Dottor Destino: il miglior villain del Marvel Universe

Genio, stregone, dittatore, ma anche essere semidivino e figura di spicco del mondo marveliano: chi è davvero Victor von Doom, alias Dottor Destino?

Autore: Manuel Enrico ,

Non possono esistere i Fantastici Quattro senza Victor von Doom. Lo sanno bene i lettori dei fumetti di Marvel Comics e altrettanto consci ne sono le writing room dei vari film dedicati alla First Family marveliana, che hanno sempre messo la famiglia Richards contro il Dottor Destino. Una conferma che arriva anche dal futuro del Marvel Cinematic Universe, che dopo essersi preparato ad accogliere Gommolo e compagni ora ha ufficialmente il suo Destino, con un colpo di scena abbastanza prevedibile.

D’altronde, serve un grande attore per dare vita a quello che rimane il migliore villain del pantheon marveliano. Non un semplice avversario dei FQ, ma una figura magnetica e poliedrica, vincolata al ruolo di cattivo ma animato da una visione che per lucidità e intensità rivaleggia con quella degli altri grandi futuristi della Casa delle Idee, da Reed Richards a Tony Stark.

Le origini di Destino

Quando la Marvel Comics diede vita al suo universo supereroico nel 1961, i Fantastici Quattro furono la pietra angolare di questo universo. Scelta vincente, considerato come la famiglia Richards ottenne un immediato successo, che costrinse la coppia Stan Lee – Jack Kirby a cercare sempre nuovi spunti, ma soprattutto a dare ai FQ un elemento immancabile: un grande avversario.  

Nei primi numeri i Richards affrontarono l’Uomo Talpa e gli Skrull, affrontando avventure che strizzavano l’occhio a una sci-fi di stampo classico, con trovate a volte ingenue. Per dare maggior spessore a questo fantastico mondo, la presenza di un villain più complesso era necessaria, e la linea guida per la creazione di questo cattivo era chiara, come ricordò Kirby anni dopo:

Destino era la classica concezione della morte, della morte incombente. Consideravo il Dottor Destino come l’uomo dietro la Maschera di Ferro, che simbolizzava proprio la morte, da qui l’idea dell’armatura e del cappuccio. La morte è legata all’armatura e a quel metallo disumano, la morte è qualcosa senza pietà, mentre l’umanità è fatta di pietà. Quindi dovevo cancellare questo tratto, e lo feci con una maschera.

La difficoltà principale nel creare Doom era la sua rivalità con il genio di Richards, che rischiava di farlo cadere nel cliché del mad scientist, figura che dopo decenni di sfruttamento tra letteratura e cinema non aveva più quel mordente necessario a dare sostanza a un grande villain.

Serviva quindi una riscrittura di questo archetipo, una scintilla di vitalità che spinse il duo Kirby-Lee a cercare proprio nell’umanità di von Doom la sua peculiarità, quel tratto distintivo che lo ha reso probabilmente il miglior villain Marvel Comics: la sua umanità. O per citate nuovamente Kirby:

Destino è una persona malvagia, ma non è sempre stato cattivo. È stato anche rispettato, ma per via di un difetto del suo carattere ha perso tutto: il suo perfezionismo.

Con questo tratto distintivo, Doom non solo si discosta dalla figura dello scienziato pazzo, ma entra di diritto nel novero dei grandi villain, non mere contrapposizioni all’eroe per dare fascino a quest’ultimo, bensì dramatis personae con un’anima e una personalità, mutevole e capace di interpretare una crescita e maturazione al pari di quella mostrata dalle forze positive dell’universo marveliano.

Questo processo creativo condusse all’apparizione del Dottor Destino, noto anche come Doctor Doom, in Fantastic Four #5, un primo passo all’interno della vita dei FQ che ha condotto poi il despota di Latveria ad avere sempre più peso nella continuity marveliana.

L’orfano che divenne re

Victor von Doom era figlio di Werner, uomo di scienza e curatore, e di Cynthia, una praticante delle arti magiche, membri della società tribale latveriana. Werner, data la sua preparazione, divenne il medico del Barone di Latveria, che gli affidò la moglie, gravemente malata, confidando che la avrebbe salvata, ma quando la donna morì a causa del cancro, la disperazione del Barone si riversò su Werner, reo di non avere fatto del suo meglio per salvarla.

Dopo avere perso la moglie anni prima, morta per colpa di Mefisto, Werner fece di tutto per proteggere il figlio, dandosi a una fuga disperata tra i monti della Latveria, dove morì per via del rigido inverno, riuscendo tuttavia a garantire la salvezza per Victor.

Sopravvissuto, Victor tornò al villaggio della sua famiglia, dove scoprì il passato di maga della madre, iniziando a studiare le arti occulte. Dotato di un’intelligenza vivace e di una grande tenacia, Victor non si limitò a perfezionare le sue conoscenza magiche, ma cominciò ad appassionarsi alle scienze e alle tecnologie, diventando un promettente genio. Lo scopo del giovane era quello di vendicarsi del Barone, ma i suoi piani sfumarono quando i successi in campo tecnologico attirarono l’attenzione del rettore dell’Empire State University di New York, che offrì a Victor una borsa di studio per frequetare la sua università.

Qui Victor si rivela uno studente eccezionale, intraprendente e geniale, trovando però uno stimolante rivale: Reed Richards. I due divennero inseparabili, ma mentre Reed cercava di mantenere un approccio più pacato e cauto, Victor non accettava limiti, tecnici o morali, pur di concretizzare le sue teorie. Motivo che lo spinse, nonostante l’insistenza di Reed a desistere dal suo intento, a costruire un macchinario che consentisse di comunicare con l’aldilà, sfruttando scienza e magia, ma al momento di utilizzare la sua creazione, Victor rimane coinvolto da una tremenda esplosione che lo lascia sfigurato.

Troppo orgoglioso e ostinato per ammettere il suo fallimento, Victor riversa la sua frustrazione accusando Richards di averlo sabotato, non sapendo che in realtà il suo macchinario era stato manomesso da Benjamin Grimm, amico fraterno di Richards che detestava il modo in cui von Doom sbeffeggiava Redd. Un segreto che Grimm non ha mai rivelato a nessuno, ma che è alla base della nascita del Dottor Destino.

Sfigurato e cacciato dalla Empire State University, Victor inizia a girare il mondo in cerca di un modo di guarire, accumulando conoscenze e nuovi stimoli, arrivando infine in Tibet, dove viene salvato da un gruppo di monaci, che lo accolgono. Nel loro tempio, von Doom impara rapidamente da essi, arrivando a imporsi su di loro e, utilizzando le conoscenze apprese, realizza un’armatura in cui fonde tecnologica e magia, realizzando una maschera che indossa quando il metallo è ancora rovente, fondendola alla propria pelle.

Divenuto il Dottor Destino, Victor come primo passo guida una rivoluzione in Latveria, sostituendosi al Barone e trasformando la nazione in una potenza mondiale, decidendo poi di rivolgere la propria attenzione verso colui che, a suo avviso, ha rovinato la sua vita: Reed Richards, nel frattempo diventato Mr Fantastic, il leader dei Fantastici Quattro.

L’essenza di Doom

Ridurre Destino a un semplice villain sarebbe un grave errore. Nel corso della sua vita editoriale, Victor von Doom non si è limitato a essere un avversario di Reed Richards, ma è riuscito ad assurgere al ruolo di uno dei più pericolosi attori del mondo marveliano.

Dalla Latveria, in diverse occasioni è riuscito a orchestrare piani che hanno sconvolto la comunità supereroica. Ad animare Destino è il suo ego smisurato, alimentato dalla convinzione di essere l’unico ad avere la giusta intelligenza e la conoscenza per guidare il mondo, grazie alla sua maestrai tanto nella magia quanto nella scienza. Volendo fare un paragone, von Doom è come la versione più cinica e oscura di Tony Stark, un futurista convinto di potere anticipare i tempi e guidare l’umanità.

In questa sua egocentrica visione, il Dottor Destino viene spezzato dal suo più grande difetto: l’arroganza. Pur essendo incredibilmente intelligente e potente, von Doom non capisce che la sua incapacità di ammettere un’umana fallibilità sia la vera causa dei suoi fallimenti, non accettando che possano esistere persone, come Reed Richards, che abbiano una comprensione migliore della sua su certi argomenti.

Nonostante questa personalità egocentrica, Von Doom si è rivelato una persona con un codice morale solido e a cui non rinuncia in nessuna occasione. Non solo rifiuta di infierire su nemici che siano in difficoltà, ma è pronto a mostrare vicinanza e rispetto anche alla sua storica nemesi. Questo suo tratto distintivo è parte integrante del suo fascino, un elemento che lo rende un personaggio atipico all’interno della schiera dei villain marveliani.

Basti pensare che, dopo avere accettato di sottoporsi al giudizio del Dio Pantera del Wakanda, Von Doom viene giudicato sincero nel suo intento di garantire un futuro migliore all’umanità, come dimostrato anche dal modo con cui si prende cura dei suoi latveriani, anche di coloro che cercando di rovesciare il suo regno.

L’uomo sotto la maschera

Per diversi anni, l’idea che sotto la maschera di Destino ci fosse solo una cicatrice era stata dominante. Al momento della creazione del personaggio, Kirby non era convinto che la deformità del personaggio fosse essenziale, motivo che lo spinse, negli anni Settanta, a ipotizzare che sotto la maschera von Doom avesse solo una cicatrice su una guancia, ritenendola sufficiente a spingere un uomo dell’ego del latveriano a indossare una maschera per nascondersi dal mondo.

Lee prese a scrivere storie che, di contro, si fondavano sulla sua arroganza. Von Doom viene presentato con una grande presenza scenica, sostenuto da dialoghi sprezzanti e altisonanti, che trasmettano al lettore il carisma di questa figura, ma che al contempo rendano ancora più esaltante le vittorie dei Fantastici Quattro contro un nemico così letale.

Per apprezzare al meglio le potenzialità del personaggio bisogna però attendere l’arrivo di un autore cardine del mondo marveliano: John Byrne. Nei primi anni 80, Bryne prende in mano The Fantastic Four, dando al mito dei FQ una nuova vitalità, proiettandoli sempre più all’interno del mondo marveliano. Nel farlo, identifica proprio nel Dottor Destino il contrappunto emotivo perfetto, scegliendo di discostarsi dalla tradizione del personaggio, affrontando un aspetto solitamente mai valorizzato: il volto sotto la maschera.

In Fantastic Four #236, Byrne decide di mostrare il volto sfigurato di Doom, rendendolo un contrasto con la sua personalità vanitosa, rivelando come solamente i suoi Doom-bots potessero vederlo senza la maschera. Si deve a Byrne l’idea che l’incidente alla Empire State University fosse stato minimo, dando maggior enfasi alla scelta di indossare la roventa maschera creata presso i monaci tibetani come una decisione di von Doom, dimostrazione della sua incredibile arroganza.

Ma Byrne non si lascia sfuggire l’occasione di esaltare la profondità di von Doom, mostrandoci come il suo codice d’onore lo porti a rinunciare alla possibilità di rubare preziose conoscenze magiche da Dottor Strange, pur di tornare in Latveria per aiutare il suo popolo, nonostante lo avesse deposto poco tempo prima.

Il Doom di Byrne fu così spettacolare che l’abbandono dell’autore non segnò la fine della preminenza del personaggio, ma anzi lo rese sempre più centrale, anche in ottica più ampia, rendendolo un villain capace di intrecciare il proprio cammino con figure come il Punitore o Spider-Man.

I poteri di Destino

In un universo di supersoldati, dei e mutanti, Destino appartiene alla minoranza di personaggi che sono riusciti a imporsi come figure di riferimento grazie alla propria intelligenza e alla tenacia, compensando un apparente svantaggio in termini di poteri affinando oltre ogni limite comuni doti umane.

Victor von Doom è uno scienziato e inventore con un'intelligenza a livello di genio. Durante la sua carriera come supercriminale, ha creato macchinari apocalittici e affinato una sinergia impressionante con alcune sue creazioni, esercitando su alcune un controllo tecnopatico. Per gran parte della sua storia editoriale, è stato descritto come uno degli esseri umani più intelligenti dell'Universo Marvel, celebre per aver riportato Ben Grimm alla sua forma umana, un obiettivo che persino il geniale Reed Richards non è mai riuscito a realizzare completamente. Doom ha utilizzato le sue abilità scientifiche per rubare o replicare il potere di altri esseri come Silver Surfer, l'Arcano e, in un caso, l'astronave di Galactus.

Oltre ad essere un genio scientifico, Doom è anche un potentissimo stregone, sviluppando le arti mistiche padroneggiate dalla madre. È stato principalmente istruito da monaci tibetani, e il suo potere è aumentato considerevolmente grazie agli insegnamenti della sua amante dell'epoca, Morgana Le Fay.

Grazie a questa sua dualità, magia e scienza, Doom è capace di assorbire e proiettare energia, manipolare l'elettricità, creare scudi protettivi, viaggiare tra dimensioni, guarire, creare tempeste di neve e evocare orde di creature demoniache.

Quando il Dottor Strange ha rinunciato al titolo di Stregone Supremo, ha ammesso che Doom possiede abbastanza potere e abilità magiche da poter diventare il nuovo Stregone Supremo. Le competenze e la conoscenza della magia di Doom gli conferiscono un vantaggio unico rispetto al suo rivale intellettuale Reed Richards, che, pur essendo anch'egli un genio scientifico, ha pochissime conoscenze sulla natura della stregoneria e della magia. Doom afferma che, a differenza di Richards, è esperto sia di magia che di scienza grazie ai suoi genitori.

L'armatura di Doom amplifica la sua forza fisica e la sua resistenza naturali a livelli sovrumani, al punto da permettergli di tenere testa e persino sopraffare avversari sovrumani come Spider-Man, Hulk e la Cosa in combattimento, sebbene tenda a utilizzare tattiche a lungo raggio quando affronta avversari fisicamente più forti.

L'armatura è quasi indistruttibile, in grado di resistere ai colpi della maggior parte dei superumani e degli esseri cosmici, e protegge Doom dalla manipolazione della materia, dalla distorsione della realtà e dagli effetti psichici. L'armatura è dotata di un arsenale di armi e gadget ad alta tecnologia integrati, inclusi guanti che possono emettere laser e scariche di forza, un generatore di campo di forza difensivo, e una scossa elettrica letale che può stordire o uccidere chiunque entri in contatto con Doom. L'armatura è autosufficiente, dotata di sistemi interni di immagazzinamento e riciclo per aria, cibo, acqua ed energia, permettendo a Doom di sopravvivere per lunghi periodi sott'acqua o nello spazio.

Sotto questo aspetto, a livello tecnico, l’armatura di Destino è in grado di rivaleggiare anche con quella di Iron Man. Nonostante il look spesso retrò, crasi tra la sci-fi pulp e l’ispirazione della Maschera di Ferro, il carapace metallico di Destino è un vero e proprio arsenale, che in diverse occasioni è stata utilizzato da diversi autori con estrema attenzione, onde evitare di renderlo un facile deus ex machina, anzi rendendolo in alcune occasioni un elemento a sfavore di von Doom, che ha tuttavia dimostrato di non essere così potente solamente per via della sua armatura.

Anche senza di essa, infatti, il Dottor Destino ha dimostrato di essere un combattente corpo a corpo altamente abile, riuscendo una volta a uccidere un leone attaccante con un solo pugno. Ha anche dimostrato di conoscere i punti di pressione ed è stato mostrato essere competente nell'uso di scudi e spade.

Non si può ignorare come il vero potere di Victor von Doom sia la sua determinazione. Per quanto avvelenata dalla sua superbia, la volontà ferrea di Destino è il motore delle sue azioni, tanto come dittatore di Latveria che come figura di spicco del Marvel Universe. Non è un caso che in una delle saghe centrali degli ultimi anni in casa Marvel, le Secret Wars di Jonathan Hickman, nel momento in cui era necessario identificare qualcuno capace di plasmare e dominare un nuovo universo, Strange identificò proprio in von Doom la scelta miglior, non considerando altre personalità come Richards, Capitan America, Tony Stark o Xavier.

Dottor Destino sul grande schermo

Impensabile realizzare un film sui Fantastici Quattro senza coinvolgere Destino come villain della storia. Il legame tra la famiglia Richards e il despota di Latveria è irrinunciabile, e chiunque si sia cimentato con una trasposizione cinematografica dei FQ ha tenuto bene a mente questo assiome.

A cominciare da uno dei primi esperimenti di cinecomics Marvel, The Fantastic Four (1994), film divenuto leggendario in quanto, nonostante fosse stato completato e con già fissata una data di uscita, non venne infine mai proiettato e anzi è stato al centro di una vera e propria spy story relativamente alla vera natura di questo progetto. Quale che sia la verità dietro questa produzione, solo con l’uscita di copie piratate di questo presunto ashcan copy, è stato possibile vedere Joseph Culp interpretare Destino.

Maggior fortuna hanno avuto Julian McMahon, che ha indossato l’armatura di Destino in I Fantastici Quattro (2004) e I Fantastici Quattro e Silver Surfer (2007), e Toby Kebbell, che ha interpretato il villain nel dimenticabile I Fantastici Quattro (2015) di Josh Trank.

Con l’avvento del Marvel Cinematic Universe e il successivo accentramento in questo universo dei diritti dei diversi personaggi, tramite le varie acquisizioni effettuate da Disney, l’arrivo dei Fantastici Quattro all’interno del franchise era scontato, e l’annuncio di Fantastic Four – First Steps per l’estate del 2025 ha riacceso l’interesse del fandom per un MCU sempre più in difficoltà.

L’inevitabile fanta-casting per il ruolo di Destino si è concluso recentemente con l’annuncio che sotto la maschera del personaggio ritroveremo nientemeno che Robert Downey Jr, che dopo esser stato il pilastro del MCU nei panni di Iron Man, grazie al Multiverso sarà ora il Dottor Destino del franchise. Rimane da capire come questo sorprendente casting avrà modo di svilupparsi, andando oltre la mera necessità di riaccendere l’interesse dei fan

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