabilmente, convincendosi che dietro tutto questo c’era un’altra storia da raccontare, quella dell’uomo che con i suoi errori e l’ultimo, incredibile atto d’amore per il figlio ha dato i natali al Daredevil che conosciamo.
Non esisterebbe Daredevil senza Battlin’ Jack Murdock. I suoi sensi ipersviluppati sono frutto del tradizionale incidente pseudo-scientifico della Silver Age Marvel, le sue incredibili doti marziali sono un tributo all’addestramento di Stick, ma il suo fulcro emotivo è nato dalla sua vicinanza con un padre che era tutt’altro che un modello di vita. Possiamo dire, quindi, che il cuore di Daredevil abbia un debito verso Jack Murdock? Carmine di Giandomenico non ha dubbi, memore di una frase con cui Miller appianò la questione del dualismo tra uomo e maschera, tra Matt e Daredevil:
L’uomo e la maschera sono sempre stati la stessa cosa
È una storia che, a grandi linee, viene ripresa da gran parte degli autori che si sono confrontati con Daredevil. Ma quando arriva il turno di Carmine, qualcosa cambia, c’è un nuovo elemento, una vena umana che prima non era arrivata a Jack Murdock. Battlin’ Jack Murdock, a suo modo, è una origin story che ha anche il sapore di redenzione, di una tardiva rinascita scaturita da dolore e disperazione. Al centro non c’è Matt, ma il padre, che per la prima volta non viene ritratto in funzione del futuro supereroico del figlio: questa volta il protagonista è lui.
Di Giandomenico ci offre una visione di Jack Murdock poetica nella sua drammaticità, autentica nella sua umanità. Non assistiamo alla sua caduta, entriamo nella sua vita nel momento in cui Jack è un uomo a pezzi, pugile fallito abbandonato anche dalla sua amata Maggie, scappata chissà dove. Alla deriva, perso nei fumi dell’alcol, Jack si accontenta di vivere alla giornata come picchiatore per Fixer, non pensa ad altro, affranto ma con una rabbia sopita che esplode quando meno se lo aspetta.
Con una sensibilità commovente, viene anche ritratto il suo amore per Maggie, un fantasma che aleggia su di lui anche in presenza di Josie, barista che ama profondamente Jack e che nella loro unica notte di amore lo accoglie, con tutte le sue fragilità. Battlin’ Jack Murdock è una storia di grande umanità, ci ricorda come dietro le maschere dei supereroi ci siano uomini e donne veri, che affrontano grandi sfide ma che spesso crollano sul piano umano. Di Giandomenico si fa interprete autentico dell’essenza più pura dello spirito marveliano, quel ‘supereroi con superproblemi’, estendendo questa cura emotiva delle storie anche a Jack Murdock.
Lo fa con una storia superlativa, resa ancora più emozionante e drammatica dal tratto inconfondibile di Carmine di Giandomenico. Dettagli serrati sugli sguardi, perfetta gestione dello storytelling visivo con dinamicità, ma soprattutto una sensibilità spiazzante nel ritrarre la fisicità del rapporto tra Jack e il figlio, che si tratti dell’irruenza di uno sfogo d’ira, della disperazione nella tragedia occorsa a Matt o nel fotografare l’ultimo, straziante abbraccio.
Una comunione emotiva, che passa non solo dalle pose dei due personaggi, ma anche dalle parole di un padre che infine si apre definitivamente con suo figlio:
Sono tuo padre, Matt. Ma non sono né un santo né un eroe. Lo capisci? Ora sei un uomo, ed è tempo che tu capisca che sono solo un uomo incasinato in una città incasinata. […] E sono molto orgoglioso di te
Daredevi: Giallo
Di cosa può avere paura colui che per definizione non conosce la paura? Per anni Daredevil ci è stato presentato come l’Uomo Senza Paura, capace di affrontare anche le più aspre situazioni della sua esistenza, la quotidiana e la supereoica, senza mostrare cedimenti. Caduta e rinascita, due costanti del mito del Cornetto di Marvel Comics, che hanno trovato una rara interpretazione in una delle storie cult del Diavolo Custode: Daredevil: Giallo.
I primi anni delle storie del Cornetto sono caratterizzate da un tono scherzoso, che permane sino all’arrivo degli anni 70 e alla gestione di autori come Miller o Nocenti, che trasformano un personaggio secondario in uno degli interpreti più sinceri e disillusi del famoso mantra del ‘mondo fuori dalla finestra’ tanto caro a Stan Lee.
Daredevil, proprio per questa sua natura, si prestava in modo eccellente a essere raccontato da Loeb e Sale, duo autoriale che ha realizzata una splendida quadrilogia cromatica dedicata ad alcuni dei più amati personaggi di Marvel Comics (Spider-Man: Blu, Hulk: Grigio, Capitan America: Bianco)
La sua tragicità, il suo essere un pariah della comunità supereroica erano elementi magnetici per Loeb, che prende l’urban hero marveliano per eccellenza in uno dei suoi momenti di massima sofferenza: la morte dell’amata Karen Page.
Raccontata in Diavolo Custode, l’assassinio di Karen Page da parte di Bullseye è l’ennesimo dolore di Matt, che nuovamente vede la sua nemesi uccidere una parte della sua anima, dopo che anni prima aveva brutalmente assassinato Elektra. Sale e Loeb nuovamente sanno come ammaliare i lettori, focalizzando la loro attenzione nei meandri del non raccontato dei primi momenti della vita supereroica dei personaggi marveliani.
Per Loeb, questo si traduce nell’assistere ai primi passi della Murdock & Nelson, significa assistere a una vivida e credibile gelosia da parte di Foggy e al contempo alla nascente passione di Karen per il Diavolo Custode di Hell’s Kitchen.
Escamotage nuovamente piegato in modo accorto alle esigenze della storia, andando a costruire un passaggio epocale in cui, seppur indirettamente, è Karen a sancire il cambio del costume di Daredevil, portandolo a indossare il tradizionale rosso con cui è divenuto noto al grande pubblico.
Nel passaggio da avvocato a giustiziere, Sale conferisce al suo Matt una diversa fisicità, più sicura e spavalda, che ulteriormente viene rielaborata nel ritrarre il Diavolo Custode affranto che ci accoglie nella storia. La complessa dimensione interiore di Murdock domina in ogni tavola, grazie alla sensibile interpretazione delle sue emozioni offerta da Sale, che nuovamente mostra di essere il perfetto interprete della poetica di Loeb.
La fisicità di Daredevil, elemento tradizionale del personaggio, viene tramutato da Sale in ritratto emotivo. Il passo incauto e a tratti buffo dell’avvocato Murdock viene reso da Sale un delicato e divertente inganno con cui giocare, dando vita a buffi siparietti o a momenti di grande vivacità. La misura dell’arte di Sale è il trovare una perfetta visione della complessità di Daredevil, sinergica alla trama emotiva imbastita da Loeb.
Da questa comunione di intenti nasce una progressione emotiva del personaggio che culmina nel finale, in una catartica rivelazione dove disegno e storia trovano una struggente, liberatoria consapevolezza nei pensieri di Matt:
Hai presente quelle persone che dicono ‘vedi’ per intendere capisci?... E’ come se ora ci vedessi. Un cieco che ci vede Karen, è una cosa molto rara. Come lo eri tu. E siccome non sappiamo cosa ci riserva il domani, non scambierei tutti i miei ieri grazie al tempo passato assieme
Daredevil: Giallo rimane una delle migliori letture del mito del Cornetto, il suo affrontare uno dei momenti più strazianti ed intensi della sua esistenza, rimanendo fedele a se stesso. Parte della quadrilogia cromatica ordita da Loeb e Sale, basata sulla perdita e il ricordo, Daredevil: Giallo è una delle storie più complete e profonde di questo affresco.
What if...?
1602
MARVEL 1602 EDIZIONE DEFINITIVA
Il mondo dei supereroi immaginato da Neil Gaiman, che sposato i super nell’anno 1602. X-Men, Spider-Man, Fantastici Quattro e gli altri vengono traslati in epoca elisabettiana, parte di un contrasto con le colonie americane e coinvolti in un gioco di spie nel Vecchio Continente.
In quest’ultimo caso, Matthew Murdock è una spia al servizio della corona inglese, i cui servizi segreti sono gestiti da Nicholas Fury. Nei panni di un cantore cieco girovago, Matthew vaga per l’Europa, seguendo tracce e indizi che lo portano ad agire con un atteggiamento vicino ai primi anni del Daredevil ‘tradizionale’. Irriverente, spericolato e ironico, questo Matthew è una versione appassionante del Cornetto
Senza Poteri
Senza poteri. Uomo Ragno & Wolverine
Un what if particolare, poco apprezzato, ma che vede Spider-Man, Wolverine e Daredevil affrontare un dubbio amletico: cosa sarebbero senza i loro poteri? Lo scopo di Matt Cherniss e Peter Johnson è di mostrare quanto questi personaggi siano realmente eroi solo per via dei doni ricevuti, scoprendo se la straordinarietà delle loro vite non sia invece legata alla loro indole, alla loro umanità.
Per Matt Murdoch, questa significa perseguire la giustizia nonostante la propria disabilità, non lasciarsi sconfiggere da questa debolezza, mostrando la sua tempra.
Il villain
Kingpin
Personaggio che sarebbe ingiusto definire come un semplice villain, Wilson ‘Kingpin’ Fisk è una delle figure più riconoscibile del mondo marveliano, che pur nato come semplice caricatura dei classici boss della mafia dei gangstar movie dell’era d’oro del cinema noir, è riuscito, specialmente a partire dagli anni ’70, a trovare una maggior definizione all’interno del mondo supereroico della Casa delle Idee. Tanto da apparire in serie animate, in cinecomic e videogiochi, affascinando per via della sua morale e della sua visione del mondo atipica.
La prima apparizione di Wilson Fisk nel Marvel Universe, a onor del vero, non lasciava presagire una carriera così promettente. The Amazing Spider-Man #50, luglio 1967, rappresenta l’esordio del signore del crimine, una figura che si oppone all’eroe urbano per eccellenza del periodo, considerato come Spidey sia ancora profondamente legato alla sua New York, e con il Diavolo Custode non ancora completamente esploso. Ancora saldamente nelle mani di Stan Lee e John Romita sr, il Tessiragnatele stava vivendo, in quegli anni, un’epoca aurea, con la comparsa di alcuni dei suoi nemici più iconici, e sembra il destino ad avere ispirato a Lee e Romita una storia che faccia comparire questo personaggio stupendo.
A dare l’ispirazione ai due autori, soprattutto a Romita, sono i grandi signori del crime dei film noir. Evidente come sia stato il Kasper Gutman de Il mistero del Falco (1941), interpretato da Sydney Greenstreet, ad aver fatto da bozzetto vivente alla creazione di Wilson Fisk. Greenstreet, con la sua recitazione sanguigna e la sua espressione sprezzante, ha canonizzato un’idea di capomafia che ha segnato un’epoca cinematografica, sino all’arrivo del Padrino per eccellenza, il Vito Corleone di Marlon Brando
C’è un Daredevil prima e un Daredevil dopo Frank Miller, giusto per capire come l’opera di Miller abbia profondamente influenzato il mito del Diavolo Custode. La scelta dell’autore fu quella di rendere Matt Murdock e il suo alter ego supereroico profondamente radicati al proprio territorio, quel covo di criminalità e disperazione che era Hell’s Kitchen, oggi nota come Clinton, quasi a voler ripulire la brutta nomea del quartiere newyorkese. Miller decise di raccontare un Daredevil umano, spinto al limite delle sue convinzioni e spezzato da una vita doppia che lo pose in netto contrasto con quello, che a ben vedere, era la sua controparte perfetta, il suo lato oscuro: Wilson Fisk.
Entrambi cresciuti tra i vicoli impietosi di Hell’s Kitchen, sia Matt che Wilson hanno conosciuto la violenza, i soprusi. Deriso e sbeffeggiato per la sua cecità il futuro Cornetto, bullizzato per la sua stazza colui che guiderà la criminalità newyorkese un giorno. Due lati della stessa medaglia, con Matt che sceglierà la legge, dei tribunali e il suo codice morale da supereroe, e Wilson che si avvierà verso un ruolo di capomafia, ma entrambi con un obiettivo ben in mente: proteggere Hell’s Kitchen, i suoi abitanti. Metodi diversi, antitetici, ma obiettivo comune.
Sarebbe facile vedere in Fisk un semplice criminale, specialmente se ripensiamo alle sue prime apparizioni nelle storie del Tessiragnatele. Se il concept iniziale del corpulento criminale è di Lee e Romita sr., è a Miller che dobbiamo tributare la prima opera di caratterizzazione della sua indole più autentica. È il futuro autore de Il ritorno del Cavaliere Oscuro a rendere profondamente urbani i due antagonisti, rendendo Fisk realmente un Kingpin, non solo nell’accezione di capomafia, ma nel significato di perno. Fisk, intenzionato a fagocitare la criminalità newyorkese imponendo il proprio potere, si scontra con Matt Murdock e diventa il perno della sua distruzione, sia durante la run dello stesso Miller che in anni successivi. Non solo una caratterizzazione umorale, ma anche visiva, con la tendenza a ritrarre Fisk sempre nell’ombra, nella penombra delle stanze, o mostrandolo dietro finestre perennemente protette da veneziane, linee scure che attraversavano le vignette dietro cui si muoveva questo onnipresente calcolatore.
Ma la rivalità col Cornetto è cresciuta continuamente, giocata come una partita a scacchi, fatta di spietati attacchi al cuore di Matt, portandolo ad affrontare minacce di incredibile entità, come un folle Nuke aizzato contro il Cornetto in Armageddon, occasione in cui vediamo intervenire niente che Capitan America, utilizzando killer professionisti come Bullseye o creandone anime tormentate ossessionate dalla morte di Daredevil, come Maya Lopez, che avvelenata dalle menzogne di Fisk diventa Echo, in Parti di un buco di David Mack e Joe Quesada.
Miller ha sicuramente contribuito a dare uno spessore incredibile a Fisk, ma anche altri autori hanno partecipato al ritratto di uno dei più affascinanti villain del Marvel Universe. È stato Chicester , a inizio anni ’90, a raccontare la perdita dell’innocenza di Fisk, costretto a uccidere un innocente che lo coglie in flagrante mentre allestisce un incendio doloso. Morte non intenzionale, ma causata dalla preventiva esplosione, che travolge il malcapitato, il cui sangue ricade, letteralmente, sulle mani di Fisk. Un momento catartico, con il giovane criminale, che cerca di ripulirsi le mani nelle acque di scolo di Hell’s Kitchen, quasi un patto faustiano tra l’anima della città e il futuro Kingpin.
Sempre ai primi tempi della vita criminale di Fisk ha guardato il trio Bruce Jones, Sean Phillips e Klaus Johnson, che con il loro Wilson Fisk: Kingpin, ha raccontato i primi passi del boss nella mala newyorkese, cercando un contatto con le sue origini fumettistiche. Niente Cornetto, ma nuovamente il Tessiragnatele, anch’egli alle prime armi, coinvolto in una storia in cui Fisk cerca di farsi strada tra i criminali della Grande Mela, vedendo sempre comparire questo svolazzante eroe a infastidire i suoi piani.
Daredevil Collection - Wilson Fisk: Kingpin
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